lunedì 3 maggio 2021

Festa Inter in Duomo, la preoccupazione degli esperti. Pregliasco: “Rischio di un aumento dei contagi”. Galli: “Si è perso controllo ovunque”.

 

Gli assembramenti dei tifosi a Milano allarmano il coordinatore del Cts Locatelli: "Non possiamo permetterci queste immagini, così non si onorano i 121mila morti". Il virologo Pregliasco: "Speriamo che i guai siano pochi". Il primario Galli: "Incoscienza". Il governatore Fontana: "Era prevedibile". Il sindaco Sala per ora tace, mentre sulle sue pagine social i cittadini lo accusano: "Incompetenza ingiustificabile, si dimetta".

Circa 30mila persone per le strade di Milano, la maggior parte accalcate in piazza Duomo per la festa scudetto dell’Interpoche mascherine, sicuramente nessun distanziamento. Immagini che “assolutamente non possiamo permetterci”, avverte Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità e coordinatore del Cts. Una preoccupazione condivisa da diversi esperti, che ora temono un nuovo aumento dei contagi nel capoluogo lombardo e un meccanismo che porti al “liberi tutti” generale, per usare la parole di Massimo Galli, a un mancato rispetto delle misure anti-Covid. “La gioia si può comprendere – ragiona Locatelli a Sky Tg24 – ma deve prevalere il senso di responsabilità e i 121mila morti devono averci insegnato qualcosa. Onorare la loro morte vuol dire evitare assembramenti”. Per il virologo Fabrizio Pregliasco il rischio di un aumento dei contagi è concreto: “Speriamo che i guai siano pochi perché comunque all’aperto sappiamo che il rischio è ridotto – dice all’Adnkronos – però cantare per lungo tempo diventa un elemento di rischio. Non vedremo subito questi effetti, speriamo che possa esserci solo un piccolo rigurgito di rialzo dei contagi, però il rischio c’è“. Le ragioni stanno nell’attuale situazione della pandemia in Italia, visto che la situazione non è ancora sotto controllo e occorre quindi non abbassare la guardia. Per Galli, direttore della clinica di Malattie Infettive dell’ospedale Sacco, il punto è proprio questo: nel weekend “non ci sono state solo manifestazioni di una tifoseria, svolte con pericolosi assembramenti all’aperto. Ma c’è stata la perdita di controllo delle minime misure: ieri (domenica, ndr) gli assembramenti erano ovunque“.

Intanto, dopo le critiche arrivate dal segretario generale di Confcommercio Milano, Marco Barbieri, anche sui social network le accuse sono soprattutto per il sindaco di Milano, Beppe Sala, per la gestione di una situazione che, a detta di molti, “poteva essere prevista“. Nonostante la vittoria dello scudetto da parte dell’Inter fosse una possibilità concreta (dipendeva solamente dal risultato dell’Atalanta, in campo nel pomeriggio di domenica), in piazza Duomo non sono stati previsti varchi né controlli. Il primo cittadino per ora tace. “Era probabile che eventi del genere si potessero verificare. L’importante è che non si verifichino più”, commenta invece il presidente della Regione, Attilio Fontana. “Bisogna chiedere alle persone il rispetto delle misure di sicurezza, perché onestamente queste scene rischiano di essere un po’ pericolose. Mi auguro e spero che non aumentino i contagi, ma questo lo potremo dire tra due settimane“, aggiunge il governatore.

L’analisi di Galli – La festa dell’Inter? “L’imprudenza non ha colore, l’incoscienza ha tutti i colori dell’arcobaleno. E’ chiaro a tutti che questo tipo di manifestazioni sono pericolose“, dice Galli all’Adnkronos, ricordando che abbiamo già sperimentato manifestazioni simili, “abbiamo visto lo scorso anno, quando è stato festeggiato un altro scudetto, in una situazione analoga a questa, nel senso che quando arriva un messaggio che può essere interpretato come ‘liberi tutti‘, le persone vanno oltre”. Il problema, spiega Galli, è che “la pandemia non è risolta. Il vaccino potrà contribuire in modo sostanziale a ridimensionare il problema ma la tranquillità è ancora lontana”.

Le parole di Locatelli – Locatelli a Sky Tg24 sottolinea che in Italia “i casi di Covid sono scesi a 148 ogni 100mila persone, ma la circolazione virale non può essere ancora sottovalutata. C’è un miglioramento ma non può esserci rilassamento rispetto ai nostri comportamenti”. Quindi gli assembramenti di domenica dei tifosi interisti in piazza Duomo sono da evitare, così come “è troppo presto per fare riflessioni sulla possibilità che fra vaccinati si possa non portare la mascherina”. Un rilassamento sarà ipotizzabile “quando crescerà il numero degli immunizzati, sempre in assenza di condizioni di rischio particolari”. Quello della mascherina, aggiunge il coordinatore del Cts, è “un sacrificio minimo, teniamo duro ancora per qualche settimana o qualche mese, per prudenza dobbiamo orientarci all’uso della mascherina anche d’estate”. Poi, conclude, “se i contagi diminuiranno si rivedranno le regole”.

Le critiche a Sala – Regole che però domenica in piazza Duomo sono completamente saltate. Il sindaco Sala, tifoso nerazzurro, non ha ancora fatto commenti. Sulla sua pagina Facebook e non solo in tanti gli hanno scritto indignati: “Sindaco, perché i tifosi dell’Inter possono fare questo casino, e noi comuni mortali dobbiamo rispettare le regole anche per andare a mangiare una pizza?”. “Che senso ha il coprifuoco e le limitazioni per poi permettere un maxi assembramento di persone molte delle quali senza mascherine né distanziamento?”, commenta un altro milanese. “Ma le forze dell’ordine dove sono? Milano è una bolgia in questo momento! Non siete stati in grado di gestire gli assembramenti al Duomo e a Piazza Castello! Una mancanza di rispetto per tutte quelle attività chiuse mesi e mesi! Vergogna!”, scrive un altro cittadino. Infine, c’è anche chi chiede le dimissioni di Sala: “Gentile sindaco. Esattamente che scusa avrebbe per giustificare l’assembramento di oggi? In un paese civile un politico al posto suo si sarebbe già dimesso. Questa incompetenza è ingiustificata e ingiustificabile”.

ILFQ

sabato 1 maggio 2021

Open, i renziani contro i pm: “Cartabia mandi gli ispettori”. - Giacomo Salvini

Alberto Bianchi, Marie Elena Boschi

 I deputati Iv chiedono l’intervento anti-Procura.

Indagare sulla fondazione Open, l’ex cassaforte del renzismo, e su tutto il Giglio magico, ai deputati di Italia Viva proprio non va bene: deve intervenire il ministro della Giustizia Marta Cartabia con “un’ispezione ministeriale” nei confronti dei pm di Firenze per capire chi abbia passato ai giornali le informazioni sull’inchiesta in corso e quanto sia stato speso per le perquisizioni. A chiedere l’intervento della Guardasigilli sono tre deputati renziani – Lucia Annibali, Roberto Giachetti e Catello Vitiello – con un’interpellanza alla Camera sull’indagine in corso. Tema da cui si dovrebbero tenere lontani anni luce per un palese conflitto d’interessi: l’inchiesta fiorentina riguarda la fondazione considerata dai pm “un’articolazione di un partito politico” (il Pd renziano) e vede indagati per finanziamento illecito il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, Maria Elena Boschi, Luca Lotti, Marco Carrai e il presidente di Open, Alberto Bianchi. Renzi aveva già attaccato la procura sull’inchiesta (“un assurdo giuridico, i pm cercano la ribalta mediatica”) ma non si è mai arrivati a tanto: oggi i renziani chiedono l’intervento di Cartabia.

Nell’interpellanza, i tre deputati di Iv attaccano la procura sulle perquisizioni nei confronti di membri della fondazione e di suoi finanziatori, sul merito dell’inchiesta e sulle notizie uscite sui giornali. In primis, Annibali, Giachetti e Vitiello si improvvisano esperti del diritto e definiscono le perquisizioni con “circa 300 agenti della Gdf” un dispiego di forze “sproporzionato rispetto alle operazioni da effettuare alcune delle quali verificabili anche tramite ordine di esibizione”. Secondo i tre deputati renziani non c’era alcun motivo di perquisire i finanziatori che sono “privati cittadini che, nel rispetto della normativa vigente, in seguito all’abolizione del finanziamento pubblico, hanno contribuito, tramite operazioni bancarie tracciate e trasparenti, con risorse proprie, al finanziamento di iniziative in capo a una Fondazione regolarmente registrata”. E siccome in seguito la Cassazione si è espressa sull’illegittimità di sequestri nei confronti di Carrai e Davide Serra (non indagato), i deputati chiedono a Cartabia il rendiconto dell’operazione: quante siano state “le unità delle forze dell’ordine impiegate” e “a quanto ammontino i costi”. Annibali&c. poi provano a “smontare” l’indagine: sostengono che le pronunce della Cassazione su Carrai e Serra “nei fatti smentivano l’impianto stesso dell’inchiesta” ma nonostante questo il 7 novembre i pm fiorentini si sono incaponiti mandando un avviso di garanzia a Renzi, Boschi e Lotti.

Infine se la prendono con chi ha passato a La Verità notizie sull’iscrizione nel registro degli indagati di Renzi e gli altri e sulla pubblicazione di appunti sequestrati a Bianchi: il giornale, è la tesi dei renziani, apprende le notizie “presumibilmente da fonti interne alla Procura”. Per questo chiedono – vista la “gravità del fatto” – che la ministra ordini un’ispezione per individuare “i responsabili della violazione del segreto d’ufficio”.

ILFQ

Ce l’hanno Durigon. - Marco Travaglio

 

Fate finta di non sapere niente e immaginate questa scena. Il sottosegretario 5Stelle all’Economia parla con Beppe Grillo dell’inchiesta sul figlio per stupro e gli dice di non preoccuparsi perché “il generale che fa le indagini lo abbiamo messo noi”. Nell’ordine, accadrebbe questo: telegiornali, giornali e talk sparerebbero la notizia a reti ed edicole unificate per almeno tre settimane consecutive; destre e sinistre invocherebbero la testa del reprobo e subito il premier Draghi e il ministro Franco convocherebbero il sottosegretario per cacciarlo a pedate dal governo; Sgarbi, Sallusti, Belpietro, Giletti e Santoro direbbero che loro l’avevano detto che le indagini erano compiacenti; Stampubblica intimerebbe a Enrico Letta di rompere ogni dialogo presente e futuro col M5S; il giornale di De Benedetti scriverebbe che è tutta colpa di Conte.

Invece, a dire che “il generale che fa le indagini l’abbiamo messo noi”, è stato il sottosegretario leghista all’Economia Claudio Durigon, parlando – a quanto pare – delle indagini sui 49 milioni di fondi pubblici fatti sparire dal suo partito, costringendo la Procura di Milano a ribadire piena fiducia nei finanzieri che conducono l’inchiesta. Infatti, intorno al caso, regna un meraviglioso silenzio. Solo i 5Stelle e Calenda chiedono le dimissioni, mentre l’interessato – invece di spiegare le sue parole immortalate in una registrazione dal sito Fanpage – minaccia fantomatiche “dieci querele” (a chi, visto che ha fatto tutto da solo?). Salvini tira in ballo Grillo e i 5Stelle (che non c’entrano nulla perché Durigon ha fatto tutto da solo). E il giornale di De Benedetti gli va dietro: “I Cinque stelle attaccano Durigon dopo le tensioni con la Lega sul video di Grillo”. Si ripete tale e quale il giochetto seguìto al video di Grillo: il Tempo riporta una frase di Salvini su un “qualcosina” che gli ha spifferato la sua avvocata e senatrice Bongiorno sul presunto stupro di gruppo, la sottosegretaria M5S Claudia Macina domanda cosa sia quel “qualcosina”, tutti chiedono le dimissioni della Macina anziché di Salvini e della Bongiorno e la ministra Cartabia redarguisce la Macina anziché Salvini e la Bongiorno. Noi ovviamente, non avendo alcun dubbio sull’integrità e la probità di Draghi, immaginiamo che avremo presto sue notizie e che intanto il ministro Franco ritirerà le deleghe al sottosegretario (la Guardia di Finanza dipende proprio dal Mef). Intanto, già pregustiamo la prossima puntatona (almeno una) di Non è l’Arena, il programma senza macchia e senza paura di Massimo Giletti. Possibilmente con una telefonata-trappola a Durigon organizzata dal consulente Fabrizio Corona che, per camuffarsi e incastrarlo meglio, gli fa l’accento svedese.

ILFQ

venerdì 30 aprile 2021

Andrea Scanzi

 

Ecco, queste sono le cose che mi fanno andare via di testa. Letteralmente.
Scopro questa notizia da Filippo Rossi. Ne parla anche La Stampa.
Un signore di 90 anni, Angelo, era tenuto di fatto segregato da una “rsa” di Torino. Inchiodato al letto, bloccato da una fascia che lo teneva fermo e si apriva solo con una chiave apposita. Non era libero di muoversi, non si poteva alzare neanche per i bisogni.
La struttura vietava pure l’accesso ai parenti dei pazienti. Ma stiamo scherzando?
Per fortuna il medico curante nonché nuora, Caterina Rusz, è riuscita comunque a entrare, rimanendo sconvolta dalle condizioni in cui ha trovato il suocero, “ospite”della struttura da poco tempo.
Così la nuora: “Era tutta la settimana che trovavo mio suocero legato al letto quando andavo a vistarlo. Quel mattino (il 21 marzo n.d.r) lui mi disse: ‘Ti prego, portami via da qui. Portami vai e chiama i carabinieri’”.
Ancora la nuora: “Andai la prima volta a visitarlo in quanto suo medico curante il secondo giorno che era ricoverato. Era legato. Mi dissero che era stato ordinato dal medico della struttura. Era mattino inoltrato: Angelo non lo avevano neanche pulito. Era lì che aspettava il suo turno. Come si fa a tenere una persona nelle sue deiezioni? Mio suocero, ogni giorno l’ho lavato io”.
La struttura è stata denunciata dalla famiglia di Angelo.
Io non ho parole, ragazzi. Le ho finite.

Andrea Scanzi Fb

Silvio Berlusconi ricoverato da 22 giorni per «strascichi del Covid». - Simona Ravizza

 

L'ex premier è al San Raffaele dal 6 aprile. I ben informati sulla sua salute parlano di esami con qualche valore anomalo.

Da 22 giorni in ospedale. Silvio Berlusconi è ricoverato dal 6 aprile al San Raffaele, dov’è arrivato direttamente in elicottero di ritorno da Châteauneuf-Grasse (Valbonne), la località dove ha casa la figlia Marina. Dall’ospedale nulla filtra sulle sue condizioni, ma i ben informati assicurano che, al contrario di altri ricoveri considerati strategici per le vicende processuali, stavolta le condizioni del leader di Forza Italia sono da tenere particolarmente sotto controllo. Esami con qualche valore anomalo.

I problemi di salute di Berlusconi.

Il motivo? Problemi immunitari, che possono essere anche uno strascico del Covid: Berlusconi era risultato positivo al coronavirus il 2 settembre scorso. Il peggioramento delle sue condizioni di salute — e in particolare, l’insorgere di una polmonite bilaterale — lo aveva costretto al ricovero all’ospedale. Le dimissioni il 14 settembre. E adesso, oltre ai soliti problemi cardiaci, l’ex premier sconterebbe ancora gli «strascichi del Covid», come spiega il suo legale, l’avvocato Federico Cecconi, al termine dell’udienza del processo Ruby ter, sospeso fino a che Berlusconi non verrà dimesso. «Sulle sue condizioni mi limito a dire che è ancora ospedalizzato — ha detto Cecconi — non fatemi dire altro. Penso che a nessuno di noi — ha aggiunto — possa fare piacere essere ricoverato da tre settimane».


CorriereDellaSera

L’ultima di Renzi il Saudita: editorialista di Arab News. - Lorenzo Giarelli

 

Nuovo impegno per Matteo diventato “columnist”. L’esordio è un articolo in lode ad AlUla, “città del futuro e del passato”.

Matteo Renzi ha un nuovo lavoro. Non pago delle attività di senatore, leader di partito, imprenditore, conferenziere, componente del FII Institute saudita e della Royal Commission per AlUla, adesso l’ex premier è anche editorialista per Arab News, storico quotidiano con sede a Riyad e considerato molto vicino al regime. Un ruolo che conferma il recente trasporto di Renzi per il mondo arabo, sancito da numerose trasferte – ultima delle quali il Gran premio di Formula 1 in Bahrein – e dalla ormai celebre definizione di “Nuovo Rinascimento” che il leader di Italia Viva dedicò all’Arabia Saudita del suo amico principe Bin Salman.

L’editoriale d’esordio di Renzi è di qualche giorno fa ed è disponibile nella versione online del quotidiano. Titolo: “AlUla can be the city of the future, as well as of the past”; AlUla può essere la città del futuro, così come del passato. L’articolo contiene una sbrodolata di elogi per la città saudita, al centro di un progetto di urbanistica green di cui si occupa la già menzionata Royal Commission. Renzi si affida subito alle citazioni, scegliendo di aprire le sue 5 mila battute con l’immarcescibile “la bellezza salverà il mondo”, prima di avventurarsi in un parallelo tra AlUla e la storia di Matera.

Secondo Renzi – e qui ci permettiamo di tradurre dall’inglese, sperando di non scalfire prosa e contenuto dell’elaborato – “negli anni ‘50 Matera era povera e trascurata tanto che gli abitanti furono spostati in alcuni nuovi quartieri residenziali”, finché negli anni ‘80 non si decise per una “rinascita” attraverso “investimenti pubblici e privati”. Tutto questo per dire che oggi AlUla può seguire quel modello di città in cui “una comunità moderna vive in armonia con il suo passato”.

AlUla è allora “una grande opportunità”, anche grazie all’irreprensibile lavoro della Corona: “AlUla e l’Arabia Saudita stanno seguendo un approccio community-inclusive e culture-first”. Il Regno, insomma, citato come esempio di inclusività sociale oltreché di attenzione per la cultura. Prepariamoci, perché nei prossimi decenni “AlUla sarà un museo vivente” e il progetto della Royal Commission di cui Renzi fa parte è “assicurare che gli abitanti della regione siano centrali nel successo a lungo termine della città”.

Un inno ai diritti civili che prepara il lettore a una certa enfasi letteraria che sopraggiunge quando Renzi immagina l’imminente età dell’oro della regione: “L’obiettivo è connettere la comunità di AlUla con il resto del mondo in una maniera che rinforzerà, ispirerà e soddisferà le persone e il Regno per le generazioni a venire”. E siccome c’è ancora spazio per un paio di frasi fatte, meglio ribadire che “AlUla può diventare una città del futuro, non solo del passato”; d’altra parte – Renzi lo ripete proprio – “la bellezza salverà il mondo” e quindi, per sillogismo aristotelico, presto AlUla salverà un po’ tutti noi.

Da notare come il giornale, a fine articolo, inserisca due annotazioni. La prima è la stessa che compare nella pagina personale di Matteo Renzi sul sito di Arab News, quella in cui viene annoverato tra i “columnist” del quotidiano e in cui saranno raccolti i suoi articoli. Accanto alla foto di Matteo, c’è la sua presentazione (non è chiaro se autoprodotta): “Matteo Renzi è ex sindaco di Firenze, ex primo ministro italiano e componente del board della Royal Commission for AlUla”. Con comodo oblio per gli attuali incarichi politici nel nostro Paese, evidentemente trascurabili di fronte ai nuovi impegni sauditi.

La seconda annotazione, in corsivo, è un avviso che si utilizza di solito quando i giornali ospitano contributi di persone che potrebbero pensarla in maniera diversa rispetto alla linea editoriale: “I punti di vista espressi dagli autori di questa sezione sono personali e non necessariamente riflettono la linea di Arab news”. Frase di rito, ma vista la volatilità politica del personaggio meglio mettere le mani avanti. Pure in Arabia Saudita.

ILFQ