sabato 2 maggio 2020

La stella che danza attorno a un buco nero pronto a mangiarla. - Luigi Bignami

Buco nero
La rappresentazione artistica di un buco nero. 


Quando i buchi neri inghiottono grandi quantità di materia (gas e polveri) non passano certo inosservati agli astronomi, perché in queste occasioni irradiano grandi quantità di raggi X generati dal riscaldamento del materiale aspirato dal buco nero stesso.

La loro intensità è così elevata da potersi rilevare fin dalla Terra. Ma fin qui, nulla di nuovo. Ciò che invece è inusuale è che uno di essi, a un certo punto, inizi a farlo a cadenze regolari. È quanto hanno rilevato gli astronomi l'anno scorso per un buco nero che si trova nel cuore di una galassia a 250 milioni di anni luce da noi: ogni nove ore, un bagliore a raggi X molto intenso seguito da assenza di emissioni e così via.

LA SOLUZIONE! Ora, dopo uno studio durato mesi, l'astronomo Andrew King dell'Università di Leicester nel Regno Unito pensa di aver identificato la causa: si tratterebbe di una stella "morta", che è stata catturata e intrappolata su un'orbita ellittica attorno al buco nero, vicino al quale si ritrova a passare ogni nove ore. A ogni passaggio ravvicinato, il buco nero assimila un po' del materiale della stella: "un po'", si fa per dire, perché in realtà a essere letteralmente strappata via dalla stella è un'enorme quantità di gas che va a finire nel disco di accrescimento che si trova intorno al buco nero. Ogni volta che accade, si produce un lampo di raggi X.

Il buco nero in questione si trova nel nucleo della galassia chiamata GSN 069 ed è relativamente "leggero" se confrontato con altri buchi neri che si trovano al centro di galassie possiede una massa di "appena" 400.000 volte la massa del Sole. Per avere un'idea, buchi neri simili hanno in genere masse pari a decine di milioni di volte la massa del Sole. Ma anche se si tratta di un esemplare di taglia ridotta, il buco nero è di quelli attivi, circondato da un disco caldo di materiale in accrescimento.

E DOPO, CHE SUCCEDERÀ? Stando a King la stella che passa accanto al buco nero era una "gigante rossa", ossia una stella molto evoluta, simile alle condizione che raggiungerà il nostro Sole tra 3 o 4 miliardi di anni; il periodico passaggio ravvicinato ha accelerato l'evoluzione finale verso la fase di "nana bianca", che possiamo immaginare come il nucleo ormai morto di una stella che ha terminato tutto il combustibile nucleare e che oggi ha una massa pari a 0,21 volte quella del Sole. Secondo lo scienziato la stella dovrebbe rimanere in questa orbita per miliardi di anni, perdendo continuamente massa a causa dell'azione del buco nero, finché assumerà la massa come quella di un pianeta come la Terra o Venere.

Qui sotto, la "danza" di due buchi neri, in una recente animazione prodotta dalla Nasa:



Coronavirus, chi riparte il 4 maggio. Lo studio: “Per il 63% lavoratori del Nord. Tre su 4 sono uomini, solo il 37% sarà in smartworking”.

Coronavirus, chi riparte il 4 maggio. Lo studio: “Per il 63% lavoratori del Nord. Tre su 4 sono uomini, solo il 37% sarà in smartworking”

La Fondazione Studi Consulenti del Lavoro evidenzia che le riaperture riguardano comparti - manifatturiero, costruzioni, commercio - in cui è quasi sempre necessario il lavoro in sede. E parla di "un quadro non coerente rispetto alla diffusione della pandemia" perché la ripresa si concentrerà nelle aree più colpite dal virus: di nuovo attivi 2,8 milioni di occupati al Nord contro 812.000 al Centro e 822.000 nel Mezzogiorno.

Per il 75% uomini, per il 60% impiegati nell’industria, per il 63% residenti al Nord e in prevalenza lavoratori dipendenti e over 40. È l’identikit di chi da lunedì 4 maggio – giorno di inizio della “fase 2” del lockdown – tornerà a lavorare in base al Dpcm del 26 aprile. Si tratta di 4,4 milioni di persone, mentre 2,7 milioni resteranno ancora fermi. Su 100 rimasti a casa per effetto dei provvedimenti di sospensione delle attività, dunque, il 62,2% potrà tornare al lavoro. Ma la ripresa presenta quelli che la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, in uno studio basato sui microdati delle Forze Lavoro Istat, definisce “paradossi“, parlando di “un quadro non coerente rispetto alla diffusione della pandemia” per quanto riguarda la distribuzione geografica delle riaperture.
Infatti la ripartenza interesserà maggiormente il Nord Italia, più esposto al contagio: la ripresa delle attività produttive “si concentrerà proprio nelle aree più interessate dal Coronavirus“, perché a fronte di 2,8 milioni di occupati nel Settentrione, “saranno 812.000 al Centro e 822.000 nel Mezzogiorno” a ricominciare a svolgere le proprie mansioni. Tra le regioni interessate, si legge nello studio dei professionisti, “LombardiaEmilia-RomagnaPiemonte, Veneto e Marche, dove il tasso di rientro oscilla intorno al 69%;”. Molto più basse le percentuali nelle altre zone del Paese, ossia “in Valle d’Aosta (49,3%), Lazio (46,7%), Sicilia (43,4%), Calabria (42,5%) e Sardegna (39,2%)“: qui, la ‘fase 2’ coinvolgerà meno di un lavoratore su due tra quelli sospesi per effetto dei decreti del governo.
L’altro paradosso segnalato dai consulenti è che su 100 occupati in settori sospesi, rientreranno al lavoro dal 4 maggio il 48,8% degli under 30, il 59% dei 30-39enni, il 67,1% dei 40-49enni, ben il 68,7% dei 50-59enni e il 60,1% degli over 60 fermi finora. Dunque “la popolazione più anziana riprenderà a lavorare prima di quella giovanile” nonostante sia la più vulnerabile al virus. Va detto che ovviamente la riapertura non comporta necessariamente la presenza in sede e anzi il governo ha chiesto di promuovere il più possibile il lavoro agile. Tuttavia i Consulenti del Lavoro segnalano come “solo nel 36,6% dei casi i lavoratori chiamati a riprendere le proprie attività potranno farlo in smart working; la maggioranza (63,4%), per le caratteristiche del proprio lavoro, non potrà che farlo in sede“.
Riaprono infatti tutte le attività di manifattura, il commercio all’ingrosso e i cantieri privati, settori in cui il lavoro richiede la presenza. La ‘fase 2’, scrivono i consulenti del lavoro, “interesserà principalmente i dipendenti dell’industria, dove l’attività potrà tornare a pieno regime (col 100% dei settori riaperti)”, e su 100 addetti che riprenderanno le redini del proprio impiego il 60,7% opera “nel settore manifatturiero, il 15,1% nelle costruzioni, il 12,7% nel commercio e l’11,4% in altre attività di servizio“.
L’altro effetto collaterale della riapertura dei settori industriali – mentre per esempio negozi e parrucchieri restano chiusi fino al 18 maggio – è che sarà favorita “soprattutto la ripresa dell’occupazione maschile, tradizionalmente più presente in tale comparto”. A ripartire saranno 3,3 milioni di uomini (il 74,8% del totale) e 1,1 milioni donne (25,2%). Per queste ultime “si prospettano tempi di ripresa più lunghi, considerando che meno della metà di quante sono rimaste a casa per effetto dei diversi decreti (44,1%) tornerà al lavoro dal 4 maggio, a fronte di una quota molto più alta per gli uomini (72,2%)”.
Infine, la maggioranza degli occupati che riprenderanno a lavorare è dipendente (3,5 milioni, pari al 79,4% di
chi riprenderà a lavorare) mentre gli autonomi (il restante 20,6%) dovranno ancora aspettare per riprendere a pieno le proprie attività lavorative: solo il 49% di quanti sono stati interessati dai provvedimenti di sospensione potrà riaprire già dal 4 maggio.
Il profilo degli occupati ancora “sospesi” al contrario vede fermo il 21% degli under 30 (contro il 13,1% dei 30-39enni, il 10,3% dei 40-49enni e l’8,4% degli over 50). Stessa cosa vale per le donne: resta ancora a casa il 14,3% delle occupate, contro il 9,4% degli uomini. Anche gli autonomi, “che hanno più diretto e urgente interesse alla ripresa lavorativa, sono ancora per il 17,8% costretti a casa”. Mentre a livello geografico si conferma il ritardo di ripartenza al Mezzogiorno. Su 100 lavoratori in settori “sospesi”, il 29,1% è al Sud, il 22,2% al Centro e il 48,7% al Nord.

Bergamo, azienda edile con 270 dipendenti e 8 milioni di fatturato. Ma non pagava le tasse.

Bergamo, azienda edile con 270 dipendenti e 8 milioni di fatturato. Ma non pagava le tasse

Ordinanza di custodia cautelare per due imprenditori. Un terzo ai domiciliari. Sequestrati beni per 2,3 milioni di euro

Gestivano un'impresa edile con oltre 270 dipendenti e 8 milioni di fatturato, ma evadevano il fisco. Per questo il gip di Bergamo ha chiesto l'arresto di due persone, una già in carcere, l'altra ricercata, e gli arresti domiciliari per una terza. Il magistrato ha anche disposto il sequestro di beni e disponibilità finanziarie per oltre 2,3 milioni di euro.

Le indagini, condotte dai finanzieri della Tenenza di Sarnico (Bergamo) si sono concentrate "su una società, con sede dichiarata a Telgate (Bergamo), attiva nel settore edile, che ha operato con oltre 270 dipendenti in diversi cantieri tra la Lombardia, il Veneto, il Trentino Alto Adige, la Liguria e l'Emilia Romagna e che, nonostante un fatturato di oltre 8 milioni di euro, non ha presentato le dichiarazioni fiscali e sarebbe stata "tenuta in vita due anni per poi essere messa in liquidazione".


L'attività investigativa ha permesso, inoltre, di identificare i reali amministratori della società, un sessantaseienne di origini bresciane e un quarantanovenne albanese, entrambi residenti in provincia di Brescia, gravati da diversi precedenti anche per reati fiscali e già in passato arrestati. Dovrà invece scontare gli arresti domiciliari il liquidatore della società, un sessantunenne sempre bresciano. Anche i prestanome, succedutisi nel tempo nella formale amministrazione dell'azienda, sono stati indagati: si tratta di tre uomini, uno originario della provincia di Brescia, uno della provincia di Napoli ed uno di quella di Como, tutti con precedenti.

A fronte del volume d'affari realizzato e non dichiarato negli anni 2017 e 2018, la società avrebbe dovuto versare all'Erario 2,3 milioni di euro tra Iva e imposte dirette ed ulteriori 1,6 milioni di euro a titolo di ritenute fiscali, contributi previdenziali ed assistenziali a favore dei propri dipendenti. Ma nulla è stato versato nella casse dello Stato, attraverso indebite compensazioni per crediti inesistenti, finte erogazioni del "bonus Renzi" ovvero inesistenti crediti d'imposta riconducibili all'incremento della base occupazionale.


https://milano.repubblica.it/cronaca/2020/04/30/news/bergamo_azienda_edile_con_270_dipendenti_e_8_milioni_di_fatturato_evadeva_il_fisco-255264531/?fbclid=IwAR1H65ytgbq68Ge3FQXTMmGUUGsp-y4if1r09m5NlaQaZwstAfSKz78gcps

Di Battista: “Disinnescare Renzi una volta per tutte. Uomini più potenti brigano per governo tecnico: puntano ai miliardi della ricostruzione”



Di Battista: “Disinnescare Renzi una volta per tutte. Uomini più potenti brigano per governo tecnico: puntano ai miliardi della ricostruzione”


L'ex deputato e leader molto ascoltato nel Movimento ha scritto un post su Facebook per attaccare il senatore. Secondo lui non ha reale intenzione di far cadere il governo, ma sono altri "boiardi di Stato" che starebbero tramando per avere un cambio al comando.
Contro Matteo Renzi che “merita l’oblio”, ma soprattuto contro chi trama per “un governo d’unità nazionale” e punta ai miliardi che saranno spesi nella ricostruzione. L’ex deputato e leader molto ascoltato nel M5s Alessandro Di Battista, dopo lo scontro in Parlamento sulle comunicazioni del premier Giuseppe Conte, ha scritto un post su Facebook che attacca quello che ormai è il nemico palese dell’esecutivo, ovvero il leader di Italia viva. E’ partito dalla strumentalizzazione dei morti per coronavirus, che il senatore è arrivato a usare per far loro dire che sarebbero i primi a “volere le riaperture”, e ha chiesto che sia “disinnescato una volta per tutte“. Anche perché, secondo il grillino, il pericolo non è lui: il senatore è “frustrato ma non così stupido da far cadere un governo che prova a ricattare per ottenere nomine e prime pagine sui giornali”.
Il primo a commentare le frasi dell’ex deputato 5 stelle è stato il deputato di Italia viva Michele Anzaldi: “E’ una minaccia?”, ha scritto su Twitter. “Vuole eliminare Italia Viva dalla maggioranza e far cadere il governo Conte? Anche Crimi-Di Maio vogliono disinnescare Renzi? I vertici M5s dicano pubblicamente se la pensano come Di Battista. E’ necessaria chiarezza”. Se proprio oggi l’ex premier ha registrato un video per ribadire e difendere quanto detto ieri in Senato, al momento non ha commentato le frasi di Di Battista.
“Qualcuno si stupisce del cinismo di Renzi, capace persino di tirare in ballo i morti di Bergamo e Brescia per un po’ di visibilità”, è stato l’esordio su Facebook. “Io no. Conosco il soggetto e conosco i suoi reali obiettivi che nulla hanno a che fare con la politica. Che le sue parole suscitino indignazione è più che normale, tuttavia sarebbe meglio metter da parte la rabbia e pensare a come disinnescarlo una volta per tutte. Renzi, ormai da anni, non è più un politico. Lui per primo sa che non tornerà mai ad essere Premier o Ministro. Gli basta essere lobbista di se stesso. Si guadagna bene in fondo. Egli provoca, dice tutto e il contrario di tutto, fa finta di essere uno capace di fare o disfare governi ma è tutto marketing, o fuffa se solo ce ne rendessimo conto”.
Secondo Di Battista, il senatore è “frustrato” dalla popolarità del premier, ma non per questo arriverà fino in fondo alle sue stesse minacce: “E’ vero, detesta Conte, d’altro canto è più che normale che un tipo che sta sulle palle persino a se stesso invidi un Presidente con un alto gradimento popolare. E’ frustrato, ma non così stupido da far cadere un governo che prova a ricattare per ottenere nomine e prime pagine sui giornali. Denaro e potere, siamo alle solite. Al soggetto dei voti non importa nulla (anche perché non ne ha)”. Quindi ricorda l’attività di conferenziere di Renzi: “Al contrario è molto più interessato ai cachet che si porta a casa per deliziare con le sue idee (quindi con il nulla) platee di nobili sauditi. Da anni ormai Renzi sfrutta la politica per far soldi. Il business dei convegni non è niente male. Prima del covid lo si vedeva più a Riad che a Rignano sull’Arno. Si sa vendere il giovanotto ma per farlo ha bisogno di una carta: i giornali”. Proprio la stampa, secondo Di Battista dà eccessivo valore alle uscite del leader: “I giornali lo tengono in vita e gli danno le pezze d’appoggio per chiedere 20.000, 30.000, 40.000 euro a convegno (più viaggio in business class)”.
Infine, dice Di Battista, bisogna rendersi conto che le manovre vanno oltre lo stesso Renzi: “Un uomo così semplicemente merita l’oblio. Non vale lo sdegno delle vostre bacheche FB. Non vale un minuto della nostra vita nemmeno per schernirlo. E soprattutto non vale le prime pagine dei giornali né il timore che faccia cadere il governo. Uomini ben più importanti e potenti di lui brigano per far cadere il governo in questo momento. E non lo fanno per avere “i ritagli” dei giornali. Figuriamoci, semmai i giornali li comprano. Lo fanno perché un governo tecnico/di unità/di tutti (e quindi non dei cittadini) per loro è una garanzia. Nei prossimi mesi ci saranno da spendere decine di miliardi di euro nella ricostruzione. Pensate davvero che i soliti boiardi di Stato non stiano già tramando per rifilarci nuovi Mose o Ponti sullo stretto?”. Quindi, conclude: “Derenzizziamoci insomma, è un modo per prestare attenzione a quel che conta davvero per le nostre vite e per il nostro futuro e poi è un modo per disinnescare questo mediocre che si crede importante. Fa parlare i defunti per uno straccio di visibilità ecco, togliamogliela una volta per tutte, così sarà lui l’unico ‘morto’ che parla”.

Renzi si riscopre traditore. - Gaetano Pedullà

MATTEO RENZI

L’avviso di sfratto è arrivato. C’era da aspettarselo. Incassate le nomine, col suo partitino del 3% Matteo Renzi si prepara a un altro tradimento, sperando così in un nuovo giro di potere per non sparire. Senza il minimo attaccamento per la maglia che indossa con la maggioranza al Governo, ieri al Senato ha fatto un discorso che poteva essere pronunciato identico dai banchi delle opposizioni, tradendo così il segreto di Pulcinella su dove vuole andare a parare. Conte si è messo contro un gigante più grande di lui, e chiedendo all’Europa di fare solo il suo dovere, sostenendo in modo solidale il nostro debito con gli Eurobond, ha scatenato la reazione dei poteri finanziari, con i loro ascari italiani ormai usciti allo scoperto: Elkann con i suoi giornali, boiardi di Stato, Confindustria, sino alla Conferenza dei vescovi.
Tutti fiduciosi in un nuovo rassicurante messia, che sia Draghi, Colao o Cottarelli poco importa. Quello che conta è finirla con lo scandalo di una politica che non si mette a cuccia quando chiamano Lor signori. E soprattutto non si metta a cuccia, socializzando le perdite (che dopo il Covid sono immense) e privatizzando gli utili, com’è nella migliore tradizione della grande imprenditoria nazionale. Se la congiura arriverà a compimento lo vedremo dopo la fine del lockdown, quando il Governo avrà tolto le castagne dal fuoco della pandemia. Nel frattempo Salvini cercherà di fare il diavolo a quattro.
Esattamente come sta facendo scatenando i suoi governatori o occupando le istituzioni e quant’altro, pur di non essere ridotto al ruolo di comparsa in un nuovo governo tecnico, dove i più moderati Zaia e Giorgetti sono più graditi del Capitano. Per fortuna il piano ha ancora un paio di variabili difficili da calcolare. Si parte dal Quirinale, poco disponibile a salti nel vuoto e simili avventure. C’è poi la crisi, la cui durata è difficile da definire. Si ripartisse presto, il bazooka della Bce e di Bruxelles potrebbe bastare a difenderci, ma se il virus dovesse ripartire l’effetto sull’economia sarebbe disastroso. E infine ci sono i cittadini. Per certe élite sono carne da cannone, ma in un sistema connesso e con tante fonti di informazione possono fare da scudo a uno dei Governi più coscienziosi e seri dell’intera storia repubblicana. Rovinando i giochi a chi sogna di riprendersi l’Italia, per raschiare i fondo di un barile da cui tanti hanno rubato.

Apriamo tutto! - Massimo Erbetti

Apriamo tutto - Politici e Covid | Mediterraneo Cronaca

Si apriamo tutto, fateci lavorare, fateci uscire, andiamo tutti in strada a protestare contro un governo dittatoriale che ci tiene chiusi in casa. Non deve essere la scienza a dirci cosa dobbiamo fare, ma la politica, la politica ha il dovere di decidere in autonomia...c'è addirittura chi tira in ballo i morti, che secondo lui se potessero parlare, ci direbbero di aprire... ma facciamo un passo indietro, vi ricordate cosa dicevano all'inizio di marzo quelli che oggi vogliono aprire tutto? Vi ricordate che accusavano il governo di non aver agito tempestivamente? "Chiudiamo tutto, sigilliamo le frontiere, chiudiamo porti e aeroporti" "Conte irresponsabile". E poi uscivano fuori quei documenti che avvisavano il governo della pandemia, ma il governo ce li teneva nascosti, faceva finta di niente...ve lo ricordate vero? Bene, allora facciamo un passo indietro nel tempo e analizziamo i dati che hanno portato il governo al lockdown. Sapete quanti erano stati i morti il 28 febbraio? 21 morti, e il 1 marzo? 34 morti. Il 5 marzo 148 morti. Il 7 marzo, a due giorni dalla chiusura totale, con il DCPM già pronto in un cassetto, i morti erano 233...si avete capito bene, 233 deceduti e sapete quanti sono stati i morti di ieri primo maggio? 269 morti per coronavirus, ben 36 in più rispetto al 7 marzo. È proprio vero siamo un popolo con la memoria di un pesce rosso, dimentichiamo in fretta e cambiamo opinione come cambia il vento. Ci scandalizzavamo perché Conte aveva ritardato la chiusura e avevamo meno vittime giornaliere di oggi. Mettevamo bandiere tricolori alle finestre, cantavamo dai balconi l'inno d'Italia e ora? E ora incitiamo alla rivolta, a scendere in piazza, vogliamo fare la rivoluzione e intanto muoiono ancora quasi trecento persone al giorno. È ma i contagi stanno calando, si certo i contagi stanno calando, ma calano solo perché il distanziamento ha funzionato, perché le misure adottate erano quelle giuste e oggi voi rischiereste di tornare ad avere mille morti al giorno? Volete questo? No non volete questo, voi volete solo speculare politicamente su questo. Voi sapete bene che le misure sono giuste e sapete bene che il governo continuerà per la propria strada...non preoccupatevi siete al sicuro, non avrete morti in più sulla coscienza, perché qualcuno al posto vostro si prende la responsabilità di salvare vite..quelle vite che voi strappereste per qualche misero voto in più.

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venerdì 1 maggio 2020

Ufficio collocamento giudici, citofonare Luca Palamara. - Antonio Massari

Ufficio collocamento giudici, citofonare Luca Palamara

Informativa - Terminata l’indagine a Perugia: dalle carte dei pm emerge un’impressionante rete di influenze sulla magistratura.
Luca Palamara nel marzo del 2019 sembrava “l’ufficio collocamento” della magistratura italiana. Erano in tanti a chiamarlo per chiedergli una mano in vista delle future nomine. Chi non lo chiama mai, a giudicare dagli atti depositati dalla Procura di Perugia, erano gli uomini indagati con lui di corruzione: l’ex legale esterno dell’Eni, Piero Amara, l’avvocato Giuseppe Calafiore e lo stesso Fabrizio Centofanti – l’imprenditore tuttora indagato con Palamara per corruzione per l’esercizio della funzione – che nelle informative finora visionate dal Fatto non appare neanche tra gli intercettati. Non è un caso che le posizioni di Amara e Calafiore al termine dell’indagine non facciano più parte del fascicolo, così come è caduta l’accusa iniziale del versamento di 40mila euro a Palamara per la nomina del pm Giancarlo Longo alla Procura di Gela.
Se non v’è traccia delle telefonate con i suoi coindagati dell’epoca, c’è invece una montagna di conversazioni con magistrati. E sin da marzo gli investigatori hanno la consapevolezza che Palamara sta conducendo una strategia tutta sua per portare Marcello Viola a capo della Procura di Roma al posto di Giuseppe Pignatone ormai prossimo alla pensione. In quel momento il trojan non è stato ancora richiesto dagli investigatori del Gico della Guardia di Finanza, né dalla Procura di Perugia. In quel momento siamo in presenza delle sole intercettazioni telefoniche.
Scrive la Gdf nell’informativa di fine marzo: “Chiarificatrice in tal senso risultava tra le altre la conversazione captata il 3 marzo 2019 ore alle 17.25 tra Palamara e Luca Forciniti nel corso della quale gli interlocutori in relazione alle nomine dei Procuratori di Roma e Perugia facevano riferimento ad accordi con appartenenti all’associazione di Magistratura Indipendente.” Di lì a poco sarà intercettato anche il parlamentare del Pd e uomo forte di Mi, Cosimo Ferri. La manovra di Palamara per portare Viola a Roma sarà intercettata in diretta. A marzo gli investigatori hanno il primo segnale.
Dice Forciniti a Palamara il 3 marzo: “Anche perché Roma e Perugia a seconda di chi va l’altro deve essere cioè uno di Unicost e uno di Mi….” “Oh, allora pure li va chiu… Dobbiamo iniziare a chiuderla l’operazione…”, risponde Palamara. E Forciniti: “Ma l’operazione vedi che o… tu al di là di Viola e Primicerio (Leonida, ndr) vedi qualcun altro?” “No”, risponde Palamara “ormai no.” “Se deve essere uno dei due o su Peru…” continua Forciniti “se è Viola su Perugia mettiamo chi diciamo noi. Se è Primicerio su Perugia mettiamo quello di M I.” “Eh però su Primicerio mo dimme la verità, tu ti fidi o no? va bene o no?” domanda Palamara. “Ma” risponde Forciniti “secondo me allora che è uno di immagine che ti fa fare una bella figura di immagine… non credo proprio, ma che è uno che va là e gli si può dire quello che interessa secondo me si può fare (…) cioè proprio affidabile come uno che è molto legato cioè uno dei nostri ci vedo più Viola nel senso che faccio quello che dice Cosio (fonetico) però secondo me Leonida è un uomo di mondo e se puntiamo su di lui queste cose le capisce.” E in quei giorni, sebbene indirettamente, viene intercettato lo stesso Viola.
È il 14 marzo e Palamara viene chiamato da un altro magistrato, Nicola Clivio, mentre è fisicamente in compagnia di Viola. Palamara passa il telefono a Viola, che parla con Clivio, il quale gli dice: “Ti si vede in lizza per grandi cose.” Viola ride e glissa: “Spero di vederti presto, un abbraccio.” Il telefono torna nelle mani di Palamara al quale Clivio dice: “Marcello dove lo piazzi al posto del Pigna?” “A Ciccio”, risponde Palamara, “ammazza aoh sei il numero uno.”
Il numero di magistrati intercettati con Palamara è impressionante. C’è anche l’ex l’ex presidente dell’Anm Eugenio Albamonte che chiama Palamara il 23 marzo 2019. Dal brogliaccio si legge che Albamonte parla delle nuove nomine interne all’Anm: “Magistratura Indipendente mette Grasso (Pasquale, ndr) come Presidente e che più di così non si poteva fare”. Poi aggiunge: “L’unica cosa che potete fare per gestire alla grande (…) la cosa è mettere Caputo (Giuliano, della corrente Unicost, ndr). Se già c’è Grasso e voi mettete Infante (Enrico, sempre di Unicost ma ritenuto più a destra, ndr) mi sa che non ci entriamo proprio”. Il concetto sembra essere quello di evitare che Infante diventi segretario dell’Anm e c’è l’invito a preferirgli Caputo, ritenuto più vicino alla corrente di Area. E così in effetti avverrà. Ci sono poi magistrati che chiedono a Palamara di interessarsi alla loro nomina. Per esempio Francesco Mollace che, scrivono gli investigatori, aveva “proposto la propria candidatura per una carica vacante presso il Tribunale di Frosinone” e “chiedeva un intervento a Palamara affinché venisse ascoltato dal Consiglio Giudiziario verosimilmente chiamato a esprimere un parere (…) in relazione precedenti vicende penali e disciplinari”. Nessuno dei magistrati fin qui nominati, a eccezione di Palamara, è coinvolto nell’indagine.
E non lo è neanche Giuseppe Maria Berruti, commissario Consob con un lungo passato al Csm, che parla con Palamara dell’incontro avuto il giorno prima con il ministro di Giustizia, Alfonso Bonafede. Berruti riferisce di una chiacchierata con il ministro sull’Anm: “Mi ha spiegato che ha a che fare con un’associazione di dementi e sono totalmente d’accordo… ha detto che sono cretini divisi tra di loro che questa cosa di un anno per ciascuno (la rotazione, ndr) è stato un disastro che sono andati a finire tutti in bocca a Davigo”. Interpellato dal Fatto, Berruti ha precisato: “Mai il ministro ha espresso critiche o posizioni irrispettose nei confronti dell’associazione. Non ricordo il colloquio con Palamara, ma sicuramente il ministro mai ha utilizzato espressioni irriguardose”.