Processo crac Alitalia, ecco il cablo dell’ambasciata.
Il governo italiano, in “gesto di amicizia” nei confronti degli Emirati Arabi Uniti, rinuncerà a costituirsi parte civile nel procedimento penale su Alitalia-Etihad che si è concluso a Civitavecchia. Ad annunciarlo, secondo quanto risulta al Fatto Quotidiano, è stato il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, negli incontri dell’8 e 9 novembre con il suo omologo degli “emiratini” Abdallah bin Zayed Al Nahyan. Di Maio smentisce al Fatto di aver preso questo impegno. La notizia è però contenuta in un documento ufficiale: un cablo non classificato, dell’ambasciata italiana ad Abu Dhabi, a firma dell’ambasciatore Nicola Lener e protocollata, l’11 novembre scorso, con il numero 1.682. Oggetto: “Visita dell’onorevole ministro negli Eau. Quarta sessione del dialogo strategico”. Un documento inviato a tutte le ambasciate, da quella croata a Zagabria fino all’Algeria, inclusa la Direzione generale degli affari politici del ministero degli Esteri.
Leggiamo cosa riporta il cablo in questione. L’esordio riguarda i preliminari della “quarta sessione del dialogo strategico bilaterale”, a partire dalla cena offerta dallo sceicco Abdallah bin Zayed Al Nayan “nel pieno rispetto dei protocolli Covid-19 qui vigenti” durante la quale il ministro Di Maio ha “incontrato il ministro dell’Economia Abdullah Al Marri, il ministro della Tolleranza e Commissario generale degli Eau per Expo2020 Duibai, lo sceicco Nahyan bin Mubarak Al Nayan e la ministra di Stato per la Cooperazione internazionale e direttore generale della società Expo2020 Reem Al Hashimi”. “Su tali incontri – scrive l’ambasciatore – riferisco a parte”. All’interno del punto 2 del documento riporta poi il dialogo sulla vicenda Alitalia-Etihad.
“È stato quindi affrontato – si legge nel cablo – il delicato dossier Alitalia, su quale come noto, i due ministri avevano avuto una conversazione nei giorni scorsi, dopo che l’omologo emiratino aveva indirizzato all’on. ministro una preoccupata lettera, alla luce delle possibili conseguenze sui manager di Etihad del procedimento penale aperto nel nostro paese”.
Il 20 febbraio scorso, infatti, la Procura di Civitavecchia ha notificato agli indagati l’avviso di conclusione dell’indagine – si contano 22 indagati – accusati di concorso in bancarotta fraudolenta di Alitalia. Tra gli indagati illustri – da Luca Cordero di Montezemolo a Roberto Colaninno, da Jean Pierre Mustier a Corrado Gatti ed Enrico Laghi – figura anche James Hogan, consigliere del cda di Alitalia e amministratore delegato di Etihad. E anche altri manager legati alla compagnia araba come Mark Ball Cramer e Duncan Naysmith.
“Non sarà una rivoluzione ma una evoluzione, vogliamo rendere Alitalia più sexy” aveva annunciato James Hogan nel 2014 quando, per il salvataggio di Alitalia, Etihad mise in cantiere un investimento complessivo di 1,758 miliardi di euro. Ad Abu Dhabi non è parsa molto sexy, però, la prospettiva di vedere i suoi manager finire sotto processo. E torniamo così all’incontro tra Di Maio e lo sceicco Abdallah bin Zayed Al Nayan. Ad accompagnarli c’erano il capo di gabinetto Ettore Sequi, il direttore generale per gli affari politici Sebastiano Cardi, il capo della segreteria particolare Cristina Belotti. Riguardo le “conseguenze” del “procedimento in corso nel nostro paese” sui “manager Etihad” il cablo spiega che “il ministro Di Maio, nel far presente che in base al nostro ordinamento il governo non può interferire in un procedimento giudiziario in corso, ha indicato di aver chiesto al commissario unico di Alitalia, Leogrande (Giuseppe, ndr), di costituire un gruppo negoziale per definire le questioni contrattuali pendenti con la controparte e di aver invitato le autorità emiratine, attraverso una lettera indirizzata all’ambasciata a Roma, a fare altrettanto”.
E poi arriva il punto più caldo del cablo: “Egli ha anche fatto presente che, quale gesto di amicizia nei confronti degli Eau, il governo rinuncerà a costituirsi parte civile nel processo penale”. E ancora: “Abdallah ha ringraziato per l’apertura manifestata dall’on. ministro, auspicando che la questione possa evolversi ‘in un modo che possiamo controllare’, perché altrimenti essa rischia di produrre un impatto su future decisioni emiratine di investimento nel nostro Paese. ‘Ricordo – ha aggiunto – che fu il governo italiano a chiederci di entrare in Alitalia’. Sul punto è intervenuto anche il ministro Ali Sayegh, che ha indicato, senza elaborare oltre, che ‘nel sistema italiano ci sono precedenti di soluzioni di analoghe questioni nel settore dell’aviazione civile’, insistendo che il partenariato tra Alitalia ed Etihad è stato reso possibile da un’intesa tra i due governi e augurandosi che possano esservi sviluppi positivi entro l’anno”. Di Maio al Fatto smentisce di aver assunto questo impegno. Fonti della Farnesina spiegano che la proposta di non costituirsi parte civile è stata invece avanzata dagli Emirati arabi uniti (Eau) e non da Di Maio. Quando facciamo notare che la notizia in nostro possesso è stata trascritta in una fonte ufficiale – il cablo in questione – la Farnesina, attraverso fonti diplomatiche, conferma l’esistenza e il contenuto del cablo. “Evidentemente – precisa la Farnesina – l’ambasciatore non ha ben compreso quanto si sono riportate le parti”. Deve aver frainteso quindi anche il ringraziamento del ministro Abdallah bin Zayed Al Nayhan. Il punto è che, anche alla Farnesina, non devono aver ben compreso qualcosa: il contenuto del cablo. Dall’11 novembre a oggi non ci risultano altri cablo sulla questione con errata corrige annessi.
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