sabato 26 gennaio 2019

I Bambini di Llullaillaco vennero a lungo Drogati prima del loro Sacrificio Rituale. - Annalisa Lo Monaco


Il Vulcano Llullaillaco


Nel 1999, tra le fredde e ventose vette della Cordigliera delle Ande che segnano il confine tra Cile e Argentina, in cima al Vulcano Llullaillaco, furono trovati i resti mummificati di tre bambini, morti circa 500 anni fa, in ottimo stato di conservazione.
La spedizione, guidata dal Professor Johan Reinhard, era partita proprio alla ricerca dei luoghi dove gli Inca sacrificavano i bambini durante cerimonie rituali. L’impresa non era certo agevole: il team fu costretto a trascorrere circa un mese a bassa quota sulla montagna, per acclimatarsi, salendo verso la cima a tappe, e affrontando condizioni climatiche estreme, con temperature anche di 40 gradi sotto zero, e venti impetuosi. Arrivati a 6.600 metri di altezza, dopo una tempesta durata quattro giorni, Reinhard e la sua squadra avevano quasi deciso di rinunciare, quando trovarono un sentiero dove c’erano tracce di un passaggio umano, il percorso verso il luogo di sepoltura dei tre bambini:
La doncella, la niña del rayo ed el niño
La “doncella”aveva 13/15 anni quando andò incontrò alla morte, mentre i suoi compagni “el niño”, e la “niña del rayo” (la bambina del fulmine) avevano tra i 4 e i 5 anni di età.
Analisi radiologiche e del DNA, effettuate nel 2012, hanno rivelato alcuni dettagli sorprendenti: i bambini erano stati drogati e avevano consumato alcool durante l’anno precedente al sacrificio, nel corso delle fasi rituali che lo precedevano.

Frammenti di foglie di coca fra i denti della “Doncella”

Le tre vittime avevano masticato foglie di coca e bevuto birra di mais, secondo le analisi di campioni dei loro capelli. I ricercatori hanno anche scoperto che i bambini provenivano probabilmente da famiglie contadine, perché risulta che abbiano consumato soprattutto verdure comuni fino a quando non furono scelti per il sacrificio. In seguito, e fino alla morte, seguirono una dieta solitamente riservata alle classi privilegiate, nella quale erano presenti mais e carne di lama. Questa pratica è confermata anche dai resoconti storici, secondo i quali i bambini erano accuratamente selezionati in tutto il vasto territorio dell’impero, anche in base alla loro perfezione fisica, e poi seguiti attraverso un percorso di purificazione durante il quale partecipavano a una serie di cerimonie sacre, prima di essere sacrificati.
Le analisi hanno rivelato che i bambini furono trattati in maniera diversa: la “doncella” aveva seguito una dieta elitaria e consumato coca e alcool nei 21 mesi precedenti la sua morte, mentre i bambini più piccoli avevano cambiato abitudini alimentari soltanto nove mesi prima del loro sacrificio.
La coca era usata comunemente per tollerare gli effetti dell’altitudine dalle persone che frequentavano queste vette
La ragazza più grande si distingue anche per il modo in cui era vestita e pettinata: aveva un copricapo di piume e i capelli elaboratamente intrecciati, oltre che numerosi manufatti di seta posti su un drappo appoggiato sulle sue ginocchia.

El niño

I risultati dello studio suggeriscono che il bambino di Llullaillaco non ebbe una morte pacifica: sui suoi vestiti fu trovato sangue e vomito, segno che forse morì soffocato, mentre era strettamente avvolto in un panno, cioè legato, l’unica vittima a ricevere un trattamento apparentemente violento.
La niña del rayo, chiamata così perché fu probabilmente colpita da un fulmine, dopo la sepoltura, aveva la testa e una parte del corpo avvolti in una coperta di lana spessa, cui era sovrapposta un’altra coperta colorata.
Andrew Wilson, archeologo dell’Università di Bradford nel Regno Unito, spiega perché la doncella fu trattata in modo diverso rispetto ai suoi compagni più giovani: “La doncella era forse una donna scelta per vivere in modo totalmente diverso dalla sua vita precedente, tra l’élite e sotto la cura delle sacerdotesse”.
Sotto, la replica della giovane ragazza al “Museo Nacional de Historia Natural” di Santiago in Cile:
Questo tipo di pratica sacrificale era probabilmente usata come una forma di controllo sociale: essere scelti per i riti sacrificali doveva essere visto come un grande onore, ma probabilmente era anche fonte di paura, con i genitori che non dovevano mostrare timore o rabbia se i loro figli venivano scelti. Forse ulteriori studi delle tre mummie congelate di Llullaillaco forniranno una maggiore comprensione del sacrificio rituale.
Dal 2007 le tre mummie sono esposte al Museo de Arqueología de Alta Montaña, a Salta, in Argentina, in un territorio che faceva parte dell’impero Inca, fino a che non crollò sotto la conquista degli spagnoli, nel 1530. I discendenti del fiero popolo degli Inca vedono nella riesumazione e nell’esposizione delle mummie un affronto alle loro tradizioni religiose e culturali: il vulcano Llullaillaco è ancora una montagna sacra per loro, che non andrebbe profanata.


La Casta fa autocritica e si autoassolve. - Marcello Veneziani

Da diversi giorni su la Repubblica va in scena il teatrino dell’assurdo: la Casta spiega al popolo perché ha perso e perché hanno vinto i loro nemici. Fanno autocritica perché non accettano critiche, gli unici abilitati a criticarli sono sempre loro stessi. Hanno la presunzione di sapere solo loro come sono andate effettivamente le cose, perfino la loro sconfitta la capiscono solo loro che l’hanno pur causata, almeno in buona parte. La loro autocritica esclude il presupposto di ogni serio bagno di umiltà: ascoltare. Ascoltare gli altri, ascoltare chi ha vinto e chi ha decretato la vittoria dei populisti e dei sovranisti, ascoltare la gente, ascoltare chi già prima del collasso spiegava le ragioni del cambiamento in corso. Macché. Gli altri non esistono, non hanno diritto di parola, sono plebe, o fascisti, reazionari, sovranisti o loro complici. La stessa cosa ha fatto il Pd.
Ma tutta questa presunzione – che il loro Papa laico definisce in modo altrettanto presuntuoso come “albagia” (Eugenio Scalfari dixit di Sé stesso, col Sé maiuscolo) per non confonderla con la volgare arroganza – spiega il crollo delle élite molto più di quanto si possa immaginare.
Infatti cosa si può rimproverare alle élite, il fatto di esistere e dunque per ciò stesso di tradire la democrazia, cioè l’autogoverno del popolo? Ma no, questo è lo schema puerile, simil-rousseauviano, di chi crede alla favola della democrazia diretta. C’è sempre stato un governo d’élite, non si conoscono paesi e sistemi politici in cui i governati coincidano coi governanti, nemmeno a rotazione, e tutto si decide a colpi di referendum e di plebiscito, persino le manovre economiche si fanno al balcone e poi si firmano in piazza tra bandiere, abbracci e tric-trac.
Il problema vero, la malattia del sistema, è che non si sono viste in campo  le élite, al plurale, in competizione tra loro, come si addice a una vera democrazia, ma una sola oligarchia, un blocco di potere compatto e uniforme benché ramificato.
I teorici delle élite, da Mosca a Pareto, parlavano di circolazione delle elite, per loro la storia è un cimitero di aristocrazie; sono le minoranze che governano, ma sono minoranze in competizione, che si rinnovano.
Da noi invece è avvenuta la stipsi delle élite. O se preferite una metafora meno cacofonica, l’arteriosclerosi delle élite, l’indurimento delle arterie che non consentivano la loro fluida circolazione. Si formano i trombi nel sangue e i tromboni nella società. E fermano il flusso. È lì che la classe dirigente si è chiusa a riccio, diventando solo classe dominante, e casta sovrastante.
Non c’è stata circolazione, non c’è stata competizione tra élite divergenti, e non c’è stato filtro selettivo per consentire il ricambio tramite la meritocrazia. Si è bloccato l’ascensore sociale, si è chiuso l’accesso dei capaci e dei meritevoli. Si accedeva alle élite solo per cooptazione, per affiliazione alla cupola elitaria, per conformità di idee, metodi, linguaggi e idolatrie.
Ma per avere circolazione, selezione, competizione, devi ammettere che non esista solo un Modello, una via di sviluppo, un solo codice politico, culturale e ideale. Devi accettare le differenze e il vero antagonismo.
E invece chi non era conforme a quella precettistica, era messo fuori legge, fuori sistema, si poneva di volta in volta fuori dalla modernità, dalla democrazia, dall’Europa e in certi casi perfino fuori dall’umanità. Poi non si spiegano perché l’odio sia diventato un fatto sociale diffuso. Dopo aver insegnato Odiologia verso chi dissentiva dal loro canone, non potete poi meravigliarvi se la gente ha ricambiato, magari con la rozzezza dovuta a chi è carente di cultura e buone maniere. D’altra parte la buona educazione, dal ’68 in poi, fu cancellata e se non sbaglio da quella storia provenite pure voi. Una società volgare, sboccata, primitiva, nasce proprio da quella “liberazione”, dal mancato nesso tra diritti e doveri, che dal ’68 in poi è diventato il discorso dominante (“il diritto di avere diritti”). Ora, non dico che quel che è accaduto sia solo colpa della casta: anche dalla parte opposta si è fatto poco per far crescere e formare élite adeguate, qualificate e competitive. Però negando ogni cittadinanza alle idee diverse, ai modelli politici e culturali diversi, riducendo tutto a fascismo e paraggi, e soprattutto negando perfino l’esistenza di chi la pensava diversamente perché chi divergeva non poteva avere pensiero, hanno di fatto avallato il loro essere un Blocco Unico e Chiuso, che si autoriproduce.
A differenza loro, io per esempio leggo Ezio Mauro e Alessandro Baricco, Michele Serra e Ilvo Diamanti, Eugenio Scalfari e altre loro firme culturali, e ne apprezzo in generale la qualità intellettuale. Li critico, polemizzo. Per loro invece, chi non la pensa come loro o è una bestia o non esiste. Poi non si sanno spiegare perché alla fine parlano solo tra loro e a Sé stessi, col sé maiuscolo, dimenticando il mondo. Che alla fine fa volentieri a meno di loro, o si rivolta contro di loro.
MV, La Verità 15 gennaio 2019

venerdì 25 gennaio 2019

Il popolo sono me- Marco Travaglio

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Se non lo vedessimo sovente in tv o in fotografia, ma ne leggessimo soltanto i pensieri leggermente retrò, il professor Sabino Cassese ce lo immagineremmo con la parrucca bianca e il codino infiocchettato, il volto impomatato e il neo finto sotto il nasino, o meglio ancora con la tuba sul capo, la redingote un po’ lisa a coda di rondine, il panciotto con l’orologio a cipolla incatenato, il monocolo o gli occhialini a pince-nez, le babbucce di velluto cremisi misura 46-47 per tener comoda la gotta. Un perfetto cicisbeo del 7-800, di quelli che rientrarono a corte un po’ anchilosati, col girello e la flebo, dopo il Congresso di Vienna al seguito dei sovrani deposti dalla Rivoluzione e da Napoleone. Invece pare che il nostro sia un contemporaneo, anche se dalle sue recenti uscite non si direbbe: da quando il popolo (per non dire volgo, plebaglia, feccia) ha smesso di votare come dice lui, non passa giorno senza che l’arzillo misirizzi ci renda partecipi della sua diffidenza verso il suffragio universale, spaziando dal Corriere al Sole, dal Foglio a Repubblica, per tacer dei talk. L’estate scorsa fu tarantolato dall’improvvisa urgenza di dimostrare a edicole unificate che non era colpa di Autostrade se a Genova era crollato un ponte gestito da Autostrade su 43 cadaveri. E dunque guai se il governo avesse rinazionalizzato quel bene pubblico regalato alla Sacra Famiglia Benetton. Non gli faceva certo velo il fatto di aver seduto nel Cda di Autostrade dal 2000 al 2005, per 700 mila sudati euro tra gettoni di presenza e consulenze. La sua era una posizione ideale, sentimentale.

Ora, a levargli il sonno, è la riforma Fraccaro del referendum propositivo, che invece gli piaceva tanto quando la varò il governo Renzi col ddl Boschi-Verdini (che però si limitava a prometterla, rinviando tutto a una legge costituzionale tutta da scrivere), poi bocciato dagli italiani per tutt’altri motivi il 4 dicembre 2016. Intervistato da Repubblica, è “positivamente” sorpreso dal fatto che i 5Stelle abbiano “udito” degli “esperti” e il governo “cominci a rispettare la competenza”: si era fatto l’idea che questi aborigeni fossero fermi alla clava, alla pietra focaia e ai segnali di fumo dalle loro palafitte. Invece hanno addirittura accolto vari emendamenti delle opposizioni sul quorum. Ma questo non basta a restituirgli il sonno, perché purtroppo nei referendum, come del resto nelle altre elezioni, non votano solo lui e gli amici del circolo della canasta: vota nientemeno che “il popolo legislatore”. E questo è un bel guaio. Perché accade sempre più spesso che lui gli dica (al popolo legislatore) di votare in un modo e quello voti in tutt’altra maniera. Per sfregio.

In democrazia, di solito, il popolo ha sempre ragione, anche quando dà torto a Cassese. Invece, per Cassese, il popolo ha ragione solo quando dà ragione a lui. “Come assicurare quegli errori madornali che il popolo può fare (vedi la Brexit)?”, si domanda svegliandosi tutto sudato dal solito incubo. Un bel problema, non c’è che dire. Lui gliel’aveva detto, agli inglesi, di votare Remain. E quelli, dispettosi, gli han votato Brexit. Bisogna assolutamente “introdurre qualche limite esplicito (ad esempio di materia o relativo ad alcuni diritti indisponibili) per evitare errori che l’abuso dei referendum ha prodotto in California, per esempio”. Già, perché pure quelle merde dei californiani hanno l’abitudine di non leggere Cassese o, se lo leggono, di fare l’opposto. Dunque: dicesi “errore madornale” o “abuso dei referendum” quando il voto disattende le aspettative di Cassese; e dicesi “diritto indisponibile” qualsiasi cosa stia a cuore a Cassese. Purtroppo il referendum presenta altre controindicazioni: tipo il “carattere necessariamente dicotomico (si risponde solo sì o no)”: ma tu pensa. Ergo bisogna assolutamente prevedere altre caselle sulla scheda: “Boh”, “Ni”, “Forse”, “Magari”, “Casomai”. Ma non è finita: “quale effetto questo avrà sull’ipertrofia legislativa italiana, senza un limite alle leggi popolari?”. Giusto: siccome abbiamo già chi dice 150 mila, chi 300 mila leggi, tutte fatte dal Parlamento, come si può permettere al popolo legislatore di aggiungerne 3 o 4 all’anno? E “come possono promotori e popolo indicare i mezzi per farvi fronte?”. Non sia mai che facciano “come gli emendamenti di bilancio di Rifondazione comunista, che indicava sempre l’introduzione di un’imposta patrimoniale”: si rischierebbe una tassa equa, che prenda ai ricchi anziché ai poveri, Dio ne scampi.

E poi va tutelato il Parlamento “da tempo sotto attacco”: per i decreti e le fiducie a raffica degli ultimi 5-6 governi? No: “si pensi alla questione dei vitalizi”. In effetti applicare ai parlamentari le regole pensionistiche che essi hanno imposto ai non parlamentari è un attacco al Parlamento. E, se il nuovo governo fa le sue nomine senza consultare o nominare Cassese, è “occupazione dello Stato”. E se Di Maio accusa Bankitalia, che sbaglia sempre le previsioni, di sbagliare sempre le previsioni, è “meno democrazia”. E se si blocca un’opera inutile da 15-20 miliardi come il Tav, “ci vuole una partecipazione dei cittadini alle grandi decisioni collettive”. Cioè un bel referendum, che in quel caso – e solo in quello – non sarebbe un “errore madornale” tipo Brexit né un “abuso” tipo California. Ma solo se poi si vota come vuole lui. Se no, è nullo. Per evitare inutili equivoci e risparmiare centinaia di milioni a ogni referendum, basta un emendamento semplice ed efficace di due soli commi. Cassese non osa proporlo per un fatto di eleganza, ma si vede che ci tiene: “1. Hanno diritto al voto tutti i giudici costituzionali emeriti nati ad Atripalda (Av) il 20.10.1935 e nomati Sabino Cassese. 2. Sulla scheda, in luogo delle caselle per il Sì e il No, ne comparirà una sola con la dicitura ‘Come vuole Cassese’”.

Il documentario RAI che ti spiega semplicemente come la Francia stia ammazzando l’Africa ed i suoi abitanti.



Franco CFA: il paradosso africano della moneta forte in un’economia debole, nel servizio di Filippo Barone il neocolonialismo finanziario francese ai danni dei paesi francofoni dell’Africa sub sahariana. 

Fotografia Brenno Maria Marcellini.

https://cosaesuccessoogg.blogspot.com/2019/01/il-documentario-rai-che-ti-spiega.html

Fotografato per la prima volta il buco nero al centro della Via Lattea. - Francesco La Teana

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La parte centrale della nostra galassia, la Via Lattea, come la riprende nel vicino infrarosso lo strumento Naco del Vlt (Very Large Telescope) dell’Eso. Crediti: Eso/S. Gillessen et al. via Inaf.

Essendo nascosto da nuvole di polvere e gas finora non era stato possibile ottenerne immagini nitide. Ora un gruppo di astrofisici,  grazie a nuove tecniche di osservazione, è riuscito ad aprire la strada al suo studio diretto.


Il buco nero denominato Sagittario A* (Sgr A*) situato al centro della nostra galassia rappresenta uno degli obiettivi più promettenti per lo studio della dinamica dei buchi neri, grazie alla sua relativa poca distanza da noi. Fino ad ora però è sempre stato estremamente elusivo, perché nascosto da grandi nuvole interstellari che ne coprono la visuale. Tanto che la sua stessa esistenza è stata più volte messa in discussione.

I dati in nostro possesso indicano che al centro della Via Lattea vi è un oggetto ipotetico chiamato Sagittario A*, rivelato dalla fortissima emissione tipica dei buchi neri supermassivi nel campo delle radiofrequenze, che dovrebbe avere, per giustificare tale emissione, una massa pari a circa 4 milioni di masse solari e distante da noi 8,1 chiloparsec, pari a 250 mila miliardi di chilometri.

Con la tecnica denominata Interferometria a base molto ampia (Very Large Baseline Interferometry - VLBI) è stato possibile ad una nutrita pattuglia di ben 44 scienziati ottenere una risoluzione doppia di quella raggiungibile in precedenza ed è stato possibile ottenere le prime immagini di Sgr A*. La diffusione della luce rende sfocate e distorte le immagini, però 
ha consentito di definire le proprietà esatte dell'oggetto.

I primi risultati, pubblicati sulla rivista The Astrophisical Journal disponibile per ora solo in preprint dal gruppo di ricercatori soprendentemente guidato da una studentessa, Sara Issaoun, che sta studiando per il suo Ph.D. presso la Radboud University Nijmegen nei Paesi Bassi, consentono di affermare che l'oggetto è contenuto in un angolo molto piccolo e l'area occupata è molto inferiore a quanto stimato in precedenza e presenta una certa simmetria. La maggior parte delle emissioni radio proviene da un angolo di soli 300 milionesimi di grado (come guardare una mela sulla Luna dalla Terra).

Un fatto sufficiente a porre i primi problemi. Infatti, se si considera il modello attualmente accettato, nei dintorni di un buco nero vi è un disco di materia (disco di accrescimento), che forma un vortice intorno ad esso, in attesa di venirne risucchiato, mentre in direzioni opposte si genera un fortissimo e luminosissimo getto di materia ed energia che raggiunge grandi distanze. Quindi i buchi neri, invece che neri, in realtà appaiono come considerevoli e luminosissimi oggetti che occupano vaste aree.

Sgr A* sembrerebbe quindi rappresentare un'eccezione. Le ipotesi degli autori sono due: o il getto è inefficiente dal punto di vista radiativo (quindi emette poca radiazione e non risulta visibile) oppure può darsi che il getto radio punti verso la nostra direzione e quindi non lo vediamo esteso su un'area vasta, ma racchiuso. In tal caso, che è quello scelto dagli autori, il fatto che appaia piccolo non implica necessariamente che si tratti di un oggetto piccolo, ma solo che lo vediamo di fronte, dalla parte del getto, che punta verso di noi.

La tecnica utilizzata prevede l'uso di una rete di telescopi sparsi in tutto il mondo. Sono stati utilizzati l'impianto ALMA (Atacama Large Millimeter/submillimeter Array), posto sulle Ande cilene dall'ESO (European Southern Observatory), un telescopio, composto da 66 antenne di alta precisione, disseminate a distanze che raggiungono i 16 chilometri, costruito per analizzare la luce compresa tra lunghezze millimetriche e submillimetriche, fra l'infrarosso e le onde radio. Ad Alma è stato aggiunto il Global VLBI Array, una rete di telescopi e antenne situate in Spagna, Francia, Germania, Svezia e Finlandia. Tutti questi telescopi, in fase tra di loro, hanno osservato contemporaneamente Sgr A*, in modo da formare un radiotelescopio grande quasi quanto la Terra, permettendo, come abbiamo detto, di raggiungere una risoluzione doppia rispetto alle precedenti osservazioni nella stessa frequenza.

Il testo integrale (in italiano) del trattato di Aquisgrana tra Francia e Germania.

Grazie all’amico Mohamed Niang, posso proporvi il trattato di Aquisgrana tra Francia e Germania in italiano ed in versione integrale.
Il trattato è chiaramente il lancio, da parte dei governi dei due Paesi, dell’unificazione europea, ovviamente sotto il loro controllo o meglio sotto il controllo dei grandi gruppi della finanza anglo-americana che ormai definiscono le politiche anche di queste due ex nazioni sovrane.
Ma per i commenti c’è tempo, ora leggetevi il testo di questo importante accordo. La sola licenza che mi sono preso è quella di sottolineare i passaggi più significativi.
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Aquisgrana,  23 gennaio 2019
Trattato tra la Repubblica francese e la Repubblica federale di Germania sulla cooperazione e l’integrazione franco-tedesca
La Repubblica francese e la Repubblica federale di Germania,
Riconoscendo il successo storico della riconciliazione tra i popoli francese e tedesco, a cui il trattato, del 22 gennaio 1963, tra la Repubblica francese e la Repubblica federale di Germania sulla cooperazione franco-tedesca ha dato un contributo eccezionale e da cui è emersa una rete senza precedenti di relazioni bilaterali tra le loro società civili e le loro autorità pubbliche a tutti i livelli
Convinti che sia giunto il momento di portare le loro relazioni bilaterali a un livello superiore e di prepararsi alle sfide che gli Stati e l’Europa del XXI secolo, e desiderosi di far convergere le loro economie e i loro modelli sociali, promuovere la diversità culturale e avvicinare le loro società e i cittadini,
Convinti che la stretta amicizia tra Francia e Germania è stata decisiva e rimane un elemento essenziale di un’Unione europea unita, efficace, sovrana e forte,
Impegnati ad approfondire la loro cooperazione nel campo della politica europea per promuovere l’unità, l’efficienza e la coesione dell’Europa, mantenendo questa cooperazione aperta a tutti gli Stati membri dell’Unione europea,
Impegnata a rispettare i principi, i diritti, le libertà e i valori fondanti dell’Unione europea, che difendono lo Stato di diritto in tutta l’Unione europea e lo promuovono all’esterno,
Impegnata ad operare per una convergenza sociale ed economica dal basso verso l’alto all’interno dell’Unione europea, a rafforzare la solidarietà reciproca e a promuovere il miglioramento continuo delle condizioni di vita e di lavoro conformemente ai principi della base europea dei diritti sociali europei, in particolare prestando particolare attenzione all’emancipazione delle donne e alla parità di genere,
Riaffermando l’impegno dell’Unione europea a favore di un mercato globale aperto, equo e regolamentato, il cui accesso si basa sulla reciprocità e la non discriminazione e che è disciplinato da elevati standard ambientali e sociali,
Consapevoli dei loro diritti e doveri ai sensi della Carta delle Nazioni Unite,
Fortemente impegnato a favore di un ordine internazionale basato su regole e del multilateralismo, di cui le Nazioni Unite sono l’elemento centrale,
convinti che la prosperità e la sicurezza possono essere raggiunte solo attraverso un’azione urgente per proteggere il clima e preservare la biodiversità e gli ecosistemi
deliberando in conformità delle rispettive norme costituzionali e giuridiche nazionali e nel quadro giuridico dell’Unione europea,
Riconoscendo il ruolo fondamentale della cooperazione decentrata tra comuni, dipartimenti, regioni, Länder, Senato e Bundesrat, nonché della cooperazione tra il plenipotenziario della Repubblica federale di Germania competente per gli affari culturali ai sensi del trattato sulla cooperazione franco-tedesca e i competenti ministri francesi,
Riconoscendo il ruolo essenziale della cooperazione tra l’Assemblea nazionale e il Deutscher Bundestag, in particolare nel quadro del loro accordo interparlamentare del 22 gennaio 2019, che costituisce una dimensione importante degli stretti legami tra i due paesi, hanno convenuto quanto segue:
Capitolo I: Affari europei.
Articolo 1
I due paesi stanno approfondendo la loro cooperazione in materia di politica europea. Esse promuovono una politica estera e di sicurezza comune efficace e forte, e rafforzano e approfondiscono l’unione economica e monetaria. Essi si sforzano di completare il mercato unico e si adoperano per costruire un’Unione competitiva, basata su una solida base industriale, che funge da base per la prosperità, promuovendo la convergenza economica, fiscale e sociale e la sostenibilità in tutte le sue dimensioni.
Articolo 2
I due Stati si consultano regolarmente a tutti i livelli prima dei grandi eventi europei, cercando di definire posizioni comuni e di concordare dichiarazioni coordinate dei rispettivi ministri. Essi si coordinano per il recepimento del diritto europeo nel diritto nazionale.
Capitolo 2: Pace, sicurezza e sviluppo.
Articolo 3
I due Stati stanno approfondendo la loro cooperazione in materia di politica estera, difesa, sicurezza esterna e interna e sviluppo, cercando allo stesso tempo di rafforzare la capacità di azione autonoma dell’Europa. Essi si consultano per definire posizioni comuni su qualsiasi decisione importante che incida sui loro interessi comuni e per agire congiuntamente ogni qualvolta possibile.
Articolo 4
A seguito degli impegni assunti ai sensi dell’articolo 5 del trattato del Nord Atlantico del 4 aprile 1949 e dell’articolo 42, paragrafo 7, del trattato sull’Unione europea del 7 febbraio 1992, modificato dal trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 che modifica il trattato sull’Unione europea e il trattato che istituisce la Comunità europea, i due Stati, convinti che i loro interessi in materia di sicurezza non possono essere separati, stanno convergendo sempre più gli obiettivi e le politiche di sicurezza e di difesa, rafforzando così i sistemi di sicurezza collettiva cui appartengono. Essi si prestano reciprocamente aiuto e assistenza con tutti i mezzi a loro disposizione, comprese le forze armate, in caso di aggressione armata contro il loro territorio. Il campo di applicazione territoriale della seconda frase di questo paragrafo corrisponde a quello dell’articolo 42, paragrafo 7 del trattato sull’Unione europea.
(2) I due Stati agiscono congiuntamente ogniqualvolta possibile, conformemente alle rispettive norme nazionali, per mantenere la pace e la sicurezza. Essi continuano a sviluppare l’efficacia, la coerenza e la credibilità dell’Europa in campo militare. Così facendo, si impegnano a rafforzare la capacità d’azione dell’Europa e a investire congiuntamente per colmare le sue lacune di capacità, rafforzando così l’Unione europea e l’Alleanza del Nord Atlantico.
(3) I due Stati si impegnano a rafforzare ulteriormente la cooperazione tra le loro forze armate al fine di stabilire una cultura comune e di effettuare dispiegamenti congiunti. Essi stanno intensificando lo sviluppo di programmi comuni di difesa e la loro estensione ai partner. In tal modo, essi intendono promuovere la competitività e il consolidamento della base industriale e tecnologica di difesa europea. Essi sono a favore di una cooperazione quanto più stretta possibile tra le loro industrie della difesa, basata sulla fiducia reciproca. I due Stati svilupperanno un approccio comune alle esportazioni di armi per quanto riguarda i progetti comuni.
(4) I due Stati istituiscono il Consiglio franco-tedesco per la difesa e la sicurezza quale organo politico per orientare questi impegni reciproci. Il Consiglio si riunirà al più alto livello a intervalli regolari.
Articolo 5
Entrambi gli Stati stanno ampliando la cooperazione tra i loro ministeri degli esteri, comprese le loro missioni diplomatiche e consolari. Si scambieranno personale di alto livello. Essi istituiranno scambi nell’ambito delle loro rappresentanze permanenti presso le Nazioni Unite a New York, in particolare tra i loro gruppi del Consiglio di sicurezza, le loro rappresentanze permanenti presso l’Organizzazione del trattato del Nord Atlantico e le loro rappresentanze permanenti presso l’Unione europea, nonché tra gli organi dei due Stati responsabili del coordinamento dell’azione europea.
Articolo 6
Nel settore della sicurezza interna, i governi di entrambi gli Stati stanno rafforzando ulteriormente la loro cooperazione bilaterale nella lotta contro il terrorismo e la criminalità organizzata, nonché la loro cooperazione nei settori giudiziario, dell’intelligence e della polizia. Essi attuano misure comuni di formazione e di spiegamento e creano un’unità comune per le operazioni di stabilizzazione nei paesi terzi.
Articolo 7
I due Stati si impegnano a stabilire un partenariato sempre più stretto tra l’Europa e l’Africa rafforzando la loro cooperazione in materia di sviluppo del settore privato, integrazione regionale, istruzione e formazione professionale, parità di genere ed emancipazione femminile, al fine di migliorare le opportunità socioeconomiche, sostenibilità, buon governo e prevenzione dei conflitti, risoluzione delle crisi, anche nel mantenimento della pace, e gestione delle situazioni postbelliche. I due Stati instaurano un dialogo annuale a livello politico sulla politica di sviluppo internazionale al fine di migliorare il coordinamento nella pianificazione e nell’attuazione delle loro politiche.
Articolo 8
(1) Nell’ambito della Carta delle Nazioni Unite, i due Stati cooperano strettamente in tutti gli organi delle Nazioni Unite. Essi coordineranno strettamente le loro posizioni, nel quadro di un più ampio sforzo di consultazione tra gli Stati membri dell’Unione europea in seno al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e nel rispetto delle posizioni e degli interessi dell’Unione europea. Essi agiranno insieme per promuovere presso le Nazioni Unite le posizioni e gli impegni dell’Unione europea di fronte alle sfide e alle minacce globali. Essi faranno tutto il possibile per raggiungere una posizione unificata dell’Unione europea in seno agli organi competenti delle Nazioni Unite.
(2) Entrambi gli Stati si impegnano a proseguire gli sforzi per concludere i negoziati intergovernativi sulla riforma del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. L’ammissione della Repubblica federale di Germania quale membro permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite è una priorità per la diplomazia franco-tedesca.
Capitolo 3 Cultura, istruzione, ricerca e mobilità.
Articolo 9
Entrambi gli Stati riconoscono il ruolo decisivo della cultura e dei media nel rafforzamento dell’amicizia franco-tedesca. Sono quindi determinati a creare per i loro popoli uno spazio comune di libertà e opportunità, nonché uno spazio culturale e mediatico comune. Essi sviluppano programmi di mobilità e di scambio tra i loro paesi, in particolare per i giovani nel quadro dell’Ufficio franco-tedesco della gioventù, e fissano obiettivi quantificati in questi settori. Al fine di promuovere legami sempre più stretti in tutti i campi dell’espressione culturale, anche attraverso istituti culturali integrati, stanno creando programmi specifici e una piattaforma digitale rivolta in particolare ai giovani.
Articolo 10
I due Stati ravvicinano i loro sistemi d’istruzione attraverso lo sviluppo dell’apprendimento reciproco della lingua dell’altro, l’adozione, conformemente alla loro organizzazione costituzionale, di strategie per aumentare il numero di allievi che studiano la lingua del partner, azioni per promuovere il riconoscimento reciproco dei diplomi e l’istituzione di strumenti franco-tedeschi di eccellenza per la ricerca, la formazione e l’istruzione professionale, nonché di programmi comuni franco-tedeschi nell’istruzione superiore.
Articolo 11
Entrambi gli Stati promuovono il collegamento in rete dei loro sistemi di istruzione e di ricerca e delle loro strutture di finanziamento. Continuano a sviluppare l’Università franco-tedesca e incoraggiano le università francesi e tedesche a partecipare alle reti universitarie europee.
Articolo 12
I due Stati istituiscono un Fondo comune dei cittadini per incoraggiare e sostenere le iniziative dei cittadini e i gemellaggi di città al fine di ravvicinare ulteriormente i loro due popoli.
Capitolo 4 Cooperazione regionale e transfrontaliera.
Articolo 13
(1) Entrambi gli Stati riconoscono l’importanza della cooperazione transfrontaliera tra la Repubblica francese e la Repubblica federale di Germania per rafforzare i legami tra i cittadini e le imprese su entrambi i lati del confine, compreso il ruolo essenziale delle autorità locali e di altri attori locali a tale riguardo. Essi intendono facilitare l’eliminazione degli ostacoli nei territori di confine per realizzare progetti transfrontalieri e facilitare la vita quotidiana degli abitanti di questi territori.
(2) A tal fine, conformemente alle rispettive norme costituzionali dei due Stati e nei limiti del diritto dell’Unione europea, entrambi gli Stati conferiscono agli enti locali e regionali dei territori di confine e alle entità transfrontaliere, quali gli eurodistretti, competenze adeguate, risorse dedicate e procedure accelerate per superare gli ostacoli alla realizzazione di progetti transfrontalieri, in particolare nei settori economico, sociale, ambientale, sanitario, energetico e dei trasporti. Se non sono disponibili altri mezzi per superare questi ostacoli, possono essere concesse anche adeguate disposizioni giuridiche e amministrative, comprese le deroghe. In questo caso, spetta ad entrambi gli Stati membri adottare la legislazione appropriata.
(3) Entrambi gli Stati restano impegnati a mantenere standard elevati nei settori del diritto del lavoro, della protezione sociale, della salute e della sicurezza e della protezione dell’ambiente.
Articolo 14
Entrambi gli Stati istituiscono un comitato di cooperazione transfrontaliera che comprende le parti interessate, quali lo Stato e le autorità locali, i parlamenti e le entità transfrontaliere, quali gli eurodistretti e, se necessario, le euroregioni interessate. Questo comitato ha il compito di coordinare tutti gli aspetti dell’osservazione territoriale transfrontaliera tra la Repubblica francese e la Repubblica federale di Germania, di definire una strategia comune per la selezione dei progetti prioritari, di monitorare e proporre soluzioni alle difficoltà incontrate nei territori di confine e di analizzare l’impatto della nuova legislazione sui territori di confine.
Articolo 15
Entrambi gli Stati si sono impegnati a perseguire l’obiettivo del bilinguismo nei territori di confine e a sostenere le comunità di confine nello sviluppo e nell’attuazione di strategie adeguate.
Articolo 16
I due Stati faciliteranno la mobilità transfrontaliera migliorando l’interconnessione delle reti digitali e fisiche tra loro, compresi i collegamenti ferroviari e stradali. Essi lavoreranno in stretta collaborazione nel campo della mobilità innovativa, sostenibile e inclusiva per sviluppare approcci o norme comuni per entrambi gli Stati.
Articolo 17
I due Stati incoraggiano la cooperazione decentrata tra le autorità dei territori non confinanti. Essi si impegnano a sostenere le iniziative lanciate da queste comunità che vengono attuate in questi territori.
Capitolo 5 Sviluppo sostenibile, clima, ambiente e affari economici.
Articolo 18
Entrambi gli Stati stanno lavorando per rafforzare il processo di attuazione degli strumenti multilaterali relativi allo sviluppo sostenibile, alla salute globale e alla protezione dell’ambiente e del clima, in particolare l’accordo di Parigi del 12 dicembre 2015 e il programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile fino al 2030. A tal fine, essi agiscono in stretta relazione per formulare approcci e politiche comuni, in particolare istituendo meccanismi per la trasformazione delle loro economie e promuovendo azioni ambiziose per combattere i cambiamenti climatici. Assicurano l’integrazione della protezione del clima in tutte le politiche, compresi regolari scambi intersettoriali tra governi in settori chiave.
Articolo 19
I due Stati faranno avanzare la transizione energetica in tutti i settori pertinenti e, a tal fine, svilupperanno la loro cooperazione e rafforzeranno il quadro istituzionale per il finanziamento, lo sviluppo e l’attuazione di progetti comuni, in particolare nei settori delle infrastrutture, delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica.
Articolo 20
(1) I due Stati stanno approfondendo l’integrazione delle loro economie al fine di creare una zona economica franco-tedesca con regole comuni. Il Consiglio economico e finanziario franco-tedesco promuove l’armonizzazione bilaterale delle loro legislazioni, in particolare in materia di diritto commerciale, e coordina regolarmente le politiche economiche tra la Repubblica francese e la Repubblica federale di Germania al fine di promuovere la convergenza tra i due Stati e migliorare la competitività delle loro economie.
(2) I due Stati istituiscono un “Consiglio franco-tedesco di esperti economici” composto da dieci esperti indipendenti per formulare raccomandazioni ai due governi sulla loro azione economica.
Articolo 21
I due Stati stanno intensificando la loro cooperazione nel campo della ricerca e della trasformazione digitale, in particolare nel campo dell’intelligenza artificiale e delle innovazioni dirompenti. Promuoveranno orientamenti internazionali sull’etica delle nuove tecnologie. Per promuovere l’innovazione, hanno avviato iniziative franco-tedesche aperte alla cooperazione a livello europeo. I due Stati istituiranno un processo di coordinamento e un finanziamento congiunto a sostegno dei programmi comuni di ricerca e innovazione.
Articolo 22
Gli stakeholders e gli attori interessati di entrambi i paesi si sono riuniti in un Forum per il futuro franco-tedesco per lavorare sui processi di trasformazione delle loro società.
Capitolo 6 Organizzazione.
Articolo 23
Le riunioni tra i governi dei due Stati si svolgono almeno una volta all’anno, alternativamente nella Repubblica francese e nella Repubblica federale di Germania. Dopo l’entrata in vigore del presente trattato, il Consiglio dei ministri franco-tedesco adotta un programma pluriennale di progetti di cooperazione franco-tedesca. I segretari generali della cooperazione franco-tedesca responsabili della preparazione di queste riunioni controllano l’attuazione del programma e riferiscono al Consiglio dei ministri.
Articolo 24
Un membro del governo di uno dei due Stati partecipa, almeno una volta ogni trimestre e alternativamente, al Consiglio dei ministri dell’altro Stato.
Articolo 25
I consigli, le strutture e gli strumenti della cooperazione franco-tedesca sono soggetti a revisione periodica e, se necessario, sono adeguati senza indugio agli obiettivi fissati di comune accordo. La prima di queste revisioni dovrebbe aver luogo entro sei mesi dall’entrata in vigore del presente trattato e proporre gli adeguamenti necessari. I segretari generali della cooperazione franco-tedesca valutano regolarmente i progressi compiuti. Essi informano i parlamenti franco-tedeschi e il Consiglio dei ministri franco-tedesco dei progressi generali della cooperazione franco-tedesca.
Articolo 26
Rappresentanti delle regioni e dei Länder, nonché del comitato di cooperazione transfrontaliera, possono essere invitati a partecipare al Consiglio dei ministri franco-tedesco.
Capitolo 7 Disposizioni finali.
Articolo 27
Il presente trattato integra il trattato del 22 gennaio 1963 tra la Repubblica francese e la Repubblica federale di Germania sulla cooperazione franco-tedesca ai sensi del paragrafo 4 delle disposizioni finali di tale trattato.
Articolo 28
I due Stati si informano reciprocamente, attraverso i canali diplomatici, dell’espletamento delle procedure nazionali necessarie per l’entrata in vigore del presente Trattato. Il presente trattato entra in vigore alla data di ricevimento dell’ultima notifica.

Avv. Marco Mori, CasaPound Italia – autore de “La morte della Repubblica”, disponibile on line e nei Mondadori store.

Comunisti col Rolex. - Marco Travaglio



(pressreader.com) – Essendo poco pratici del ramo, prendiamo ogni giorno diligenti appunti su caratteristiche e requisiti della sinistra italiana in piena riscossa contro il governo destrorso che stanzia 7 miliardi per i poveri e 3 miliardi per i pensionati. Una sinistra che, secondo Romano Prodi, sarebbe “senza idee e senza leader”. Invece ne ha fin troppi, da vendere.
La sinistra è il compagno Luigi Marattin, capogruppo del Pd in commissione Bilancio della Camera, che difende la Francia dalle “bufale” e dalle “cialtronate” dei terribili sovranisti sul franco coloniale Cfa che contribuisce col cambio fisso, i ricatti commerciali e le truppe di occupazione al rigoglioso benessere di ben 14 Paesi africani.
La sinistra è il compagno Pd tutto che chiama “alleata” e “amica” la Francia del compagno Macron che protegge decine di nostri assassini latitanti; chiude i porti e le frontiere ai migranti; incrimina chi assiste donne straniere incinte; deporta migliaia di rifugiati oltre i nostri confini violando la sovranità italiana a Bardonecchia e Claviere.
La sinistra sono Cgil, Cisl e Uil che annunciano la mobilitazione generale contro la manovra del governo che destina quasi 10 miliardi per la povera gente.
La sinistra è il compagno Matteo Renzi che, a bordo di un motoscafo proletario a Venezia, deride i 5 milioni di poveri in attesa del reddito di cittadinanza (“assistenzialismo”, “baciamano istituzionalizzato”, “sussidio a chi vuole starsene sul divano”), in perfetta sintonia col compagno François Hollande che – come rivelò la sua ex fidanzata Valerie Trierweiler – chiamava simpaticamente i poveri “gli sdentati”.
La sinistra è la compagna Maria Elena Boschi che, reduce dal Capodanno a Marrakech e dalla cena con Salvini da 6 mila euro a tavolo, scambia lo Stato sociale per il gruppo musicale arrivato secondo a Sanremo e se la ride alle spalle dei poveri che aspettano il reddito (“Una vita in vacanza”, ahah).
La sinistra è il compagno Sandro Gozi del Pd che lancia l’idea di un bel referendum per abrogare il reddito di cittadinanza (“È l’occasione per una grande mobilitazione civica. Sono disposto a metterci subito la faccia contro questo obbrobrio”), subito raccolta dai compagni Vittorio Feltri, Pietro Senaldi, Giorgia Meloni e Mara Carfagna.
La sinistra è il compagno Paolo Gentiloni che, perse le elezioni, da premier dimissionario in carica per gli affari correnti, pensò bene di piazzare un decretino che depenalizza l’appropriazione indebita in mancanza di querela.
Così ora vanno in fumo il processo al cognato di Renzi e ai di lui fratelli per gli ammanchi milionari all’Unicef (che non li ha querelati) e il processo a Bossi padre&figlio per una parte dei 49 milioni rubati dalla Lega (che non li ha querelati).
La sinistra è il compagno Bobo Giachetti che chiama i compagni di LeU “scappati da casa”, ma “punta ai voti di Forza Italia e di LeU”.
La sinistra sono i senatori del Pd che votano con Lega e FI per salvare dai processi quattro colleghi, fra cui Maurizio Gasparri (FI) che diede del pregiudicato a Roberto Saviano e Cinzia Bonfrisco (Lega) imputata per corruzione e associazione per delinquere.
La sinistra sono i deputati del Pd che l’altroieri, sempre in coro con i forzisti, hanno zittito al grido di “buffone! buffone! vergogna! vergogna! chiedi scusa! vai in Procura!” il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, reo di profanare l’Aula parlando addirittura di corruzione, sortendo sui colleghi lo stesso effetto dell’aglio sui vampiri con spericolate affermazioni del tipo: “La corruzione non necessita di essere raccontata o dimostrata con i dati, perché in Italia si vede a occhio nudo: ogni volta che una catastrofe naturale provoca danni devastanti perché le opere pubbliche sono state mal costruite o risparmiando sui materiali; ogni volta che un giovane italiano è costretto a espatriare perché per trovare lavoro o vincere un concorso bisogna spesso ungere le ruote giuste…”. Alla fine il presidente Roberto Fico, sopraffatto dalla gazzarra, era costretto a sospendere la seduta, perché dal vocabolario della nuova sinistra la parola corruzione è bandita.
La sinistra sono i compagni che hanno sempre chiamato “lager” i Cara (Centri di accoglienza richiedenti asilo) e ora strillano perché viene chiuso uno dei più scandalosi: quello di Castelnuovo di Porto, eredità di Mafia Capitale, mezzo abusivo e senza neppure un contratto regolare di affitto secondo l’Anac, mal gestito e in pessime condizioni igieniche, contro cui aveva condotto un’inchiesta molto documentata il manifesto e che già Minniti voleva chiudere due anni fa. A quando una bella manifestazione in difesa del Cara di Mineo?
La sinistra è il Pd che, con Renzi, la Cirinnà, la Fedeli, la Garavini e il giovane astro nascente Pier Ferdinando Casini, si appella al governo insieme a Lega, FI e Fd’I affinché si schieri subito, senza se e senza ma, dalla parte del “mondo libero”: che poi sarebbe il golpista Juan Guaidó, autoproclamatosi presidente del Venezuela, al posto del titolare eletto Nicolás Maduro, con la benedizione di Trump.
La sinistra è il compagno redivivo Giuliano Pisapia, “partito comunista ma mai arrivato” (da Comunisti col Rolex di J-Ax e Fedez) che, mentre firma l’appello del compagno Calenda, riceve nella sua modesta magione milanese la visita dei ladri che gli portano via l’argent de poche: 300 mila euro in gioielli e orologi.
Ora, stabilito finalmente che cos’è la sinistra, rimane da capire cosa sia la destra e cosa le resti da fare, casomai avanzasse qualcosa, per non restare disoccupata.
“Comunisti col Rolex”, di Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano del 25 Gennaio 2019