Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
sabato 6 aprile 2024
ANUNNAKI. - Emilia Zareva
giovedì 4 maggio 2023
Scoperto il più grande segreto dei costruttori Maya. - Angelo Petrone
La robustezza degli edifici, in piedi da millenni, è dovuta alle malte di calce realizzate con estratti vegetali e ispirate alle conchiglie dei molluschi o alle spine dei ricci di mare.
Situato nell’Honduras occidentale, vicino al confine con il Guatemala, si trova il giacimento di Copán. Considerata la culla della civiltà Maya, Oxwitik (il suo nome Maya, che significa ‘tre radici’) era una potente città-stato che governò uno dei suoi regni più importanti tra il IV e il IX secolo d.C. Ma, nonostante siano passati mille anni e mezzo da allora, molti dei suoi edifici e pale d’altare hanno resistito alla prova del tempo in modo straordinario, un fenomeno che ha incuriosito gli scienziati per secoli. Ora, un team di ricercatori dell’Università di Granada (UGR) ha appena svelato il segreto: i suoi costruttori hanno ideato malte di calce a cui hanno aggiunto estratti vegetali. I risultati sono stati appena pubblicati sulla rivista ‘Science Advances‘. ”Finora non si sapeva quale fosse il segreto per cui i monumenti costruiti dagli antichi costruttori Maya presentano attualmente un ottimo stato di conservazione, nonostante siano stati esposti per più di mille anni a un clima tropicale molto aggressivo”, spiega il autore principale di questo lavoro, il professore del Dipartimento di Mineralogia e Petrologia dell’UGR Carlos Rodríguez-Navarro. La squadra di Rodríguez-Navarro non è la prima a cercare di svelare il mistero. Altri gruppi hanno effettuato tutti i tipi di test, ma non sono state raggiunte conclusioni sufficientemente solide. Ora, grazie a tecniche moderne come la microscopia elettronica a trasmissione (TEM) e la diffrazione di raggi X ad alta risoluzione utilizzando la radiazione di sincrotrone, i ricercatori dell’UGR hanno rivelato la “ricetta segreta” dei costruttori Maya.
Lo studio dei testi antichi ha permesso di datare con precisione le eruzioni vulcaniche che hanno innescato la Piccola Era Glaciale in Europa. Nello specifico, le antiche malte e stucchi di calce di Copán comprendevano composti organici e un cemento di cristalli di calcite (CaCO3) con caratteristiche nano e mesostrutturali (struttura di detti cristalli dalla scala atomica e molecolare fino al micrometro) simili a quelle dei biominerali da calcite come quelli usati dai molluschi per costruire i loro gusci, dove le particelle sono note per rendere i cementi più duri e più plastici. Molte antiche civiltà utilizzavano pratiche come il riscaldamento, l’aggiunta di acqua o l’inclusione di ingredienti naturali nel calcare per produrre intonaci di calce più durevoli, consentendo loro di sopravvivere per millenni. Gli antichi Maya svilupparono una strategia simile indipendentemente intorno al 1100 a.C. con aggiunta di estratti vegetali per migliorare ulteriormente le prestazioni. Ma non solo: alcune di queste pratiche sono ancora utilizzate dalle popolazioni locali discendenti di quei paesi, che mescolano la calce con certe linfe prelevate dalla corteccia degli alberi. Per dimostrare che entrambe le pratiche corrispondevano, gli autori hanno raccolto campioni di intonaco e stucco da antiche rovine Maya e li hanno confrontati con altri creati nello stile degli attuali locali, che hanno ereditato la tradizione. “Abbiamo preparato repliche di malta di calce dosata con estratti ricchi di polisaccaridi dalla corteccia di alberi comuni nell’area Maya, come il chukum (Havardia albicans) e il jiote (Bursera simaruba) – spiega Rodríguez Navarro. I nostri risultati analitici dimostrano che le repliche hanno caratteristiche simili a quelle delle antiche malte e stucchi Maya che contengono composti organici“. Inoltre, hanno dimostrato che sia i materiali Maya che quelli attuali presentano “un cemento di calcite che include composti organici intercristallini e intracristallini (polisaccaridi) che conferiscono alla matrice della malta un marcato comportamento plastico e una maggiore tenacità e resistenza alla rottura, aumentando al contempo la loro resistenza alla alterazione chimica, in quanto riducono il loro tasso di dissoluzione”. In altre parole, questo cemento di calcite, simile a quello dei gusci dei molluschi o delle spine dei ricci di mare, rende il materiale enormemente resistente, anche se ha dovuto resistere alle dure condizioni esterne. Gli autori sottolineano che queste pratiche potrebbero aiutare a creare materiali perfetti per la conservazione del patrimonio storico e artistico e l’edilizia moderna e sostenibile.
sabato 9 ottobre 2021
Brescia è in Ungheria. - Marco Travaglio
Non auguro a Piercamillo Davigo di finire sotto processo per rivelazione di segreto a Brescia, dove peraltro è un habitué. Però, da spettatore, non vedo l’ora di assistere a un processo che si annuncia meglio di uno spettacolo di cabaret. L’accusa, nell’avviso di conclusione delle indagini che prelude alla richiesta di giudizio, è nota: nell’aprile 2020 Davigo, allora al Csm, suggerì al pm milanese Paolo Storari di scrivere ai capi il suo dissenso per la mancata iscrizione dei reati emersi dai verbali dell’avvocato esterno dell’Eni Piero Amara sulla presunta Loggia Ungheria, datati dicembre 2019. Poi se ne fece consegnare una copia Word per segnalare il tutto al Csm, visto che Amara ne accusava due consiglieri. Cosa che fece a maggio, avvertendo il vicepresidente Ermini e gli altri due membri del Comitato di presidenza, Curzio e Salvi, cinque consiglieri, le sue due segretarie e il presidente dell’Antimafia (tutti tenuti al segreto d’ufficio, purtroppo violato – secondo l’accusa – da una delle segretarie).
In base a una circolare del Csm, Davigo ritiene che il segreto non sia opponibile ai membri del Csm e che trasmettere quelle carte per le vie ufficiali avrebbe significato avvisare tutti i consiglieri, compresi i due accusati da Amara. Infatti il Pg Salvi – titolare dell’azione disciplinare – non gli contestò alcuna violazione, anzi chiamò il procuratore di Milano, Greco, che iscrisse gl’indagati del caso Ungheria. Ora i pm bresciani accusano Davigo di aver violato il segreto insieme a Storari, ma solo un po’: non quando avvisò Curzio e Salvi; solo quando avvertì il terzo membro del Comitato di presidenza, Ermini, e tutti gli altri. Ma, se il segreto fosse intermittente, sarebbe un guaio pure per Ermini. Che corse ad avvertire Mattarella, presidente del Csm. E neppure Mattarella obiettò nulla, né il suo consigliere giuridico Erbani, che parlò della cosa con Davigo qualche settimana dopo. Se Davigo viola il segreto avvertendo Ermini, come fanno a non violarlo Ermini avvisando Mattarella e chi poi avvisa Erbani? Ermini, sentito a Brescia come testimone (ma non violò anche lui il segreto?), conferma che si fece pure consegnare da Davigo le copie dei verbali di Amara, ma poi le distrusse inorridito. E qui i pm dovrebbero sobbalzare: se quelle carte erano la prova del reato di Davigo, Ermini distruggendole commise favoreggiamento e andrebbe sentito come indagato, non come teste. Per molto meno (non aver iscritto Vannoni nell’inchiesta Consip), Woodcock finì davanti al Csm vicepresieduto da Ermini. Che ora potrebbe doversi occupare dei pm bresciani che non iscrissero Ermini indagando sui pm milanesi che non iscrissero il caso Amara. Non so voi, ma io per un processo così pagherei pure il biglietto.
ILFQ