domenica 26 novembre 2017

Vietnam. - Rosanna Spadini

 

Secondo John Pilger, uno dei più attesi eventi tv della rete PBS riguarda la guerra del Vietnam, ed è un lungo documentario della durata di 18 ore, realizzato dai registi Ken Burns e Lynn Novick, che hanno raccontato «la storia epica della guerra del Vietnam, come non è mai stata raccontata prima». L’intento è chiaro fin dall’inizio, dove il narratore dice che la guerra «è stata iniziata in buona fede da persone oneste per gravi equivoci, eccessiva sicurezza americana e fraintendimenti dovuti alla guerra fredda».

Daniel Ellsberg

Nulla naturalmente sulla fabbricazione delle «false flag», che hanno portato all’invasione del Vietnam, come l’incidente del Golfo del Tonkino del 1964, che Burns promuove come vero. Le menzogne ​​contengono una moltitudine di documenti ufficiali, in particolare i Pentagon Papers, che il grande informatore Daniel Ellsberg pubblicò nel 1971.
Documenti top-secret di 7000 pagine del Dipartimento della difesa americano che presentano uno studio approfondito sulle strategie e i rapporti del governo degli Stati Uniti con il Vietnam nel periodo che va dal 1945 al 1967. Furono raccolti nel 1967, per volere di Robert McNamara, che voleva darli all’amico Robert Kennedy, che in quel momento pensava di candidarsi alla presidenza.
Pentagon Papers rivelarono che il governo degli Stati Uniti aveva esteso il proprio ruolo nel conflitto con bombardamenti e raid aerei nel Laos, in Cambogia e in Vietnam del Nord e aveva intrapreso delle azioni di guerra prima che gli americani ne fossero informati.
Probabilmente i due registi Burns e Novick hanno la memoria corta, e non ricordano il documentario di Michael Maclear «Spooks and Cowboys, Gooks and Grunts» (1975)più rilevante che mai. Validissimo ancora oggi, perché veritiero, espone le ambiguità soppresse e vergognose che hanno portato alla guerra del Vietnam, e che ne avevano minato il percorso successivo. Il documentario di Maclear è in netto contrasto con quello di Ken Burns,  che non è altro che puro revisionismo storico, perché racconta la cruda e tragica verità dei fatti. (Michael Maclear e Douglas Valentine)
Mentre Burns infatti evita di collegare i conflitti della guerra del Vietnam con l’esperimento in corso del turbo finanzcapitalismo americano, il documentario di Maclear è diretto nel dichiarare che la CIA ha corrotto non solo i sistemi politici e giudiziari militari, ma ha anche diramato i suoi tentacoli su tutto il sistema americano, e attraverso il suo controllo sui media, riesce a creare la versione ufficiale della storia, lasciando in perfetto subordine tutto ciò che non gli serve per consolidare il proprio potere. Winston Smith non poteva fare meglio al Ministero della Verità.

Spooks and Cowboys, Gooks and Grunts Part 1 (1975)
Mentre Burns falsifica la guerra mostrandola come una tragedia provocata da «uomini decenti con buone intenzioni», Maclear offre una prova incontestabile delle motivazioni, dicendo che si trattava di una guerra di aggressione imperiale nel conseguimento della controrivoluzione.
Maclear poi arriva al cuore della materia concentrandosi sul programma «Phoenix» della CIA, cui  Burns dedica solo due minuti. Attraverso interviste con Bart Osborn e Jeff Stein, entrambi veterani di Phoenix, Maclear lo definisce un programma per portare a termine l’omicidio di massa e il genocidio progettato.
Mentre Burns celebra i veterani di combattimento come gloriosi eroi dell’epopea americana, Maclear mostra come i dirigenti di guerra indottrinarono le truppe attraverso ipocrite menzogne, per scatenarle contro civili  innocenti. E aggiunge che nel 1968 la CIA sapeva che le forze militari americane non avrebbero potuto vincere la sensibilità patriottica del popolo vietnamita, per cui si era attrezzata per eliminare i membri dell’infrastruttura civile della rivoluzione, attraverso la tortura e il terrore.
Phoenix infatti, come Maclear ha reso chiaro 42 anni fa, è diventato il modello per il consolidamento del potere americano, e le squadre SWAT (Special Weapons And Tactics) hanno rappresentato il braccio armato dell’impero globalizzato, per  controllare le rivendicazioni dei movimenti sociali e  soffocarne le istanze di ribellione al sistema.
Bart Osborn  insieme a molti altri veterani, testimoniarono poi al Congresso sul programma Phoenix, e sulla base della loro testimonianza, nel 1971 quattro congressisti dichiararono che Phoenix aveva praticato crimini di guerra e violato le Convenzioni di Ginevra.
Nel 1973, Osborn, insieme ai veterani Air Force Perry Fellwock e Tim Butz , ha costituito il Comitato per la Ricerca d’Azione sulla Comunità di Intelligence (CARIC) in risposta alle rivelazioni sul ruolo della CIA durante il Watergate.
Allo stesso tempo nel 1973, Norman Mailer e molti suoi colleghi crearono «The Fifth Estate» per contrastare l’intervento segreto della CIA negli affari politici e sociali interni dell’America. Nel gennaio 1974, CARIC e «The Fifth Estate» si unirono per creare un comitato. Il piano era quello di organizzare gruppi sul campus e nelle comunità per indagare e scrivere sulla CIA.  «CounterSpy» fu la loro unica pubblicazione.
Prima che le forze di sicurezza, insieme alla complicità dei media sovvertissero CARIC, l’organizzazione riuscì a lavorare con la British Corporation e con Granada Television, per produrre un documentario sui prigionieri politici in Vietnam.
Titolato anche «Una questione di tortura», fu poi  soppresso, ma vale la pena considerarlo come un antidoto al film di Burns, così come alla propaganda filmografica sulla guerra del Vietnam, durata per 40 anni.
I film sulla guerra del Vietnam costituiscono un nutrito filone cinematografico, finanziato da importanti studi cinematografici di Hollywood, e ha rappresentato un’efficace propaganda ideologica, attraverso la divulgazione dell’epopea americana, vittima di una guerra interminabile, per colpa dei pericolosi vietcong, che duri a morire, hanno difeso strenuamente la loro patria.
La ferita rimasta aperta per anni nel cuore del patriottismo americano, la disfatta in sud-est asiatico,  ha rappresentato per anni l’occasione per Hollywood di portare al cinema l’assurdità di tale conflitto e della guerra in generale. Ma i film sul Vietnam sono sempre e solo di un tipo: quello di celebrare comunque la sacralità dell’eroismo americano, anche attraverso la critica verso la violenza della guerra.
«Taxi Driver» per esempio, è un capolavoro ruvido e introverso, espressione delle memorie dal sottosuolo metropolitano di Martin Scorsese. Il realismo della pellicola interpreta perfettamente la brutalità sorda e la disperazione borderline della vicenda.  «Era la metà degli anni ’70 e a New York andava tutto a rotoli – ha raccontato Scorsese -. Il governatore ci aveva mandato al diavolo, disse che non ci avrebbe aiutato. Nello script c’era scritto che Bob doveva andare su e giù per l’ottava, tra la 42esima e la 57esima. Era perfetto! Era la zona in cui si riprendeva di più il senso di violenza in città. Anche se faceva parte del mio background a New York, l’aria di violenza in quella zona d’estate, di notte, era palpabile. Si percepiva chiaramente e a volte era molto pesante».
Ma Travis Bickle resta un eroe e una vittima, lui che lavora a tarda notte nei quartieri più squallidi di New York, dove i clienti sono perlopiù prostitute, tossicodipendenti e ladri. Travis è comunque visibilmente disgustato e sempre più disadattato,  via via che si inoltra nel ventre oscuro della città. Questo disgusto lo porterà ad odiare i delinquenti e le prostitute che si aggirano per le strade notturne di New York e a compatire le loro vittime, fino a pensare di uccidere un senatore.
Insomma una ribellione sorda e disperata al sistema.
Apocalypse now, nato dalla fervida genialità di  F.F Coppola e John Milius, segue la parabola discendente nel caos, diventando più che un film sulla «follia della guerra», un «film folle sulla guerra», dove follia significa esaltazione artistica dell’«orrore della guerra».
Il personaggio-icona del film, l’esaltato colonnello Kilgore (Robert Duvall), così apparentemente sopra le righe, in realtà è un eroe americano che fa il suo mestiere, cerca di tenere in piedi il suo sistema di valori contro ogni circostanza. Così come i generali ottocenteschi giocavano a scacchi mentre i mortai fischiavano nei paraggi, Kilgore pensa a fare surf, mentre il napalm si gonfia e divora la giungla dietro di lui. La guerra è sempre stata un lavoro, insomma, e nei lavori ci si abitua a tutto.
John Milius sulla faccenda di Kilgore, del surf, e in generale sullo spirito dei ragazzi rappresentati in Apocalypse Now dice in un’intervista: «La guerra del Vietnam è stata una guerra californiana. Era sì uno scontro tra culture, tra gli USA e questa terra asiatica lontana, ma ancora di più precisamente era uno scontro tra la cultura californiana e la cultura asiatica. C’era musica della California e simboli degli Hell’s Angels sugli elicotteri mitragliatori, è stata una guerra caratterizzata dalla cultura californiana».
Kilgore insomma è un totem vivente della cultura statunitense che si va a contrapporre a quella di Charlie. Kilgore è la normalità di casa trapiantata in Vietnam: appare folle per contrasto ma è assolutamente lineare come linea di condotta. «Voglio dire, che c’è di strano? Ha perfettamente senso fare surf in Vietnam! Nell’esercito si fa sempre sport in guerra, viene anzi incoraggiata la sportività tra i militari nel tempo libero. In Vietnam c’è un oceano, ci sono onde, puoi fare surf. Ha più senso fare quello che giocare a football!» (John Milius).
Infine «Il cacciatore» è un film sulla guerra del Vietnam, ma anche sull’amicizia, sulla comunità, sulla rielaborazione di un lutto dell’intera nazione americana. Cimino sceglie di seguire la vita di un gruppo di giovani operai di un’acciaieria in Pennsylvania. Il film è anche un romanzo di formazione in cui i protagonisti sono proletari e provinciali, dove la guerra del Vietnam è la prima occasione di uscire dal perimetro della comunità.
Sono passati solo tre anni dalla caduta di Saigon e dalla fine della guerra e il cinema statunitense inizia a parlarne in modo critico e coraggioso. Ma i protagonisti restano ancora  i veri eroi dell’epopea americana, vittime straziate dalla guerra e dalla malvagità del furore vietcong.
Il «colpo solo» della caccia al cervo di Mike, si muta ben presto nel «colpo solo» della pistola puntata alla tempia della roulette russa. Infatti il regista ha affermato in più interviste che la lunga scena della tortura nella capanna-prigione lungo il fiume, compiuta dai vietcong che costringono i prigionieri al gioco mortale, non è altro che la sintesi di quello che fu la guerra del Vietnam.
Nulla sui crimini di guerra prodotti dalla politica imperialistica degli Stati Uniti.

Spooks and Cowboys, Gooks and Grunts Part 2
Nulla sul Phoenix Program (parola collegata a Fenghuang, la fenice cinese), un programma progettato, coordinato ed eseguito dalla CIA, da forze speciali statunitensi, forze speciali operative provenienti dall’Australian Army Training Team Vietnam (AATTV), e dai servizi di sicurezza della Repubblica del Vietnam (Vietnam del Sud).
Il programma si prefiggeva di identificare e «neutralizzare» (attraverso infiltrazione, cattura, terrorismo, tortura ed assassinio) l’infrastruttura del Fronte Nazionale di Liberazione del Vietnam del Sud (NLF o Viet Cong). La CIA lo descrisse come «un insieme di programmi che cercavano di attaccare e distruggere l’infrastruttura politica del Viet Cong».
Le due componenti principali del programma erano le Provincial Reconnaissance Units (PRUs) e i centri regionali di interrogatorio. Le PRUs dovevano uccidere o catturare i sospetti membri del NLF, ed anche i civili che si pensava conoscessero le attività del NLF. Molte di queste persone furono condotte nei centri d’interrogatorio e spesso torturate allo scopo di ottenere informazioni sulle attività vietcong nell’area. Le informazioni estorte nei centri venivano passate ai comandanti militari, che le avrebbero usate per affidare alle PRUs ulteriori missioni di cattura ed assassinio.
Il programma fu attivo tra il 1965 ed il 1972, e simili iniziative si registrarono prima e dopo tale periodo. Gli uomini del Phoenix «neutralizzarono» circa 81 700 sospetti agenti, informatori o simpatizzanti NLF, di cui perse la vita un numero compreso tra 26000 e 41000. 

sabato 25 novembre 2017

Tribù indigene (mai contattate) continuano ad essere massacrate in Amazzonia. - Lewis Evans



Dieci indigeni, tra cui donne e bambini, sono stati uccisi nella regione della Valle di Javari in Amazzonia nel settembre di quest’anno, secondo alcune fonti. I loro corpi sarebbero stati mutilati e scaricati in un fiume. Si pensa che l’assalto sia opera dei cercatori d’oro, due dei quali sono stati successivamente sentiti mentre se ne vantavano in un bar del posto.
Questa non è la storia di qualche conquistadores o di qualche cercatore di caucciù dell’era coloniale. Questo fatto è accaduto nel 2017 – solo poche settimane fa – nell’odierna Repubblica del Brasile. Nonostante tutti gli apparenti ‘progressi’ compiuti dall’umanità negli ultimi secoli, intere popolazioni di popoli indigeni vengono ancora sistematicamente annientate da chi invade le terre e dai coloni.
Estremamente vulnerabili
Al di là dei circoli per i diritti degli indigeni, molte persone sono ancora stupite che possano esistere tribù mai contattate. L’ipotesi più diffusa è che quell’epoca sia finita: oggi il mondo intero è stato colonizzato e proiettato nel mainstream industrializzato.
Ma, come rivelano le straordinarie foto aeree pubblicate da Survival International nel 2008 e nel 2011, semplicemente non è così. Ci sono persone, in Amazzonia come altrove, che scelgono di rifiutare il contatto col mainstream.
Non si tratta di reliquie primitive o arretrate di un passato remoto. Sono nostri contemporanei e una parte di vitale importanza per la diversità umana.
Le tribù mai contattate vivono forme di vita autosufficienti e diversificate, cacciano, si nutrono, coltivano cibo negli orti e si aggrappano alla loro lingua, mitologia e prospettiva del mondo. Hanno tutto il diritto di continuare a farlo, e noi del mondo esterno abbiamo una grande responsabilità nel garantire che possano.
Certo, non tutti condividono questo punto di vista. Ci sono sempre state persone disposte a contattare le tribù isolate con la forza. Che si tratti di missionari evangelici determinati ad imporre la propria teologia o di opportunisti che cercano un modo di far soldi, c’è una lunga e sanguinosa storia di violenza genocida contro i popoli tribali.
Le tribù mai contattate sono estremamente vulnerabili non solo alla violenza dei forestieri che vogliono rubare le loro terre e le loro risorse, ma anche alle malattie come l’influenza e il morbillo, alle quali non hanno resistenza. Questo rende le tribù mai contattate le popolazioni più vulnerabili del pianeta.
Lobby dell’agribusiness
Popoli recentemente contattati ancora soffrono di malattie infettive che possono spazzare via intere popolazioni. Gli Ayoreo in Paraguay stanno ancora combattendo una misteriosa malattia simil-tubercolosi che fu introdotta dai ranchers negli anni ‘90.
Per quanto scioccante possa essere, la violenza che presumibilmente è stata inflitta agli Indios lo scorso mese non è senza precedenti. E probabilmente neanche così rara.
Survival mette in guardia da anni a proposito di “genocidi nascosti” che hanno luogo nella profonda Amazzonia. Le prove emergono spesso molto tempo dopo. Almeno in questa occasione, siamo stati in grado di vedere chiaramente l’orrore che affrontano molti popoli non contattati e il destino che molte altre tribù potrebbero affrontare senza una rigida protezione delle loro terre.
Tutte le tribù mai contattate devono affrontare la catastrofe, a meno che la loro terra non venga protetta. Senza questa sicurezza, molti rischiano di fare la fine degli Akuntsu, una piccola tribù amazzonica adesso ridotta solo a 4 membri dopo la brutale violenza inflittagli dagli allevatori nel 1980.
In modo assolutamente sconcertante, l’attuale governo è riluttante ad assicurare tale protezione. Il Presidente Michel Temer e la sua amministrazione sono strettamente legati alla potente lobby dell’agribusiness – i grandi proprietari terrieri che guidano l’industria agricola del Paese. Il Governo ha inoltre operato importanti tagli alla FUNAI, l’agenzia governativa responsabile della protezione delle terre indigene.
Foreste inoltrate
I politici brasiliani non hanno fatto abbastanza per prevenire i massacri come quello del mese scorso. Per quanto li riguarda, sembra, i popoli indigeni e il loro diritto alla terra sono, nel migliore dei casi, un fastidio e nel peggiore dei casi un ostacolo al profitto che deve essere rimosso con la forza.
Questo è contrario sia alla Costituzione del Brasile sia al diritto internazionale. Ed è anche fondamentalmente immorale – permettere il genocidio di intere popolazioni e il disboscamento dell’Amazzonia per l’arricchimento di pochi.
Ma c’è qualche speranza. Quando il diritto alla terra delle tribù mai contattate viene rispettato, queste continuano a prosperare. Sappiamo che ci sono più di un centinaio di tribù del genere nel mondo, per esempio, e vista la raffica di attenzioni che hanno ricevuto negli ultimi nove anni sta emergendo un movimento globale che ne domanda il diritto alla terra.
Unendo organizzazioni indigene, attivisti per i diritti umani e ambientalisti, attori di spicco come Gillian Anderson e Sir Mark Rylance, e membri attivi di tutto il mondo, sempre più persone alzano la voce e spingono i Governi ad agire nei confronti di queste tribù mai contattate.
E la pressione ha funzionato. Nell’Aprile 2016 è stata fatta pressione al Ministro della Giustizia brasiliano affinché firmasse un decreto che delimiti la terra della tribù Kawahiva – estremamente vulnerabile – che vive in fuga nelle foreste inoltrate dello stato del Matto Grosso.
Società contemporanee
E’ nell’interesse di tutti noi prevenire l’annichilimento delle tribù mai contattate. Il loro sapere è insostituibile e si è sviluppato nel corso di migliaia di anni. Sono i migliori guardiani del loro ambiente, e le evidenze dimostrano che i territori tribali sono la miglior barriera alla deforestazione.
Survival International sta facendo tutto il possibile per assicurare la terra delle tribù mai contattate e per dar loro la possibilità di determinare il proprio futuro. E’ una lotta che conduciamo dal 1969.
Tragedie come quella riferita, che hanno avuto luogo in Amazzonia sono certamente demoralizzanti, ed è sconvolgente dover sentir parlare di incidenti che non siamo stati in grado di prevenire. Ma non ci arrenderemo mai finché non avremo un mondo in cui i popoli tribali siano rispettati al pari delle altre società contemporanee e i loro diritti umani vengano protetti. 
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di GEA CAVOLI

Tutto deve andare. - George Monbiot

George Monbiot
La crescita economica distruggerà tutto. Non c'è modo di renderlo più verde - abbiamo bisogno di un nuovo sistema.
Di George Monbiot, pubblicato sul Guardian il 22 ° Novembre 2017. 
Tutti vogliono tutto - come funziona? La promessa della crescita economica è che i poveri possano vivere come i ricchi e che i ricchi possano vivere come gli oligarchi. Ma già stiamo attraversando i limiti fisici del pianeta che ci sostiene. Rottura del clima, perdita di suolo, crollo di habitat e specie, mare di plastica, insetticida : tutto è guidato dall'aumento del consumo. La promessa del lusso privato per tutti non può essere soddisfatta: né lo spazio fisico né quello ecologico esistono.
Ma la crescita deve continuare: questo è ovunque l'imperativo politico. E dobbiamo adeguare i nostri gusti di conseguenza. Nel nome dell'autonomia e della scelta, il marketing utilizza le ultime scoperte delle neuroscienze per abbattere le nostre difese. Coloro che cercano di resistere devono, come i Simple Lifers in Brave New World , essere messi a tacere - in questo caso dai media. Con ogni generazione, la linea di base dei consumi normalizzati si sposta. Trenta anni fa, era ridicolo comprare l'acqua in bottiglia, dove l'acqua del rubinetto è pulita e abbondante. Oggi, in tutto il mondo, usiamo un milione di bottiglie di plastica al minuto .
Ogni venerdì è un Black Friday, ogni Natale è un festival più sfarzoso di distruzione . Tra le saune sulla neve , i refrigeratori portatili per l'anguria e gli smart phone per cani con cui siamo sollecitati a riempire le nostre vite, il mio premio #extremecivilisation ora va al PancakeBot : una stampante per pastella 3-D che ti permette di mangiare la Mona Lisa o il Taj Mahal o il sedere del tuo cane ogni mattina. In pratica, intaserà la tua cucina per una settimana finché non decidi di non averne spazio. Per spazzatura come questa stiamo distruggendo il pianeta vivente e le nostre prospettive di sopravvivenza. Tutto deve andare.
La promessa ancillare è che, attraverso il consumismo verde, possiamo riconciliare la crescita perpetua con la sopravvivenza planetaria. Ma una serie di documenti di ricerca rivelano che non vi è alcuna differenza significativa tra l'impronta ecologica delle persone che si preoccupano dei loro impatti e delle persone che non lo fanno. Un articolo recente , pubblicato sulla rivista Ambiente e comportamento , rileva che coloro che si identificano come consumatori consapevoli utilizzano più energia e carbonio di quelli che non lo fanno.
Perché? Perché, la consapevolezza ambientale tende ad essere più alta tra le persone benestanti. Non sono gli atteggiamenti a governare i nostri impatti sul pianeta, ma le entrate. Più siamo ricchi, più grande è la nostra impronta, indipendentemente dalle nostre buone intenzioni. Coloro che si considerano consumatori verdi, ha scoperto il documento, "si concentrano principalmente su comportamenti che hanno vantaggi relativamente piccoli".
Conosco persone che riciclano meticolosamente, salvano i loro sacchetti di plastica, misurano attentamente l'acqua nei loro bollitori, poi prendono le loro vacanze nei Caraibi, annullando il loro risparmio ambientale 100 volte. Sono arrivato a credere che il riciclaggio autorizzi i loro voli a lungo raggio. Convince le persone che sono diventate verdi, consentendo loro di ignorare i loro maggiori impatti.
Niente di tutto ciò significa che non dovremmo cercare di ridurre i nostri impatti, ma dovremmo essere consapevoli dei limiti dell'esercizio. Il nostro comportamento all'interno del sistema non può modificare i risultati del sistema. È il sistema che deve cambiare.
La ricerca di Oxfam suggerisce che l'1% più ricco del mondo (se la tua famiglia ha un reddito di 70.000 sterline o più, questo significa che tu produci circa 175 volte più carbonio del 10% più povero. Come possiamo, in un mondo in cui tutti dovrebbero aspirare a redditi alti, possiamo evitare di trasformare la Terra, da cui dipende tutta la prosperità, in una sfera di polvere?
Dissociando, gli economisti ci dicono: staccare la crescita economica dal nostro uso dei materiali. Quindi, come sta andando? Un documento della rivista PlosOne rileva che, mentre in alcuni paesi si è verificato un disaccoppiamento relativo, "nessun paese ha raggiunto il disaccoppiamento assoluto negli ultimi 50 anni". Ciò significa che la quantità di materiali ed energia associati a ciascun incremento del PIL potrebbe diminuire ma, poiché la crescita supera l'efficienza, l'uso totale delle risorse continua a crescere. Ancora più importante, il documento rivela che, a lungo termine, il disaccoppiamento sia assoluto che relativo dall'uso delle risorse essenziali è impossibile, a causa dei limiti fisici dell'efficienza.
Un tasso di crescita globale del 3% significa che le dimensioni dell'economia mondiale raddoppieranno ogni 24 anni . Questo è il motivo per cui le crisi ambientali stanno accelerando a tale velocità. Eppure il piano è quello di garantire che raddoppia e raddoppia di nuovo, e continua a raddoppiare in perpetuo. Nel cercare di difendere il mondo vivente dal vortice della distruzione, potremmo credere che stiamo combattendo corporazioni e governi e la follia generale dell'umanità. Ma sono tutti proclamatori del vero problema: la crescita perpetua su un pianeta che non cresce.
Coloro che giustificano questo sistema insistono sul fatto che la crescita economica è essenziale per alleviare la povertà. Ma un documento del World Economic Review rileva che il 60% più povero della popolazione mondiale riceve solo il 5% del reddito aggiuntivo generato dall'aumento del PIL. 
Di conseguenza, sono richiesti $ 111 di crescita per ogni $ 1 di riduzione della povertà. Questo è il motivo per cui, secondo le tendenze attuali, ci vorrebbero 200 anni per garantire che tutti ricevano $ 5 al giorno. A questo punto, il reddito medio pro capite avrà raggiunto $ 1 anno, e l'economia sarà 175 volte più grande di oggi. Questa non è una formula per alleviare la povertà. È una formula per la distruzione di tutto e tutti.
Quando senti che qualcosa ha un senso economico, questo significa che fa il contrario del buon senso. Quegli uomini e donne sensati che gestiscono i tesori mondiali e le banche centrali, che vedono un indefinito aumento del consumo come normale e necessario, sono onesti, distruggendo le meraviglie del mondo vivente, distruggendo la prosperità delle generazioni future per sostenere una serie di figure che hanno sempre meno relazione con il benessere generale.
Consumismo verde, disaccoppiamento materiale, crescita sostenibile: tutte sono illusioni, progettate per giustificare un modello economico che ci sta portando alla catastrofe. L'attuale sistema, basato sul lusso privato e lo squallore pubblico, ci farà immiserire tutti: sotto questo modello, lusso e privazione sono una bestia a due teste.
Abbiamo bisogno di un sistema diverso, radicato non nelle astrazioni economiche ma nelle realtà fisiche, che stabiliscono i parametri con cui giudichiamo la sua salute. Abbiamo bisogno di costruire un mondo in cui la crescita non sia necessaria, un mondo di sufficienza privata e lusso pubblico . E dobbiamo farlo prima che la catastrofe costringa la nostra mano.
Tradotto con google.

venerdì 24 novembre 2017

Città sommerse nel mondo.

Cuba la città sommersa.
Atlit Yam, Israele.
Risultati immagini per Atlit Yam, Israele.
Lion City of Qiandao Lake, Cina.

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Risultati immagini per Lion City of Qiandao Lake, Cina.
Dwarka, Golfo di Khambhat, India.
Città sommersa di Dwarka, Golfo di Cambay, India
Il Palazzo di Cleopatra, Alessandria, Egitto.
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Port Royal, Giamaica.
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Risultati immagini per Port Royal, Giamaica.
Piramidi a Yonaguni Jima, Giappone.
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Parco sommerso di Baia, Napoli, Italia. 
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Heracleion – Thonis, Alessandria, Egitto.
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heracleion (12)
Pavlopetri, Grecia meridionale. 
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Risultati immagini per cuba, la città sommersa
Il tempio del Lago Titicaca, Perù/Bolivia.
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Risultati immagini per Il tempio sommerso nel Lago Titicaca, Perù/Bolivia.

NELLE MONTAGNE DI BAIAN-KARA-ULA, UNA INCREDIBILE SCOPERTA ARCHEOLOGICA.

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Grotte di Baian-Kara-Ula, tra la Cina e il Tibet.

TRA IL 1937 E IL 1938, UNA SPEDIZIONE ARCHEOLOGICA PERCORRENDO GLI IMPERVI SENTIERI DELLE MONTAGNE DI BAIAN-KARA-ULA, SUL CONFINE TRA CINA E TIBET, SCOPRÌ UNA SERIE DI SEPOLTURE “MOLTO PARTICOLARI” SITUATE ALL’INTERNO DI GROTTE SCOLPITE NELLA ROCCIA. SI TRATTA DI UNA DELLE PIÙ IMPORTANTI SCOPERTE ARCHEOLOGICHE DEL NOVECENTO, E HA PER OGGETTO MANUFATTI E SCHELETRI “PRESUMIBILMENTE ALIENI”.

Chi Pu Tei, il professore di archeologia dell’università di Pechino, che diresse la spedizione archeologica, in una sua relazione affermò che queste aperture nella roccia sembravano scavate artificialmente, apparendo simili a un complesso sistema di gallerie e magazzini sotterranei. Le pareti, squadrate e vetrificate, sembravano scolpite nella montagna stessa, grazie ad una potentissima fonte di calore. 
All’interno delle grotte furono trovate sepolture all’apparenza molto antiche, disposte in modo ordinato, con i resti scheletrici di esseri umani dallo “strano” aspetto.Gli scheletri, che misuravano poco più di un metro e trenta centimetri di altezza, avevano un aspetto fragile ed esile ed un teschio con un’ampia volta cranica, sproporzionata rispetto al resto del corpo. 
A che tipo di esseri umani potevano essere appartenuti quegli scheletri? Erano davvero esseri umani? Durante altre ricerche più approfondite, sulle pareti scolpite, furono trovati dei pittogrammi rappresentanti degli astri celesti. Vi erano raffigurati la terra, il sole, la luna, oltre a diversi sistemi stellari, tutti collegati tra loro da una serie di puntini che formavano delle linee. Era ovvio che quelle immagini dovessero appartenere ad una specie di mappa creata da esseri intelligenti. In seguito, il gruppo di ricerca del professor Chi Pu Tei compì quella che fu definita da loro stessi: “La più incredibile scoperta che abbiamo fatto”. 
Semisepolti nel pavimento pieno di detriti delle varie grotte, furono ritrovati degli oggetti dall’aspetto insolito, originariamente definiti “strani dischi di pietra” e descritti come “evidentemente plasmati dalla mano di una creatura intelligente”. Questi oggetti misuravano circa nove pollici di diametro e tre quarti di pollice di spessore. Nel centro esatto si apriva un buco perfettamente rotondo di 3/4 di pollice, e inciso sulla superficie c’era un solco sottile a spirale, che dal centro andava verso il bordo, rendendo l’aspetto degli oggetti somigliante a una specie di “disco per i fonografi.” Uno dei dischi conservati meglio, è stato datato tra il 10.000 e il 12.000 a.C., perciò di gran lunga più vecchio di ogni possibile datazione delle piramidi egizie. In totale vennero trovate ben 716 lastre circolari, ciascuna delle quali sembrava nascondere un proprio mistero. 

  
 
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Immangini di alcuni dei dischi ritrovati.

Le scanalature, inoltre, a un esame più approfondito non risultarono essere semplici solchi, ma parevano contenere una strana scrittura sconosciuta. Poco dopo la seconda guerra mondiale, un professore polacco di nome Lolladoff mostrò uno di questi “dischi di pietra” allo scienziato britannico Karyl Robin-Evans, il quale contribuì a far conoscere la storia di questi manufatti al mondo occidentale. Lolladoff affermò di aver acquistato il disco presso Mussorie nel nord dell’India, e che esso apparteneva a un popolo misterioso, chiamato “Dzopas” (o “Dropas”) che lo aveva adoperato in passato per officiare dei riti. 
Robin-Evans, incuriosito seguì il percorso della storia dei Dropas fino alle loro origini, e fu in grado di reperire, nel 1947, una rara fotografia rappresentante due capi Dropas e altre informazioni direttamente dal Dalai Lama di allora. In seguito, durante i 20 anni successivi, molti esperti cercarono di tradurre i geroglifici contenuti in uno degli oggetti a forma di disco, che giaceva in un museo a Pechino, ma i loro sforzi non furono mai coronati dal successo. 
Solo il professore Tsum Um Nui fu in grado di decifrarli e svelarne i segreti, ma le sue conclusioni sul significato di quei segni e le possibili implicazioni di tale scoperta, furono così sconvolgenti che vennero ufficialmente soppresse. 

Il disco di pietra, racconterebbe una storia incredibile, riguardante una “sonda spaziale” proveniente da un altro pianeta, la quale venne a schiantarsi sulla catena montuosa di Bayan-Kara-Ula. La strana linea di scrittura a spirale scolpita sui dischi, narrerebbe poi come le intenzioni pacifiche degli alieni vennero fraintese dagli abitanti della zona, i membri della tribù Ham (che vivevano in grotte situate nelle vicinanze), e come alcuni di quegli esseri finirono di conseguenza uccisi. 

Ecco un pezzo della traduzione del professor Nui: “I Dropas scesero dalle nuvole con le loro aeromobili. Gli uomini, le donne e i bambini dei popoli vicini (Ham) si nascosero nelle grotte dieci volte prima dell’alba. Quando finalmente capirono la lingua dei segni dei Dropas, si resero conto che i nuovi avevano intenzioni pacifiche …”. In un’altra parte della linea di segni a spirale, vi sarebbe espresso il “rammarico” della tribù Ham per come l’astronave degli alieni “si fosse schiantata in una zona di montagne remote e inaccessibili” e di come non vi fu modo di costruirne una nuova, per consentire ai Dropas di ritornare verso il proprio pianeta.
Durante gli anni successivi alla scoperta dei primi dischi di pietra, archeologi e antropologi appresero man mano maggiori informazioni sulla zona di Bayan-Kara-Ula. Molto di ciò che scoprirono sembrava confermare le storie bizzarre narrate da quel primo disco dal professor Nui. Certe leggende della zona, inoltre, parlano di “uomini di piccole dimensioni, magri, gialli, che vennero dalle stelle tanto tempo fa”. Gli uomini avevano grandi teste gonfie e il corpo gracile, e un aspetto brutto e ripugnante. Per coincidenza, la descrizione di questi “invasori” corrispondeva con gli scheletri originariamente rinvenuti nelle grotte dal professor Chi Pu Tei.
In quanto ai dischi, ne vennero raccolti in totale ben 716, la cui età è stata stimata in 12.000 anni. Essi, proprio come i nostri vecchi dischi di vinile, presentano un foro centrale e delle scanalature irregolari a spirale, che dal centro vanno verso il bordo, e formano quella scrittura antica che il professor Tsum Um Nui assicura di aver decifrato. Diversi archeologi russi, che hanno esaminato alcuni di questi dischi in un laboratorio di Mosca, affermano di aver fatto due importanti scoperte: la prima è che i dischi contengono tracce di metalli, in particolare di cobalto. La seconda è che quando si ponevano su un piatto rotante, come quello di un giradischi, ronzavano con un ritmo insolito, ed era come se una carica elettrica li attraversasse! Il filologo russo Viatcheslav Zaitsev – il quale ha trascorso trent’anni a raccogliere prove, sul fatto che esseri intelligenti provenienti dallo spazio abbiano avuto contatti con i popoli della Terra – ritiene che i dischi confermino alcune antiche leggende cinesi, che parlano di “uomini di piccole dimensioni, magri, dal viso giallo, che scesero dalle nuvole molti secoli fa…” Inoltre, i disegni sulle pareti di una delle grotte in cui vennero ritrovati gli scheletri e i dischi, ritraevano, oltre i già citati astri interconnessi da puntini che formavano linee, anche delle figure umanoidi che sembravano indossare dei caschi. I puntini di interconnessione tra i pianeti e le stelle potrebbero ritrarre le rotte spaziali percorse dagli stessi esseri ritrovati nelle caverne-tombe, e dai loro antenati, mostrando così da dove provenissero. 
Nel 1968, Zaitsev pubblicò un documento che sollevò molto interesse, riguardante visite di extraterrestri sul nostro pianeta avvenute in un lontano passato, Alcune delle informazioni presentate nel suo saggio, si basano proprio sulle indagini svolte dal professor Tsum Um Nui nel 1962. In seguito, nel 1974 – dopo un periodo in cui la questione dei dischi di pietra sembrava svanita nel nulla – un ingegnere austriaco di nome Ernst Wegener si interessò a due dischi che si trovavano nel Museo Banpo a Xi’an. Il direttore del museo permise a Wegener di fotografare i dischi, che cominciavano a deteriorarsi, con la Polaroid che egli aveva con sé. E di fatto le foto che scattò, sono quelle che circolano ancora oggi, e forse le uniche esistenti. 
Infine, nel 1994, quando il ricercatore tedesco Hartwig Hausdorf che stava studiando le piramidi presenti sul territorio cinese, domandò dei dischi all’attuale direttore del Museo Banpo, gli fu risposto che di essi non c’era più traccia! Se tutta questa storia è vera, non lo sappiamo, poiché non si hanno ancora prove né in un senso né nell’altro. Ci si domanda, ad esempio, che fine abbiano fatto questi dischi di pietra? o quale sia stata la sorte del prof. Tsum Um Nui, la cui relazione di ricerca sui dischi deve essere stata ritenuta di estrema importanza dalle autorità cinesi, relazione che parlava del naufragio di un equipaggio alieno sulla Terra risalente a 12.000 anni fa. Ma se un atterraggio di emergenza nelle montagne di Baian- Kara-Ula è realmente avvenuto, dove si trovano allora i resti della navicella? Un’astronave in grado di attraversare e sopportare le sollecitazioni di un viaggio interstellare, non dovrebbe essersi ridotta in polvere. La navicella potrebbe quindi trovarsi ancora sepolta sotto la patina dei millenni, nelle impenetrabili foreste tra Cina e Tibet. Del resto, nell’era contemporanea la Cina ha dimostrato una grande apertura nello studio degli UFO, della vita extraterrestre e delle problematiche spaziali, con la nascita di molti centri di ricerca, anche a livello governativo. Tutto questo, forse, può essere successo anche per effetto di studi segreti derivati dal recupero di un veicolo spaziale alieno? Purtroppo non lo sappiamo. Certo è che ogni fatto “strano”, di norma, viene subito bollato come falso dalle autorità, e spesso anche dalla mentalità comune della gente… ma perché di cosa abbiamo paura? In questi casi si cercano delle prove, ma spesso purtroppo abbiamo solo testimonianze. Ovviamente, se aspettiamo che un ente governativo rilasci delle prove o delle notizie certe, su fatti come quello di Baian-Kara-Ula, potremmo aspettare all’infinito. Chi trova qualcosa di inusuale o non convenzionale di questo tipo, se lo tiene per sé (vedi caso “Roswell”), e chi pensa il contrario, è un ingenuo. Bisognerebbe forse, in conclusione, fare propria questa massima di Carl Gustav Jung che dice: “Non commetterò l’errore di considerare una frode tutto ciò che non sono in grado di spiegare”, e mantenere una adeguata larghezza di vedute; altrimenti rischiamo di chiuderci in una gabbia di ignoranza e inconsapevolezza.