venerdì 1 maggio 2020

Ufficio collocamento giudici, citofonare Luca Palamara. - Antonio Massari

Ufficio collocamento giudici, citofonare Luca Palamara

Informativa - Terminata l’indagine a Perugia: dalle carte dei pm emerge un’impressionante rete di influenze sulla magistratura.
Luca Palamara nel marzo del 2019 sembrava “l’ufficio collocamento” della magistratura italiana. Erano in tanti a chiamarlo per chiedergli una mano in vista delle future nomine. Chi non lo chiama mai, a giudicare dagli atti depositati dalla Procura di Perugia, erano gli uomini indagati con lui di corruzione: l’ex legale esterno dell’Eni, Piero Amara, l’avvocato Giuseppe Calafiore e lo stesso Fabrizio Centofanti – l’imprenditore tuttora indagato con Palamara per corruzione per l’esercizio della funzione – che nelle informative finora visionate dal Fatto non appare neanche tra gli intercettati. Non è un caso che le posizioni di Amara e Calafiore al termine dell’indagine non facciano più parte del fascicolo, così come è caduta l’accusa iniziale del versamento di 40mila euro a Palamara per la nomina del pm Giancarlo Longo alla Procura di Gela.
Se non v’è traccia delle telefonate con i suoi coindagati dell’epoca, c’è invece una montagna di conversazioni con magistrati. E sin da marzo gli investigatori hanno la consapevolezza che Palamara sta conducendo una strategia tutta sua per portare Marcello Viola a capo della Procura di Roma al posto di Giuseppe Pignatone ormai prossimo alla pensione. In quel momento il trojan non è stato ancora richiesto dagli investigatori del Gico della Guardia di Finanza, né dalla Procura di Perugia. In quel momento siamo in presenza delle sole intercettazioni telefoniche.
Scrive la Gdf nell’informativa di fine marzo: “Chiarificatrice in tal senso risultava tra le altre la conversazione captata il 3 marzo 2019 ore alle 17.25 tra Palamara e Luca Forciniti nel corso della quale gli interlocutori in relazione alle nomine dei Procuratori di Roma e Perugia facevano riferimento ad accordi con appartenenti all’associazione di Magistratura Indipendente.” Di lì a poco sarà intercettato anche il parlamentare del Pd e uomo forte di Mi, Cosimo Ferri. La manovra di Palamara per portare Viola a Roma sarà intercettata in diretta. A marzo gli investigatori hanno il primo segnale.
Dice Forciniti a Palamara il 3 marzo: “Anche perché Roma e Perugia a seconda di chi va l’altro deve essere cioè uno di Unicost e uno di Mi….” “Oh, allora pure li va chiu… Dobbiamo iniziare a chiuderla l’operazione…”, risponde Palamara. E Forciniti: “Ma l’operazione vedi che o… tu al di là di Viola e Primicerio (Leonida, ndr) vedi qualcun altro?” “No”, risponde Palamara “ormai no.” “Se deve essere uno dei due o su Peru…” continua Forciniti “se è Viola su Perugia mettiamo chi diciamo noi. Se è Primicerio su Perugia mettiamo quello di M I.” “Eh però su Primicerio mo dimme la verità, tu ti fidi o no? va bene o no?” domanda Palamara. “Ma” risponde Forciniti “secondo me allora che è uno di immagine che ti fa fare una bella figura di immagine… non credo proprio, ma che è uno che va là e gli si può dire quello che interessa secondo me si può fare (…) cioè proprio affidabile come uno che è molto legato cioè uno dei nostri ci vedo più Viola nel senso che faccio quello che dice Cosio (fonetico) però secondo me Leonida è un uomo di mondo e se puntiamo su di lui queste cose le capisce.” E in quei giorni, sebbene indirettamente, viene intercettato lo stesso Viola.
È il 14 marzo e Palamara viene chiamato da un altro magistrato, Nicola Clivio, mentre è fisicamente in compagnia di Viola. Palamara passa il telefono a Viola, che parla con Clivio, il quale gli dice: “Ti si vede in lizza per grandi cose.” Viola ride e glissa: “Spero di vederti presto, un abbraccio.” Il telefono torna nelle mani di Palamara al quale Clivio dice: “Marcello dove lo piazzi al posto del Pigna?” “A Ciccio”, risponde Palamara, “ammazza aoh sei il numero uno.”
Il numero di magistrati intercettati con Palamara è impressionante. C’è anche l’ex l’ex presidente dell’Anm Eugenio Albamonte che chiama Palamara il 23 marzo 2019. Dal brogliaccio si legge che Albamonte parla delle nuove nomine interne all’Anm: “Magistratura Indipendente mette Grasso (Pasquale, ndr) come Presidente e che più di così non si poteva fare”. Poi aggiunge: “L’unica cosa che potete fare per gestire alla grande (…) la cosa è mettere Caputo (Giuliano, della corrente Unicost, ndr). Se già c’è Grasso e voi mettete Infante (Enrico, sempre di Unicost ma ritenuto più a destra, ndr) mi sa che non ci entriamo proprio”. Il concetto sembra essere quello di evitare che Infante diventi segretario dell’Anm e c’è l’invito a preferirgli Caputo, ritenuto più vicino alla corrente di Area. E così in effetti avverrà. Ci sono poi magistrati che chiedono a Palamara di interessarsi alla loro nomina. Per esempio Francesco Mollace che, scrivono gli investigatori, aveva “proposto la propria candidatura per una carica vacante presso il Tribunale di Frosinone” e “chiedeva un intervento a Palamara affinché venisse ascoltato dal Consiglio Giudiziario verosimilmente chiamato a esprimere un parere (…) in relazione precedenti vicende penali e disciplinari”. Nessuno dei magistrati fin qui nominati, a eccezione di Palamara, è coinvolto nell’indagine.
E non lo è neanche Giuseppe Maria Berruti, commissario Consob con un lungo passato al Csm, che parla con Palamara dell’incontro avuto il giorno prima con il ministro di Giustizia, Alfonso Bonafede. Berruti riferisce di una chiacchierata con il ministro sull’Anm: “Mi ha spiegato che ha a che fare con un’associazione di dementi e sono totalmente d’accordo… ha detto che sono cretini divisi tra di loro che questa cosa di un anno per ciascuno (la rotazione, ndr) è stato un disastro che sono andati a finire tutti in bocca a Davigo”. Interpellato dal Fatto, Berruti ha precisato: “Mai il ministro ha espresso critiche o posizioni irrispettose nei confronti dell’associazione. Non ricordo il colloquio con Palamara, ma sicuramente il ministro mai ha utilizzato espressioni irriguardose”.

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