Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
sabato 3 dicembre 2011
La “capra” Sgarbi implora perdono a Caselli. - di Davide Vecchi
Le scuse di Sgarbi a Caselli pubblicate stamani suIl Giornale sono quasi commoventi. Ricordano le letterine di scuse che Gian Burrasca scriveva al padre per convincerlo a ritirare la punizione. Sgarbi invoca la remissione della querela.
Il critico d’arte, noto per lo più come agitatore dei talk show e invitato nei panni di gridatore esperto, riesce a firmare venti righe senza una parolaccia né un’offesa, neanche minima. Non gli è scappato neanche un “capra” tra parentesi. Farebbe tenerezza se non fosse che la buona educazione appare solo una facciata. Giustificata esclusivamente dalla volontà di evitare la condanna a cui va incontro, insieme a Vittorio Feltri, per aver pesantemente diffamato l’ex procuratore di Palermo, Gian Carlo Caselli. E così è stato costretto a rimangiarsi il fango che aveva allegramente gettato addosso al pm in due articoli in particolare: “Io, accusato di essere mafioso, vi dico che Silvio è in pericolo”, pubblicato il 26 novembre 2009, e “Sedici anni di processo: il ministro era innocente”.
In sintesi, nei due articoli, Sgarbi si scagliava contro le accuse sostenute dalla procura di Palermo nei processi a carico di Andreotti, Mannino, Musotto, Frittitta e Lombardini. Ma il procuratore non l’ha ovviamente presa bene, ritenendo non solo infondati ma anche gratuiti e offensivi i contenuti degli articoli. Così, il procuratore, si è difeso come può: in silenzio, querelando. Il procedimento sta arrivando all’epilogo e proprio per scongiurare l’esito fin troppo scontato, Sgarbi tenta di correre ai ripari. La letterina strappalacrime, infatti, si chiude con un eloquente invito al “dottor Caselli” che “provvederà a rimettere la querela nei confronti miei e del Direttore, che sottoscrive questa dichiarazione”.
Anche perché già nel gennaio 1998, l’allora parlamentare Sgarbi, era stato condannato dalla procura di Torino a otto mesi di reclusione e al pagamento di cento milioni di lire per avere diffamato il procuratore Caselli, rischiando anche il carcere. Dunque meglio correre ai ripari. Scusandosi. La lettera è chiara.
Sgarbi si è reso conto di aver sbagliato. Certo, c’è voluto il rinvio a giudizio, per spingerlo a rileggere “gli articoli”. E così, scrive, “mi sono reso conto che i fatti da me riportati in merito a quei processi non corrispondevano al vero e che le fonti delle notizie in cui riponevo piena fiducia, si erano rivelate inattendibili”.
Come nel caso Dino Boffo, dunque, anche su Caselli, il quotidiano della famiglia Berlusconi pubblica notizie diffamando chi vuole, fidandosi del primo che passa e senza compiere alcuna verifica. Per Boffo era stata una “informativa anonima” e per Caselli, si scopre, “fonti inattendibili”. Non è un caso infatti che chi è passato per la direzione de Il Giornale negli ultimi anni sia stato anche sospeso dall’Ordine dei Giornalisti. Vittorio Feltri, Maurizio Belpietro, Alessandro Sallusti. Ma certo l’inviato di punta era l’agente Betulla. Non c’è verso di far verificare una notizia. Per dire, qui al Fatto Quotidiano, “il giornale delle procure”, arrivano molte “informative anonime” e suonano tantissime presunte fonti. Lasciano la loro storia e verifichiamo ciò che riteniamo meritevole di attenzione. Poi lavoriamo. Cioè cerchiamo fonti attendibili e riscontri non anonimi. Quando ci sono, si scrive, altrimenti no. Ecco, se fossi il papà di Gian Burrasca gli toglierei la punizione, spiegandogli quali sono le regole che si devono rispettare per non ripeterle più. Sgarbi è grandicello ormai e ha molta esperienza. Da uomo adulto e responsabile sicuramente si rimprovererà da solo, magari allo specchio: “Capra, capra, capra!”.
Clicca qui per ingrandire l’immagine.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/12/03/quel-gian-burrasca-sgarbi-implora-perdono-caselli/175002/
Palermo, arrestato Gianni Lapis, il tributarista di Vito Ciancimino: “Riciclava tangenti”. - di Giuseppe Pipitone
Decine di milioni di dollari ed euro scambiati in stanze d'albergo. "Sono mazzette della Prima repubblica", spiegano i colletti bianchi dell'organizzazione a un infiltrato della Finanza. L'inchiesta coordinata dal pm Ingroia. Il professionista è già stato condannato per intestazione fittizia ed è indagato per la presunta corruzione dell'ex ministro Romano.
Nonostante una condanna definitiva per intestazione fittizia di beni e un’indagine per corruzione, il tributarista palermitano Gianni Lapis avrebbe continuato a gestire affari poco chiari. E’ quanto emerge dalla maxi operazione del nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di Finanza, che questa mattina ha sgominato una vasta rete criminale che riciclava decine di milioni di dollari americani considerati di provenienza illecita. Addirittura frutto di “tangenti della prima repubblica”.
L’inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto della Dda di Palermo Antonio Ingroia e dai sostituti Lia Sava e Dario Scaletta, ha svelato una presunta associazione criminale specializzata nel riciclaggio di valuta estera. A capo dell’organizzazione ci sarebbe stato proprio Lapis: l’ex prestanome della famiglia Ciancimino, arrestato proprio questa mattina dagli ufficiali della guardia di finanza, è indicato dagli inquirenti come la vera e propria “mente del gruppo criminale” , composto tra altro da elementi insospettabili.
Il provvedimento d’arresto del gip Lorenzo Jannelli riguarda infatti anche cinque presunti complici di Lapis, finiti in manette: Francesco Terranova, Salvatore Amormino, Nino Zangari,Giovanni Lizza e Angelo Giudetti. “Colletti bianchi” che gestivano le operazioni dell’associazione criminale in varie parti d’Italia. Nonostante la sede principale dell’organizzazione fosse a Palermo, nello studio del tributarista in via Libertà, la maggior parte delle operazioni di riciclaggio si sarebbe svolta in alcuni hotel romani. E’ proprio in uno di questi un agente della Guardia di finanza, infiltrato tra gl’intermediari di valuta, sarebbe riuscito ad incastrare il gruppo di Lapis. All’infiltrato delle Fiamme gialle Lapis e soci avevano proposto uno scambio: sessanta milioni di dollari americani in cambio di 45 milioni di euro, somma dalla quale avrebbero sottratto il 15 per cento, come provvigione per l’intermediazione illecita.
Il denaro – avrebbero spiegato i riciclatori all’agente infiltrato – proveniva da alcune tangenti destinate a politici della prima repubblica. L’agente sotto copertura ha finto di portare avanti la trattativa per parecchie settimane, incontrando più volte gli indagati in alberghi romani e istituti di credito. Nel frattempo gli agenti speciali della Guardia di Finanza registravano gl’incontri del gruppo criminale grazie a intercettazioni ambientali e telefoniche. Stamattina è scattato il blitz.
Lapis e soci sono accusati di associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio. Dalle indagini emergerebbe che oltre ai 60 milioni di dollari, il gruppo criminale avrebbe nelle sue disponibilità ulteriori quantitativi di valuta estera. Durante le trattative con l’agente infiltrato, il gruppo si sarebbe rivolto anche ad altri soggetti che avevano esigenze complementari alle loro: ovvero grandi capitali in euro da scambiare con valuta straniera. Il tutto sempre con lo sconto del 15 per cento, in maniera da eludere il sistema della tracciabilità, aggirando il circuito bancario e consentendo quindi l’immissione nel mercato del denaro “pulito” di capitali di provenienza illecita.
L’indagine è ancora in corso con perquisizioni a Roma, Palermo, Taranto, Catania, L’Aquila e Benevento. Ci sarebbero poi altri nove insospettabili “colletti bianchi” indagati, tuttora a piede libero.
Lapis era stato condannato dalla Corte di Cassazione il 5 ottobre scorso a due anni e 8 mesi per intestazione fittizia di beni, nel processo sul tesoro di Massimo Ciancimino. Il tributarista, che era stato sospeso dall’insegnamento universitario proprio dopo la condanna definitiva, è indagato dalla procura di Palermo anche per corruzione. Avrebbe infatti consegnato tangenti per centinaia di migliaia di euro ad alcuni esponenti politici come l’ex ministro Saverio Romano e il senatore Carlo Vizzini nell’ambito degli affari della Gas spa, la società che gestiva in nome e per conto della famiglia Ciancimino.
venerdì 2 dicembre 2011
Manovra, arriva l’imposta equità. Tassate barche e beni di lusso.
Lunedì il premier Mario Monti sarà alla Camera per presentare le misure anticrisi: oltre alla scure sugli alti redditi, previsti tagli a sanità e trasporti, pacchetto pensioni, aumento di aliquote Irpef, mini patrimoniale e super Ici per seconda e terza casa.
Barche, beni di lusso, patrimoniale leggera e Ici - Sarebbe una delle principali novità che potrebbe contenere la finanziaria anticrisi. Si tratterebbe di tassare i “diritti di stazionamento delle imbarcazioni”, quindi l’imposta non riguarderebbe il possesso di una barca, bensì il suo stazionamento in un porto turistico. Un intervento, quello allo studio, il cui gettito andrebbe a finanziare la prevista riduzione dell’Irap, insieme ad un nuovo e probabile aumento dell’Iva. Questa misura va ad aggiungersi a una patrimoniale ‘leggera’ nell’ambito del cosiddetto ‘pacchetto casa’. Questa misura prevederebbe un meccanismo impositivo progressivo che andrebbe ad incidere su coloro che possiedono più di un’abitazione. Una tassa, quindi, che andrebbe a ‘colpire’ i proprietari di seconde e terze case. Nel pacchetto fiscale, da cui dovrebbe arrivare più della metà del valore della manovra, c’è anche il ritorno dell’Ici sulla prima casa, che avrà un peso specifico più basso di quella eliminata dal governo Berlusconi e sarà contraddistinta da un’ampia ‘manovrabilità’ per i Comuni. Per le entrate, inoltre, arriva l’obbligo di fatturazione elettronica per tutti e la riduzione della soglia per la tracciabilità (con tutta probabilità 500 euro).
Credito di imposta e bonus energia – Arriva un credito di imposta ”per attività di ricerca industriale e di sviluppo sperimentale”: varrà il 12% dei costi sostenuti fino a 1 milione di euro. Arriva una detrazione di imposta del 19% per le persone fisiche che dichiarano oltre 100mila euro e investono in fondi di venture capital (normalmente destinati a innovazioni e ricerca) o in start up. Lo prevede la bozza della manovra. L’investimento massimo potrà essere di 1 milione e durare 3 anni. Quindi la detrazione massima è 190mila euro. Verranno prorogate anche negli anni 2012-2013 e 2014, inoltre, le detrazioni dall’imposta lorda per interventi di efficienza energetica.
Aliquote Irpef - Il governo starebbe valutando anche l’aumento delle aliquote Irpef di 2 (ma anche fino a 3) punti per gli scaglioni oggi al 41 e 43% che passerebbero così al 43 e 45%.
Liberalizzazione vendita carburanti - “In materia di sviluppo concorrenziale del settore della distribuzione dei carburanti, i gestori dei singoli punti di vendita di carburante al dettaglio possono liberamente rifornirsi da qualunque produttore o rivenditore”: secondo l’Ansa, sarebbe una delle misure contenute nella manovra.
Pensioni: addio finestra mobile, ipotesi ‘quota 42′ – Pensionamento anticipato per la cosiddetta ”finestra mobile”, alias il meccanismo di decorrenza una volta raggiunti i requisiti per l’accesso alla pensione introdotto con la manovra del 2010 a partire dal 2011. Il meccanismo che faceva slittare di un anno per i dipendenti e di 18 mesi per gli autonomi il momento in cui si percepiva effettivamente l’assegno, infatti, dovrebbe essere “assorbito” dai nuovi requisiti per l’accesso alla pensione, che sarebbero innalzati di almeno un anno. Gli anni di contributi necessari per l’accesso alla pensione indipendentemente dall’età dovrebbero essere con tutta probabilità 42 (adesso il requisito è a 40 ma a questo va aggiunto un anno di decorrenza per i dipendenti e 18 mesi per gli autonomi). Scontato il passaggio al contributivo pro rata per tutti dal 2012 e l’aumento delle aliquote per i lavoratori autonomi, ma anche una stretta ulteriore sulle quote per le anzianità e un’accelerazione dell’adeguamento dell’età di vecchiaia delle donne del privato a quella degli uomini e delle donne del settore pubblico.
Sanità e trasporti – Il taglio di 2,5 miliardi di euro al Fondo sanitario nazionale, previsto dalla manovra di agosto per il 2013, potrebbe essere anticipato già all’anno prossimo. E per il 2013 potrebbe arrivare a 5 miliardi di euro. Nel 2012, inoltre, il Servizio sanitario nazionale avrebbe meno costi pari a 600 milioni grazie alla razionalizzazione della spesa farmaceutica, oltre ad una ulteriore riduzione di quasi 1,2 miliardi per il blocco dei contratti al personale. Il Fondo sanitario nazionale, al quale il Patto par la salute 2010-2012 assicurava 104,6 miliardi per il 2010, 106,9 per il 2011 e 108,7 per il 2012, scenderebbe, il prossimo anno, a poco più di 106 miliardi. Tra il 2012 e il 2014, secondo calcoli delle Regioni, complessivamente il finanziamento del Servizio sanitario nazionale subirà tagli per circa 17 miliardi di euro. Non finiscono le pessime notizie per i governatori delle Regioni, che da tempo chiedevano nuove risorse per il trasporto pubblico locale. Quest’ultimo, per il quale sono stati previsti finora trasferimenti solo per 400 milioni di euro, perderebbe dunque più di 1 miliardo e mezzo rispetto agli anni passati. Ai governatori, quindi, toccherà aumentare l’accisa sui carburanti per trovare i fondi utili a finanziare un settore di fondamentale importanza.
Piano carceri – Per la realizzazione di nuove strutture carcerarie “si ricorre in via prioritaria alle procedure in materia di finanza di progetto”. E’ quanto prevede la bozza della manovra che sarà presentata lunedì. I costi di queste strutture possono essere finanziati interamente con capitale privato. La norma ha come obiettivo quello di “fronteggiare la grave situazione di emergenza conseguente all’eccessivo affollamento delle carceri”.
Piano edilizia abitativa – Per gli interventi previsti dal piano nazionale per l’edilizia abitativa arriva una semplificazione: non saranno più necessari decreti del presidente del Consiglio dei ministri ma basteranno decreti del ministro per le Infrastrutture. Nella nota tecnica si stima in “due mesi” la riduzione dei tempi attualmente applicati.
Nastri Fassino-Consorte: procura di Milano chiede rinvio a giudizio per Berlusconi.
L'udienza preliminare è fissata per lunedì prossimo: i difensori dell'ex presidente del Consiglio riproporranno l’eccezione di competenza territoriale (per lo spostamento a Monza) già proposta e bocciata dal gip.
La procura di Milano appoggia la linea indicata dal gip Stefania Donadeo che aveva imposto l’imputazione coatta per Silvio Berlusconi nell’ambito dell’inchiesta sulle intercettazioni tra Fassino e Consorte. La telefonata risale al 17 luglio 2005 e riguarda la tentata scalata di Unipol a Bnl: l’allora segretario dei Ds, intercettato, diceva: “allora abbiamo una banca?” e il Giornale di Paolo Berlusconi pubblicò la trascrizione della telefonata e, in quanto editore, risulta imputato. Fino ad oggi la procura ha sempre sostenuto l’archiviazione per l’impossibilità di avere elementi sufficienti a sostenere l’accusa in tribunale. Adesso invece, davanti all’iniziativa del gip, il capo della procura Edmondo Bruti Liberati e il pm Maurizio Romanelli hanno deciso di adeguarsi.
Lunedì prossimo, quando è stata fissata l’udienza preliminare, Romanelli chiederà al gup di rinviare a giudizio l’ex premier che il 24 dicembre del 2005 ricevette nella residenza di Arcore il file con la conversazione intercettata e non ancora trascritta e messa a disposizione delle parti. I difensori di Berlusconi, invece, stando agli annunci, lunedì riproporranno l’eccezione di competenza territoriale già proposta e bocciata dal gip. Niccolò Ghedini e Piero Longo sosterranno che il fascicolo va trasmesso all’autorità giudiziaria di Monza nel cui distretto rientra Arcore. Per la stessa vicenda Paolo Berlusconi editore de Il Giornale sarà processato a gennaio per concorso in rivelazione di segreto d’ufficio, ricettazione e millantato credito. Nelle stessa vicenda è indagato Maurizio Belpietro direttore del quotidiano di via Negri all’epoca dei fatti ma sui fatti a lui contestati sta per scattare la prescrizione.
La telefonata tra Piero Fassino e Giovanni Consorte (ex presidente Unipol) nel 2005 non era stata nè depositata, nè trascritta, ma esisteva solo come file audio in possesso della Guardia di Finanza e dell’azienda Research control system di Roberto Raffaelli che, dopo aver negato per settimane, ammise di aver trafugato quel nastro e averlo portato ad Arcore. L’incontro, organizzato dall’imprenditore Fabrizio Favata, avviene alla vigilia di Natale del 2005. Raffaelli, rinviato a giudizio, nel giugno scorso patteggerà una pena di 20 mesi. Per Favata la condanna è invece di 2 anni e 4 mesi.
Guarda la ricostruzione della vicenda
Consorte è stato condannato, in primo grado, a tre anni e dieci mesi di reclusione. Nella sentenza dello scorso 31 ottobre, insieme all’ex leader del colosso assicurativo e bancario emiliano sono stati condannati anche i suoi collaboratori, Ivano Sacchetti e Carlo Cimbri, per i quali il periodo di reclusione è di 3 anni e 7 mesi, oltre a 1 milione di multa. E c’è anche una parte della sentenza che parla di Unipol in quanto persona giuridica, per la quale è stata riconosciuta una responsabilità oggettiva nel tentativo di scalata e che si è vista comminare una provvisionale a titolo di risarcimento di 15 milioni, oltre a una multa di 720 mila euro. Importi a cui dovranno aggiungersene altri, se si arriverà a una condanna anche in sede civile.
Lunedì prossimo, quando è stata fissata l’udienza preliminare, Romanelli chiederà al gup di rinviare a giudizio l’ex premier che il 24 dicembre del 2005 ricevette nella residenza di Arcore il file con la conversazione intercettata e non ancora trascritta e messa a disposizione delle parti. I difensori di Berlusconi, invece, stando agli annunci, lunedì riproporranno l’eccezione di competenza territoriale già proposta e bocciata dal gip. Niccolò Ghedini e Piero Longo sosterranno che il fascicolo va trasmesso all’autorità giudiziaria di Monza nel cui distretto rientra Arcore. Per la stessa vicenda Paolo Berlusconi editore de Il Giornale sarà processato a gennaio per concorso in rivelazione di segreto d’ufficio, ricettazione e millantato credito. Nelle stessa vicenda è indagato Maurizio Belpietro direttore del quotidiano di via Negri all’epoca dei fatti ma sui fatti a lui contestati sta per scattare la prescrizione.
La telefonata tra Piero Fassino e Giovanni Consorte (ex presidente Unipol) nel 2005 non era stata nè depositata, nè trascritta, ma esisteva solo come file audio in possesso della Guardia di Finanza e dell’azienda Research control system di Roberto Raffaelli che, dopo aver negato per settimane, ammise di aver trafugato quel nastro e averlo portato ad Arcore. L’incontro, organizzato dall’imprenditore Fabrizio Favata, avviene alla vigilia di Natale del 2005. Raffaelli, rinviato a giudizio, nel giugno scorso patteggerà una pena di 20 mesi. Per Favata la condanna è invece di 2 anni e 4 mesi.
Guarda la ricostruzione della vicenda
Consorte è stato condannato, in primo grado, a tre anni e dieci mesi di reclusione. Nella sentenza dello scorso 31 ottobre, insieme all’ex leader del colosso assicurativo e bancario emiliano sono stati condannati anche i suoi collaboratori, Ivano Sacchetti e Carlo Cimbri, per i quali il periodo di reclusione è di 3 anni e 7 mesi, oltre a 1 milione di multa. E c’è anche una parte della sentenza che parla di Unipol in quanto persona giuridica, per la quale è stata riconosciuta una responsabilità oggettiva nel tentativo di scalata e che si è vista comminare una provvisionale a titolo di risarcimento di 15 milioni, oltre a una multa di 720 mila euro. Importi a cui dovranno aggiungersene altri, se si arriverà a una condanna anche in sede civile.
Processo sulle cene eleganti, un investigatore in aula: “Ruby, Berardi, Conceicao prostitute”. - di Davide Milosa
Silvio Berlusconi unico imputato non c’è. Ci sono i suoi avvocati: Niccolò Ghedini Pietro Longo e Giorgio Perroni. Che alla corte consegnano una lettera: l’onorevole oggi non può. E oggi in programma c’è l’audizione del vice-questore Marco Ciacci, capo della polizia di Stato. Si attende di capire come tutto è iniziato: dove e quando. Nove e mezza pronti via e Ciacci, completo grigio e pizzetto rifinito, inizia l’attesa. Per tre ore aspetta sulle panchine di marmo fuori dal tribunale. Mentre dentro si consuma l’ennesima battaglia della difesa a colpi di eccezioni.
Ghedini e Longo giocano di rimessa, ma sono bravissimi. Il pm Antonio Sangermano, come chiesto dal Tribunale, ha appena depositato gli atti relativi alle acquisizioni dei supporti informatici ritrovati durante le perquisizioni in via Olgettina 65. Era il 14 gennaio scorso. E oggi, a poco più di un anno dallo scandalo che ha travolto il Cavaliere, siamo all’udienza numero tre. Pochi metri dal via insomma. La verità giudiziaria è ancora lontana. Tanto più che i campanili giuridici degli avvocati sono la plastica dimostrazione di un processo che di immediato ha ben poco.
I legali si passano la palla. Intesa magistrale. Sul punto non perdono un metro: gli atti appena depositati devono essere letti. Ma prima decine di eccezioni che ingolfano la macchina. Insomma si prende tempo. Passa un’ora. Alla Corte viene chiesto di decidere su queste prove: acquisirle o meno. Ma comunque decidere perché, sostiene la difesa, le domande ai teste bisogna farle con tutte le prove a disposizione. E non si tratta solo dei supporti informatici (cellulari e computer) trovati nei cassetti delle ragazze. Ci sono anche i tabulati telefonici di Ruby. Faldone numero tre per la cronaca. Durante la pausa il collegio difensivo studia, spulcia, annota. Il più attento è Ghedini. L’avvocato-parlamentare compulsa gli atti. Il volto inespressivo. Pietro Longo osserva. Perroni esce ed entra dall’aula.
Ore 11 entra la Corte. E, dunque, sotto con le eccezioni. Di nuovo. Quei tabulati non vanno bene. Longo parla e motiva. Solleva errori materiali: cellulari confusi e altre puntiglierie che innervosiscono e non poco Antonio Sangermano. Il magistrato ascolta in silenzio e prende appunti. La difesa è ancora in palla. E deposita due memoria. Chiede alla Corte di decidere. Poi tocca al pm che trattiene a stento la rabbia. Parla di strumentalizzazione. Sostiene che la difesa solleva eccezioni su questioni, le prove, già acquisite e che comunque, a suo dire, poco hanno a che fare con l’audizione dei teste. “Se va avanti così questo processo durerà all’infinito”. Finisce con un battibecco. Ghedini ci prova. Ma non è aria. La Corte sospende ancora. “Vogliono fare in fretta”, confiderà Ghedini a microfoni spenti. Venti minuti dopo mezzogiorno, di nuovo la Corte. Poche parole per frantumare la linea Maginot della difesa.
Marco Ciacci ha atteso per tre ore. La borsa dei documenti sempre vicina. Sangermano lo chiama. Finalmente si può iniziare. Da dove? Dal 29 luglio 2010, data in cui si accendono i telefoni della procura. L’input è subito squadernato: prostituzione e favoreggiamento. La conferma arriva dal commissariato Monforte e dal suo dirigente che da tempo indaga e che il 28 maggio 2010 inciamperà per la prima volta in Karima El Mahroug. Le indagini partono. I vari organi di polizia agganciano vari pezzi del puzzle. La squadretta di Ciacci inizia ad annotare i brogliacci. Di chi? Il poliziotto recita un lungo elenco. Ci sono tutte le ragazze. C’è Fede, la Minetti, Mora. L’ordine è intercettare per poco tempo. Obiettivo: confermare i singoli episodi. E con le conferme arrivano le cene eleganti (da agosto a dicembre 2010) di villa San Martino. Località Arcore. Residenza di Berlusconi. “Diciassette eventi”, spiega Ciacci che traduce cene in episodi di prostituzione. Ad Arcore, ma non solo. Per alcune ragazze, infatti, la prostituzione era mestiere quotidiano. Michel Coincecao, ad esempio, Ruby e Iris Berardi. A confermarlo, agende, intercettazioni e una lettera in cui un anonimo scrive alla madre della Berardi. “Ma se è un anonimo la lettera non può essere acquisita”, eccepisce Longo.
Lo scandalo è servito. A scodellarlo la voce monocorde del poliziotto. Sì perché nomi e luoghi che dal 26 ottobre 2010 (data in cui Il Fatto Quotidiano rende pubblica la notizia) hanno frantumato la reputazione di Berlusconi, ora ritornano attutiti e senza emozione. Passato il circo mediatico, alla fine resta il reato. A ipotizzarlo è sempre Ciacci che per quelle cene parla di “prostituzione in case private” “intermediazione del sesso” e “pagamenti”. Tre passaggi contrappuntati da tre nomi:Fede, Mora e Minetti. Lei, Nicole, giovane consigliere regionale e, per l’accusa, ufficiale pagatore delle arcorine. Pagamenti che, prosegue Ciacci, avvenivano sotto forma di denaro contante, ma anche di tanto altro: auto, prestazioni mediche, gioielli che il Cavaliere aveva l’abitudine di comprare in serie alla gioielleria Re carlo di Valenza Po: 2.400 euro a pezzo. Berlusconi ne comprerà 98 per un cifra totale di poco meno di 240mila euro.
Intanto, con accusa e difesa che si scambiano sorrisi e accuse, si arriva a Karima El Mahroug. Notizie certe si hanno a partire dal 2009. Ciacci elenca documenti, atti e fotografie. Anzi le mostra. Sono quelle di Ruby durante uno spettacolo erotico in un locale di Genova, quello del suo fidanzato Luca Risso. E per Ruby il sesso è quasi una patologia. Sangermano racconta di video erotici lanciati su internet con una Ruby minorenne. In pochi minuti e in aula viene tratteggiata una ragazza dalla “sessualità complessa”. “Una – dice Ciacci – che i servizi sociali indicano in atteggiamenti che simulano prestazioni sessuali anche in pubblico”. Viene definita “una personalità dai comportamenti manipolativi e seduttivi”. E poi ci sono le fughe di Ruby. La marocchina inizia a scappare nel 2006. Tre anni dopo la ritroviamo a Milano. Eppure dal settembre 2009 alla fine dell’anno la sua vita in riva al Naviglio resta pressoché sconosciuta. L’ultimo trampolino siciliano per lei non è la comunità in provincia di Messina, ma il concorso di bellezza a Taormina. Qui dà una nome falso e cattura il cuore di Emilio Fede che il 14 febbraio 2010 l’accompagnerà per la prima volta ad Arcore. Da qui in poi, il processo corre rapido: Sangermano domanda, Ciacci snocciola dati e la difesa resta in silenzio. Confermate tutte le serate a vilal San Martino. E finale sulla notte in questura: 27 maggio 2010, prima il fermo in corso Buenos Aires, poi l’arrivo in Fatebenefratelli. Detto, chiuso e aggiornato al 12 dicembre. Una data che a Milano ricorda ben altro rispetto alle cene eleganti del Cavaliere.
Precedenti di questo articolo
Giustizia: “Così si volta pagina”, parla il senatore Casson.
Quindi, con il governo Monti e il nuovo ministro, Paola Severino, di leggi ad personam o ad aziendam o comunque ad Berlusconem, non si parlerà più. Sembra che sarà proprio così.
Nel programma di lavoro presentato dal ministro durante le audizioni alle Camere, non sono previsti infatti i ddl né sul cosiddetto processo breve (giacente al Senato), né su quello lungo, né il provvedimento sulle intercettazioni (alla Camera). E’ un bel sollievo. Né ci sarà quella “riforma della giustizia epocale, grande, grande, grande”, sognata (minacciata) da Berlusconi.
Il ministro ha dichiarato che si dedicherà anzitutto all’emergenza carceri e poi, “poiché i tempi del governo sono limitati, sarebbe assurdo proporre un progetto ambizioso come la riforma dei Codici”. Piuttosto, gli interventi sulla giustizia saranno rappresentati dalla ricerca di “risparmio ed efficienza”. Le leggi ad personam, quindi, “non sono la mia priorità” ha detto il ministro. “Prima si discute ciò che è condiviso, non ciò che è controverso”.
Il ministro ha dichiarato che si dedicherà anzitutto all’emergenza carceri e poi, “poiché i tempi del governo sono limitati, sarebbe assurdo proporre un progetto ambizioso come la riforma dei Codici”. Piuttosto, gli interventi sulla giustizia saranno rappresentati dalla ricerca di “risparmio ed efficienza”. Le leggi ad personam, quindi, “non sono la mia priorità” ha detto il ministro. “Prima si discute ciò che è condiviso, non ciò che è controverso”.
Incontro a palazzo Madama Felice Casson, vicepresidente del gruppo Pd, componente della commissione Giustizia, magistrato, dalle elezioni del 2006 senatore. Ha ascoltato il ministro Severino e conferma: ” L’epoca delle leggi ad personam mi pare tramontato con questo ministro. Conosco la Severino come avvocato di qualità, professionista serio, e non si metterà sulla strada delle leggi personali. Conosce molto bene i problemi veri della giustizia, a differenza dell’ex ministro Alfano che non sapeva davvero dove navigava…Spero che il clima parlamentare consenta di approvare qualche progetto importante (accelerazione dei processi penali e civili; notifiche degli atti ai difensori per posta elettronica; e interventi di emergenza sul sistema carcerario). Naturalmente sono consapevole che i parlamentari della ex maggioranza di centrodestra non dimenticano i disegni legislativi di protezione dell’ex premier e vorrebbero toglierli dal cassetto in cui sono finiti; ma il clima politico è ora cambiato e non ci sarà spazio in Parlamento per questi tentativi”.
Eppure, il deputato semplice onorevole Silvio Berlusconi, insiste e si lamenta, com’è sua abitudine: “Sono l’uomo più intercettato del pianeta; ho fatto fare una ricerca su un mio telefonino ed è risultato che era intercettato da sette fonti diverse. Le intercettazioni sono da paese illiberale e non civile. Per questo ci vuole una legge per cambiare l’attuale sistema” (29 novembre scorso).
“Certo, Berlusconi si illude ancora, non so se in buona fede, di poter varare una
legge sulle intercettazioni, il bavaglio. Ma ciò che racconta sono balle belle e buone, sono affermazioni infondate sui numeri, sui costi e sui riferimenti giuridici internazionali. Le norme sulle intercettazioni in Italia sono assolutamente garantiste per il cittadino e rispettose della Costituzione e del diritto. In altri paesi stranieri e amici, in Francia per esempio, si ha conoscenza solo di una parte delle intercettazioni, quelle autorizzate dalla magistratura; ma altre, la maggioranza, si fanno su richiesta dei servizi segreti, dei servizi finanziari, o di altri organi, e sono senza controllo. Negli Usa c’è una indagine congressuale in corso su questo argomento”.
legge sulle intercettazioni, il bavaglio. Ma ciò che racconta sono balle belle e buone, sono affermazioni infondate sui numeri, sui costi e sui riferimenti giuridici internazionali. Le norme sulle intercettazioni in Italia sono assolutamente garantiste per il cittadino e rispettose della Costituzione e del diritto. In altri paesi stranieri e amici, in Francia per esempio, si ha conoscenza solo di una parte delle intercettazioni, quelle autorizzate dalla magistratura; ma altre, la maggioranza, si fanno su richiesta dei servizi segreti, dei servizi finanziari, o di altri organi, e sono senza controllo. Negli Usa c’è una indagine congressuale in corso su questo argomento”.
Ma il deputato semplice onorevole Berlusconi, imputato in diversi processi a Milano e in attesa di sentenza per il caso Mills, è agitato. Così che è ripartito per l’ennesima volta all’attacco della magistratura “che ha esondato dal suo alveo ed ha inquinato ed inquina la vita democratica del paese”…
” Ormai è una ex alta carica dello Stato. Per ora ci siamo levati il pensiero….E’ un semplice parlamentare senza incarichi. Penso che dovrebbe essere considerato come un uomo malato (lo segnalò per la prima volta la moglie Veronica), ossessionato dai suoi problemi processuali. Le sue esternazioni, ormai delle farneticazioni, dimostrano che dovrebbe essere curato. I processi si celebrano nelle aule di giustizia. Che Berlusconi si decida ad affrontare i giudici, che d’altronde hanno dimostrato equilibrio, a volte assolvendolo o rigettando le richieste dei pm. Quindi dovrebbe rispettare il lavoro e le decisioni dei giudici. E non è vero che è un perseguitato! Nella mia vita da magistrato ricordo di aver incontrato spesso imputati, con tendenza a delinquere, chiamati in decine di processi, accusati di violazioni in un ramo o nell’altro del codice penale o civile. Anche per Berlusconi accade lo stesso: di fronte ad accuse per illeciti in campo finanziario, imprenditoriale, valutario, o per comportamenti privati biasimevoli con minorenni, i processi continueranno ed è normale che sia così”.
Il processo Mills, com’è noto, è alla vigilia della prescrizione (peraltro rinunciabile da parte dell’imputato): a Milano il collegio dei giudici riuscirà ad arrivare alla sentenza di primo grado entro gennaio-febbraio?
” Ci si può arrivare, nel rispetto pieno delle norme anche regolamentari. Per
esempio, il giudice, nello svolgimento delle cause, deve dare la precedenza, oltre ai processi con detenuti, ovviamente, proprio a quelli a rischio di prescrizione! In breve tempo può arrivare la prima sentenza, soprattutto adesso che Berlusconi non ha più l’ampia protezione del legittimo impedimento che egli poteva richiedere, avendo numerosi impegni legati all’alta carica che ricopriva. Ora l’ex premier non ha più tanti appuntamenti irrinunciabili e non rinviabili….Quindi non capisco perché adesso non si possano fissare le udienze per il caso Mills in qualsiasi giorno della settimana, anziché solo il lunedì. In due-tre mesi se ne possono fare decine e chiudere così il processo di primo grado”.
esempio, il giudice, nello svolgimento delle cause, deve dare la precedenza, oltre ai processi con detenuti, ovviamente, proprio a quelli a rischio di prescrizione! In breve tempo può arrivare la prima sentenza, soprattutto adesso che Berlusconi non ha più l’ampia protezione del legittimo impedimento che egli poteva richiedere, avendo numerosi impegni legati all’alta carica che ricopriva. Ora l’ex premier non ha più tanti appuntamenti irrinunciabili e non rinviabili….Quindi non capisco perché adesso non si possano fissare le udienze per il caso Mills in qualsiasi giorno della settimana, anziché solo il lunedì. In due-tre mesi se ne possono fare decine e chiudere così il processo di primo grado”.
Il deputato semplice onorevole Berlusconi, può però invocare l’impedimento legittimo (art.420 ter codice procedura penale) per i voti da esprimere in Parlamento e ugualmente per la sua intensa attività di partito come ‘padre nobile’ del Pdl, o no?
” Sono due fattispecie diverse. Se un parlamentare, o un sindaco o un presidente di Provincia, segnala di non poter partecipare ad un’udienza per un impegno politico istituzionale, un voto importante o altro, l’appuntamento in aula viene rinviato senza tante storie, è naturale. Mentre l’attività di partito non è assolutamente motivo di legittimo impedimento, altrimenti avremo migliaia di persone in Italia che potrebbero chiedere il rinvio di udienze perché le riunioni politiche sono infinite ogni giorno, dappertutto, dalle Alpi alla Sicilia, per mille motivi! Una giustificazione del genere non è proponibile. Neppure per un leader nazionale come Berlusconi”.
Se il deputato semplice onorevole Berlusconi sarà condannato per corruzione (d’altronde Mills è stato già riconosciuto colpevole), sia pure in primo grado, quali dovrebbero essere le conseguenze sotto il profilo politico?
“All’iterno, la parte politica guidata da Berlusconi punterebbe il dito contro la magistratura, ricoprendola di accuse. All’estero l’ immagine dell’Italia sarebbe di nuovo colpita, anche se la condanna non sarebbe più pronunciata contro un capo del governo in carica. Ma ugualmente sarebbe una condizione di ignominia. In altri paesi, una censura per corruzione a carico di un politico, non sarebbe accettata dall’opinione pubblica…..anzi per accuse neppure arrivate ad un processo, e talvolta neppure gravi (che so, copiare una tesi di laurea….) altrove il politico, con buon senso civico, fa un passo indietro. Naturalmente, questo sano principio dovrebbe valere non solo per l’ex premier ma per tanti altri politici, anche di sinistra, quando sono coinvolti in indagini per violazioni del codice”.
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