venerdì 18 giugno 2021

La Sacra Famiglia. - Marco Travaglio


La metamorfosi del Festival dei Due Mondi in Festival dei Due Casellati, grazie alla contemporanea presenza a Spoleto dei due rampolli della presidentessa del Senato, fa di lei la candidata ideale per il Quirinale. Chi può meglio simboleggiare la festosa Restaurazione italiana? Non le manca nulla: il vitalizio extralarge che ingloba anche il periodo in cui fece danni al Csm (seguìto, per par condicio, dalla restituzione degli assegni ai senatori pregiudicati); i voli di Stato per qualunque spostamento anche minimo (un giorno il suo parrucchiere se la vedrà atterrare sul tetto); e la prodigiosa ascesa sociale dei due figli, di pari passo alla sua. Lei peraltro aveva già preannunciato il tutto nell’atto di citazione da 150mila euro al Fatto, in veste di “notissimo avvocato matrimonialista che ha sempre condotto grandi battaglie a tutela delle donne, dei minori e in generale della famiglia in tutte le sue espressioni”. Soprattutto la sua: nel 2005, sottosegretaria alla Salute, assunse la figlia Ludovica come capo della sua segreteria con uno stipendio – scrisse Stella sul Corriere – “di 60mila euro l’anno, quasi il doppio di un funzionario ministeriale con 15 anni di anzianità”: promozione strameritata, essendo la ragazza dedita “per ragioni familiari al cicloturismo”, ergo “punto di riferimento per il mondo a due ruote e del web, dov’è conosciuta come Ladybici”. Poi citava il figlio Alvise, “violinista, manager e direttore d’orchestra”, “considerato uno dei talenti emergenti”: soprattutto dal cuore di mammà. 

E lacrimava per i nostri articoli (“vituperio e vilipendio”) che segnalavano le strabilianti coincidenze fra i suoi viaggi istituzionali e i tour internazionali di Alvise nelle stesse località, pure in Colombia e in Azerbaijan. Ma per lei era “stalking mediatico”, che financo “la induce a rinunziare spiacevolmente e ingiustamente alla propria presenza ai concerti, e alla passione per la musica quando la musica è interpretata e diretta dal figlio”. Non ne ascolta nemmeno i dischi, per paura che la accusiamo di favorirlo. Immaginate come deve sentirsi ora, dopo avere scoperto sul Fatto che la sua amica Ada Urbani, “consigliere per lo sviluppo” del Festival dei Due Mondi, ha ingaggiato sia Alvise (per dirigere il coro di Santa Cecilia) sia Ludovica (testimonial della corsa SpoletoNorciaMtb). Bell’amica: a furia di dispetti, le farà perdere la causa col Fatto. Ora mettetevi nei suoi panni. Se va a Spoleto a vedere Alvise che dirige e la figlia che pedala, dicono che mancava solo lei per fare l’en plein. Se non ci va, dicono che è peggio la toppa del buco. Potrebbe andarci in bicicletta, ma poi il Fatto scriverebbe che fa pubblicità a Ladybici. No, no, meglio il classico volo di Stato, per non destare sospetti.

IlFQ

Berlusconi al Quirinale: è tutto normale? - Massimo Fini


Quella che fino a qualche mese fa poteva sembrare solo una boutade, o piuttosto un incubo, “Berlusconi for President”, fra un anno potrebbe diventare una concreta, concretissima realtà. Il Corriere ne ha parlato più volte in questi giorni senza peraltro dar mostra di scandalizzarsi per questa indecenza, segno che evidentemente non la ritiene tale per i suoi lettori così come, probabilmente, non lo è per buona parte degli italiani.

Tutto parte dall’iniziativa di Matteo Salvini di formare una Federazione o un consorzio o quel che l’è fra le destre italiane. In realtà l’obiettivo di Salvini è di stoppare Giorgia Meloni che lo sta superando nei sondaggi. Mai, sia detto di passata, che i nostri uomini politici si muovano per quel “bene del Paese” che hanno sempre sulla bocca; le grandi parole, le grandi iniziative mascherano quasi sempre, per non dir sempre, manovre da sottobosco, manovre “tattiche” si dice, per nobilitarle, nel loro gergo poi assunto dai giornalisti.

Si sarebbe pensato che Silvio Berlusconi sarebbe stato contrario a un partito unico, o a qualcosa che gli assomiglia molto, perché farebbe la fine che lui ha fato fare a Gianfranco Fini. In un partito dove c’è un personaggio di gran lunga dominante per voti chi ne entra ne viene fatalmente fagocitato e perde ogni rilevanza. Fu così per Fini nei confronti di Berlusconi, così sarebbe per Berlusconi nei confronti di Salvini. Il prezzo che Berlusconi pagherebbe per questa mossa che lo cancellerebbe come partito (da qui le forti resistenze di molti importanti membri di Forza Italia) è un ‘patto di ferro’ fra le destre che lo porterebbe al Quirinale. E la cosa può riuscire perché Giorgia Meloni, pur essendo il vero obiettivo della mossa di Salvini, ha comunque già dichiarato: “Non mi metterei mai contro la candidatura di Berlusconi al Quirinale”. I voti quindi ci sono o potrebbero esserci andando a pescare i 50 che mancano, convincendoli, offrendogli, o anche all’occorrenza pagandoli, cosa non certo nuova per Forza Italia (caso De Gregorio), fra ex grillini, già adusi a ogni tradimento, renziani o ex renziani e peones vari della Camera e del Senato.

Berlusconi è stato condannato in via definitiva a quattro anni, poi ridotti, via condono, a uno e mezzo, scontato nel modo ridicolo che sappiamo, per una colossale evasione fiscale. Berlusconi, con la sua coorte di avvocati, è ricorso alla Corte Europea dei diritti dell’uomo lamentando che nel processo sarebbero stati lesi i suoi diritti. Strasburgo ha inviato otto quesiti al Governo italiano perché verifichi queste circostanze. Strasburgo si è rivolta all’indirizzo sbagliato, perché il Governo è un organo politico che non può entrare in alcun modo nelle decisioni della Magistratura a meno di non violare anche, oltre a tutto il resto, quella separazione dei Poteri, esecutivo, legislativo, giudiziario, che è il cardine di ogni Democrazia. I quesiti vanno rivolti a un organo giudiziario, in questo caso la Cassazione, che non potrà che respingerli, per la lapalissiana ragione che il suo ruolo è proprio la verifica di legittimità.

Berlusconi ha usufruito di nove prescrizioni e in tre casi la Cassazione ha accertato che i reati che gli venivano attribuiti li aveva effettivamente commessi ma era passato il tempo utile per sanzionarli. Berlusconi ha tre processi in corso per corruzione di testimoni, reato in cui sembra essere specializzato. Certo si potrebbe aggirare l’ostacolo varando in tutta fretta una legge ‘alla Putin’ per cui il Capo dello Stato è sottratto ai processi per tutto il tempo del suo mandato e anche oltre, magari almeno fino a quando l’ex Cavaliere avrà compiuto gli agognati 120 anni.

Una recente sentenza della Magistratura mi ha assolto dal reato di diffamazione ai danni di Berlusconi, che aveva proposto azione civile contro di me, affermando che sulla base della straordinaria carriera giudiziaria, chiamiamola così, dell’ex Cavaliere, era lecito definirlo “delinquente naturale, pregiudicato, un uomo nefasto, terrorista, corruttore di magistrati, colossale evasore fiscale, specialista nella compravendita di parlamentari a suon di milioni di euro”.

Inoltre questa sentenza ne ribadisce un’altra della Corte di Appello di Roma, quella del 2/5/2008, sempre di assoluzione, a riguardo di Berlusconi e Previti, avendo io raccontato che i due, in combutta fra di loro, avevano truffato, per miliardi, Anna Maria Casati Stampa, minorenne, orfana di entrambi i genitori, morti in circostanze tragiche. Quella sentenza diceva testualmente che ciò che aveva raccontato il coraggioso giornalista Giovanni Ruggeri nel libro Gli affari del Presidente, e in seguito da me raccolto, si basava “sulla sostanziale veridicità putativa dei fatti”. Ora si può capire, anche se in nessun modo giustificare, l’imprenditore che corrompe la guardia di Finanza, corrompe i testimoni, corrompe i magistrati, ma essere l’artefice di una truffa miliardaria ai danni di un’orfana minorenne, di una persona inerme e totalmente indifesa, dà l’esatta misura della statura morale dell’uomo.

Ce ne dovrebbe essere abbastanza per escludere che un soggetto del genere possa diventare Presidente della Repubblica Italiana. Totalmente in subordine ci sono poi dei corollari, comunque gravi, che rendono Silvio Berlusconi inadatto a ricoprire quel ruolo. Il Presidente della Repubblica rappresenta l’Italia anche all’estero. Berlusconi ha al suo attivo una serie di memorabili gaffe commesse in sedi internazionali, coprendoci di ridicolo. La più clamorosa è quella ai danni del capo della Spd Martin Schulz definito, in pieno Parlamento europeo, “un kapò”. Io mi trovavo in Corsica in quel momento. La cosa era così grottesca che persino Corse Matin, che si occupa abitualmente di itinerari turistici, di Festival estivi, di corse di cavalli, di pétanque, sentì il bisogno di sbattere la notizia in prima pagina. I miei amici corsi mi guardavano e ridevano. Poi ci sono state le corna fatte alle spalle di un ministro spagnolo durante un convegno internazionale. In altra occasione alle spalle di Putin e Obama ne prende le teste e tenta di avvicinarle come a dire che solo lui, il “Superuomo Silvio”, può far fare pace agli eterni nemici. Una cosa da asilo infantile o più precisamente da oratorio dei salesiani dove Berlusconi giocava, malissimo, a calcio.

Il Presidente della Repubblica ha importanti e pesanti impegni a livello internazionale. Come potrebbe onorarli uno che attualmente sta sotto una tenda a ossigeno, o qualcosa di similare, comparendo solo saltuariamente su Skype?

“Berlusconi for President”. Una cosa così grottesca non sarebbe possibile in nessun altro paese al mondo, occidentale, non occidentale, democratico, totalitario. Da noi invece tutto questo passa sotto il segno dell’indifferenza. Ma sì, cosa vuoi che sia, lascia perdere, pensa alla salute, tira a campà.

Giorgio Gaber cantava nel 2003 “Io non mi sento italiano”. Oggi molto probabilmente direbbe: “io mi vergogno di essere italiano”.

Il Fatto Quotidiano, 11 giugno 2021

giovedì 17 giugno 2021

Un lumino per Fassino. - Marco Travaglio

 

I 5Stelle torinesi erano un po’ abbacchiati: per le due ridicole condanne della Appendino, per la sua decisione di non ricandidarsi, per il rifiuto del Pd locale di appoggiare insieme il rettore del Politecnico Guido Saracco e per la difficoltà di trovare un nome di bandiera che difenda l’eredità dell’ultimo quinquennio. Poi, quando ormai stavano per abbandonarsi ad atti di autolesionismo, ha parlato Fassino. L’ha fatto sul Foglio, come si conviene a chi preferisce darsi alla clandestinità. E, dall’alto del suo beneaugurante passato, ha spiegato al Pd e al M5S cosa devono fare. Il candidato del Pd, tale Stefano Lo Russo, deve stipulare “un patto con gli sfidanti alle primarie”, forti di “un consenso di cui è bene tenere conto” (li hanno votati i parenti stretti). Poi “dovrà cercare di muoversi in più direzioni” (magari a zig-zag, per seminare meglio gli elettori), “rivolgendosi a Italia Viva e Azione”. Giusto: avendo combattuto il Conte-2 e sabotato il Pd alle Regionali, sono gli alleati ideali. Tutto sta a rintracciarli in tempo per ottobre (già allertato il Ris di Parma). E poi? “Dare spazio alla parità di genere”: tipo alle primarie, dove su quattro candidati i maschi erano quattro. E i 5Stelle? “L’invito rimane aperto anche a loro”. 

Quale invito, visto che il Pd torinese – una specie di Pompei post-eruzione, pietrificata da 40 anni in mano ai soliti Fassini&Chiamparini&circoletti vari – candida Lo Russo apposta per tagliarli fuori? “Il punto di partenza è riconoscere che questi cinque anni della giunta non sono stati di buon governo. In eredità non è stato lasciato niente”. L’idea non è male: per avere il privilegio di portare voti al capogruppo Pd che la denunciò in Procura e la fece condannare per un debito contratto da Fassino (lui sì che in eredità lasciò qualcosa), la Appendino dovrebbe ammettere di essere una ciofeca. Sennò i suoi voti il Pd non li vuole. Il fatto che sia stato il suo Pd, in rotta con Letta, a rifiutare Saracco, è un dettaglio. Anzi è tutta colpa dei 5Stelle che l’hanno proposto. Ma meglio così, perché la sua idea di coalizione è la seguente: il Pd candida chi gli pare e il M5S gli porta i voti con le orecchie. Infatti “non capisco la rigidità della sindaca contro un accordo al ballottaggio: così si rischia di favorire la destra” (con cui i Fassini sono sempre andati a braccetto sul Tav e altre ideone). L’ultima volta che Fassino parlò della Appendino, fu per la leggendaria sfida “Se vuol fare il sindaco, si candidi e vediamo”. Il bis del celeberrimo “Se Grillo vuol fare politica fondi un partito e vediamo”. Da allora ogni 5Stelle tiene sul comò un altarino con la sua foto rischiarata da un lumino votivo. Ora ci risiamo. Se lui assicura che o vince Lorusso o vince la destra, è matematico: se si ricandida la Appendino, rivince lei.

ILFQ

Il summit Biden-Putin, riparte il dialogo Usa-Russia. 'Mai una guerra nucleare'.

 

Si è concluso dopo circa 4 ore il vertice. Stretta di mano tra i leader.


Si è concluso dopo circa 4 ore il summit tra i presidenti americano e russo. 'Vertice costruttivo', ma restano le linee rosse. Biden: 'La mia agenda non è contro la Russia. 
E' per gli americani'. Poi ha aggiunto: 'Il tono di tutto è stato positivo'. Putin: 'Biden è diverso da Trump ed è uno statista esperto'. Tra i temi discussi: il rientro degli ambasciatori, poi i trattati sulle armi, la cyber security, l'Ucraina e lo scambio di detenuti.

La conferenza stampa di Biden.
"I rapporti fra Usa e Russia devono essere stabili e prevedibili". Lo afferma il presidente Joe Biden dopo l'incontro con il presidente russo Vladimir Putin a Ginevra. 
"Ho detto a Putin che la mia agenda non è contro la Russia, è per gli americani".
"Noi continueremo a sollevare questioni per casi come Alexei Navalny e tutte le questioni legate ai diritti umani. L'ho detto a Putin". Poi Biden ha sottolineato che "noi non tollereremo violazioni dei diritti democratici e risponderemo";  "Ho detto a Putin che ci sono delle regole di base che vanno rispettate".
"Ho dato a Putin una lista di 16 infrastrutture critiche" che devono essere off limit da ogni forma di attacco, ha aggiunto Biden.
"Importante incontrarsi di persone così che non ci siano incomprensioni su quello che io voglio comunicare". Lo ha detto Joe Biden in conferenza stampa. "Il tono di tutto l'incontro è stato buono, positivo, non ci sono state azioni stridenti", ha detto. "E' bene vedersi faccia a faccia. Ho fatto quello per cui sono venuto", ha spiegato Biden, definendo positivo il vertice con Putin e sottolineando che sono state gettate le basi "per come" ci confronteremo con la Russia.
"Ho detto a Putin il nostro incrollabile sostegno alla sovranità dell'Ucraina", ha spiegato il leader Usa. Putin "sa che agiremo" se ci saranno cyberattacchi o interferenze sulle elezioni.
'Un'altra Guerra Fredda non sarebbe nell'interesse di nessuno', ha spiegato il presidente Usa. "C'è una genuina prospettiva di migliorare significativamente le relazioni" fra Stati Uniti e Russia, ha detto Biden sottolineando che non ci sono state minacce durante l'incontro. "Ho sollevato" con Vladimir Putin "il caso degli americani prigionieri in Russia".

La conferenza stampa di Putin.

E' stato raggiunto un accordo con gli Usa per il ritorno degli ambasciatori. Lo ha detto Vladimir Putin dopo il summit. 
Putin ha detto che il summit con Joe Biden è stato costruttivo.
"Vogliamo aiutare, ad agevolare accordi di Minsk se l'Ucraina è disposta a farlo, lo faremo anche noi", ha sottolineato Putin.
Usa e Russia hanno concordato di iniziare consultazioni sulla cyber security e sul futuro del trattato New START, ha detto il presidente russo.
"Questa persona sapeva di violare una legge russa". Ed ha "compiuto diverse volte lo stesso reato". Lo ha detto Putin rispondendo ad una domanda su Alexej Navalny, l'oppositore del Cremlino in carcere.
"Guantanamo è ancora aperto, e non corrisponde agli standard internazionali dei diritti umani o alle leggi degli Stati Uniti. Di che diritti umani stiamo parlando? In Europa c'erano prigioni dove si torturava. In Russia stiamo sviluppando il nostro percorso", ha aggiunto Putin.
Putin ha definito i colloqui con Joe Biden "molto costruttivi", aggiungendo di non ritenere che ci sia stata "ostilità" tra i due leader. Riguardo al suo interlocutore, Putin ha detto che Biden "è molto diverso dal presidente Trump". E lo ha definito uno "statista esperto". Il leader russo ha spiegato che i due hanno parlato dettagliatamente per due ore: una cosa, ha sottolineato, che non sarebbe possibile fare con la maggior parte dei politici. "Il presidente Biden è una persona costruttiva e ragionevole, con grande esperienza e ha valori morali. Abbiamo trovato un linguaggio comune. Questo non vuol dire che ci prometteremo amicizia eterna o dobbiamo cercare le nostre rispettive anime". "Il presidente Biden non mi ha invitato negli Usa ne' io l'ho invitato in Russia. Ci devono essere le condizioni giuste per questo", ha spiegato Putin. 
"Abbiamo parlato del tema dei cittadini Usa detenuti in Russia e su questo punto potremo trovare un compromesso', ha aggiunto il leader russo.

Gli Stati Uniti e la Russia intraprenderanno nel prossimo futuro un dialogo bilaterale integrato sulla stabilità strategica che sarà robusto. Lo sostengono Joe Biden e Vladimir Putin in una dichiarazione congiunta al termine del summit. Lo riporta la Tass.  "Riaffermiamo il principio secondo cui una guerra nucleare non può essere vinta e non deve essere mai combattuta": lo riporta una dichiarazione congiunta dei presidenti di Russia e Usa, Putin e Biden, per la stabilità strategica ripresa dalla Tass.

I grandi network Usa sono rimasti sorpresi dalla conclusione del vertice Biden-Putin prima del previsto e si stanno interrogando se questo non sia di cattivo auspicio. La Cnn si attendeva ulteriori sub incontri delle due delegazioni, che non ci sono stati. Uscendo dal summit, tuttavia, Biden ha alzato il pollice verso la stampa.
L'incontro tra Joe Biden e Vladimir Puitn e' durato 93 minuti, quello con le delegazioni allargate 65, dopo una pausa di 45 minuti. Lo riferisce la Cnn. Le parti avevano previsto una durata di 4-5 ore.

Il governo russo protegge e offre riparo agli hacker, compresi quelli che chiedono il riscatto, operanti dalla Russia. Lo ha detto John Demers, responsabile della sicurezza nazionale al dipartimento di giustizia Usa. "C'è molta attività di questo tipo che proviene dai confini russi, che non è condotta dai dirigenti governativi russi ma che è tollerata dal governo russo", ha detto in una conferenza stampa.

Parapiglia tra reporter e anche con la security russa al vertice Biden-Putin. I giornalisti si sono spinti e urlati reciprocamente per farsi largo alla photo opportunity nella biblioteca di Villa La Grange, creando una scena caotica. Gli agenti della sicurezza russa hanno quindi tirato indietro la corda rossa divisoria per allontanare i reporter, cominciando poi a spingerli e a urlare contro di loro, secondo quanto riferisce il pool della Casa Bianca. Alcuni sono rimasti intrappolati nella corda. Dirigenti dell'amministrazione Usa, sempre secondo il pool, hanno chiesto alla security russa di non toccare la stampa. I due presidenti hanno osservato la zuffa senza dire nulla e sono sembrati divertiti dalla scena. Biden non ha risposto alla domanda se si fida di Putin, il leader del Cremlino ad altri due interrogativi: se teme l'oppositore Alexiei Navalny e cosa farà se l'Ucraina entrasse nella Nato.

(nella foto ANSA: USA-Russia summit. EPA/MIKHAIL METZEL/SPUTNIK/KREMLIN POOL MANDATORY CREDIT)

ANSA

mercoledì 16 giugno 2021

Strage ad Ardea: l'assassino fu sottoposto a "consulenza psichiatrica". - Luca Laviola

 

I due bimbi e l'anziano che ha ucciso sono le prime persone che ha incontrato. Il legale della famiglia dei piccoli: "I carabinieri erano passati cinque minuti prima nella casa dove abitava il killer".

Emergono nuovi dettagli della strage avvenuta a Marina di Ardea, vicino a Roma, quando un uomo armato e psicolabile, Andrea Pignani, ha ucciso a sangue freddo due bambini e un anziano, togliendosi poi la vita.

Andrea Pignani fu sottoposto a "consulenza psichiatrica" per uno "stato di agitazione psicomotoria" l'11 maggio scorso presso il Pronto Soccorso del Nuovo Ospedale dei Castelli di Ariccia (RM). E' quanto è emerso dagli accertamenti dei carabinieri e della Procura di Velletri.

In ospedale Pignani fu accompagnato "volontariamente" da un'ambulanza dopo una lite con la madre. Pignani non era comunque in cura "per patologie di carattere psichiatrico".

Il 118: 'Soccorsi dopo 11 minuti' - "Nessun ritardo, i soccorsi sono arrivati dopo 11 minuti". Lo precisa in una nota l'Ares 118 riguardo all'arrivo della prima ambulanza dopo la strage di Ardea. "La prima telefonata di soccorso al 112 è delle ore 10:57,32, immediatamente è stata trasferita ai Carabinieri perché erano segnalati spari, e al 118 -spiega Ares 118- Ci siamo allertati inviando subito la prima ambulanza con medico a bordo, che è giunta sul posto esattamente dopo 11 minuti dalla telefonata. Successivamente, sono giunti anche gli altri mezzi di soccorso".

Pignani era uscito di casa intorno alle 11 con felpa, zainetto e guanti e avrebbe percorso con la pistola in pugno alcune strade del comprensorio di Colle Romito, ad Ardea. Poi ha puntato la pistola contro le prime persone che ha incontrato, i due bambini e l'anziano. E' quanto accertato finora dagli investigatori che stanno ricostruendo i terribili attimi della strage di Ardea. Le prime persone che l'uomo ha incontrato sono stati dunque i fratellini Fusinato a cui, secondo quanto si è appreso, avrebbe sparato un colpo ognuno. Poi è passato in bicicletta Salvatore Ranieri a cui avrebbe sparato due colpi. A quel punto è tornato a casa dove, sembrerebbe dopo aver fatto uscire la madre, si è barricato. Dalle indagini dei carabinieri non risulterebbero altre persone scampate agli spari né liti o dissidi con le famiglie delle vittime.

"Cinque minuti prima della sparatoria una pattuglia dei carabinieri di Marina di Ardea era andata a controllare che il mio assistito Domenico Fusinato stesse in casa a rispettare l'ordinanza di custodia ai domiciliari". Rivela l'avvocato Diamante Ceci, legale dei genitori dei piccoli David e Daniel uccisi ieri ad Ardea. Quella stessa pattuglia, secondo quanto riferito, una manciata di minuti dopo è intervenuta dopo l'allarme lanciato e il triplice omicidio.

"Non la trovavamo". Si sarebbero giustificati così i familiari di Andrea Pignani, l'ingegnere informatico che ieri ad Ardea ha ucciso due fratellini e un anziano, per non aver denunciato la pistola in casa alla morte del padre dell'omicida. A quanto ricostruito dagli investigatori, l'arma era regolarmente detenuta dal padre di Pignani, morto diversi mesi fa. L'uomo fino al 1986 era stato una guardia giurata poi aveva continuato a detenere regolarmente la pistola. La famiglia si era trasferita nel comprensorio di Colle Romito nel 2019. 

"Non ho firmato alcun Tso per il soggetto in questione. In quattro anni ne ho disposto solo uno e non è nei confronti di questa persona. Ho saputo che è stato in cura ma senza il coinvolgimento di questa amministrazione". Lo spiega il sindaco di Ardea, Mario Savarese, sulle notizie di un presunto Tso, (il trattamento sanitario obbligatorio), cui era stato sottoposto in passato Andrea Pignani, l'omicida di Colle Romito.

LA STRAGE. Daniel e David avevano 5 e 10 anni e stavano giocando di mattina in un parco davanti a casa quando gli hanno sparato a bruciapelo e li hanno uccisi senza un motivo apparente. L'uomo che li ha colpiti ha poi tolto la vita anche a un pensionato di 74 anni che passava di lì in bici. Infine si è chiuso in casa e si è suicidato con la stessa pistola prima dell'irruzione dei carabinieri.

Una strage feroce e insensata si è abbattuta in una domenica di mare su un comprensorio residenziale, Colle Romito, ad Ardea, quaranta chilometri a sud di Roma. L'assassino aveva 35 anni, si chiamava Andrea Pignani, viveva con la madre in una villetta acquistata nel 2019, a poche decine di metri dal campetto del triplice omicidio. Laureato in ingegneria informatica, disoccupato, un anno fa, a maggio, era stato sottoposto a Trattamento sanitario obbligatorio (Tso) per aver aggredito la madre, ma non risulta che fosse attualmente in cura per problemi mentali. Secondo i carabinieri non usciva di casa praticamente da un anno. I vicini, altri abitanti del comprensorio, raccontano di quella pistola che tirava fuori per minacciare ogni volta che c'era una discussione, qualcosa che lo infastidiva, che fosse la potatura degli alberi o qualche rumore intorno a casa sua. Ma nessuno aveva sporto denuncia, secondo i carabinieri. Stamani verso le 11, a quanto ricostruito finora, Pignani è uscito e sulla sua strada ha incontrato Daniel e David che giocavano tranquilli. Gli ha sparato al collo e al petto e, racconta la nonna, "sono morti tenendo la mano del padre", Domenico Fusinato, ai domiciliari in un'altra villetta di Colle Romito per reati di droga, ma subito accorso appena sentiti gli spari. Nel frattempo Pignani aveva colpito e ucciso con un proiettile alla testa anche Salvatore Ranieri, 74 anni, che passava in bicicletta e non conosceva né il suo assassino né i fratellini. Una quarta vittima, un uomo che stava andando a buttare la spazzatura, sarebbe sfuggita alla morte solo perché troppo distante per la gittata della pistola. Pignani è quindi rientrato in casa, si è chiuso dentro e per ore non ha risposto ai negoziatori arrivati sul posto per convincerlo ad arrendersi. Quando a metà pomeriggio un commando del Gis carabinieri è entrato nella villetta l'uomo si era già ucciso con la stessa pistola. La fine di una giornata di sangue non mette la parola fine sulla strage. Secondo il presidente di Colle Romito, Romano Catini, la presenza di una pistola - che era del padre del 35enne, una guardia giurata morta un anno fa - era stata più volte segnalata dai vicini spaventati. Ma agli inquirenti non risultano denunce. Si cerca un movente, ma non ci sarebbero stati contrasti tra Pignani e il padre dei bambini, quest'ultimo comparso nel 2018 in un'operazione dei carabinieri a Ostia contro gli scissionisti del clan Triassi, ritenuto avversario degli Spada. Difficile pensare a una vendetta spietata. Le indagini comunque proseguono per accertare l'esatta dinamica. Rimane il ricordo delle vittime. Di due bambini. racconta la nonna, "educati e rispettosi. Daniel, il più grande, aveva solo 9 e 10 in pagella". E del 74enne Ranieri, in vacanza con la moglie a Colle Romito, dove aveva una seconda casa. Il sindaco di Ardea, Mario Savarese, racconta di un luogo tranquillo in cui nei decenni scorsi venivano a villeggiare anche personaggi politici noti. Alcuni abitanti di lungo corso raccontano invece di personaggi poco raccomandabili, alcuni dei quali ai domiciliari come il padre dei bimbi uccisi. Ma il vero movente di un massacro a freddo come questo sarà difficile da trovare, visto che l'autore si è poi suicidato.

ANSA

“Progetto bellezza”, i soldi promessi da Renzi all’Italia minore non sono mai arrivati. La denuncia da Padova: “Piano approvato, poi non si è saputo nulla”. - Giuseppe Pietrobelli

 

La graduatoria finale approvata nel 2018 aveva selezionato 273 progetti, giudicati meritevoli di spartirsi i 150 milioni di euro per il recupero dei "luoghi delle comunità". Ma i fondi sono ancora bloccati. "Abbiamo fatto tutto in regola, rispettando i tempi, ma non riusciamo ad avere risposte", dice la sindaca di Camposampiero, Katia Maccarrone, che ha chiesto 310mila euro per il restauro della Torre dell'orologio.

Recuperare i luoghi delle nostre comunità significa tornare noi stessi. Per questo, accanto ai grandi progetti, abbiamo lanciato un appello a tutti gli italiani. Segnalateci i luoghi dell’identità e della bellezza che hanno bisogno di un aiuto economico e finanziario per ripartire. Su questo tema ci giochiamo il futuro dell’Europa“. Così parlava Matteo Renzi nel 2016, da presidente del Consiglio, promettendo soldi a pioggia all’Italia minore: un’iniziativa battezzata, enfaticamente, “Progetto bellezza”. Cinque anni dopo, enti locali, pro loco e associazioni sono ancora lì che attendono. I soldi non li hanno visti, pur avendo presentato entro i termini i piani di restauro o di ripristino. Anzi, fanno perfino fatica a dialogare con la Presidenza del Consiglio che ha insediato una commissione esaminatrice, visto che i moltissimi progetti presentati superavano la disponibilità finanziaria: la graduatoria finale ne aveva selezionati 273, giudicati meritevoli di spartirsi i 150 milioni di euro stanziati.

Una denuncia in questo senso – ma è solo uno dei tanti esempi – viene dalla provincia di PadovaKatia Maccarrone, insegnante iscritta al Pd, è sindaca di Camposampiero, eletta con una lista civica di centrosinistra. “Noi abbiamo fatto tutto in regola, rispettando i tempi. E abbiamo chiesto 310mila euro per restaurare la torre medievale di Porta Padova, o dell’orologio. Dopo che il progetto è stato approvato non abbiamo saputo più nulla. Ma sappiamo che le lamentele arrivano anche da altre parti d’Italia”, spiega. Una storia di promesse governative non sono mantenute o ampiamente ridimensionate. “La nostra iniziativa è partita dalla Pro Loco, che ha presentato il progetto di ristrutturazione della torre”, prosegue la sindaca. “Attualmente si può accedere solo al piano terra, ma sistemando le scale e i locali nei diversi piani si potrebbero realizzare locali per piccole mostre e arrivare fino alla cima, da dove si può osservare la campagna veneta”.

Questa l’idea, che sembrava aver incontrato i favori romani. La torre di Camposampiero, infatti, è indicata al 130° posto di una graduatoria a importi crescenti: al primo, con soli 2mila euro stanziati, il restauro di un cancelletto ligneo di balaustra policromo nella chiesa di Santa Caterina d’Alessandria, a Paternò (Catania). I tre interventi più onerosi, del valore di 2 milioni di euro ciascuno, riguardano invece il Castello di Rosciano (Pescara), l’ex Ammasso del Grano a San Daniele Po (Cremona) e il tempietto dei Segusini con la chiesa di San Pietro a Mel, in provincia di Belluno. In realtà, di quell’elenco sembra essere rimasto ben poco. “Avevamo presentato il progetto nei tempi”, ripercorre la sindaca. “Ci hanno comunicato che era stato accolto il 15 dicembre 2017. Abbiamo fatto le corse per presentare il progetto esecutivo nel 2019. Poi più nulla. Telefoniamo e non riusciamo ad avere risposte. Ci sarebbero problemi, dicono, riguardo al documento che descrive il bene come “monumentale”, risalente al 1923, mentre a Roma lo vorrebbero come previsto oggi dal Codice dei Beni Culturali. Ma quello è il documento che noi abbiamo“. Che si tratti di una torre medievale non c’è dubbio, visto che venne eretta nel 1085 per volere di Tiso e Gerardo da Camposampiero. È alta 24 metri e ha una campana in bronzo che risale al 1450, una delle più antiche d’Italia.

Di recente alcuni deputati bergamaschi hanno presentato un ordine del giorno in cui affermano che una successiva scrematura effettuata dalla Commissione ha portato “a ritenere finanziabili solamente 22” dei 273 interventi precedentemente selezionati. Per questo hanno chiesto di riaprire le verifiche “con la finalità di consentire l’impiego integrale delle risorse stanziate”. Il numero è indicato nel decreto della Presidenza del Consiglio del 3 settembre 2019, firmato dall’allora sottosegretario Giancarlo Giorgetti, che elenca “gli enti attuatori ammessi alla fase successiva della stipula delle convenzioni con il Ministero per i beni e le attività culturali”. Solo, quelli, infatti, avrebbero presentato una “documentazione completa e coerente con il progetto”. Altre interrogazioni parlamentari hanno chiesto di sbloccare i fondi già stanziati per consentire l’esecuzione degli interventi. Evidentemente i sindaci esclusi non sono stati informati che il primo elenco, del 2018, non corrisponde a quello delle opere considerate meritevoli di essere salvate.

IlFQ

Moderati un corno. - Marco Travaglio

 

Ridotta all’osso, la situazione politica è questa. 

1) Il governo Draghi fa politiche di centrodestra con una maggioranza di centrosinistra: infatti il centrodestra avanza e il centrosinistra arretra. 

2) Nel centrodestra tutti lavorano per vincere le Politiche, unendo chi ama il governo Draghi (Lega e FI) e chi lo contesta (FdI); nel centrosinistra tutti lavorano per perdere le Politiche, lasciando per strada sia chi ama il governo Draghi (e vota centrodestra) sia chi contesta il governo Draghi (e non vota centrosinistra perché il centrosinistra vota tutte le norme di centrodestra del governo Draghi). 

3) Nel centrodestra tutti lavorano per vincere le Amministrative, presentandosi uniti; nel centrosinistra tutti lavorano per perdere le Amministrative, presentandosi divisi (fuorché a Napoli). Letta, come già Zinga, non controlla il Pd, che resta in mano ai renziani, ieri impegnati a rovesciare Conte e ora a combattere non la destra, ma i 5Stelle, con l’ideona di una “federazione” con l’Innominabile, Calenda, Bonino e altri noti frequentatori di se stessi. Risultato: nell’ultimo sondaggio gli elettori del Pd dicono di fidarsi più della Meloni che dell’Innominabile. I 5Stelle hanno finalmente un nuovo leader, Conte, che però inspiegabilmente parla poco di contenuti e molto di formule: i “moderati”, tanto cari anche a Di Maio; i due mandati; il nuovo linguaggio da circolo Pickwick (“onorevoli” o “portavoce”, “giustizialisti” o “garantisti”?); i confini dell’alleanza col Pd. Tutti temi che non fregano niente a nessuno.

Tantopiù che di “moderati”, in giro, non se ne vede l’ombra: qualunque partito votino, sono tutti incazzati, o confusi, o terrorizzati. Figurarsi quanto può importare se il nuovo M5S sarà di centro, di destra o di sinistra, se i suoi eletti faranno due o tre mandati, se si chiameranno “onorevoli” o “portavoce”, se chiederanno scusa a tal Uggetti per aver chiesto le sue dimissioni dopo l’arresto per un bando di gara fatto scrivere alla ditta che doveva vincerla. La Meloni, l’unica che avanza, dice ogni giorno quel che vuol fare. E poco importa se non riuscirà a farlo. Tutti gli altri si guardano l’ombelico. Eppure gli elettori non perdono occasione per urlare ciò che vogliono. Le primarie parentali del Pd a Torino hanno riunito 11mila votanti, 5mila in meno delle firme raccolte dai candidati. Che altro deve accadere perché Conte voli a Torino e convinca l’ottima sindaca Appendino a ricandidarsi? È vero, è stata condannata in primo grado. Ma non per aver truccato una gara: per una disgrazia causata da una gang di rapinatori. Mai come oggi i cittadini hanno bisogno di figure oneste, collaudate e rassicuranti, non di fumisterie. Lo capiranno i nostri eroi, prima che la Meloni arrivi al 50 per cento?

ILFQ