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venerdì 22 settembre 2023
PORTE STELLA ZOGOTH 29 novembre 1932, Iraq.
Eccezionale scoperta in Zambia: una costruzione in legno risalente a quasi mezzo milione di anni fa.
Alcuni frammenti di legno potrebbero cambiare la prospettiva su come vivevano i nostri antenati e mettere in dubbio il nomadismo delle comunità primitive.
Risalgono a 476mila anni fa le più antiche tracce di una costruzione in legno opera di esseri umani e sono state trovate in Africa nel 2019. Oggi, uno studio pubblicato su Nature, rivela l'importanza della scoperta.
La costruzione, rinvenuta nei pressi delle cascate di Kalambo in Zambia, è elementare - una coppia di tronchi sovrapposti, incastrati tra loro con un intaglio - ma potrebbe cambiare radicalmente le conoscenze finora acquisite sulla vita degli antichi esseri umani e mettere in dubbio il nomadismo delle comunità primitive.
È noto da tempo che, già milioni di anni fa, i nostri antenati usassero utensili in pietra sempre più evoluti per molte funzioni, come intagliare il legno per costruire altri strumenti o per accendere il fuoco ma si riteneva che le prime abitazioni fossero comparse molto tempo dopo.
Lo studio del gruppo di scienziati dell'Università di Liverpool guidato da Larry Barham potrebbe cambiare completamente lo scenario.
I tronchi sono lavorati in modo da combaciare tra loro, uniti con delle corde per formare una struttura più grande che aveva forse proprio una funzione abitativa.
Fin da subito è stato chiaro che si trattava di reperti antichi, ma il problema era datarli, poiché le tecniche di datazione tradizionali non riuscivano ad andare abbastanza in profondità nel passato.
In questo studio, i ricercatori hanno utilizzato un nuovo metodo chiamato datazione a luminescenza, che sfrutta minuscoli minerali presenti nella sabbia per stimare quanto tempo i materiali sono stati sepolti risalendo alla data della loro ultima esposizione alla luce solare.
Utilizzando questa tecnica innovativa, i ricercatori hanno potuto stabilire che la basica costruzione lignea risale a 476mila anni fa, circa 300 mila anni prima di qualsiasi altro ritrovamento del genere.
La conservazione di reperti in legno è molto molto rara in natura e se confermata potrebbe obbligare a retrodatare di molto la nascita delle prime strutture abitative stabili.
Secondo lo studio, i tronchi incrociati potrebbero essere la base di una struttura più grande, come una passerella o una piattaforma: “Ecco come la vedo io: questa è una struttura su cui poi si possono aggiungere altre cose, come una piattaforma”, dice ad Associated Press il professor Barham.
La datazione colloca la struttura in un'epoca precedente all'evoluzione dell'Homo sapiens. Secondo gli autori, sarebbero stati realizzati da un nostro cugino primitivo, forse l'Homo heidelbergensis, un ominide vissuto tra i 600.000 e i 100.000 anni fa e che all'epoca era presente in Africa.
Ciò, secondo Barham, indica che questi uomini dell'età della pietra potrebbero essere stati più progrediti di quanto si pensasse in precedenza: “È quella che definisco una scoperta dirompente […] suggerisce che i primi esseri umani, i primi ominidi prima di noi, erano effettivamente in grado di fare cose di cui ci meraviglieremmo se le facessimo noi. Quindi non si tratta solo di utensili di pietra, ma anche di legno. Possono trasformare il loro ambiente. Possono costruire cose che durano nel tempo. È una novità”.
In passato si pensava che queste persone fossero cacciatori e raccoglitori che si spostavano da un luogo all'altro, senza mai fermarsi a lungo in un sito. Ma la semplice struttura dimostrerebbe che avevano messo radici.
Alcuni frammenti di legno potrebbero cambiare la prospettiva su come vivevano i nostri antenati.
ECCO QUALE SAREBBE IL PIANO DI MATTEI PER L’AFRICA.
Enrico Mattei durante il suo viaggio in Cina nel 1958. Archivio ENI
Lettera aperta al Presidente del Consiglio Giorgia Meloni
Di Liliana Gorini
Presidente di Movisol, Milano
Dallo scorso gennaio, e di nuovo in aprile quando si è recata ad Addis Abeba, lei ha parlato più volte di un “piano Mattei” per l’Africa che il governo italiano si accinge a proporre. Ha fatto il nome di Enrico Mattei, l’industriale e fondatore dell’ENI a cui dobbiamo il fatto che l’Italia divenne uno dei paesi industrializzati più importanti al mondo, grazie alla sua lungimirante politica di accordi commerciali diretti coi paesi produttori, e una sapiente politica per favorire lo sviluppo economico dell’Africa e del cosiddetto “terzo mondo” e la loro indipendenza dalle Sette Sorelle e dalle potenze coloniali. Dato che lei utilizza il nome di questo grande italiano nel promuovere la sua politica verso l’Africa, e dato che anche l’Italia, come l’Africa, è vittima di un atteggiamento colonialista da parte dell’Unione Europea e di Francia e Germania, mi sembra opportuno ricordarle che cosa fece Mattei e, soprattutto, che cosa farebbe oggi se fosse ancora vivo, e non fosse stato assassinato nel 1962 proprio per la sua politica di sviluppo.
A differenza del suo governo, che prende ordini dalla NATO favorendo una folle guerra in Ucraina che rischia di portarci alla terza guerra mondiale, Enrico Mattei aprì alla Russia, alla Cina, all’Iran e a tutto il Medio Oriente, nel nome della pace e della cooperazione economica per lo sviluppo, e lavorava ad una nuova architettura di pace e sviluppo simile a quella proposta dalla signora Helga Zepp-LaRouche dello Schiller Institute.
A differenza del suo governo, che accetta il diktat degli Stati Uniti sulla politica energetica, bloccando le forniture di gas a basso prezzo dalla Russia e accettando invece quelle di gas liquido americano, che costa dieci volte tanto ed è nocivo, Enrico Mattei divenne famoso come l’ideatore della vera indipendenza energetica dell’Italia, con i suoi accordi diretti coi paesi fornitori, a cui offriva condizioni molto più favorevoli rispetto alle Sette Sorelle.
A differenza del suo governo, che taglia le pensioni e riduce gli aiuti alle famiglie povere per finanziare la sua “splendid little war” in Ucraina (per usare un’espressione cara al Segretario di Stato americano John Hay che chiede il via alle “guerre permanenti” americane contro i paesi del sud del mondo), Mattei si preoccupava del benessere dei suoi lavoratori, andava di persona a controllare che il cibo della mensa fosse adeguato e si assicurava che avessero la necessaria assistenza sanitaria. Destinava inoltre il suo stipendio ai poveri, perché non era interessato alla ricchezza personale, ma al Bene Comune del suo paese.
A differenza del suo governo, che accetta passivamente tutto quello che gli viene ordinato dall’UE e dalla NATO, Mattei era a favore di una politica di pace e di dialogo con tutti, e se oggi fosse in vita sarebbe tra i promotori, insieme alla Cina, al Papa ed ai paesi africani, di una proposta di pace tra Russia e Ucraina senza imporre condizioni, fondata sul principio del dialogo diretto che rese possibile la fine della crisi missilistica di Cuba ed una guerra nucleare nel 1962. Non dimentichiamo che Mattei incontrò John F. Kennedy, e doveva incontrarlo nuovamente a Washington quando fu ucciso, e che John F. Kennedy ammirava il suo coraggio e la sua determinazione nel promuovere la pace e lo sviluppo economico, così come ammirava Papa Giovanni XXIII la cui enciclica “Pacem in Terris” fu fondamentale per evitare una guerra mondiale, e fu tradotta in inglese su richiesta del Presidente americano.
Se oggi fosse in vita, Mattei chiederebbe quindi lo scioglimento della NATO, che da alleanza difensiva si è trasformata in un’alleanza offensiva decisa ad usare le armi nucleari, e l’adesione dell’Italia al blocco dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa) che con il vertice di luglio a Johannesburg sono saliti a 11 paesi e stanno dando vita ad un nuovo sistema economico e monetario che rilanci l’idea dello sviluppo del sud del mondo, negato per decenni dall’Occidente nel nome di un “ordine basato sulle regole” che ci sta portando sull’orlo del baratro e non solo non favorisce lo sviluppo dell’Africa e del sud del mondo, ma sta mandando in rovina anche la nostra stessa economia, con sanzioni che invece di colpire Russia e Cina si ritorcono contro di noi e con una politica energetica folle, che Mattei denuncerebbe come tale.
Se desidera davvero proporre un “piano Mattei” per lo sviluppo dell’Africa, la invito quindi a studiare ciò che fece Mattei, e seguirne le orme, senza usarne il nome per attuare in realtà un “piano Meloni” con qualche accordo raffazzonato senza alcuna visione per il futuro. L’Africa ha detto chiaramente che è stufa del colonialismo, inglese, francese e olandese (quello italiano durò ben poco, era più che altro una barzelletta, ma quello inglese e francese dura tuttora ed è la causa dei colpi di stato nel Niger ed altri paesi dell’Africa centrale). L’Africa è stufa di essere un fornitore di materie prime a costo zero per le potenze coloniali, che a loro volta impediscono il suo sviluppo, anche nel nome dei presunti “cambiamenti climatici”. E si è rivolta alla Cina, alla Russia ed ai BRICS che, a differenza dell’UE, investono da anni in grandi infrastrutture.
Mattei oggi sarebbe dalla parte dei BRICS e non della NATO. Un piano Mattei per l’Africa sarà tale solo se lei prenderà esempio da Mattei facendo accordi con tutti, dialogando con tutti, senza prendere ordini da nessuno, né dall’impero britannico, né da un Presidente americano fuori di testa che crede di vincere una guerra contro la Russia, e in realtà sta perdendo su tutti i fronti, militarmente ed economicamente, come hanno ribadito numerosi esperti americani alla recente conferenza dello Schiller Institute dal titolo “uniamoci al Sud del mondo per una vera politica di sviluppo economico”.
18.09.2023
Movisol, “Movimento Internazionale per i Diritti Civili – Solidarietà”, è stato fondato a Milano nel 1993.
Fonte: https://movisol.org/ecco-quale-sarebbe-il-piano-di-mattei-per-lafrica/
https://comedonchisciotte.org/ecco-quale-sarebbe-il-piano-di-mattei-per-lafrica/
mercoledì 20 settembre 2023
Vivere in Italia... - Lo spid. - Alessandro Salerno
martedì 19 settembre 2023
Perché le borse misteriose sono prevalenti nelle antiche incisioni in tutto il mondo? - KERRY SULLIVAN
Uno dei simboli più misteriosi rinvenuti nelle incisioni del mondo antico è un'immagine che assomiglia stranamente a una borsa moderna. La forma compare nelle raffigurazioni dei Sumeri dell'Iraq, nelle rovine dei templi turchi, nelle decorazioni dei Maori della Nuova Zelanda e nell'artigianato degli Olmechi dell'America Centrale.
Le borse possono essere viste nell'arte di culture disparate provenienti da tutto il mondo e nel corso dei tempi, con il primo esempio conosciuto di borsetta che appare alla fine dell'era glaciale . Una volta che è stato segnalato, in realtà è piuttosto difficile evitarlo e l'ubiquità di questo misterioso simbolo solleva interrogativi accattivanti sul suo significato e sul suo scopo nel mondo antico.
Quale significato più profondo si nasconde dietro questa rappresentazione ricorrente e interculturale delle borse, e cosa potrebbe rivelare sull'interconnessione delle antiche civiltà umane? In questa esplorazione, approfondiremo il simbolismo e le potenziali implicazioni di questo emblema senza tempo, cercando di svelare i segreti nascosti al suo interno.
Borse come rappresentazioni del cosmo?
È difficile negare che queste presunte “borse” sembrino sorprendentemente simili alle borsette contemporanee. Secondo Scranton, gli oggetti raffigurati nell’arte antica “presentano tipicamente una parte superiore arrotondata a forma di manico e un fondo rettangolare, e possono includere vari gradi di dettagli aggiuntivi di struttura o motivo”. Le immagini a volte appaiono come oggetti autonomi; mentre altre volte sono raffigurati nelle mani di una persona, di un dio o di un essere mitico in modo simile a come si reggerebbe un cesto.
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Una possibile teoria per la proliferazione di questa immagine è che si tratti di una rappresentazione semplice e diretta del cosmo . Il semicerchio dell'immagine, che sembra essere la tracolla della borsa, rappresenta l'emisfero del cielo. Nel frattempo, la solida base quadrata rappresenta la terra.
“Nelle culture antiche, dall’Africa all’India alla Cina, la figura di un cerchio era associata simbolicamente a concetti di spiritualità o immaterialità, mentre quella di un quadrato era spesso associata a concetti di Terra e di materialità”, ha continuato Scranton. Pertanto, alcuni sostengono che l'immagine sia utilizzata per simboleggiare la (ri)unificazione della terra e del cielo, degli elementi materiali e immateriali dell'esistenza.
La misteriosa borsa potrebbe davvero rappresentare il cosmo? Rilievo assiro proveniente da Nimrud, 883-859 a.C. ( dominio pubblico )
Le più antiche raffigurazioni di borsette.
Uno dei primi esempi del motivo della borsa può essere visto nelle rovine di Göbekli Tepe , situate in cima a un crinale montuoso nel sud-est della Turchia. Risalente all'11.000 a.C. circa, Göbekli Tepe è uno dei complessi di templi più antichi mai scoperti. Sebbene lo scopo esatto del santuario di montagna sia sconosciuto, sembra che il tempio possa essere servito come sito per sacrifici religiosi poiché gli archeologi hanno portato alla luce molte ossa di animali macellati.
Le pareti e i pilastri del tempio di Göbekli Tepe sono decorati con animali, dei e creature mitiche finemente scolpiti, forse nel tentativo di rappresentare le numerose e diverse creazioni del cosmo. Incastonate tra questo arazzo di intagli di un'altra epoca, sembrano esserci tre borse, che aggiungono un ulteriore livello di mistero e intrigo alle pareti e ai pilastri riccamente decorati dell'antico santuario.
Gli esperti ritengono che le prime religioni adorassero gli elementi fondamentali della vita sulla terra. Pertanto, “si potrebbe dire che le tre borse di Göbekli Tepe, prese come una prima forma di quelle icone, definiscano simbolicamente il sito come un tempio”, ha affermato Scranton.
Il pilastro 43 di Gobekli Tepe in Turchia mostra tre incisioni a forma di "borsa" lungo la parte superiore. (Alistair Coombs)
Intagli di borse possono essere trovati dal Medio Oriente al Sud America
Altrove, l'immagine della borsa si presenta con sorprendenti somiglianze in due rilievi in pietra, uno realizzato dagli Assiri dell'antico Iraq tra l'880 e l'859 a.C. e l'altro realizzato dagli Olmechi dell'antica Mesoamerica tra il 1200 e il 400 a.C.
In entrambe queste immagini, una figura maschile porta la borsa in mano, come se fosse un cestino o una borsa. “Se usata nell'arte assira si dice che la borsa contenga polvere magica. Quando raffigurato nell'arte olmeca, postula che contenga erbe per sballarsi", ha spiegato Freeborn in Noahsage . Ciò suggerisce che le borsette potrebbero essere state uno standard di misura scoperto in modo univoco da entrambe le culture.
Il Monumento Olmeco 19, da La Venta, Tabasco, mostra un uomo che tiene la borsa in mano. (Xuan Che / CC BY 2.0 )
Nella lontana Nuova Zelanda, un altro intrigante esempio di immagini che sembra rappresentare borse emerge nel contesto culturale del popolo Maori . Secondo la mitologia Maori , un eroe venerato intraprese un viaggio straordinario verso la dimora degli dei, dove acquisì una profonda saggezza. Al suo ritorno sulla Terra, si diceva che questa figura eroica trasportasse tre cesti pieni di questa conoscenza divina.
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Queste “borse” Maori hanno una sorprendente somiglianza con i manufatti di Göbekli Tepe, entrambi simboleggiano un profondo senso di riverenza e gratitudine per la saggezza e le intuizioni che si ritiene siano state conferite dai poteri superiori. Queste raffigurazioni non servono solo come rappresentazioni tangibili di antiche narrazioni, ma evidenziano anche l’inclinazione umana universale a celebrare e preservare i doni dell’ispirazione celeste.
Inoltre, l’antica arte egizia rivela intriganti rappresentazioni simili a borsette all’interno dei geroglifici . In queste raffigurazioni, la borsa funge da dimora divina per dei e dee. Le cinghie della borsa sono simboleggiate dai pali a cupola delle tende portatili, mentre il fondo quadrato rappresenta il tessuto o le pelli di animali drappeggiate su questi pali.
Sorprendentemente, questa somiglianza strutturale traccia parallelismi con altri progetti architettonici antichi, come il tepee dei nativi americani e la yurta dell’Asia centrale, sottolineando l’universalità di questo simbolo attraverso culture ed epoche diverse.
Queste numerose occorrenze del simbolo della borsa suggeriscono il suo ruolo di rappresentazione cosmologica camuffata sotto le sembianze ordinarie di un oggetto domestico, in particolare un cestino. Questo approccio sottile mirava a facilitare la comprensione tra la popolazione generale, colmando efficacemente il divario tra i profondi concetti cosmici e le esperienze quotidiane della gente comune.
Immagine in alto: scultura in rilievo assira, dall'883 all'859 a.C. circa, che include una rappresentazione che sembra sorprendentemente simile alle borse moderne. Fonte: dominio pubblico