domenica 6 luglio 2014

Il trionfo dell'ipocrisia e il dibattito censurato. - Sergio Di Cori Modigliani



"Dietro a tanta furbizia c'è poca intelligenza, un paese di furbi è anche un paese di ignoranti e cafoni, qualcuno potrebbe dire che secondo il principio democratico se loro sono la maggioranza hanno il diritto di continuare ad essere così e autodistruggersi trascinandoci con loro. Così sarebbe, dico io, se fossero consci delle conseguenze di certe scelte e correttamente informati.Insomma, ci tocca pure essere pazienti e gentili terapeuti di chi ci sta distruggendo "inconsciamente", meno male che c'è il vino.."
commentatore dei forum di questo blog che ha scelto di firmarsi Alessandro.


"La mafia non esiste, è una invenzione dei giornalisti".
Questo è ciò che sostenevano i mafiosi negli anni'50, '60, '70.
Poi, il paese è cresciuto, prima economicamente, di conseguenza anche socialmente e politicamente. Poteva contare allora su una solida opposizione (reale, vera, pungente ed efficace) e sulla partecipazione attiva di artisti, intellettuali, opinionisti, giornalisti, che oggi non esiste.
Se ne sente la mancanza, se ne avverte la latitanza.

A Bruxelles, ieri pomeriggio, il leader politico Beppe Grillo, in conferenza stampa, ha detto "Non date i fondi europei all'Italia, in Campania, Calabria, Sicilia, finiscono poi nelle mani della mafia".
Non si trattava di uno scoop. Non era neppure una informazione o una notizia.
Era piuttosto la condivisione pubblica del cosiddetto segreto di Pulcinella, metaforica (nonchè immortale) maschera nostrana che il PD ha spostato e trasferito in un'altrettanto immortale maschera nostrana: Arlecchino servo di due padroni.
Apriti cielo!

Irrompe la contestazione dei furbetti, furboni, furbastri della sinistra (pro domo loro) che si indignano nel nome di una pulizia patriottica in salsa etica. 
Falsa quanto ipocrita.
L'epopea del deputato piddino Fracantonio Genovese, finito in manette perchè accusato di essersi appropriato di svariati milioni dei fondi europei, la dice lunga in questa materia.
All'esistenza della mafia bisogna aggiungerci l'ignavia e la serena pigrizia cinica dei cittadini italiani, disinformati, avviliti, depressi, che pagano sulla propria pelle la loro scelta di non diventare cittadini attivi e di non impegnarsi. Lo dimostra il fatto che il 31 ottobre del 2013 ben 3,5 miliardi di euro messi a disposizione dai fondi europei  per le quattro regioni meridionali italiane è ritornata indietro a Bruxelles perché non utilizzati. I pochi presentati erano sbagliati, fuori norma, obsoleti. 
Se li sono presi gli spagnoli il giorno dopo presentando domande formalmente impeccabili, che hanno consentito il varo di ben 8.560 nuove startup che hanno dato lavoro a ben 90.000 giovani disoccupati iberici (laureati con specifiche competenze tecniche) intervenendo in maniera pragmatica nella guerra contro i due grandi e veri nemici dell'Europa: mancanza di lavoro e insostenibile tasso di disoccupazione.
Degli svariati miliardi di euro messi a disposizione dai fondi europei, è stato calcolato che la gran parte dei fondi è finita nelle mani della dirigenza politica più abile (e furba) che compone i partiti verticali. Valga per tutti un esempio: la fondazione di Massimo D'Alema ha ottenuto nell'ultimo decennio ben 16,7 milioni di euro. Ai quali bisogna aggiungere quelli avuti dalla fondazione di Raffaele Fitto, di Renato Brunetta, di Sergio Chiamparino, di Roberto Formigoni, dei coniugi Finocchiaro, di Enrico Letta, dei fratelli Cosentino, di Galan, di Scoppelliti......devo continuare? 
La lista è davvero molto lunga.
E' lunga quanto lo stivale.
Perchè la mafia non è più il picciotto siculo con la scoppola in testa e la lupara al fianco, quello è l'aspetto folcloristico della deriva piattamente criminale. Esiste ancora, purtroppo, ma è facilmente identificabile.
La mafia è diventata un concetto mentale assorbito dai funzionari dei partiti italiani che hanno ormai fatto proprio il concetto di Cosa Nostra, ritenendo che tra bene pubblico e bene privato non vi sia alcuna differenza, ritenendosi quindi legittimati a spendere danaro pubblico (quelli eleganti) e ad appropriarsi (quelli ladri) di risorse finanziarie messe a disposizione della collettività, perchè su 100 euro, una percentuale va al partito, un'altra serve a pagare funzionari corrotti, un'altra mantiene e foraggia le clientele di votanti, e poi c'è la quota parte che (tra quelli abili e high tech) finisce sui conti estero su estero, molto ben blindati, oppure (tra quelli più volgari e beceri) vengono utilizzati per costruirsi una villa mega galattica, acquistare gioielli, ecc.
E' piatta cronaca di tutti i giorni, che alimenta il livore, diffonde l'avvilimento, produce rabbia, disperazione e soprattutto depressione generalizzata, aggravando ulteriormente (dopo il danno c'è anche la beffa) il costo complessivo sociale di cui si dovranno fare carico le strutture sanitarie pubbliche, il welfare, le famiglie.
La mafia mentale impoverisce il territorio e aggrava la crisi.

Era ora che il segreto di Pulcinella venisse diffuso e divulgato in tutta Europa.
Riviste settimanali, mensili, tivvù locali, cooperative teatrali, produzioni cinematografiche, centri culturali, case editrici, aziende di agriturismo, hanno dato lavoro a masse di disoccupati immeritevoli auto-eletti e auto-promossi al rango di scrittori, registi, giornalisti, operatori alberghieri, intellettuali, che hanno goduto di briciole comunitarie versate a pioggia nel territorio, attraverso la malleveria dei partiti e spesso gestiti in loco dai boss locali della mafia, della 'ndrangheta e della camorra nell'intero territorio nazionale. 
E quelli portano voti: a questo servono i fondi europei
E la Merkel lo sa benissimo.
E dal suo punto di vista ha ragione. 
I tedeschi, dal loro punto di vista hanno ragione al 100%.
Ma come?
Finalmente c'è un leader italiano che ha il coraggio di andare in Europa e divulgare in tutto il continente il macabro segreto di Pulcinella "l'Italia è un paese di mafiosi" e protestano e insorgono quelli che su facebook, twitter, nei comizi, nei libri, alla tivvù, sui quotidiani, sostengono di voler combattere la mafia?
Oggi, la negano?
In questo paese ormai votato all'inefficienza e all'inefficacia, nel nome del rispetto delle logiche mafiose imprenditoriali, c'è addirittura chi osa protestare perchè si divulga il fatto notorio che siamo mafiosi?

Hanno distrutto perfino l'unica industria d'impresa che funzionava in Italia: il calcio.
Hanno fatto allenare la squadra a un ometto senza arte nè parte, un fallito di successo, noto per la sua caratterialità flebile, senza spina dorsale, prono soltanto alla salvaguardia degli interessi di Berlusconi e della Fiat, tutto qui.
Hanno dato al paese la mazzata definitiva (dopo la figuraccia ai mondiali) una settimana fa, quando la Lega Calcio non ha accettato il risultato legale di un'asta pubblica legale nella quale l'offerta proposta da Sky era superiore di 156 milioni di euro a quella fatta da Mediaset.
"Stai sereno Silvio, ci penso io" gli deve aver detto qualcuno.
E così, questa mattina, un delinquente pregiudicato che risulta essere -come soggetto politico- co-fondatore di un partito insieme a una persona che adesso sta in galera, condannato in via definitiva perchè identificato, processato e sentenziato come mafioso, incontra il nostro premier e il paese lo trova un evento normale?
Grazie alla truffa ai danni di Sky di cui nessuno parla, Mediaset -decotta e moribonda- ringrazia e va a chiudere con Renzi garantendo che l'accordo regge.
Lo credo bene che regge.
O meglio, regge ancora per un po' la sua decotta attività.
Trascorrerà delle buone vacanze grazie ai soldi vostri che la Lega Calcio ha provveduto a elargire nel nome di principio illegale, anti-economico e sostanzialmente mafioso.
Il giorno in cui la Lega Calcio doveva decidere, sul corriere della sera compariva il Grande Pizzino con la truppa compiacente schierata in campo.
E oggi, finalmente, Mediaset celebra con un aumento notevole del proprio titolo in borsa.
Noi stiamo pagando oggi i guadagni in borsa di Berlusconi, che ringrazierà questa sera la coniuge di Dell'Utri, regalandole magari un volume raro del '500 di prezioso valore, da consegnare al marito in galera per meriti conquistati sul campo.

E io devo pure sorbirmi l'ipocrisia ipocrita di chi si indigna per la frase (che definirei tenue, moderata e -per i miei gusti personali- fin troppo calma) che certifica e firma il fallimento etico della nazione, la sua deriva morale e la propria incapacità collettiva di indignazione? 
Un'occasione persa.
Davvero c'era la possibilità di scendere in campo sostenendo l'unico slogan post-ideologico che può aiutare l'Italia: fuori la mafia dallo Stato.

Perchè l'unica rivoluzione sostenibile, l'unica rivoluzione auspicabile, l'unica rivoluzione alla quale io mi sento di aderire è la rivoluzione della vocale: da COsa Nostra a CAsa Nostra.

E' l'obiettivo minimo.
E' la nostra bandiera.
E' il nostro mantra.
E' il primo mattone della Nuova Italia che verrà.
E' l'unica possibilità di potersi far rispettare in Europa.

Fintantochè i soldi europei finiranno nelle mani delle fondazioni gestite e presiedute dalla inguardabile classe dirigente politica dei partiti verticali, in questo paese non cambierà nulla.
Ben venga il segreto di Pulcinella.

Che Frau Merkel chiuda pure i rubinetti.
Perchè noi, l'accesso ai fondi europei, è un lusso che non ci possiamo permettere.
Questa è la realtà lapalissiana, nuda e cruda.
Prendiamone atto e diventiamo un popolo maturo e adulto.
Perchè non parliamo, invece, dei miliardi di euro che le fondazioni partitiche hanno ottenuto negli ultimi 10 anni dai fondi europei?
Come mai non c'è dibattito su questo argomento?
Come mai non vengono rese pubbliche le cifre, le attribuzioni, le competenze, gli obiettivi?

Grazie per l'attenzione.

Qui di seguito vi propongo -dopo la frase ad impatto mediatico di ieri-- un'argomentazione più elaborata sui fondi europei. Pensateci, cercate di comprendere e dibattete.

Sostiene, infatti, Beppe Grillo:
"I Fondi strutturali rappresentano il principale strumento della politica di coesione dell`Unione europea e dovrebbero concorrere significativamente allo sviluppo socio economico delle regioni, in particolare quelle con le maggiori carenze. L'Italia per il periodo di programmazione 2007-2013 ha ricevuto dall'Europa 28,8 miliardi di Euro pari a circa l’8% del budget dell'Unione europea destinato alla politica di coesione, di cui 21.64 miliardi di Euro per le Regioni in obiettivo convergenza, ovvero alcune Regioni del sud (Sicilia, Calabria, Puglia, Campania e Basilicata). E' proprio in queste Regioni che si collocano le maggiori risorse ma (si registrano anche i più forti ritardi nella loro spesa. Questi ritardi pongono l'Italia tra gli stati che hanno speso meno: peggio di noi troviamo solo la Bulgaria, la Romania, Cipro e la Slovacchia, senza considerare la Croazia da poco nell'Unione europea. Con una percentuale di spesa ad oggi pari intorno al 54% (ad un anno e mezzo dalla ultima possibilità di spendere) rischiamo di dover restituire all'Europa circa 13 miliardi di Euro. 
Cosa non funziona nel nostro sistema di gestione di queste importanti risorse?
I Fondi strutturali vengono nella quasi totalità amministrati dalle Regioni in attuazione di un Programma operativo concordato e in linea con quello nazionale. Ma la mancanza di chiare e strutturate politiche in molti ambiti prioritari dell´azione dei Fondi e di una credibile politica di lungo termine fanno sí che l´efficacia degli interventi venga frammentata e dispersa in mille azioni, spesso legate a logiche politiche locali e clientelari.
L´efficacia dei Fondi strutturali dipende anche da un altro fattore: la qualità dei governi locali. Le Regioni più ricche (quindi con meno risorse) sembrano essere le più virtuose nell'attuazione delle politiche strutturali. Al contrario le regioni del Sud Italia, che dispongono della maggiore dotazione di fondi comunitari, mostrano una bassa propensione alla spesa. Sono principalmente queste ultime che per evitare la mannaia del disimpegno automatico dei fondi ricorrono ai cosiddetti progetti “sponda”. Somme già stanziate (o spese) per interventi già avviati vengono inserite contabilmente nel PO (Programma Operativo) regionale per sostituire (o integrare) - a patto che siano coerenti - quegli interventi bloccati per irregolarità o scarsa capacità operativa. Queste somme sono presentate alla UE come “spesa certificata” per il rimborso del cofinanziamento europeo, come se fossero il risultato dell’attuazione di programmi finanziati con fondi europei. La Regione ottiene risorse ormai svincolate da qualsiasi obbligo di destinazione, da utilizzare per finanziare qualunque tipo di intervento (dalla manutenzione delle strade ai corsi di formazione per i dirigenti regionali)
Una maggiore consapevolezza delle opportunità offerte dai Fondi comunitari potrebbe generare una maggiore pressione delle categorie interessate (ONG, Associazioni di categoria, associazioni ambientaliste), attraverso le parti sociali, nei confronti delle autorità di gestione dei fondi".

DEBORA BILLI AI TEMPI DEL COLERA VIA WEB. - Pino Cabras

    billi


Come le polemiche istantanee del web hanno ingigantito la portata di una battuta di Debora Billi. Ai tempi di Biagi, invece... [Pino Cabras]

Tutta la blogosfera sa che Debora Billi, dell'ufficio comunicazione dei deputati M5S, ha scritto su Facebook un commento infelice sulla morte dell'artista Giorgio Faletti («Se ne è andato Giorgio. Quello sbagliato #Faletti»).

Rispetto a questo errore, su cui si sono accaniti giornalisti e linciatori da tastiera, non faccio un tweet, ma parto da lontano, dal 1973. 
In quell'anno Napoli passò due mesi da incubo per un'epidemia di colera causata da cozze d'importazione, che provocò marasma, confusione, quarant'anni di "Napoli colera" urlato dagli ossessi negli stadi, ma soprattutto causò decine di terribili lutti che segnarono per sempre altrettante famiglie. Non mancarono le polemiche politiche sulla gestione dell'emergenza, che bersagliarono la famiglia politica dominante in Campania, i Gava del pluriministro Silvio (1901-1999) e dell'astro nascente Antonio (1930-2008), leader dei dorotei democristiani. 

Enzo Biagi (1920-2007), venerato maestro del giornalismo italiano, disse: «Il colera passa, i Gava restano. È dunque vero che se ne vanno sempre i migliori.» La battuta è stata inserita dal Corriere della Sera nella lista delle migliori di Biagi, ed è anche la battuta n. 648 del celebre libro "Anche le formiche nel loro piccolo si incazzano".

Al presidente della Repubblica di allora, il napoletano Giovanni Leone (1908-2001), mentre era in visita a Pisa, gli studenti che lo contestavano gli augurarono di morire di colera. Leone rispose esibendo il poco presidenziale gesto delle corna. E finì lì.

Silvio Gava , Antonio Gava , Enzo Biagi, Giovanni Leone, se ne sono tutti andati prima dell'epoca irriflessiva di Facebook e di Twitter. Perciò non sapremo mai che tipo di reazioni e controreazioni si sarebbero innescate sulla battuta di Biagi. Mi immagino il rimbalzo frenetico sui social network di dichiarazioni dei familiari delle vittime del colera contro un presunto sciacallaggio sulla loro tragedia, affrontata con troppa leggerezza. Mi immagino la valanga crescere su se stessa, tweet dopo tweet, a ingigantire la portata della battuta, scavandone i risvolti irriguardosi, e così via. La battuta sarebbe stata un'altra cosa da quel che è stata, e le polemiche istantanee del web avrebbero scagliato di tutto contro il demone satirico che aveva spinto un giornalista a lanciarsi in una battuta cattiva, senza calcolare se tagliasse la pelle dei nemici, se avesse invece un doppio taglio, o se tagliasse solo la propria pelle.

Un politico della stessa generazione di Napolitano, lo svedese Olof Palme (1927-1986), parlando delle grandi sfide dell'umanità, disse che quella generazione era la prima che «non poteva permettersi di sbagliare». Quella generazione ha sbagliato invece tanto, troppo, e il conto drammatico di quegli sbagli minaccia tutti noi: guerre assurde, insicurezza energetica, neoliberismo, catastrofi ambientali. Sono gli argomenti su cui da anni Debora Billi scrive articoli molto belli, informati, ironici, degli autentici piccoli capolavori di sintesi, sempre animati da un pungente spirito wit. Cercateli in Rete, anziché scegliere dal cesto solo le ciliege storte.
Scoprirete che è perlomeno esagerato applicare a lei, anziché alla generazione Napolitano, il principio che «non poteva permettersi di sbagliare». Basta con la caccia alle streghe.

Quanto al presidente Giorgio Napolitano (1925-2125), sono certo che gli basterà aggiornare le manovre di sicurezza manuali del suo predecessore e concittadino, e tutto si aggiusterà. 

Sicilia, 100 milioni di buco nella sanità. Corte Conti: “Bilancio incongruente”. - Giuseppe Pipitone

Sicilia, 100 milioni di buco nella sanità. Corte Conti: “Bilancio incongruente”

Tra gli altri rilievi della magistratura contabile anche il doppio dei dirigenti rispetto alle altre Regioni. Ma il presidente Crocetta è soddisfatto: "E' stato riconosciuto il lavoro fatto".
Quindici miliardi di euro di residui attivi, un dirigente ogni 9 dipendenti, cento milioni di buco nella sanità. Sono rilievi pesanti quelli che la Corte dei Conti ha riservato al bilancio 2013 dellaRegione Sicilia. I magistrati contabili, nei giorni scorsi, hanno dato il via libera all’esercizio di bilancio 2013, ma il ritratto dei conti regionali tratteggiato dal giudizio di parifica è impietoso. “Nel riconoscere la parifica del bilancio della Regione la Corte dei Conti riconosce al governo il lavoro già realizzato e le proposte di riforma contenute in alcuni significativi settori di intervento” ha commentato entusiasta il governatore Rosario Crocetta. Leggere il giudizio della Corte però consiglierebbe di frenare gli entusiasmi. “Incongruente” è l’aggettivo utilizzato più spesso dai magistrati per definire il bilancio di Palazzo d’Orleans.
Prima tegola, come capita ormai da anni, è il capitolo dei residui attivi, i crediti mai riscossi dalla Regione Sicilia, che hanno ormai raggiunto quota 15 miliardi di euro, 11 ereditati dalle passate amministrazioni. Diminuiscono, seppur di poco, i debiti della Regione: 5 miliardi di euro il passivo, che però presto potrebbe tornare a crescere “a causa della crisi economica e dei tagli imposti dallo Stato” scrivono sempre i magistrati contabili. Una vera e propria grana è invece rappresentata dalla Sanità che nel 2013 ha fatto registrare un buco di quasi cento milioni di euro.
Un capitolo a parte è invece rappresentato dalla questione inerente ai dirigenti: in Sicilia sono 1800: in pratica uno ogni nove dipendenti, più del doppio rispetto alle altre regioni dove il rapporto e di uno ogni venti. Il procuratore generale Diana Calaciura ha poi puntato il dito sulla dilagante corruzione nella pubblica amministrazione. Una corruzione che, secondo il magistrato, si mostra anche con il volto di “consulenze inutili e incarichi fiduciari”. “Lo diciamo anche noi da tempo” ha commentato Crocetta, finito nel frattempo al centro delle polemiche per un accordo siglato col ministero delle Finanze. “La Regione Siciliana – si legge nel testo sottoscritto il 5 giugno – si impegna a ritirare tutti i ricorsi contro lo Stato pendenti dinnanzi alle diverse giurisdizioni relativi alle impugnative di leggi in materia di finanza pubblica promossi prima del presente accordo, o comunque di rinunciare per gli anni 20014-2017 agli effetti positivi sia in termini di saldo netto da finanziare che in termini di indebitamento netto che dovessero derivare da eventuali pronunce di accoglimento”. In pratica il governatore rinuncia preventivamente ad incassare qualsiasi indennizzo dovuto alla vittoria di contenziosi contro lo Stato, in cambio di una rinegoziazione del patto di stabilità, che porterebbe liquidi per 500 milioni nelle casse regionali. “È un traditore dei siciliani – lo ha attaccato l’ex assessore al Bilancio Gaetano Armao – Con una firmetta disinvolta ha buttato a mare contenziosi che hanno e che avrebbero dato ingenti risorse alla Sicilia, ma soprattutto svilito ogni forma di autonomia finanziaria”.

sabato 5 luglio 2014

LA PORCELLANA. PIANTA COMMESTIBILE DALLE PROPRIETA' BENEFICHE.



Pianta erbacea infestante, perenne o annuale, a portamento eretto, diffusa sino a 1700 mt. È nota nelle diverse regioni con diversa denominazione: porcellana, procaccia, porcacchia, pucchiacchella. 
Le foglie, spesse e carnose, sono principalmente alterne; talvolta le foglie sono piatte e in altri casi cilindriche. 
Le foglie superiori formano un involucro al di sotto del fiore. Dal mese di giugno comincia ad emettere fiorellini gialli che si chiudono con il buio. 
Cresce bene in pieno sole e con l’arrivo dei primi freddi deperisce rapidamente, non prima di aver sparso attorno i suoi semini neri. Preferisce i terreni di tipo sabbioso ma cresce bene in qualsiasi altro tipo di terreno. Il nome botanico latino Portulaca Oleracea L. significa “piccola porta”, per il modo con cui si aprono le capsule. Di probabili origini asiatiche, nell’antico Egitto era utilizzata come pianta medicinale, mentre era coltivata durante il Medio Evo nel Bacino del Mediterraneo, soprattutto in Spagna, e nei Paesi Arabi. Proprio gli Arabi l’hanno denominata baqla hamqa, che significa “pianta pazza” o “pazzesca” a causa del modo in cui i rami si estendono per terra senza alcun controllo. Sin dai tempi più antichi questa pianta erbacea era conosciuta e apprezzata come ortaggio; entrava infatti a far parte di insalate e minestre. Gli antichi Romani l'apprezzavano molto sia dal punto di vista alimentare che da quello terapeutico e magico. Plinio il Vecchio, infatti, la riteneva utile per combattere le febbri e per togliere il malocchio a persone ed animali. Questa pianta ricorre anche in un’opera perduta di Varrone (I secolo a. C.), di cui ci dà notizia Nonio, un grammatico del IV sec. d. C.: “La portulaca masticata toglie la sete”(Varrone, libro VIII delle Discipline).
Oggi si può dire che la porcellana è stata completamente dimenticata e ritenuta, come altre erbe preziose per l’uomo, infestante. Invece la realtà è un’altra, perché oltre ad essere commestibile, gradevole di gusto, sia cruda che cotta, possiede numerose virtù terapeutiche. Raccolta allo stato spontaneo o talvolta coltivata, le foglie della Portulaca, dal sapore acidulo, si consumano in insalata o come erba aromatica; sono utilizzate per preparare minestre saporite e rinfrescanti. Anche i fiori gialli si consumano in insalata oppure bolliti o fritti in pastella come si fa con i fiori di zucca. 
Le foglie sono molto buone conservate sottaceto. Le ramificazioni più grosse e tenere della portulaca possono essere conservate sotto olio in vasetti di vetro dopo una brevissima bollitura, condite con spezie a piacere. Si tratta senz'altro di una conserva facile ed originale per antipasti creativi. I semi, piccolissimi e neri, possono essere usati con i cereali nella colazione del mattino, nelle zuppe a base di cereali e legumi, ecc... Si possono consumare interi o macinati, ridotti in farina, che si può miscelare a quella del grano per dolci, pani ed altri prodotti lievitati.

Proprietà terapeutiche
Le molte proprietà della portulaca sono dovute ai suoi "preziosi" componenti: mucillagine (in elevata percentuale), proteine (20-40% sul peso secco), calcio, ferro, ricca di vitamine A, C ed E, infine, saponina. A rendere questo ortaggio particolarmente "prezioso" per la nostra salute è il contenuto, più alto che nel pesce, di omega 3, utile nella prevenzione e nella cura delle malattie cardiovascolari.
A livello medicinale, per uso interno l’erba porcellana viene impiegata per curare dissenteria, enterite acuta, emorroidi ed emorragie post-partum. In passato era considerata particolarmente utile dagli equipaggi delle navi per combattere lo scorbuto. La porcellana, infatti, è dissetante, rinfrescante, antinfiammatoria, vermifuga, diuretica e depurativa. Per un uso depurativo basta bere qualche cucchiaio di succo ogni giorno. Per uso esterno, un impacco di foglie è usato in caso di foruncoli, punture d’api ed eczema. Per la cura di foruncoli e altre infiammazioni della pelle si possono fare lavaggi o applicare batuffoli imbevuti di infuso ottenuto con 10 gr di pianta fresca in 100 ml di acqua. Inoltre, negli ultimi anni sono state scoperte ulteriori proprietà nutritive e medicinali riferibili all'erba porcellana. 



Insalata di purciddana o portulaca.


INGREDIENTI PER 4 PERSONE

500 g di purciddana
1 cipolla rossa di Tropea
300 g di pomodorini
5 cucchiai di olio extravergine di oliva
10 olive nere
1 cucchiaio di aceto
Sale q.b.
PROCEDIMENTO

Lavate con cura la purciddana e recuperate le foglie e le cimette più tenere. Lasciatele asciugare su un telo.
Trasferitele in un’insalatiera e aggiungete il pomodoro a spicchi e la cipolla ad anelli.
Condite l’insalata con olio, aceto e sale, quindi servite.
SUGGERIMENTI

La purciddana può essere utilizzata sia cotta che cruda per accompagnare, con il suo sapore acidulo, i cibi fritti.

Ve POSsino, ovvero le banche e l'interpretazione dei sogni. - Barbara Tampieri





Ho fatto un sogno strano che voglio raccontarvi. Ero in uno dei nostri bei centri storici, di fronte ad una di quelle banche dalle belle facciate curate e i muri antichi impregnati di storia. Varcandone la soglia mi sono ritrovata in un cortile interno, chiuso da alte inferriate che nemmeno ad Alcatraz buonanima.
Era come andare a visitare un parente al gabbio. Poi, oltrepassata la blindatura a protezione di soldi contanti che non esistono più e nemmeno rapinatori perché i ruoli ormai si sono invertiti, come i poli magnetici, mi sono accorta di respirare una strana atmosfera, leggermente carica di ozono, parecchio frizzante.

Mi viene incontro un funzionario che mi accoglie con un gran sorriso, accompagnandomi su per uno scalone in un ufficio odoroso di legno, cuoio e quadri a olio e dominato da un alto soffitto affrescato da una scena di arcadia con putti e mamme dei puttini.
Prima che io possa parlare il funzionario mi anticipa: "So che è molto preoccupata ma sono qui per rassicurarla."
In effetti fuori ho appena lasciato un paese in condizioni critiche dove, domenica scorsa, ci sono stati tre suicidi per disperazione nel giro di poche ore. Sono in ansia, certo, e dato che sono qui ne approfitto per chiedere cosa ci attende per il futuro, visto che nonostante la tendenza bifronte formichella genovese vs. cicala della serie i soldi vanno comunque spesi perché nel lungo periodo saremo tutti morti, sono previdente, penso alla mia vecchiaia senza figli e, cosa fondamentale, dei piddini non mi fido.

Mi accorgo di avere un fiume di domande pronto a tracimare, a cui il funzionario ben vestito risponde con calma ma fermamente e soprattutto senza dimostrare alcuna incertezza.

Prelievo forzoso? Assolutamente no, lo escludo nella maniera più assoluta! Si ma, scusi, e Cipro, dove l'hanno già fatto? Non siamo Cipro, noi-non-siamo-Cipro checciavevaimafiosirussitacciloro. 

La tassazione al 26%? Ah si, ma i titoli di stato non verrebbero comunque toccati.
La patrimoniale, le tasse di successione al 40% che vogliono introdurre? No - con un sorriso ancor più ampio - non si preoccupi, il paese è in ottima forma, ispira fiducia ai mercati, guardi i benchmarks. 

Lo so ma io non mi fido dei creditori - e alludo casualmente ai tedeschi, a quella voragine che inizia per Deutsche e finisce per Bank con quell'enorme Schwanstuck da 55.6 trilioni di euro di esposizione sui derivati (anzi, dicono che non è mica vero, che sono solo 991,6 milardi di €. Aaah beh, allora!)
Il funzionario è certo: i tedeschi dovranno cedere, alla fine.
E il pareggio di bilancio in costituzione??? Leggerissima incertezza, ma proprio un accenno, poi il funzionario cambia discorso:vede, l'introduzione del POS per i pagamenti oltre i € 30 è un grosso passo avanti.
Già, la castacriccacorruzione. Ma, mi scusi, noi italiani non abbiamo prosperato per decenni tra mafia, corruzione e politica malata? Come le dicevo, il POS obbligatorio combatte l'evasione fiscale.
Il Carpathia non risponde. Forse riesco a farlo vacillare sull'immobiliare. La crisi del mattone? Giusta, non bisogna investire in immobili. E'  giusto non concedere mutui perché non bisogna alimentare bolle e speculazioni. I soldi vanno investiti. Da noi.
Giusto non concedere mutui??? Ma che sta dicendo? Si, perché poi i soldi finiscono immobilizzati nelle case e non fanno girare l'economia. Li affidi a noi, gli eurini.
Ma egregio, l'economia non sta girando lo stesso, siamo in recessione, la disoccupazione, la morte economica. Si, però ci sono segni positivi.

Ecco, sui segni positivi ho pensato subito a Medjugorije e a quei lampi della madre de Dios nel cielo ma un attimo dopo mi sono accorta che la botta fenomenale che mi aveva svegliato era stato un fulmine vero che aveva appena schiantato due pioppi non lontano e che quello che suonava impazzito era un allarme.
Peccato, proprio sul più bello. Avrei avuto tante altre domande da porre al fantasmatico bancario. Sarà per un altro sogno.

P.S. Devo confessarvi una cosa. Non era un sogno. E' tutto vero, compresa la botta dei pioppi schiantati.

Primi...in peggio.



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Copia privata, ecco le nuove “tasse” su pc e smartphone. Venti euro per un hard disk. - Guido Scorza

Computer

Nel decreto firmato da Franceschini - non ancora pubblicato ma che ilfattoquotidiano.it ha potuto leggere - il sovrapprezzo che i consumatori dovranno pagare alla Siae come "risarcimento" preventivo per eventuali diritti d'autore violati. 5,20 euro per un computer, addirittura 9 per una semplice pennetta Usb. Il testo sostanzialmente identico a un documento Siae circolato nei mesi scorsi.

5,20 euro per un Pc – quali che ne siano le caratteristiche – e 5,20 per uno smartphone o un tablet se dotati di capacità di memoria superiore a 32 Giga [rispettivamente 3, 4 o 4,80 euro se la capacità è inferiore ovvero fino a 8 giga, da 8 a 16 giga o da 16 a 32 giga]. Quattro euro, invece, per televisori dotati di capacità di registrazione, cui, peraltro, dovranno aggiungersi quelli dovuti per il supporto di registrazione che si tratti di una pendrive Usb o di un hard disk. Fino a 20 euro per un hard disk e fino 9 per una pendrive Usb.
Sono queste alcune delle nuove tariffe del cosiddetto equo compenso per copia privata, risultato degli aumenti disposti da Dario Franceschini, Ministro dei Beni e delle attività culturali con il Decreto firmato lo scors0 20 giugno ma, sin qui, curiosamente, non pubblicato né sulla Gazzetta Ufficiale né sul sito Istituzionale del Ministero.
A rivelarle per primo, Gianfranco Giardina, questa mattina di buon ora, sulle pagine di Dday. Le tariffe, pubblicate da Giardina, peraltro, trovano tutte puntuale conferma in una copia del Decreto della quale siamo venuti in possesso.
Sono – come peraltro era già dato immaginare dalle anticipazioni contenute nel comunicato stampa del Ministero dello scorso 20 giugno ed in quello, di pari data, della Siae – aumenti tariffari da capogiro che costeranno ai consumatori italiani oltre 150 milioni di euro l’anno e porteranno nelle casse della Siae– solo a titolo di rimborsi di costi di gestione – oltre 10 milioni di euro cui andranno ad aggiungersi importi egualmente esorbitanti grazie agli interessi bancari ed ai proventi finanziari che la Società maturerà avendo in deposito la montagna di denaro in questione.
Ma scorrendo il testo del Decreto, oltre ai numeri, ci sono altri aspetti che balzano agli occhi e colorano questa vicenda delle tinte fosche dei peggiori esempi di buona amministrazione.
Cominciamo dal principio. La legge prevede che il Ministro dei beni e delle attività culturali aggiorni – e, non necessariamente aumenti – le tariffe dell’equo compenso, sentito il Comitato permanente sul diritto d’autore e le associazioni di categoria dei produttori di tecnologia. Nessun riferimento, dunque, alla Siae.
Eppure il Decreto che il Ministro Franceschini ha firmato è stato, sostanzialmente, dettato proprio dalla Siae, soggetto che, nella partita, è portatore di un doppio interesse, evidentemente, di parte sia in quanto rappresentante di autori ed editori destinatari ultimi del compenso sia perché, più sono alte le tariffe dell’equo compenso maggiore è l’importo che essa trattiene per sé a titolo di rimborso dei costi di gestione.
Nessun Ministro della Repubblica dovrebbe lasciarsi suggerire cosa scrivere in un proprio decreto da un soggetto portatore di un palese ed evidente proprio interesse di parte.
Eppure è sufficiente mettere a confronto il testo decreto firmato da Dario Franceschini con quello circolato, tra gli addetti ai lavori, nei mesi scorsi e stampato su carta intestata della Siae per avvedersi che, salvo un paio di marginali, scostamenti i due testi sono esattamente identici. Le cifre degli aumenti tariffari proposte dalla Siae sono state, sostanzialmente, recepite al centesimo di euro, nel Decreto del Ministro Franceschini.
E’ un fatto inaccettabile che, probabilmente, in un Paese normale giustificherebbe le immediate dimissioni di chi ha consentito che un’amministrazione apicale dello Stato venisse asservita agli interessi di parte di un soggetto come la Siae.
Ma non basta. C’è un altro passaggio del Decreto firmato da Franceschini e in attesa di pubblicazione che getta sconforto in chiunque creda che la macchina dello Stato dovrebbe operare nell’interesse di tutti e secondo principi di obiettività e ragionevolezza.
Vale la pena riportare letteralmente uno stralcio del Decreto: “CONSIDERATO che la discrezionalità tecnica demandata dalla norma primaria all’amministrazione, nell’esercizio della funzione di aggiornamento triennale del compenso… si connota di elementi di equità integrativa come evidenziato dalla fonte comunitaria… che usa la locuzione ‘equo compenso’ e RITENUTO, pertanto, che l’aggiornamento non debba corrispondere in modo vincolato a un criterio puramente ricognitivo di dati aritmetici in ordine all’evoluzione tecnica, all’ingresso sul mercato e nell’uso comune di nuovi dispositivi, agli spostamenti delle abitudini di impiego e/o alla capacità di memoria degli apparecchi e dei supporti… ma debba tenere conto delle informazioni e dei dati acquisiti, nonché dei diversi punti di vista e delle proposte delle categorie interessate, al fine di definire un punto di equilibrio tra le opposte esigenze, di assicurare da un lato, la giusta remunerazione dell’attività creativa e artistica degli autori e degli interpreti ed esecutori, nonché dei produttori… e dall’altro un’incidenza proporzionata e ragionevole del meccanismo di prelievo alla fonte… tale da non colpire in modo eccessivo i settori produttivi interessati dal prelievo medesimo”.
Un modo come un altro per dire che le decisioni del Ministro in termini di aumenti tariffari – almeno secondo il Ministro – non dovrebbero necessariamente avere solide basi obiettive, matematiche o statistiche.
Per capire l’importanza e, a un tempo, la gravità del passaggio contenuto nel Decreto, bisogna tornare indietro con la memoria di qualche mese a quando, l’ex Ministro dei Beni e delle attività culturali Massimo Bray – che, evidentemente, la pensava diversamente – commissionò una ricerca di mercato che accertò come gli italiani fanno sempre meno “copie private” e, comunque, è raro che usino per farne tablet e smartphone.
Quella inserita dal Ministero nel decreto è dunque una giustificazione non richiesta –e per la verità anche poco condivisibile – che suggerisce di ricordare il vecchio proverbio latino secondo il quale:excusatio non petita, accusatio manifesta ovvero se non hai niente di cui giustificarti, non scusarti.