Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
sabato 12 aprile 2025
Chiese in Etiopia scavate nella roccia.
venerdì 11 aprile 2025
Nilde Iotti - Lorenzo Tosa
Quando nel giugno del 1979 Nilde Iotti è stata eletta prima donna Presidente della Camera, ha preso la parola davanti a un Parlamento stracolmo, tra gli applausi di ogni schieramento politico.
Fino a quel momento era stata:
Staffetta partigiana.
Membro dell'Assemblea Costituente.
Deputata della Repubblica italiana ininterrottamente per gli ultimi 33 anni della sua vita.
Presidente della Bicamerale.
Deputata europea.
A lei - insieme ad altre donne e uomini indimenticabili - si dovevano già allora divorzio, suffragio europeo diretto e alcune tra le più grandi conquiste della donna nel Novecento.
Quel giorno Iotti si alzò in piedi e, dopo aver salutato il Presidente Pertini, pronunciò queste parole memorabili.
“Io stessa - non ve lo nascondo - vivo quasi in modo emblematico questo momento, avvertendo in esso un significato profondo, che supera la mia persona e investe milioni di donne che attraverso lotte faticose, pazienti e tenaci si sono aperte la strada verso la loro emancipazione. Essere stata una di loro e aver speso tanta parte del mio impegno di lavoro per il loro riscatto, per l'affermazione di una loro pari responsabilità sociale e umana, costituisce e costituirà sempre un motivo di orgoglio della mia vita”.
Quanta dignità.
Quanto profondo senso delle istituzioni.
Quanto spaventoso abisso etico, politico, culturale rispetto a coloro che da tre anni occupano indegnamente quegli scranni.
Oggi, esattamente oggi, il 10 aprile del 1920, nasceva a Reggio Emilia Leonilde Iotti detta Nilde.
Una delle donne che hanno fatto l’Italia.
Almeno difendiamola.
https://www.facebook.com/photo/?fbid=1232104438285011&set=a.281497466679051
giovedì 10 aprile 2025
Che futuro vogliamo?
Mi sto rendendo conto del fatto che buona parte della popolazione mondiale, affetta da invidia, cattiveria, egoismo e condizionamenti, tutti causati anche dai cattivi governi, blocca l'evoluzione...
Dovremmo fermarci a riflettere e studiare un metodo che risolva il problema, il primo fra tutti è quello della cultura che dovrebbe essere a disposizione di tutti e non di pochi.
Penso che non sia sfuggito a tutti che, in molti dei casi di reati efferati, come il femminicidio, l'origine del male è la famiglia perchè è all'interno di essa che si forgia il pensiero di un bimbo.
Se non mettiamo un freno a ciò che sta succedendo, credo che andremo icontro ad una involuzione pericolosa.
L'uomo deve imparare che la sua agiata posizione economica può far di lui un uomo in vista, ma solo il suo buon comportamento verso il prossimo può far di lui UOMO.
cetta
mercoledì 9 aprile 2025
Eva mitocondriale - A cura di Francesca Genoni
In occasione della festa della mamma appena celebrata, l’articolo di oggi è dedicato ad una teoria scientifica tanto singolare quanto interessante, che ha per oggetto quella che è ritenuta la madre comune a tutti gli esseri umani oggi esistenti: la teoria di Eva mitocondriale. Il nome lascia facilmente intendere l’ispirazione alla figura di Eva, compagna di Adamo, i due personaggi biblici creati da Dio nella Genesi e dai quali tutta la specie umana, macchiata del peccato originale, ha avuto origine.
La teoria nasce dall’ipotesi secondo cui sarebbe esistita una presunta antenata comune, un’Eva per l’appunto, dalla quale tutti gli esseri umani viventi discenderebbero in linea materna. Tale assunto deriva dal fatto che i mitocondri, organuli cellulari con la funzione principale di produrre energia per tutte le attività biosintetiche e di motilità della cellula, presentano un proprio DNA circolare (mtDNA), caratteristica che, insieme alla riproduzione asessuata per gemmazione, supporta la teoria endosimbiotica secondo cui il mitocondrio fosse in origine un organismo procariote stabilizzatosi all’interno di una cellula ospite più grande come parassita per procacciarsi sostanze nutritizie in cambio di energia (da qui l’endosimbiosi), portando alla successiva comparsa delle cellule eucariotiche.
Tale DNA mitocondriale, se comparato fra individui di diverse etnie e regioni, suggerisce che si sia evoluto dalla sequenza di un singolo esemplare: perché proprio una femmina?
La spiegazione sta nella gametogenesi, il processo di divisione cellulare meiotico che porta alla produzione dei gameti, le cellule sessuali.
Nell’uomo distinguiamo infatti due tipi di divisione cellulare: mitosi e meiosi. La mitosi interessa le cellule autosomiche, ovvero quelle con corredo cromosomico diploide (46 cromosomi, 23 di origine paterna e 23 di origine materna, di cui 2 sessuali): durante la mitosi, da una cellula madre originano due cellule figlie geneticamente identiche alla madre. La meiosi, invece, interessa le cellule sessuali con corredo cromosomico aploide (23 cromosomi, di cui 1 sessuale): essa consta di 2 divisioni cellulari successive, tali per cui da una cellula autosomica con 46 cromosomi originano 4 cellule figlie, ciascuna con 23 cromosomi, variamente distribuiti e ricombinati, non geneticamente identiche alla madre.
Le cellule sessuali maschili prendono il nome di spermatozoi, quelle femminili di cellule uovo. Mediante la spermatogenesi, l’equivalente maschile della gametogenesi, da uno spermartogonio (spermatozoo “primordiale”) originano quattro spermatozoi. Al contrario, tramite l’ovogenesi, da un ovogonio (cellula uovo “primordiale”) origina una sola cellula uovo potenzialmente fecondabile e tre globuli polari che non hanno invece significato riproduttivo.
Una differenza fondamentale nei due processi, oltre al rapporto finale (1:4 nell’uomo e 1:1 nella donna) sta nel fatto che, mentre la cellula uovo resta morfologicamente simile all’ovocita secondario (una delle fasi evolutive dell’ovogonio), lo spermatozoo cambia completamente forma rispetto allo spermatogonio.
La formazione dello spermatozoo come tale prende il nome di spermiogenesi: durante questo processo, lo spermatocita secondario (una delle fasi evolutive dello spermatogonio) assume la nota forma di cellula costituita da una testa e un flagello e, nel fare ciò, cambia anche la distribuzione dei suoi organuli cellulari. Nello specifico, i mitocondri “avvolgono” l’area immediatamente successiva al collo dello spermatozoo, che collega la testa al flagello, costituendo nella sua parte intermedia una guaina mitocondriale.
Al momento della fecondazione, quando lo spermatozoo raggiunge la cellula uovo nelle tube uterine di Falloppio, all’interno della cellula uovo entra soltanto la testa dello spermatozoo lasciando fuori il flagello e con esso i mitocondri. Questo significa che lo zigote, la prima cellula del nuovo individuo, ripristinato il corredo cromosomico diploide (23 cromosomi della cellula uovo e 23 cromosomi dello spermatozoo), eredita esclusivamente i mitocondri della madre. Quindi, eventuali mitocondriopatie, a meno che determinate da alterazioni del DNA nucleare, vengono ereditate in maniera matrilineare.
Per tornare al discorso storico, basandosi sulla tecnica dell’orologio molecolare (secondo cui la differenza genetica tra due specie diverse, espressa dalla sequenza aminoacidica delle proteine o dalla sequenza di nucleotidi nel DNA, è funzione del tempo di divergenza dall’antenato comune), si ritiene che Eva mitocondriale sia vissuta in Africa fra i 99 mila e i 200 mila anni fa e che sia stata l’unica femmina del suo tempo ad aver prodotto una linea di figlie ancora esistente, e quindi solo i suoi mitocondri avrebbero discendenti nelle cellule degli esseri umani di oggi. Eva mitocondriale sarebbe, perciò, l’unica femmina della sua generazione da cui tutti viventi discendono e, quindi, il più recente antenato mitocondriale di tutti gli esseri umani.
La teoria di Eva mitocondriale è stata tuttavia messa in discussione. Si è infatti osservato che i mitocondri dello spermatozoo vengono talvolta trasmessi alla progenie. Non solo: alcune prove citogenetico-molecolari suggeriscono che spermatozoi e cellule uovo si scambierebbero pezzi di sequenza di DNA mitocondriale al momento della fecondazione. In questo caso mitocondri potrebbero non rappresentare più un indicatore indiscutibile di matrilinearità.
Non si hanno ancora certezze nell’uno e nell’altro senso. Di fatto, gli scienziati ancora discordano sulla possibilità che questi processi si verifichino e, qualora avvengano, se lo facciano con una frequenza sufficiente a escludere la possibilità di un’Eva mitocondriale.
https://www.avisbusto.it/2021/05/11/scientificamente-avis-eva-mitocondriale/
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lunedì 7 aprile 2025
Francesca Mannocchi sul femminicidio a Propaganda Live - postato da Lorenzo Tosa
I Giganti di Mont'e Prama.
I Giganti di Mont'e Prama (Sos gigantes de Mont’e Prama in lingua sarda[1][3][4]) sono antiche sculture risalenti alla Civiltà nuragica ritrovate casualmente nel marzo del 1974 in località Mont'e Prama nel Sinis di Cabras, nella Sardegna centro-occidentale. Sono state scolpite a tutto tondo ognuna a partire da un unico blocco di calcarenite locale proveniente da cave distanti in linea d'aria sedici chilometri. La loro altezza varia tra i due e i due metri e mezzo e come nelle raffigurazioni dei bronzetti nuragici rappresentano arcieri, guerrieri e pugilatori. Insieme alle statue furono rinvenute sculture raffiguranti nuraghi, oltre a numerosi betili del tipo "oragiana",[5] tipico manufatto artistico presente nell'esedra delle tombe dei giganti.[6] Il complesso scultoreo ricomposto in seguito al restauro è costituito da trentotto sculture di cui cinque arcieri, quattro guerrieri, sedici pugilatori, tredici modelli di nuraghe.
Le statue sono state ritrovate spezzate in numerosi frammenti in connessione a una vasta necropoli costituita attualmente (2021) da circa 150 sepolture. Nelle tombe a pozzo sono stati sepolti in postura assisa dei giovani individui, quasi tutti di sesso maschile e dalla muscolatura molto sviluppata: secondo gli studiosi ciò denota l'appartenenza alla classe dei guerrieri o degli aristocratici. All'interno delle tombe sono stati rinvenuti anche diversi frammenti di statue e sculture e l'associazione dei frammenti con i resti osteologici consente di datare le statue tramite il metodo del Carbonio 14. Altri reperti in grado di fornire indicazioni cronologiche sono le ceramiche e in un solo caso uno scarabeo egizio di età ramesside. A seconda delle ipotesi, la datazione dei Kolóssoi, nome con il quale li chiamava l'archeologo Giovanni Lilliu, oscilla dal IX secolo a.C. o addirittura dal XIII secolo a.C., ipotesi che in ogni caso fa di Mont'e Prama il complesso di statue a tutto tondo più antico e numeroso d'Europa e del Mar Mediterraneo occidentale, in quanto antecedenti ai kouroi della Grecia antica e seconde soltanto alle sculture egizie.[7]
Il sito oltre ad essere circondato da numerose vestigia nuragiche (villaggi, nuraghi), risulta essere l'emergenza di un più vasto insediamento. Le prospezioni geofisiche effettuate tramite l'utilizzo di un georadar hanno permesso di individuare altre numerose tombe e probabilmente altri giacimenti di statue nonché altre strutture templari. Ad oggi (2021) tali evidenze non sono state ancora indagate. Dopo quattro campagne di scavo fra il 1975 e il 2017, sono stati rinvenuti circa diecimila frammenti di pietra tra i quali 15 teste, 27 busti, 176 frammenti di braccia, 143 frammenti di gambe, 784 frammenti di scudo. Inizialmente solo alcuni dei primi frammenti vennero esposti in un'ala del Museo archeologico di Cagliari e la scoperta fu trascurata per decenni.[8] Con lo stanziamento dei fondi nel 2005 da parte del Ministero per i beni e le attività culturali e della Regione Sardegna, le statue sono state ricomposte dai restauratori del Centro di conservazione archeologica di Roma, coordinati dalla Soprintendenza per i Beni archeologici per le province di Sassari e Nuoro, nei locali del Centro di restauro e conservazione dei beni culturali presso Sassari. Attualmente (2021) diversi reperti ceramici e diverse datazioni ottenute col metodo C-14 indicano nel bronzo recente nuragico (XII secolo a.C.-XIII secolo a.C.) la fase iniziale della necropoli. L'ultima inumazione nuragica è datata al IV sec. a.C. contestuale alla conquista cartaginese della Sardegna e di poco antecedente alle numerose ceramiche e tombe puniche collegate alla distruzione e alla discarica delle statue. Nel 2014 in seguito a nuove campagne geofisiche, le università di Sassari e Cagliari ripresero gli scavi portando alla luce nuove tombe e statue.
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