Visualizzazione post con etichetta salvataggi. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta salvataggi. Mostra tutti i post

venerdì 12 marzo 2021

Fine della favola. - Marco Travaglio

 

Da qualche giorno leggiamo con raccapriccio le cronache delle indagini di varie Procure siciliane su alcune Ong specializzate nei “soccorsi” di migranti nel Mediterraneo. E notiamo con stupore il silenzio dei politici e dei commentatori di solito così prodighi di commenti, esternazioni, interviste, petizioni, appelli e contrappelli. Parlano solo Salvini e i giornali di destra, facendo di tutta l’erba un fascio fra le Ong che davvero salvano vite dal naufragio e quelle che fanno altro. Tacciono invece quelli che da anni fanno di tutta l’erba un fascio in senso opposto: difendendo a prescindere tutte le Ong, attaccando a scatola, occhi e orecchi chiusi qualunque pm si azzardi a indagare, qualunque osservatore si permetta di sollevare dubbi, qualunque politico non certo razzista e fascista (come Minniti, Di Maio e Lamorgese) osi chiedere qualche regola nel Mar West, fino a negare financo filmati, foto, satelliti e intercettazioni che provano i rapporti fra volontari e scafisti.

Quando il procuratore di Catania Carmelo Zuccaro, chiamato nel 2017 in Parlamento a riferire, spiegò che l’Italia era disarmata contro i trafficanti di esseri umani perché le navi di alcune Ong prelevavano i migranti in acque libiche o limitrofe dai barconi degli scafisti con consegne concordate, transponder spenti e nessun controllo dello Stato, azzerando il rischio giudiziario e “imprenditoriale” di quei criminali, fu accusato di sporcare la favola bella degli angeli del mare. Idem per Minniti, che quell’estate propose un codice di autodisciplina per le Ong (transponder accesi, bilanci trasparenti, agenti a bordo). E riuscì ad abbattere il traffico e il numero dei morti, cosa di cui si prese il merito Salvini senza far nulla in più di utile, ma molto in più di inutile, xenofobo e propagandistico. Intanto le anime belle ripetevano il mantra “nessuna prova, solo calunnie, è crimine umanitario”. Negazionismo puro, anche dopo che l’inchiesta di Trapani sulla nave Iuventa dell’Ong Jugend Rettet, mostrò foto e filmati delle consegne concordate dagli scafisti ai volontari, che poi non li denunciavano e non ne affondavano i loro barchini, ma li restituivano. Noi tentammo di sollecitare un dibattito serio, che distinguesse tra chi salva vite e chi fa da nastro trasportatore o da tassista agli scafisti: distinzione che gioverebbe alla verità, alla giustizia, ma soprattutto alle Ong pulite. Non ci fu verso: fummo insultati dai Manconi, Zoro, Mannocchi & C. Ora si attendono i loro commenti sull’inchiesta chiusa a Trapani su 21 membri degli equipaggi di Iuventa, Vost Hestia, Vost Prudence, navi legate alle Ong Jugend Rettet, Save The Children e Medici senza Frontiere.

Vengono fuori le foto – scattate nel 2016 da un agente Sco sotto copertura – di uno scafista che picchia i migranti con una cintura e un tubo di ferro sotto gli occhi dei volontari. Poi sale a bordo della nave Vos Hestia noleggiata da Save The Children che, pur sapendo chi è e cosa ha fatto, lo traghetta al porto di Reggio Calabria senza denunciarlo. Si vede la Vos Hestia che, informata in tempo reale delle partenze degli scafisti dalle coste libiche, li raggiunge “in un preciso tratto di mare senza dare alcuna comunicazione alle autorità”. L’indomani rileva 548 migranti e nei giorni successivi altri 1300. I volontari di STC fanno levare ai poveretti i giubbotti di salvataggio e indossare quelli col logo della Ong, restituendo i vecchi agli scafisti. Tre di questi vengono fotografati mentre si avvicinano alla nave, smontano il motore dal gommone e ripartono. Altri vengono fatti salire a bordo, mescolati tra i profughi, e condotti in Italia come naufraghi appena salvati. Il comandante si vanta di non denunciare gli scafisti: “Ho altri ruoli e non quello di fare la spia o l’investigatore”. E prepara rappresaglie per un volontario che li ha segnalati alla polizia: “Appena torna lo scemo vedo cosa vuole fare, altrimenti lo mando a fare in culo dicendogli: ‘Vedi dove te ne devi andare, ti vuoi stare zitto o te ne vai’…”. Una settimana dopo tre scafisti abbordano la Vos Hestia e annunciano un altro carico: uno è Suleiman Dabbashi, di una famiglia che gestisce centri di prigionia a Sabrata. Nessuna denuncia neppure per lui.
Altra indagine, altro scandalo: a Ragusa c’è un bonifico di 125mila euro versati dal cargo commerciale danese Maersk all’Ong Mediterranea Saving che aveva rilevato 27 naufraghi salvati un mese prima. Qui, oltre alle solite accuse di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e falso, c’è pure il commercio di migranti. Infine c’è la testimonianza della ministra Lamorgese al processo Gregoretti contro Salvini: “Le navi che vanno a fare soccorso in acque Sar libiche, ogni volta che fanno un soccorso, non tornano subito indietro. Tante volte, a soccorsi effettuati, si fermano nelle aree libiche anche 3-4 giorni, in attesa di recuperare più gente possibile”. Quindi “sono navi che hanno la possibilità di star ferme con persone appena recuperate in acqua anche 4-5 giorni”. E, stazionando a lungo dinanzi alla Libia, attirano e incoraggiano il traffico di esseri umani. Ora facciamo pure finta che non ci siano reati. Anzi, tagliamo corto e diamo la grazia a tutti gli angeli delle Ong. Ma poi finiamola con le bugie e le ipocrisie, smettiamo di prenderci in giro e stabiliamo che d’ora in poi queste schifezze non accadano più. Sempreché, s’intende, la lotta al traffico di esseri umani interessi qualcuno.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/03/12/fine-della-favola/6130723/

martedì 11 luglio 2017

Banche: con le sofferenze al 19% il sistema bancario ha un buco da 60 miliardi (e uno scudo statale di 20) - Marta Panicucci

Atlante
Una statua del titano Atlante nei Paesi Bassi Deror_avi via Wikimedia Commons

Cariferrara ha ceduto ad Atlante 2, il fondo gemello del primo, 343 milioni di sofferenze con un prezzo pari al 18,9% cioè a 65 milioni di euro. Buona notizia per la piccola banca, un po’ meno per il sistema bancario in generale.
Cariferrara, insieme a banca Etruria, Carichieti e Marche, è stata oggetto del decreto Salvabanche del novembre 2015, quello che ha azzerato azionisti e obbligazionisti e diviso la parte buona delle attività bancarie da quella malata. A quel punto si è aperta la vendita delle quattro Good bank: tre sono andate a UBI per un euro e la quarta, Cariferrara è destinata a BPER, ma prima di convolare a nozze doveva ripulirsi dei crediti deteriorati.
La cessione ad Atlante 2 quindi è un passo fondamentale per portare a compimento l’acquisizione di Cariferrara da parte della banca popolare dell’Emilia Romagna. Altro discorso riguarda invece tutto il sistema bancario. Le sofferenze di Cariferrara sono state valutate al 19% una cifra bassissima, meglio solo di quel 17% con il quale furono vendute le sofferenze delle quattro banche in occasione del piano di salvataggio. Tutti il sistema bancario, pochi esclusi, deve affrontare la pulizia dei conti: i crediti deteriorati sono cresciuti a vista d’occhio negli anni della crisi economica e le banche hanno i bilanci pieni di inadempienze probabili, crediti con coperture incomplete, leasing e vere e proprie sofferenze.
Secondo le stime dell’ABI al 31 dicembre 2016 le sofferenze nette delle banche italiane si attestano a 86,9 miliardi di euro (già calate di qualche miliardi per alcune operazioni dei primi mesi dell’anno come la cessione di un pacchetto da parte di UBI). Comunque sia se prendiamo 87 miliardi di sofferenze e li vendiamo prezzandoli al 19% il risultato sono 21,8 miliardi di incasso e quindi 65 miliardi di “buco”.
In poche parole se il 19% fosse il prezzo valido per tutte le operazioni di pulizia delle banche, il sistema bancario si troverebbe con un buco da oltre 60 miliardi, e, non ci dimentichiamo, che il Fondo stanziato dal Governo Gentiloni per il comparto bancario vale appena 20 miliardi. Qui la faccenda si complica.
Cariferrara verso BPER
È l’ultima delle quattro sorelle del decreto Salvabanche ad essersi accasata. Lo scorso anno, se vi ricordate, il presidente delle Good bank, Roberto Nicastro aveva aperto il bando per la vendita delle banche sane con l’obiettivo di ricavare 1,6 miliardi e rimborsare così il prestito attivato per il salvataggio, ma le uniche offerte arrivate alla scadenza sono state quelle di Lone star e Apollo inferiori ai 500 milioni. Saltate la vendita si sono valutate altre strade.
Alla fine tre banche, Etruria, Carichieti e Marche sono finite sotto il marchio UBI banca dopo essere state ripulite e ricapitalizzate a dovere e ora stanno subendo un drastico taglio di dipendenti e filiali. Cariferrara ha trovato il suo pretendente in Emilia Romagna, ma le condizioni sono le stesse: prima pulizia e ricapitalizzazione poi acquisizione.
Nei giorni scorsi è arrivata la notizia della cessione del pacchetto di sofferenze ad Atlante 2: 343 milioni pagati 65 milioni. Questa somma sarà sottratta dal capitale fresco che il Fondo di risoluzione dovrà iniettare nella banca ferrarese per rafforzare il capitale prima delle nozze. Cedute le sofferenze e fatta la ricapitalizzazione mancheranno soltanto le autorizzazioni di BCE e del dipartimento concorrenza dell’Unione europea.
Sistema bancario a rischio buco
Se la cessione ad Atlante 2 delle sofferenze è una buona notizia per Cariferrara, è allo stesso tempo un pessimo segnale per il comparto bancario. È vero che ogni pacchetto di sofferenze ha una storia a parte e ogni cessione è preceduta da un’attenta valutazione delle garanzie e della salute dei crediti, ma resta il fatto che le ultime operazioni hanno visto un deciso crollo del prezzo.
Qualche mese fa i 2,2 miliardi di nuovi crediti deteriorati di Etruria, Marche e Chieti, ceduti prima del passaggio a UBI, sono stati acquistati sempre da Atlante al 32,5% di valore facciale: avevano caratteristiche simili a quelle di Nuova Carife anche se erano molto giovani e quindi, sulla carta, più semplici da gestire. Il portafogli di sofferenze di Cariferrara è composto sia da inadempienze probabili che da crediti deteriorati e sofferenze, con un 48% di crediti garantiti da immobili e per il rimanente 52% da crediti unsecured con una componente di leasing che arriva da Commercio e Finanza.

Comunque sia il prezzo è veramente basso e nettamente inferiore rispetto a quello messo a bilancio dalle banche. Gli 86,9 miliardi di sofferenze nette registrate a fine anno da Bankitalia saranno da una parte diminuiti con le operazioni fatte nei primi mesi del 2017, ma, allo stesso tempo, aumentate con nuovi crediti malati accumulati nel primo semestre. Preso quindi questo dato per buono e calcolando un prezzo del 19% ballano 60 miliardi. Se le banche italiane cedessero le sofferenze il sistema avrebbe un buco di circa 60 miliardi a fronte di uno scudo statale per le banche in difficoltà da 20 miliardi. Nonostante i tentativi di nascondere la polvere sotto il tappeto, la montagna di sofferenze sovrastimate che le banche hanno in bilancio resta lì e prima o poi quando verranno fuori saranno dolori per tutti.