Tra le frequentazioni politiche di Marco Mancini, sempre meno saldo nel suo incarico di caporeparto al Dis, dopo il polverone sollevato dall’incontro con Matteo Renzi, c’era anche Matteo Salvini. E adesso si spiega meglio l’immediata, convinta difesa che il leader della Lega ha offerto all’altro Matteo, messo sulla graticola da Report per il curioso rendez-vous sotto Natale con il dirigente dei Servizi: “Incontrare uomini dei Servizi segreti è assolutamente normale – aveva detto Salvini – anch’io ho incontrato, e continuerò a farlo, decine di uomini dei Servizi”. Anche Mancini, sì, dicono nella Lega. Anche a dicembre, lo stesso mese del colloquio Renzi-Mancini all’autogrill di Fiano Romano, mentre iniziava la crisi del governo Conte-2 e il capo di Italia Viva attaccava l’allora presidente del Consiglio anche per la sua decisione di mantenere la delega ai Servizi, senza affidarla a un sottosegretario. In quei giorni si discuteva anche della nomina dei vicedirettori dei Servizi: Mancini aspirava a un incarico che non avrà; probabilmente cercava – e magari ottenne – l’appoggio di Renzi. Ma si capisce fino a un certo punto l’urgenza di un incontro il 23 dicembre, antivigilia di Natale, in quella particolare location autostradale, durato 40 minuti secondo la professoressa che ha assistito.
Lo stesso Salvini ha confermato a Report, in un’intervista che andrà in onda lunedì, di aver incontrato Mancini “più volte, da ministro” e sulle prime dice di averlo visto “in ufficio, al ministero, non all’autogrill”. Quando però Walter Molino di Report gli dice di avere “una fonte che dice che invece lei lo avrebbe incontrato proprio in un autogrill”, Salvini sembra meno sicuro: “Non mi sembra di averlo incontrato in autogrill”. Poi, a domanda secca: “A mia memoria non l’ho incontrato in autogrill”. Insomma, potrebbe esserselo dimenticato. Una cosa è certa, la frequentazione tra i due ha radici antiche: “Mancini – racconta Salvini – l’ho incontrato ripetutamente, lo andai a visitare per la prima volta in carcere a San Vittore quando fu arrestato ed ero consigliere comunale”. Fu arrestato due volte a giugno e a dicembre del 2006, quando Salvini era consigliere a Milano, prima per il sequestro di Abu Omar e poi per lo spionaggio alla Telecom. Il suo vecchio amico Giuliano Tavaroli, che era alla Telecom, alla fine patteggiò, mentre Mancini ne uscì prosciolto, come per il rapimento dell’imam da parte della Cia, anche perché i governi confermarono il segreto di Stato sulle attività del Sismi di Nicolò Pollari di cui faceva parte, con ruoli di crescente rilievo fino all’incarico di capodivisione operazioni.
Mancini è ancora al Dis, il Dipartimento per le informazioni e la sicurezza che coordina le agenzie operative, Aisi e Aise. Si occupa dei finanziamenti, materia delicata su cui è entrato in conflitto con alcuni ex colleghi. Gennaro Vecchione, il capo del Dis nominato da Conte, martedì scorso l’ha difeso davanti al comitato parlamentare di controllo, il Copasir. Ma non sapeva granché dell’incontro con Renzi, definito “privato”. L’audizione, che non ha soddisfatto tutti i parlamentari, non deve aver favorito la sua permanenza al Dis, infatti Draghi l’ha rimosso appena 24 ore dopo sostituendolo con una diplomatica di lungo corso come Elisabetta Belloni, che lascia l’incarico di segretaria generale della Farnesina al capo di gabinetto di Luigi Di Maio, l’ambasciatore Ettore Francesco Sequi. Era una decisione già presa, dicono a Palazzo Chigi, la cui accelerazione risale a lunedì, dunque prima dell’audizione.
Ora bisognerà vedere se il Copasir vorrà sentire anche Salvini dopo aver chiesto al Dis un’indagine interna su Mancini, anche sulla base delle rivelazioni dell’ex emissaria del cardinale Angelo Becciu, Cecilia Marogna.
Sempre ai microfoni di Report , la donna sostiene che Tavaroli avrebbe cercato di usarla contro l’allora direttore dell’Aise, il generale Luciano Carta, ma l’ipotesi non è affatto accreditata in ambienti dell’intelligence. Anche Tavaroli nega tutto. I giorni di Mancini al Dis sembrano contati, peraltro lì si occupa dei fondi riservati ed è entrato già in contrasto. Intanto gli tolgono la scorta dell’Aisi, a Palazzo Chigi sono convinti che non sia necessaria. Ne elimineranno anche altre. Ed è ricominciata la guerra per bande nei Servizi e il Copasir è in stallo da tre mesi. Perché la presidenza dovrebbe andare all’opposizione, dunque ad Adolfo Urso di Fratelli d’Italia, ma il leghista Raffaele Volpi, vicino a Giancarlo Giorgetti, non la molla. A impuntarsi è stato proprio Salvini. Ora c’è il rischio che l’incontro tra i leader del centrodestra, previsto giovedì per sbloccare la situazione, non basti. Qualunque scelta sulla presidenza potrebbe essere letta come un favore o un dispetto a Salvini. E intanto il Comitato è azzoppato: due membri su dieci, Urso e il forzista Elio Vito, non partecipano. Giorgia Meloni attacca: “Così si piccona la democrazia, intervenga Mattarella”.
IlFQ