lunedì 12 ottobre 2020

Vaccini: a Big Pharma i miliardi, ai governi rischi e risarcimenti. - Nicola Borzi

 

La corsa per creare vaccini contro il Covid-19 accelera grazie agli iter privilegiati concessi dalle autorità sanitarie, spinte dalla necessità di frenare la seconda ondata della pandemia. Con la fretta, però, aumentano i pericoli che eventuali effetti indesiderati emergano solo dopo la distribuzione di massa. Intanto, grazie al suo enorme potere negoziale, Big Pharma prima si è fatta finanziare la ricerca dai contribuenti e poi di fatto ha scaricato i rischi sui governi.

Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, al 2 ottobre erano 42 i vaccini candidati in fase di valutazione clinica. Di questi, 9 sono al terzo e ultimo stadio dei test, già in prevendita a molti Paesi. Uno viene sviluppato da AstraZeneca in collaborazione con l’Università di Oxford e la Irbm di Pomezia (Roma). Tre arrivano dalle società Usa Johnson & Johnson, Moderna, Pfizer insieme alla tedesca BioNTech. Quattro sono elaborati in Cina da Sinovac, CanSino e Sinopharm, che ne ha due. L’ultimo è della russa Gamaleya. Altri 151 prodotti sono in fase di valutazione pre-clinica.

I produttori rischiano ben poco. Dal punto di vista industriale, molti governi li stanno finanziando a piene mani. Gli Usa hanno già distribuito a una quarantina di aziende più di 9,35 miliardi di euro dell’Operazione Warp Speed, l’iniziativa voluta dal presidente Donald Trump per accelerare lo sviluppo di vaccini, sistemi diagnostici e terapie contro il Covid. Al medesimo scopo la Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen ha già versato 1,01 miliardi, impegnandone per il futuro altri 3,41, 1,56 miliardi in proprio e 1,85 tramite la Banca europea degli investimenti. Il solo vaccino di AstraZeneca ha raccolto fondi pubblici per 1,35 miliardi dagli Usa e dalla fondazione sanitaria globale Cepi.

A livello commerciale, Bruxelles ha già firmato due contratti commerciali con Sanofi-Gsk e AstraZeneca, alla quale Italia, Francia, Germania e Olanda hanno assegnato una commessa per 400 milioni di dosi. Inoltre altri colloqui esplorativi si sono chiusi in modo positivo tra la Ue e Johnson & Johnson, CureVac, Moderna e BioNTech. Ma i contenuti legali di tutti gli accordi, come spiega Bruxelles, resteranno segreti. Sul fronte dei prezzi, la stessa AstraZeneca si è impegnata a vendere il suo futuro vaccino a prezzo di costo sino a quando la pandemia non sarà “finita”: ma, in base a un documento esaminato dal Financial Times, si è riservata in esclusiva il diritto di dichiarare finita l’epidemia già dal primo luglio 2021. Da quella data potrebbe vendere le dosi a prezzi di mercato, con profitti immensi.

Non basta. Nei mesi scorsi la lobby Vaccines Europe ha fatto pressione su Bruxelles perché i suoi prodotti fossero esentati dal rispetto della direttiva sui diritti dei consumatori, cancellando i rischi legali. Il 24 settembre la Commissione Ue ha sì ribadito che i vaccini non saranno esentati, ma ha passato il cerino ai governi nazionali. In base agli accordi di acquisto comunitari, se i cittadini faranno causa per chiedere i danni dovuti a eventuali reazioni avverse, i produttori potranno girare il conto ai singoli Paesi.

Così la fiducia dell’opinione pubblica, già traballante, è sempre più scossa. Negli Stati Uniti, che viaggiano verso gli 8 milioni di casi di Covid con oltre 200mila vittime, un sondaggio Axios/Ipsos del 22 settembre ha rivelato che sei intervistati su 10 preferiranno aspettare di prendere il vaccino da qualche settimana a un anno invece di assumerlo appena sarà disponibile. Ad agosto il dato era al 53%. C’è poi un 23% che non intende affatto vaccinarsi. Il rischio reale è che non si raggiunga l’immunità di gregge, facendo fallire l’obiettivo della campagna vaccinale. L’effetto paradossale garantirebbe a Big Pharma di continuare a incassare profitti per anni dai vaccini anti-Covid.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/10/12/vaccini-a-big-pharma-i-miliardi-ai-governi-rischi-e-risarcimenti/5962620/

Il grande imbroglio del gas: il fossile venduto come “verde”. - Maria Maggiore

 

Il più ambizioso è il progetto di Oygarden, in Norvegia: fino a 5 milioni di tonnellate di CO2 all’anno saranno infilate in un pozzo profondo 2.500 metri, vicino a Bergen e lì rinchiusi, nel profondo del mare, si spera per sempre. Lo Stato norvegese ha promesso 1,6 miliardi alle società Equinor, Shell, Total e a un’industria di cemento, che costruiranno il mega sito di stoccaggio del carbonio (Ccs).

Un po’ più a sud, in Germania, sulla foce dell’Elba, ci sarà un terminal di gas liquido. Porterà gas liquefatto e raffreddato dagli Stati Uniti o dal Qatar. Un sogno per il responsabile del distretto: “La Germania si renderà neutrale dal punto di vista climatico, il gas naturale è più pulito del petrolio”. Meno contenti sono gli abitanti del posto che vedranno presto costruire un carro armato alto come un grattacielo per accogliere le petroliere del gas liquido.

Poi ci sono i tubi del North-Stream 2 tra la Russia e la Germania; i gasdotti in costruzione in Romania per portare gas fossile dal Mar Nero e ridurre la dipendenza dalla Russia; il nuovo mega progetto East-Med, 1.870 km di tubi da Israele verso la Grecia e l’Europa, per i quali è quasi scoppiata una guerra quest’estate tra Grecia e Turchia. E naturalmente il Tap, ormai quasi finito, 3.500 km di tubi per portare 10 miliardi di metri cubi di gas dall’Azerbaijan in Europa (dalla Russia ne importiamo nell’Ue 200 miliardi all’anno).

Secondo i dati del Global Energy Monitor e dell’associazione industriale “Gas Infrastructure Europe”, che Investigate-Europe ha potuto elaborare, stiamo per spendere 104 miliardi di euro in nuovi progetti di gas fossile, per costruire 12.842 km di nuovi tubi, un aumento del 54% di impianti di gas liquido e del 22% di centrali a gas fossile classiche, con una spesa di 29 miliardi di euro. Ma perché tutto questo spreco di denaro pubblico per un’energia fossile, che libera nell’atmosfera il metano, 86 volte più nocivo del CO2? E poi, perché costruire nuovi impianti se, come ci dice Eurostat, l’Europa consuma solo la metà del gas che potrebbe già importare e addirittura il 20% del gas liquido a disposizione? Persino la Commissione europea, dal 2018 scrive che il consumo di gas naturale diminuirà del 21% entro il 2030 e addirittura del 85% nel 2050.

Che senso ha investire in nuovi impianti che hanno una durata di vita di almeno 20-25 anni, quando gli scienziati del clima ci dicono che dobbiamo smettere di estrarre energie fossili per evitare di riscaldare il pianeta di oltre 1,5 gradi? Mentre i nostri governi continuano a parlare di emergenza climatica, il gas viene presentato come l’energia del futuro che ci porterà verso un’economia a zero emissioni. La Commissione nel suo Green Deal ha scritto “abbiamo bisogno del gas” e il “gas può essere decarbonizzato”.

Lo scorso 12 febbraio l’Europarlamento ha approvato la nuova lista di Progetti di interesse comune (Pci) in mezzo alle polemiche. Tra i 149 progetti prioritari scelti per ricevere finanziamenti europei, ce n’erano ben 32 di gas naturale. Uno scandalo per le Ong del clima. Inevitabile per la Commissione europea che per due anni aveva negoziato quel pacchetto con gli Stati membri: se cadevano alcuni progetti, si ricominicava da zero. La commissaria all’Energia Kadri Simson promise allora agli eurodeputati che “la prossima lista non avrà progetti di gas naturale”.

Ora però il vice capo della Dg Energia, Klaus-Dieter Borchardt, ammette, in un’intervista a Investigate-Europe, che non sarà così: saranno forse costretti a inserire nuovi progetti di gas nella lista prevista per il 2021, perché “abbiamo degli impegni legali con le compagnie”. Borchardt spiega come la “Commissione europea sia nelle mani degli operatori del gas che decidono quali progetti finanziare”.

Quando nel 2009 si volle creare un mercato unico dell’energia per renderlo col tempo indipendente dalla Russia, i governi si affidarono alle grandi società dei gasdotti – l’italiana Snam, la spagnola Enagas, la francese Grtgas, la tedesca Thyssengas, l’olandese Gasunie – che posseggono tutti i dati sensibili sulla salute dei “tubi” e sulla sicurezza della fornitura. Venne creata EntsoG, una lobby presente a Bruxelles in un elegante palazzo del quartiere europeo, regolarmente iscritta nel registro delle lobby, il cui compito è, secondo il regolamento TEN-E, fornire scenari sulla domanda di gas in Europa e, in base a questi, proporre una lista di nuove infrastrutture.

Così da dieci anni va avanti a Bruxelles un conflitto d’interessi sancito per legge. Global Witness ha pubblicato in giugno un rapporto su EntsoG, calcolando che i suoi membri hanno ricevuto dal 2013 al 2019, il 75% dei fondi per gas naturale, circa 4 miliardi di euro. Spesso per progetti inutili. Lo ha ammesso lo stesso Borchardt: “East-Med per esempio è sovradimensionato. Posso capire che ci sia molto gas nel Mediterraneo, ma avrebbe più senso utilizzare gli impianti regionali di gas liquido, piuttosto che portare il gas naturale in un lungo gasdotto da Israele verso la Grecia”.

Anche Midcat, voluto da Francia e Spagna, si è rivelato un progetto inutile: doveva trasportare gas fossile dall’Africa in Francia, è rimasto nelle liste PCI per 6 anni, ricevendo 1,3 miliardi di fondi Ue, prima di venir ritirato l’anno scorso. I regolatori dei due Paesi hanno scritto: “MidCat non contribuisce in alcun modo alla sicurezza dell’approvvigionamento in Francia, i gasdotti esistenti tra Francia e Spagna non sono sovraccarichi”. Oggi restano 80 chilometri di tubi a un’ora di auto da Barcellona, abbandonati nella natura.

Frida Kieninger, di Food & Water Europe, partecipa da anni come osservatrice alle riunioni per i progetti prioritari del gas. La sua analisi è inquietante: “Il processo per arrivare a nuovi progetti è opaco, i governi e le parti interessate s’incontrano in ‘gruppi regionali’ coi promotori dei progetti, spesso seduti accanto ai rappresentanti del ministero. In alcuni incontri sembrava che un paese fosse rappresentato solo da una società del gas. Non ci sono verbali, non ci sono liste di partecipanti. Ed EntsoG si siede sempre sul podio accanto alla Commissione, rispondendo alla maggior parte delle domande e accompagnando tutte le fasi del processo”.

Ma non è tutto. EntsoG, forte del suo monopolio sui dati, negli ultimi dieci anni ha sempre previsto una domanda di gas molto superiore alla realtà del mercato. Così è anche per l’ultimo scenario, fino al 2050. Gli operatori del gas prevedono una diminuzione della domanda massimo del 41% nei prossimi trent’anni (contro l’85% della Commissione). E soprattutto promettono che quasi tutto il gas fossile diventerà verde, le emissioni nocive verranno catturate sotto terra, con il CCS, per produrre idrogeno, ma non forniscono dettagli su dove sarà “pulito” il gas (in Russia, in Azerbaijan?), quali sono i costi per queste operazioni e quanta la perdita di metano nell’atmosfera. Ci ha detto il dg di EntsoG, Jan Ingwersen: “I gasodotti ci saranno, e non è un costo marginale. Quindi, meglio usarli. Per il periodo di transizione, nei nostri scenari, troverete molti progetti di transizione con l’idrogeno”.

L’idrogeno è il nuovo obiettivo della lobby del gas a Bruxelles e la Commissione sta cadendo nella trappola. Consigliata dalla lobby industriale Hydrogen Europe, a cui l’esecutivo Ue ha chiesto di scrivere un draft della strategia per l’idrogeno, a luglio è stata inaugurata la “Clean Hydrogen Alliance”, una piattaforma di industrie che dovrà suggerire alla Ue quali infrastrutture costruire nei prossimi anni. La segreteria la assicura Hydrogen Europe e tra i membri ci sono solo industrie dell’oil&gas, nessuna Ong (eccetto la norvegese Bellona, favorevole al Ccs) e nessuna compagnia di energia rinnovabile, quando l’idrogeno verde dovrebbe venire solo dal surplus delle rinnovabili. L’idrogeno è il nuovo eldorado della lobby del gas: l’obiettivo è attingere ai soldi del Recovery Fund.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/10/12/il-grande-imbroglio-del-gas-il-fossile-venduto-come-verde/5962646/

domenica 11 ottobre 2020

Aldo, Giorgio e gli altri. Una nuova Spoon River. - Vincenzo Bisbiglia, Paolo Frosina, Giuseppe Pietrobelli e Andrea Sparaciari 10 OTTOBRE 2020

 

Vite spezzate. Storie di donne e uomini uccisi dalla nuova offensiva.

Di Covid-19 si muore ancora e, anche se i numeri giornalieri dei decessi in questa seconda ondata sono ancora relativamente bassi rispetto ai giorni drammatici di marzo e aprile, stanno progressivamente aumentando nel bollettino. Storie di uomini e donne, vite che si spezzano. L’età media rimane intorno agli ottant’anni e, salvo eccezioni che comunque ci sono, questi casi hanno patologie pregresse. In memoria di queste vittime ecco una sintetica Spoon river.

Aldo (il nome è di fantasia), 71 anni, era un grande devoto di Padre Pio. Per questo il 16 settembre, con 40 compaesani, era salito sul bus che da Mirabella Eclano (Avellino) lo ha portato al santuario di San Giovanni Rotondo. Già la sera stessa aveva avvertito i primi sintomi del coronavirus. Un malessere che il 3 ottobre lo ha costretto all’ospedale Moscati (Avellino) e che il 7 ottobre lo ha ucciso. Per quel tributo a Padre Pio sono 22 i pellegrini positivi ai tamponi. I quali hanno infettato parenti e amici: alla fine l’Asl certificherà che il focolaio di Mirabella Eclano ha registrato 34 contagiati. Sono ancora chiusi scuola e municipio.

Francesco era un uomo sano. È morto perché è stato contagiato mentre svolgeva il suo lavoro sull’ambulanza”. Rosanna è sconvolta. Francesco, 58 anni, era un suo collega dell’ospedale San Giovanni Addolorata di Roma, è deceduto il 3 ottobre. “Era uno sportivo, un rockettaro, una persona piena di vita”, raccontano i colleghi. Era un infermiere sempre in prima linea. Anni passati all’unità di terapia intensiva cardiaca, aveva lavorato a tu per tu con il virus per tutto il periodo del lockdown. Giovedì mattina a Savona è morto don Giorgio, 80 anni, direttore delle scuole salesiane di Alassio. L’11 settembre scriveva così ai suoi ragazzi che tornavano tra i banchi: “Viviamo un momento sociale non facile, un senso di paura, l’incertezza sul futuro. Non possiamo impostare l’anno come se non ci fosse il Covid, ma cerchiamo di essere fonti di energia contenta, allegra”. Dopo pochi giorni i primi sintomi, il ricovero e infine la scomparsa. Un altro religioso, il cappuccino Jean Laurent, è morto a soli 49 anni: padre guardiano del convento di Sorso, vicino Sassari, ha passato oltre 15 giorni in terapia intensiva prima del decesso. Si era scoperto positivo al rientro da una vacanza in Francia.

Renzo , 61 anni, era un imprenditore di Bastia Umbra, titolare di un’azienda di sistemi per la refrigerazione, è morto il 18 settembre dopo venti giorni di terapia intensiva. Amante del modernariato e delle auto d’epoca, era molto conosciuto in città. Il ghanese Joseph, invece, di anni ne aveva 51: in Italia dagli Anni 90, è spirato il 19 settembre all’ospedale di Udine. È morto la sera prima di compiere 74 anni Alberto. Faceva da sempre il macellaio a Santo Stefano, nel Bellunese. Soffriva di patologie cardiache e quindi si è ritrovato senza difese di fronte al morbo. “Aveva parlato con noi poche ore prima di morire – raccontano alcuni parenti – era affaticato, ma nessuno avrebbe pensato che sarebbe accaduto il peggio”. La sua macelleria sta per festeggiare i 50 anni di attività.

“Abbiamo fatto cinquant’anni di matrimonio a febbraio e ora non posso nemmeno dirgli addio”. Così si tormentava Maria, moglie di Salvatore, 78 anni, che in ospedale a Belluno è morto di Covid. Erano sposati dal 1960. La sua agonia è durata dieci giorni. Soffriva di Alzheimer. E c’è anche chi muore lontano dall’Italia, come Elda, 87 anni, deceduta a Olavarria, in Argentina, senza poter realizzare il sogno di ritornare almeno una volta a Fonzaso, piccolo comune vicino a Feltre.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/10/10/aldo-giorgio-e-gli-altri-una-nuova-spoon-river/5961189/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=oggi-in-edicola&utm_term=2020-10-10

Manifestazione ‘no mask’ a Roma: tensioni con la polizia. E gli organizzatori dal palco: “Rispettare regole, tenete su le mascherine”.

 

Gli agenti osservano a distanza il sit-in: allontanata una persona tra le proteste della piazza. Scambi di opinione anche tra manifestanti e staff, che dice: "Siamo obbligati a mettere le mascherine anche se alcuni di noi non condividono"

I manifestanti no mask si sono radunati in piazza, a Roma, per il sit-in contro l’uso della mascherina in funzione anti-Covid e in generale contro la gestione governativa della pandemia. Un migliaio i partecipanti alla ‘Marcia per la Liberazione’, voluta dagli organizzatori contro “l’utilizzo politico del Coronavirus”. Qualche tensione con cori quando i poliziotti hanno invitato i manifestanti senza mascherina a indossarla. Gli agenti hanno anche allontanato una persona e dalla piazza si sono levati altri cori di proteste. E non sono mancanti nemmeno gli scambi di opinione con lo staff. Dal palco infatti gli organizzatori hanno invitato al rispetto delle regole anti-Covid. “Siamo obbligati a mettere le mascherine anche se alcuni di noi non condividono”. E ancora: “Invitiamo a rispettare le regole“. Diversi i manifestanti che non indossano la mascherina. A quanto apprende l’Adnkronos dalla questura di Roma, alcune persone trovate senza la protezione su naso e bocca sono state identificate e saranno sanzionate in base a quanto previsto dalla misure di contenimento del Covid-19. Inoltre chi avesse violato le norme che regolano le manifestazioni pubbliche sarà denunciato all’autorità giudiziaria.

“Non ho la mascherina perché è sinonimo della sudditanza – dice uno dei partecipanti – L’unica paura che ho è la perdita della libertà. Non sono no vax, sono per la libertà di scelta perché senza libertà di scelta è una dittatura”. Tra bandiere tricolore e calamite sovraniste c’è chi, sempre senza mascherina, sottolinea: “Siamo qui a difendere la costituzione. Stanno distruggendo la nazione. Ci costringono a mettere le mascherine”. E chi sostiene: “Sappiamo che il virus è usato a fini socioeconomici. Sono convinto che questo schifo sia manovrato da politica, economia per imporre nuovo totalitarismo“. In piazza anche uno scheletro di plastica con la mascherina con su scritto “Non sono morto di coronavirus ma di fame” e bandiere del Fronte sovranista italiano. Tra i cartelli esposti “Non sono negazionista. Sono qui perché non voglio la dittatura” e “L come libertà optional mask”.

“La mascherina è dannosa, ci fa respirare la nostra anidride carbonica – afferma un dirigente sportivo venuto da Frosinone – Vogliamo un Comitato tecnico scientifico aperto anche ad autorevoli professori che la pensano diversamente e che nessuno ascolta. Perché non alzo la mascherina? C’è una legge che vieta il travisamento del volto. Se vogliamo rispettare le leggi rispettiamole tutte”. Tra i manifestanti è diffusa l’idea che il Covid non sia affatto così letale come si pensa e nessuno di loro sembra avere neppure un conoscente che si sia ammalato. “Tamponatevi il c…” è un cartello che spicca nel gruppetto. Un altro recita in inglese “la paura viene usata per controllarvi”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/10/10/flop-della-manifestazione-no-mask-a-roma-tensioni-con-la-polizia-e-gli-organizzatori-dal-palco-rispettare-regole-su-le-mascherine/5961637/

Dite: “Sappiamo che il virus è usato a fini socioeconomici. Sono convinto che questo schifo sia manovrato da politica, economia per imporre nuovo totalitarismo”.
Quindi, pur essendo contrari al governo che manovra questo schifo per imporre totalitarismo, voi lo assecondate non indossando le mascherine?
Fate il suo gioco?
Non avete ancora capito che più il contagio aumenta, più restrizioni ci saranno?
Più voi manifestate per far valere la vostra volontà e, scusate lo sfogo, la vostra dabbenaggine, più io, che non credo alle vostre scempiaggini e rispetto le regole, dovrò sopportare un altro lock down!
Siete la contraddizione personificata delle vostre elucubrazioni mentali!
Siete stupide insulse marionette manovrate da personaggi di scarso peso morale che vi usano per scopi reconditi che neanche conoscete, pedine utili per creare disordine e fare il gioco di chi vi comanda.
cetta.

Covid: ancora su i contagi, +5.724, morti sono 29. Riunione d'urgenza del Cts.

 

Continuano a crescere i contagi da coronavirus in Italia. Nelle ultime 24 ore i positivi sono aumentati di 5.724 (ieri erano stati 5,372), con 29 morti (ieri 28). E' quanto emerge dai dati del Ministero della Salute. I tamponi sono stati 133.084, nuovo record (ieri 129.471). Tra le regioni la Lombardia registra 1.140 nuovi positivi, la Campania 664.

Sono 1.100 i nuovi contagiati in Lombardia. E' quanto ha comunicato l'assessore regionale al Welfare, Guido Gallera, a margine di un convegno di Forza Italia a Milano. Per Gallera, "quello che sta succedendo negli ultimi giorni è una forte crescita dei positivi, legata presumibilmente al ritorno a scuola, alla vita sociale, dai primi di settembre: la gente è tornata in ufficio è questo ha portato a 1100 positivi, ma il numero delle terapie intensive è uguale a quello di ieri e il numero dei ricoverati è cresciuto di una ventina di persone".

Aumento record di casi anche in Toscana dall'inizio della pandemia. Rispetto a ieri sono aumentati di 548, con una crescita percentuale pari al 3,2. E' la prima volta che la Toscana supera i 500 casi giornalieri. Già ieri con 483 era stato superato il picco massimo raggiunto durante la fase emergenziale, pari a 406 registrato il 2 aprile. In totale in Toscana da inizio epidemia ci sono stati 17.643 contagi e gli attualmente positivi sono 5,640, + 10% rispetto a ieri. I test eseguiti hanno raggiunto quota 828.114, 11.237 in più rispetto a ieri. I ricoverati sono 190 (20 in più rispetto a ieri), di cui 30 in terapia intensiva (stabili). Oggi non si registrano nuovi decessi.

Una riunione urgente del Comitato tecnico scientifico, alla quale dovrebbe partecipare anche il ministro della Salute Roberto Speranza, è stata convocata per domani. Sul tavolo degli esperti, secondo quanto si apprende, ci sarebbe l'impennata dei contagi dell'ultima settimana e la capacità del sistema di testare i casi.

"Non siamo ancora fuori dalla fase più difficile. Bisogna mantenere con forza tutte le misure di sicurezza con determinazione, per poter continuare ad avere ancora numeri meno alti di quelli che si registrano in altri paesi europei", ha detto Speranza, in un intervento video ai lavori conclusivi dell'incontro su 'La sanità post Covid-19' al teatro Bellini di Catania

"Chi sostiene che le misure di prevenzione siano soltanto lacci e lacciuoli dice una enorme sciocchezza. Soltanto un Paese sicuro può correre più veloce e ripartire con più energia e determinazione", ha aggiunto il ministro della Salute.

"La parola chiave è prossimità, con una sistema sanitario che si avvicina ai problemi reali delle persone. Una rete dal basso. Dobbiamo farlo tutti insieme. Dobbiamo costruire un grande Patto Paese - ha aggiunto Speranza - perché il futuro del nostro Paese passa per il suo sistema sanitario nazionale"

"La lezione del Coronavirus ci dice che il sistema sanitario nazionale è la cosa più importante che abbiamo. Dobbiamo ricominciare ad investire. Per troppi anni la spesa sanitaria è stata penalizzata. Oggi il virus ci consente di cambiare marcia", ha continuato Speranza. "Siamo soltanto all'inizio - ha aggiunto - e dobbiamo usare tutti gli strumenti che abbiamo per mettere benzina nel sistema sanitario nazionale". 

"Le misure contano ma quello che è veramente decisivo sono e restano i comportamenti delle persone - ha rilevato ancora Speranza -. Io penso che la scienza in un tempo congruo ci darà risposte incoraggianti. Io sono ottimista non sono pessimista, la battaglia l'umanità la vincerà. Presto non significa però domani mattina e neanche tra pochissime settimane ma con tutta probabilità nella prima parte del 2021. Quindi abbiamo una fase di resistenza e di convivenza dove purtroppo non abbiamo ancora il vaccino, non abbiamo ancora cure risolutive e quindi in questi mesi non mi stancherò mai di dire che i comportamenti delle persone sono la vera chiave essenziale: mascherine, distanziamento e lavaggio delle mani sono le armi che abbiamo".

https://www.ansa.it/canale_saluteebenessere/notizie/sanita/2020/10/10/covid-speranza-non-siamo-fuori-dalla-fase-difficile-_f7168004-d633-4523-b9e6-7f3d5682cc96.html

L’Aifa boccia i vaccini cinesi, la Lombardia butta altri milioni. - Andrea Sparaciari

 

Gare aggiudicate a prezzi stratoferici a società non in regola con Aifa e Anac. Un milione e mezzo di persone che rimarrà senza vaccino. In Lombardia la situazione precipita per l’ormai stato confusionale dei vertici regionali.

L’ultima tegola su Attilio Fontana e Giulio Gallera è caduta ieri, con la scoperta che la società cinese LifeOn – vincitrice il 6 ottobre scorso dell’ultimo affidamento per la fornitura di 100 mila dosi di vaccino antinfluenzale “Split Virion” – è priva della certificazione Aifa. Certificazione che certamente non avrà, come ha fatto sapere ieri in tarda serata la stessa Agenzia italiana del farmaco.

Una scorta che il Pirellone a trazione leghista aveva pagato 11,90 euro a dose, per un conto totale di 1.199.000 euro (oltretutto da un’azienda cinese, proprio quando a Roma, Matteo Salvini tuonava contro il commissario Arcuri per gli acquisti in terra cinese). Un prezzo alto, ma non quanto il vaccino proposto dall’altra vincitrice della stessa gara, la svizzera Falkem Swiss, che dovrebbe fornire 400 mila dosi di vaccino antinfluenzale quadrivalente a 26 euro la dose, per un totale di 10.400.000 euro. Un costo totalmente fuori mercato, visto che in media quel vaccino costa tra i 4,60 e i 6 euro, iva inclusa. Dovrebbe fornire, dicevamo, perché neanche la Falkem Swiss ha tutte le carte in regola, priva della necessaria registrazione Anac.

Aria, la centrale degli acquisti della Regione, ieri è stata costretta ad ammettere che “non verrà acquisito, e quindi distribuito, alcun vaccino che non abbia ottenuto le autorizzazioni previste dalla legge”. Anche perché quella gara, indetta in fretta e furia il 30 settembre, partita il 1° ottobre senza però apparire sul sito di Aria, chiusa il giorno successivo, aggiudicata definitivamente il 6 ottobre scorso, era già sotto la lente della procura dei Milano. I pm infatti hanno aperto un fascicolo per ora senza indagati, per capire come mai Regione Lombardia si fosse ridotta a pagare prezzi cinque volte superiori per dei semplici vaccini antinfluenzali. Da febbraio 2020 il Pirellone ha indetto ben 10 gare: cinque andate a buon fine, una positiva solo in parte perché non completa e quattro tra annullate e deserte. Una lista da rivedere, visto che la decima gara non è andata bene.

Ma quest’ultimo annullamento potrebbe avere effetti anche sulla campagna vaccinale della Regione in partenza il 19 ottobre, già al centro di numerose critiche perché oltre un milione di lombardi rientranti nelle categorie a rischio rimarrà senza vaccino. Venerdì scorso il dg della sanità, Marco Trivelli, presentando la campagna ha sostenuto che quel buco da un milione di dosi non è un problema. Visto che il target è il 75% delle classi a rischio, e che mai in Lombardia si è superata quota 49%, non dobbiamo preoccuparci, aveva detto. Il problema è che negli anni passati non c’era la pandemia. E ora, a quel milione mancante bisognerà aggiungere i 500 mila vaccini in meno che dovevano arrivare dalla gara annullata ieri.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/10/11/laifa-boccia-i-vaccini-cinesi-la-lombardia-butta-altri-milioni/5961970/

Voto di sbaglio. - Marco Travaglio

 

Nella classifica dei contagi primeggiano la solita Lombardia, ormai fuori concorso, e le Regioni che hanno appena plebiscitato i loro presidenti: Campania, Veneto e Liguria. I contagi, ovviamente, non sono colpa dei cosiddetti “governatori”: ma De Luca, Zaia e Toti hanno stravinto le regionali proprio perché visti come i salvatori delle rispettive regioni dal Covid. Zaia in un certo senso lo è stato, avendo avuto la fortuna e l’umiltà di affiancarsi Crisanti, con cui poi ha litigato (e da allora il Veneto se la passa maluccio). Toti invece ha mal gestito la prima ondata. Ma, siccome Lombardia e Piemonte han fatto peggio, è passato per uno bravo. E si è pure preso il merito del nuovo ponte, i cui fondi statali sono finiti non spesi o regalati a chi non ne aveva diritto con una distribuzione a dir poco clientelare. Poi, anche grazie alla scandalosa propaganda a suo favore del Giornalone Unico, è riuscito a nascondere la seconda ondata fino alle elezioni. La Campania è stata risparmiata dalla prima ondata per puro culo, non certo per merito di De Luca, il satrapo tutto chiacchiere e distintivo che non ha risolto nessuno degli annosi problemi della sanità campana, anzi li ha aggravati. Ma li ha mascherati dietro la solita raffica di comizietti e siparietti demagogici: molto più comodo evocare lanciafiamme o minacciare lockdown che creare posti letto o assumere medici e infermieri. Intanto un suo fedelissimo, il sindaco di Eboli Massimo Cariello, appena rieletto col record dei voti (80%), ha avuto il tempo di formare la giunta poi è finito in manette per corruzione e abuso: le intercettazioni lo immortalano mentre pilota due concorsi per far assumere una dozzina di amici. Il gip lo descrive come “completamente immerso in una logica privatistica di gestione del potere, tutta votata alla salvaguardia degli interessi propri o delle persone a lui vicine”. Infatti l’hanno votato 4 concittadini su 5. Che presto torneranno alle urne in base alla legge Severino.

In democrazia, è vero, gli elettori hanno sempre ragione. Ma bisogna intendersi. Chi vince ha il diritto-dovere di governare, sempreché non lo arrestino. E chi perde deve chiedersi il perché: ma non sempre la risposta è che ha vinto il migliore. In Liguria, in Campania e a Eboli, pochi giorni dopo le elezioni, è già evidente che han vinto i più bugiardi, o i più demagogici, o i più clientelari, mentre chi li contrastava senza bugie né voti di scambio, ma solo col voto di opinione (Sansa in Liguria, i 5Stelle in Campania) non aveva speranze. Risposta terribile: significa che continueranno a vincere i peggiori finché non troveranno qualcuno ancor peggio di loro. O elettori più informati e meno ricattabili di oggi.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/10/11/voto-di-sbaglio/5961947/