venerdì 4 marzo 2022

“Nomine irregolari al Comune di Firenze”. Renzi condannato: dovrà pagare 70mila €. - Gianluca Rosselli

 

Matteo Renzi è stato condannato dalla Corte dei conti per un danno erariale al Comune di Firenze di 70 mila euro. La sentenza di primo grado depositata ieri (ma l’udienza è del 4 novembre 2021) riguarda due incarichi giudicati irregolari all’epoca in cui era sindaco di Firenze, dal 2009 al 2013. Insieme al leader di Italia Viva, condannato a pagare un risarcimento di 69.738 euro, la Corte ha sanzionato anche due dirigenti comunali di allora: Sarina Liga condannata a pagare 313.821 euro e Claudio Martini sanzionato per 34.969 euro. I fatti in questione riguardano due incarichi di collaborazione nello staff dell’allora sindaco: la nomina di Marco Agnoletti a responsabile dell’ufficio per la comunicazione e di Bruno Cavini a portavoce del sindaco. I due incarichi, secondo la sentenza della Corte, sono di natura dirigenziale e potevano essere attribuiti solo a persone laureate, mentre, si legge nella sentenza, “Agnoletti aveva conseguito il diploma di scuola media superiore, mentre Cavini addirittura solo del diploma di scuola media inferiore”. Quindi, secondo i giudici contabili, i due avrebbero percepito “una retribuzione non proporzionata al titolo di studio posseduto”. Agnoletti (80 mila euro lordi annui), col suo diploma di maturità scientifica, e Cavini, con la terza media, erano dunque privi dei titoli. Agnoletti e Cavini non sono inquisiti, né sanzionati. La richiesta iniziale della procura era stata quantificata in 697 mila euro, ma la Corte ha deciso di abbassarla a 418.528 euro, suddivisi per il 45% a carico di Liga, per il 10% a Renzi e per il 5% a Martini. Agnoletti e Cavini erano due persone di fiducia di Renzi, che le ha volute con sé a Palazzo Vecchio per gestire la comunicazione. Agnoletti è il suo storico portavoce: dopo essere stato con lui a Firenze, l’ha seguito anche al Nazareno nel 2017, dopo che Renzi, dimessosi da presidente del consiglio nel 2016, è stato rieletto segretario del Pd. Mentre nel 2013 Agnoletti è rimasto a Firenze anche col nuovo sindaco, Dario Nardella, per cui ha ricoperto il ruolo di capo ufficio stampa e portavoce, con un contratto però non più da dirigente. Oggi Agnoletti non lavora più con la politica, ma ha una società di comunicazione, Jump, che tra i clienti annovera il Milan, Msc Crociere e Fabio Fazio. Sempre per vicende legate all’attribuzione, ma di altri incarichi a Firenze, Renzi è stato condannato altre due volte dalla Corte dei conti, ma in entrambi i casi è stato assolto in secondo grado. Anche in questo caso l’ex premier ricorrerà in appello.

giovedì 3 marzo 2022

Il Cretino Collettivo. - Marco Travaglio

 

“La prima vittima della guerra è la verità” (Eschilo). Dopo i civili innocenti, si capisce. Ma poi ci sono l’intelligenza, la logica, il senso dell’umorismo e anche del ridicolo. Visto come siamo messi in Italia, siamo in piena guerra pure noi, anche se non sta bene dirlo. Il Cretino Collettivo ha cacciato dalla Scala uno dei migliori direttori d’orchestra del mondo, Valery Gergiev, perché è russo e fan di Putin (ma entrambe le cose erano note prima che lo chiamassero). Una delle migliori soprano, Anna Netrebko, ha annunciato che diserterà Scala per non finire come lui, essendo pure lei orripilantemente russa. Il Festival della fotografia europea di Reggio Emilia ha annullato la partecipazione della Russia, che esponeva le opere di Alexandr Gronskij: un altro fottuto putinista? Mica tanto: la polizia l’ha appena arrestato a Mosca mentre manifestava contro Putin. E vabbè, pazienza, effetti collaterali. È russo pure Daniil Medvdev, il tennista n. 1 del mondo, che la Federazione ucraina chiede di escludere dal Grande Slam anche se si è pronunciato contro la guerra. E lo è soprattutto quel tal Dostoevskij, sedicente scrittore che, con Tolstoj, Cechov, Puskin, Gogol’ e altri putribondi figuri, minacciava di diffondere la propaganda putiniana alla Bicocca. Così l’ateneo ha sospeso il seminario del loro studioso Paolo Nori per “evitare qualsiasi forma di polemica”. Poi ci ha messo una toppa peggiore del buco: “Volevamo provare ad aggiungere anche autori ucraini”. La par condicio applicata alla letteratura, per giunta postuma. Ora nel mondo della tv, trema Carmen Russo.

Intanto dal Tg1 è sparito il corrispondente Marc Innaro, reo di conoscere bene la Russia visto che la segue da 40 anni e soprattutto di aver mostrato la cartina dell’allargamento della Nato nell’Est Europa: ma benedett’uomo, chi glielo fa fare di mostrare cartine? Pensi alle ragazze, invece. Noi, avendo sempre scritto contro Putin, anche quando Rep ospitava la sua propaganda a pagamento e Giornale, Libero, Foglio e tutto il cucuzzaro berlusconiano rilanciavano le fellatio del padrone al “dono del Signore”, dobbiamo sorbirci le lezioncine di antiputinismo da quei ridicoli tartufi. Francesco Merlo, la lingua più felpata del West, ce l’ha con “gli stessi ‘Italiban’ che tifavano per i tagliagole afghani”. Che poi sono gli eroici “mujaheddin” armati dall’Occidente per scacciare l’Armata Rossa dall’Afghanistan e divenuti improvvisamente “tagliagole” talebani quando usarono le nostre armi per scacciare le nostre truppe. A proposito: le armi che stiamo festosamente inviando agli ucraini, se vince Putin le userà contro di noi. Che in fondo gli somigliamo sempre di più. Perché le guerre presto o tardi finiscono: il Cretino Collettivo mai.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/03/03/il-cretino-collettivo/6513621/

Ora cerchiamo di non imitare Putin il censore. - Antonio Padellaro

 

Come tanti, quando sono in auto, tengo sempre la radio accesa per ascoltare le dirette sulla guerra e anche le opinioni degli ascoltatori che spesso fanno le domande più sensate, magari le stesse che avrei fatto io. Per esempio, ieri mattina, a Tutta la città ne parla.

(Radio3) si parlava del carico di armi pesanti che l’Italia si accinge a inviare a Kiev e qualcuno, assai pessimista sulla durata della resistenza ucraina, ha chiesto: e se poi questo gigantesco arsenale di missili, bombe, mitragliatrici dovesse finire nelle mani dei russi? Non corriamo il rischio di armare gli aggressori? Poi si è passati a considerare l’ipotesi di una possibile sollevazione popolare contro Vladimir Putin, alla luce delle proteste di piazza mostrate in tv. È stato risposto, attenzione a non confondere Mosca e San Pietroburgo – grandi metropoli europeizzate dove soprattutto i giovani sono molto simili ai loro coetanei di Berlino, Parigi o Londra – con la Russia profonda nella quale l’uomo del Cremlino gode ancora di vasta popolarità (cerco di riassumere le valutazioni del corrispondente Rai, Alessandro Cassieri). A proposito di questa idea di un Putin in difficoltà mi è venuto in mente che molto si è parlato di quella riunione del Consiglio di sicurezza russo nella quale Putin ha gelato il capo dei servizi segreti che chiedeva più tempo per i negoziati. È la prova, hanno commentato gli “esperti”, che il dissenso si allarga e che lo Zar Vlad potrebbe presto saltare. Ho pensato io (più terra terra): se qualcuno dovrà saltare sarà, se non sta attento, quel burocrate avventato. Quindi su Radio 24 sono trasecolato alla notizia che l’Università Bicocca di Milano aveva rinviato il corso dello scrittore e traduttore Paolo Nori su Dostoevskij (“evitiamo polemiche in un momento di forte tensione”). Poi, fortunatamente, la rettrice ha fatto marcia indietro, anche se questo episodio si somma alla richiesta di abiura fatta del sindaco di Milano e che ha portato Valerij Gergiev (solida fama di putiniano) a dare le dimissioni della direzione del Teatro alla Scala. Così come il soprano russo, Anna Netrebko (assai apprezzata da Putin) anche lei attesa alla Scala, ha preferito rinunciare dicendo che “non è giusto costringere gli artisti a denunciare la patria”. Chiedo sommessamente: non ci hanno insegnato che la superiorità della democrazia consiste nel non abbassarsi a discriminare chi la pensa diversamente? Come invece fanno le dittature?

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/03/03/ora-cerchiamo-di-non-imitare-putin-il-censore/6513673/?utm_content=marcotravaglio&utm_medium=social&utm_campaign=Echobox2021&utm_source=Facebook&fbclid=IwAR2tKwta3u41i3CH3ilHH1h3hNkeJ6m8KIP5kFlidLoNzXPAl7xe42pe5ac#Echobox=1646297425

mercoledì 2 marzo 2022

 

Molto interessante, se le persone sapessero...se si concedessero un po' di attenzione, ma generalmente molti non hanno voglia e tempo per sapere.. Gli slogan media&televisivi del governo/Nato & Co. sono "meno impegnativi" sul breve termine... il paragone con l'obbligo vaccinale è troppo tentante per non riesumarlo. Il medio-breve, il medio e il lungo termine costituiscono il cuore dell'esperimento: un'inquietante INCOGNITA. E anche questo scritto del 2014 lo dimostra visto che gli esperimenti politici, sociali e di guerra civile di 8 anni fa sono sfociati oggi nel male assoluto, la guerra, l'invasione, sulla pelle degli inermi civili.

L'articolo seguente, pubblicato da Zory Petzova, e in origine apparso su "FORBES" (rivista bisettimanale statunitense di economia, finanza, industria, investimenti, scienza, politica ecc.), è del Prof. Vladimir Golstein, nato a Mosca ed emigrato negli Stati Uniti nel 1979, professore di studi slavi alla Brown University, con sede a Providence nello Stato del Rhode Island, una delle più prestigiose e selettive università del continente nord americano.
L'articolo, un saggio breve, è del 2014 e descrive con lucidità e lungimiranza, e già a quel tempo i pericoli, della situazione dell’Ucraina, restituendo un quadro più equilibrato delle forze che determinano la presente situazione sociale e politica.
"Il primo ostacolo verso una RIAPPACIFICAZIONE e un compromesso FRA LE DUE ENTITA' DEL PAESE è proprio l’attuale regime filo-occidentale... e già allora la situazione creata dall’Occidente in Ucraina era più che pericolosa."

"I media americani mainstream hanno adottato una visione miope della crisi ucraina, che segue il copione scritto dal Dipartimento di Stato. La maggior parte dei rapporti: o hanno ignorato la verità o l’hanno distorta in maniera da dare una visione solo parziale dei fatti. Ecco qui di seguito SETTE COSE CHE DOVRESTE SAPERE sull’Ucraina.

1.) A discapito di quanto sostengono alcuni commentatori, come Greg Sattell di "Forbes", LE DIVISIONI IN UCRAINA ESISTONO DAVVERO, e la violenza scatenata dal regime di Kiev sta ulteriormente polarizzando il paese.
Anche se le differenze tra l’Ucraina occidentale e il resto del paese, che si rivolge più alla Russia, sono ampiamente riconosciute, quello che in genere viene sottovalutato è la cultura, il linguaggio e l’ideologia politica che l’Ucraina occidentale ha imposto al resto del paese. Ufficialmente questo viene fatto per “unificare il paese”, ma il vero obiettivo è quello di REPRIMERE E UMILIARE LA POPOLAZIONE UCRAINA DI LINGUA RUSSA.
Gli estremisti nazionalisti dell’Ucraina occidentale, per i quali il rifiuto della Russia e della sua cultura è un atto di fede, intendono costringere il resto del paese ad adeguarsi alla loro visione parziale. L’Ucraina dell’Est e dell’Ovest non capiscono le rispettive preoccupazioni, così come i cubani che vivono a Miami e quelli che vivono a l’Havana non si capirebbero tra loro. Il conflitto ucraino non è tra “separatisti filo-russi” e “pro-ucraini”, ma piuttosto tra due gruppi di ucraini che non condividono la rispettiva visione di un’Ucraina indipendente.

"BIGNAMI-STORIA" (ndr)
L’UCRAINA DELL'OVEST fu annessa alla Russia solo durante l’era di Stalin. Per secoli era stata sotto il controllo culturale, religioso e/o politico dell’Impero Austro-Ungarico e della Polonia. Odiando l’occupazione sovietica, i nazionalisti dell’Ucraina dell’Ovest vedevano Stalin come un cattivo molto peggiore di Hitler, al punto che l’Organizzazione degli Ucraini Nazionalisti SI ALLINEO' CON I NAZISTI e, guidati dal loro leader estremista Stepan Bandera, si spinse fino a liberare la loro terra da altri gruppi etnici, compresi Polacchi ed Ebrei.

L’Ucraina occidentale è unita dall’ostilità nei confronti dei Russi, che vengono visti come invasori e occupanti. Durante gli ultimi venti anni, mentre l’Ucraina cercava di prendere le distanze dal proprio passato sovietico e dalla sua ideologia, essa scelse il nazionalismo dell’Ucraina occidentale come alternativa. Un passaggio necessario forse, ma che ha generato i propri miti pericolosi.
GLI ORIENTALI NON ACCETTANO che poster pro-Bandera siano spuntati in tutta l’Ucraina e che si tenti di RISCRIVERE L'INTERA STORIA, con i violenti nazionalisti che combatterono al fianco dei nazisti trattati come eroi, mentre i Russi, che soffrirono sotto Stalin non meno degli stessi Ucraini, vengono denigrati. Dopo l’esilio del Presidente Victor Yanukovich e l’annessione russa della Crimea, la retorica nazionalista ucraina è diventata esplicitamente offensiva e isterica, OSTRACIZZANDO ULTERIORMENTE IL POPOLO DELL'EST. Il crescendo di violenza continuerà a radicalizzare entrambe le parti, che invece di trovare una soluzione democraticamente accettabile si rivolgeranno a mazze da baseball e fucili AK47.

2.) La stampa occidentale non ha raccontato la verità sul MASSACRO DI CITTADINI UCRAINI a Odessa il 2 maggio 2014, quando circa 100 (dai dati ufficialmente accertati 42) persone disarmate furono bruciate vive in un edificio di Odessa. Nel raccontare la storia, la stampa occidentale fece riferimento a scontri tra hooligan del calcio pro-Ucraina e manifestanti pro-Russia, senza spiegare minimamente perché il risultato di questi scontri fu così a senso unico.
Quel che avvenne a Odessa è qualcosa di tristemente familiare per l’Est Europa: un pogrom organizzato. Quantomeno la BBC raccontò correttamente parte della storia:
“Diverse migliaia di tifosi di calcio iniziarono ad attaccare 300 pro-Russia”.
E come in tutti i pogrom, i carnefici diedero la colpa alle loro vittime indifese per averli provocati. In realtà, teppisti pro-Kiev armati con sbarre di ferro e molotov attaccarono il campo dei manifestanti, gli diedero fuoco, e li costrinsero a rifugiarsi in un edificio, che fu dato alle fiamme. Si trattò di uno spudorato atto di violenza e intimidazione.
Gli attuali leader dell’Ucraina promisero un’indagine, ma al momento l’unica risposta è stata dare la colpa alla PASSIVITA' DELLE FORZE DELL'ORDINE. La verità è che le vittime semplicemente si sono rifiutate di condividere l’agenda radicale nazionalista di Kiev. Dovremmo chiamarli civili “separatisti” o “terroristi” solo perché il loro rifiuto del nazionalismo radicale è sfociato in una protesta tipo “Occupy”? Perché non chiamarli Ucraini moderati? Il governo Ucraino, incompetente se va bene, violento e brutale nel peggiore dei casi, ignorando l’intimidazione e quindi permettendo ulteriori radicalizzazioni, sta tradendo il proprio popolo. Questa era una notizia importante, un possibile spartiacque nel dramma in atto della guerra civile ucraina, eppure la stampa occidentale si è rapidamente dimenticata della questione.

3.) Le elezioni Ucraine previste per il 25 maggio (siamo nel 2014, ndr.) non risolveranno certo i problemi economici dell’Ucraina, dato che c’è una palese assenza di candidati validi. Gli attuali rivali politici alle elezioni sono o oligarchi in stile Sovietico come Petro Poroshenko, o politici corrotti come l’ex Primo Ministro Iulia Timoshenko, oppure l’ex membro del governo Timoshenko, Arseny Iatseniuk. Per quanto corrotto si fosse dimostrato il presidente esautorato Viktor Yanukovich, egli aveva conquistato davvero il suo ruolo tramite le ultime elezioni, mentre il paese era traumatizzato dalla stessa corruzione di Timoshenko. È un’amara caratteristica della scena politica ucraina che il suo politico più indipendente e dinamico sia Oleh Tyahnibok dell’Ucraina dell’Ovest, il controverso leader del partito nazionalista di estrema destra, Svoboda.Il suo partito è stato accusato di essere coinvolto nel movimento nazi-Bandera, mentre la Russia lo ha dichiarato “fascista” e ha aperto contro di lui un procedimento penale per aver organizzato l’assalto ai civili dell’Ucraina orientale.

4.) I politici non contano veramente in Ucraina, perché l’UCRAINA E' LA TERRA DEGLI OLIGARCHI.
Bene o male, Putin ha messo fine al regno degli oligarchi in Russia. I membri del “circolo interno” di Putin saranno anche ricchissimi, ma sanno a chi devono il loro benessere. Imprigionando Mikhail Khodorkovsky, Putin ha lanciato un chiaro messaggio a tutti i potenti oligarchi che controllavano la Russia durante il periodo dell’ex presidente Boris Yeltsin: rimanete fuori dalla politica. In Ucraina niente di questo è avvenuto, e i politici sembrano lavorare in unisono, se non sotto diretto controllo degli oligarchi. Ci sono spesso tensioni tra di loro o tra loro e i politici; per esempio, l’Ucraino più ricco, Rinat Akhmetov, ha lavorato a stretto contatto con Yanukovich, mentre altri hanno preferito Timoshenko o Victor Iushenko. Gli interessi di Akhmetov sono legati alle industrie metallurgiche dell’Est ed egli ha fatto in modo che i suoi 300.000 dipendenti lo aiutassero a prendere il controllo dell’Ucraina dell’Est e respingere gli attacchi militari ai civili, attacchi che venivano incoraggiati da un altro oligarca, Igor Kolomoisky.


5.) La stampa occidentale, inclusa Forbes, ha sottostimato l’influenza dell’oligarca Igor KOLOMOISKY.
Kolomoisky ha utilizzato il concetto di “corporate raiding” alla lettera, UTILIZZANDO UNITA' PARAMILITARI a sua disposizione per tutta una serie di ACQUISIZIONI OSTILI. Senza dubbio astuto uomo d’affari, è riuscito a sottrarre diversi affari a potenti concorrenti come l’attuale presidente del Tartastan e, se dobbiamo credere a Putin, come l’oligarca russo Roman Abramovich. La recente incursione nella politica di Kolomoisky è avvenuta sulla stessa imponente scala. Nonostante abbia la residenza in Svizzera, è stato eletto governatore della regione di Dnepropetrovsk. Ha offerto una TAGLIA DI 10.000 dollari per ogni “SEPARATISTA RUSSO”, ha dotato l’esercito ucraino dei mezzi necessari e ha armato i volontari nazionalisti. Mentre l’esercito ucraino regolare è riluttante a sparare alla sua stessa popolazione,le unità di Kolomoisky hanno partecipato a VARI ATTACCHI MILITARI NELL'EST DEL PAESE, incluso l’assalto del 9 maggio a Mariupol, dove sono stati uccisi molti civili. Fonti russe lo collegano al massacro di Odessa. Membri del nuovo governatorato di Odessa, nominato dopo il massacro, sono suoi stretti collaboratori.
Anche le attività “pro-ebrei” di Kolomoisky sono MOLTO CONTROVERSE. Egli fa donazioni in denaro a vari progetti di ristrutturazione o costruzione, da Gerusalemme alla sua nativa Dnepropetrovsk, riveste la carica di presidente della comunità ebrea ucraina, e nel 2010 è diventato il presidente del Consiglio Europeo delle comunità ebree, a seguito della sua promessa di donare 14 milioni di dollari per vari progetti. Altri membri del Consiglio hanno descritto la sua nomina come un “atto ostile in stile Est Europeo”. Dopo che molti tra loro hanno dato le dimissioni per protesta, Kolomoisky ha lasciato il Consiglio, ma solo dopo aver impostato un comitato “alternativo” chiamato Unione degli Ebrei Europei. I leader ebrei fedeli a Kolomoisky sostengono che l’Ucraina ora è una società aperta e pluralista, ma alla luce della tradizione ucraina di anti-Semitismo e pogrom, c’è poco da essere ottimisti.
La stampa occidentale si lamenta dei MEDIA CONTROLLATI da Putin, ma Kolomoisky controlla almeno altrettanta informazione. Le sue proprietà includono il più grande gruppo mediatico ucraino, “1+1 Media”, l’agenzia di stampa “Unian”, così come vari siti internet, che gli permettono di tenere l’opinione pubblica in una frenesia anti-Putin. Andrew Higgins del New York Times ha pubblicato una storia dal titolo “Tra gli ebrei ucraini, la maggiore preoccupazione è Putin, non i Pogrom” che fa l’elogio di Kolomoisky per aver donato a Dnepropetrovsk il “più grande centro comunitario ebreo del mondo” insieme a un “museo dell’Olocausto ad alta tecnologia”. Higgins, tuttavia, nota che il museo “evita la delicata questione di come alcuni nazionalisti ucraini collaborarono coi nazisti… spiegando invece come gli ebrei sostennero gli sforzi dell’Ucraina di diventare una nazione indipendente”. In altre parole, questo museo hi-tech non è altro che un progetto di propaganda, che si focalizza su questioni che non riguardano l’Olocausto, e che non onora le vittime né documenta il ruolo dei collaborazionisti ucraini.

6.) La Russia è debole. Il paese sta calando come popolazione, geograficamente ed economicamente. La Russia ha un territorio chiaramente troppo vasto. Guardiamo il confine russo-cinese, dove la densità di popolazione rivela un’immagine preoccupante per la Russia: ci sono circa 100.000 cinesi per chilometro quadrato a sud del confine, contro dieci russi dall’altra parte. Solo un fanatico russofobico potrebbe immaginare che la Russia voglia espandersi. Le repubbliche baltiche, la Moldavia, la Georgia e la Polonia, continuano a dare retta ai media occidentali e alle loro storielle di espansione russa, perché la NATO, la UE e gli USA sono più che felici di “FRONTEGGIARE LA RUSSIA” e E FORNIRE AIUTI FINANZIARI.

7.) Il presidente Putin è stato accomodante nei confronti degli interessi occidentali. A discapito di quel che si legge sulla stampa occidentale, non ha protestato per l’espansione della NATO, ha abbandonato una serie di importanti basi militari russe, e HA AGITO AGGRESSIVAMENTE SOLO QUANDO ha capito che il “CORTILE ” RUSSO ERA IN PERICOLO. L’annessione della Crimea, mentre rispondeva a una forte richiesta popolare sia in Russia che in Crimea, è stata un’operazione limitata, che ha consentito a Putin di salvare la faccia dopo aver “perso” l’Ucraina. Da quel momento ha dato parecchi segnali che è pronto a capitolare. I suoi limitati obiettivi sono riconosciuti negli scritti e nelle interviste di persone come l’ex ambasciatore in Russia Jack Matlock, o dell’ex Segretario di Stato Henry Kissinger.Ma quello che occorre sottolineare è che il prossimo leader russo potrebbe NON ESSERE ALTRETTANTO ACCOMODANTE, specialmente alla luce delle CONTINUE E INUTILI PROVOCAZIONI da parte degli Stati Uniti. Dmitry Rogozin, il rappresentante NATO della Russia e importante figura politica della destra, ha già dichiarato che la prossima volta che volerà in Ucraina e Moldavia, lo farà su un aereo bombardiere, dopo che questi paesi non hanno concesso al suo aereo civile di usare il loro spazio aereo. 
Quello che ha permesso l’ascesa di Hitler è stata la continua umiliazione della Germania dopo la Prima Guerra Mondiale.
La politica di umiliazione pubblica di Putin, i discorsi di “punire” lui o la Russia per il loro cattivo comportamento, sono un insulto al leader russo e ai suoi concittadini. Al contrario della Germania nel 1939, la Russia ha un sacco di armi nucleari. Se la Russia intendesse asservire gli USA o i suoi alleati con la minaccia di un attacco nucleare, sarei più che felice di ripetere il motto del New Hampshire: “Vivere liberi o morire”. Ma vale davvero la pena di insultare e minacciare una potenza nucleare già infuriata e frustrata per il gusto di consegnare l’Ucraina a gente come Kolomoisky e la sua combriccola di oligarchi, nazionalisti e politici asserviti?
Quei politici e giornalisti occidentali che confondono la questione di difesa della libertà con i giochi di potere dell’attuale élite ucraina, dovrebbero essere consapevoli che non stanno servendo, ma tradendo, gli amati principi americani."

(19 maggio 2014 - Prof. Vladimir Golstein, professore di studi slavi alla Brown University
"Why Everything You've Read About Ukraine Is Wrong" https://is.gd/UMBBLX; https://is.gd/WcKejh; https://is.gd/LBN4CI )

https://www.facebook.com/photo/?fbid=10225307485026488&set=a.1328319740415

Premettere che Putin è uno stronzo. - Antonio Padellaro

 

Avviso ai combattenti. Qualunque anche pur minimo rilievo a eventuali responsabilità del fronte Nato nell’avere sottovalutato l’inevitabile reazione di Mosca all’ipotesi di un passaggio di Kiev nel fronte politico e militare occidentale va sempre preceduta da una decisa, inequivocabile e dunque definitiva condanna dell’invasore russo. Solo dopo aver premesso, e senza equivoci di sorta, che Putin è un criminale – o anche un delinquente, uno psicopatico, un mostro sanguinario, uno stronzo (meglio ancora se tutte queste cose insieme) – si potrà argomentare la non totale condivisione rispetto alle scelte di chi si è fatto usbergo dei valori del mondo libero. Senza tuttavia eccedere nei distinguo per non demoralizzare le truppe, in questo caso gli eroici opinionisti e strateghi che difendono la democrazia dal divano di casa.

C’è davvero poco da scherzare perché l’intolleranza nei confronti di qualsiasi visione degli accadimenti bellici non coincidente con quella quella timbrata e omologata dalle cancellerie (oltre che dal gruppo editoriale Gedi e dal Tg1) ricorda analoghe rimostranze. Quelle che, durante i picchi di contagio pandemici, ricoprivano di guano chiunque esprimesse il pur minimo dubbio sulla reale efficacia della campagna di vaccinazione, o sulle limitazioni imposte dal green pass.

Infatti, ogni obiezione sussurrata necessitava di una professione di fede basata sull’essersi gioiosamente fatti inoculare le tre dosi previste. Nonché, se necessario, anche una quarta e una quinta. Pure così, se eccepivi qualcosina, era difficile sfuggire al sospetto di una qualche tua complicità con i no vax. Esattamente come ora, se non indossi l’elmetto atlantico, rischi di passare oggettivamente per un servo del Cremlino. È inutile, qui da noi anche la causa più giusta, come la difesa della salute collettiva o del diritto alla libertà di un popolo aggredito, finisce per essere invariabilmente sporcata dai custodi del vero e del giusto. Maestrini dalla penna rozza, infastiditi da chiunque non sia disposto a portare il cervello all’ammasso.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/03/02/premettere-che-putin-e-uno-stronzo/6512494/?fbclid=IwAR3aby9aQFDcrADn51mwlW0SZVgXsHpWsuM46gLnpNAiT9kZe52zxWOFQeM

martedì 1 marzo 2022

L’impreparazione dei leader buoni contro il “caro” nemico Vladimir. - Antonio Padellaro

 

Non ha torto Giulio Tremonti quando ironizza sul G20 dello scorso ottobre, che ha partorito poche righe su quella che era già l’esplosiva crisi Mosca-Kiev. E quando dice che “i grandi della Terra sembrano turisti della storia” (La Verità). In questi giorni è tutto un fiorire di analogie con l’aggressione di Putin all’Ucraina paragonata alla occupazione dei Sudeti da parte della Germania di Hitler. Con la non piccola differenza che, allora, più la guerra si avvicinava e più le relazioni tra il capo nazista e le democrazie dell’epoca si azzeravano. Mentre, fino all’altroieri, allo zar Vlad era riservato un posto d’onore al tavolo dei Grandi, accanto a Biden, Macron, Merkel, Johnson, Draghi. Un carissimo nemico con il quale il numero uno di Parigi e quello di Berlino intrattenevano rapporti anche personali. Vero è che al vertice di Roma l’autocrate russo partecipò (come il collega cinese) in videoconferenza: un gelido distacco che, a maggior ragione, avrebbe dovuto mettere in allarme gli altri partecipanti. Apparsi invece più concentrati sulle vacanze romane che sul pericolo di un imminente conflitto nel cuore dell’Europa. Perché mentre la guerra si allarga a dismisura, fino a mettere in preallarme gli apparati atomici, una domanda sorge spontanea. Come è stato possibile che i governi, le diplomazie e le intelligence del fronte occidentale siano rimasti per tutto questo tempo a guardare il fuoco della miccia che rapidamente si avvicinava al detonatore, salvo cercare di spegnerlo quando ormai era troppo tardi? Del resto, che la conquista di Kiev facesse parte dei piani non più rinviabili di Putin lo aveva messo lui stesso nero su bianco, e in tempi sospetti, in un lungo saggio dal titolo Sull’unità storica di russi e ucraini messo in Rete sul sito del Cremlino il 12 luglio 2021 (e che il Domani ha pubblicato ieri). Sono gli stessi argomenti con i quali, nella diretta televisiva di qualche giorno fa, l’autocrate russo ha fornito al mondo la giustificazione ideologica dell’annessione del Donbass, mentre i blindati riscaldavano i motori. Ci sarà tempo (ci auguriamo) per indagare a fondo sull’impreparazione (e/o sottovalutazione) dimostrata dai leader “buoni” mentre il “cattivo” caricava il kalashnikov. Infatti, quel G20 passerà alla storia con essi che lanciano festosamente le monetine nella Fontana di Trevi. Di spalle. Preferivano non guardare.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/03/01/limpreparazione-dei-leader-buoni-contro-il-caro-nemico-vladimir/6511131/

domenica 27 febbraio 2022

Il fotovoltaico da balcone come alternativa al gas e contro il caro bollette. - Roberta De Carolis

 

La guerra in Ucraina ci sta mettendo di fronte ai nostri errori. Eppure le soluzioni, almeno per far fronte alla crisi energetica, c’erano e ci sono ancora: le rinnovabili. Il fotovoltaico si può addirittura istallare sul balcone. La tecnologia davvero non può essere più la scusa ora.

Esiste un fotovoltaico molto “casalingo” ma non meno efficiente e molto efficace contro il caro bollette: è quello da balcone, che prevede l’installazione di innovative celle fotovoltaiche bifacciali sui parapetti da esterno irraggiati dal sole. Non quindi sul tetto dell’edificio, proprio “in casa nostra”.

Non tutte le abitazioni sono adatta ad installare il classico fotovoltaico da edificio, quello che normalmente si costruisce sul tetto. In questi caso un compromesso può essere il fotovoltaico da balcone, ovvero un singolo pannello solare da 1,2 kW/h o da 2,4 kW/h, che può essere posizionato ovunque sul balcone purchè ci sia una sufficiente irradiazione solare, e che può anche essere spostato tramite una struttura mobile su ruote.

Come funziona il fotovoltaico da balcone.

Sul balcone i pannelli solari hanno un meccanismo di funzionamento molto simile a quelli installati sui tetti degli edifici. L’impianto si collega normalmente alla rete della corrente domestica determinando una potenza aggiuntiva.

È quindi necessario anche in questo caso avere un contatore bidirezionale, ovvero uno che non misuri solo i consumi ma anche l’energia immessa in rete, in quanto, installando un impianto fotovoltaico, si diventa produttori (oltre che consumatori) di energia.

E anche con i fotovoltaico da balcone non è richiesta un’autorizzazione (a meno che non si viva in un centri storico italiano coperto da vincolo paesaggistico): basterà comunicare l’impianto mediante il modello unico per il fotovoltaico.

Tutti gli impianti fotovoltaici da balcone sono inoltre dotati di una batteria per l’immagazzinamento di energia, necessaria ad intervenire in caso di minore produzione “al momento” e di maggiore consumo (es. nelle ore solari).

Vantaggi e limiti del fotovoltaico da balcone.

Una famiglia di 3-5 persone, considerati i consumi a cui ormai siamo abituati, non può coprire il proprio fabbisogno energetico con un unico impianto da balcone. Ma averlo resta un utilissimo metodo per aiutare l’ambiente e le nostre bollette (e in questo momento ne abbiamo bisogno più che mai).

Con la potenza tipica installata e la conseguente energia accumulata in una giornata di sole pieno, infatti, i pannelli fotovoltaici da balcone possono arrivare ad alimentare contemporaneamente un PC per circa 2-3 ore, una TV, l’aspirapolvere fino a 30 minuti e 8 lampadine a basso consumo.

E sulle bollette tutto questo sarà più che evidente.

Naturalmente installare un impianto fotovoltaico da balcone ha un costo. Facendo un giro in rete ci si rende conto che per un singolo impianto è necessario investire una media di 1500 euro, a cui dovremmo aggiungere i costi di manodopera se non siamo in grado di montarlo autonomamente.

Potremmo comunque usufruire delle detrazioni fiscali pari al 50% fruibili in dieci anni.

In un momento storico in cui abbiamo paura di restare senza energia dovremmo tutti, davvero, scegliere di autoprodurla (anche se i nostri governi non sembrano voler andare in questa direzione).

https://www.greenme.it/ambiente/energia/fotovoltaico-da-balcone-caro-bollette/