Sono abili, confondono le idee, ci spacciano la merda per finissima cioccolata. E noi abbiamo i neuroni rattrappiti da un devastante e perenne lockdown mentale, che rende quello dovuto alla pandemia una piccola pausa di riflessione.
Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
venerdì 14 maggio 2021
Grazie a tutti. - Luciano Scanzi
Gli inutili idioti. - Marco Travaglio
Appena nacque il governo Draghi, M5S, Pd e Leu annunciarono un intergruppo parlamentare per affrontare compatti la sfida ai neoalleati forzati di centro-destra (Lega, FI, Iv e altri centrini sfusi). Poi, siccome era un’ottima idea, la lasciarono cadere. Risultato: i forzaleghisti fanno il bello e il cattivo tempo, ottenendo da Draghi quasi tutto quel che vogliono. Le teste di Arcuri, di Borrelli, di metà dei membri del Comitato tecnico-scientifico. Poi le riaperture premature il 26 aprile all’insaputa del nuovo Cts. E l’altroieri il licenziamento del capo del Dis, generale Vecchione. Pezzo per pezzo si sta smontando l’esperienza giallo-rosa, come se la maggioranza di Draghi potesse esistere senza M5S, Pd e Leu. La domanda è semplice: quousque tandem subiranno in silenzio? Che aspettano a coordinarsi in un intergruppo che restituisca loro un’influenza sul governo pari al peso parlamentare? Il caso 007 è emblematico: nessuno discute le capacità della nuova direttora Belloni, beatificata dai soffietti dei giornaloni come estranea alla politica, come se non navigasse alla Farnesina nel sistema dei partiti dalla notte dei tempi e l’avesse portata la cicogna. La verità la conoscono tutti: Vecchione ha l’unica colpa di essere stato nominato da Conte, dunque dava noia ai due Matteo. Infatti è l’unico a saltare, senza uno straccio di spiegazione, mentre i capi di Aise e Aisi, trasversalmente protetti, restano. E resta incredibilmente pure il caporeparto del Dis Mancini, malgrado l’incontro carbonaro con l’Innominabile, o forse proprio per quello.
La situazione è aggravata da due fatti.
1) Draghi ha affidato la delega dei Servizi a Gabrielli, tutt’altro che neutrale nella partita, essendo stato il capo del Sisde e dell’Aisi e avendo ricevuto incarichi tanto da destra e da sinistra (altro che estraneo alla politica).
2) Il presidente del Copasir, che per legge dev’essere dell’opposizione e va preventivamente consultato sulle nomine degli 007, è il leghista Volpi, esponente della maggioranza. Così, sul nuovo capo del Dis, il premier e Gabrielli hanno consultato un alleato del loro governo, ovviamente favorevole.
Tutto in famiglia. E su queste vergogne non s’è levata una sola voce di protesta. Così come quando Draghi ha glissato in Parlamento sul sottosegretario leghista al Mef Durigon, che non dovrebbe restare al suo posto un minuto di più dopo aver detto che l’ufficiale della Guardia di Finanza che indaga sulla Lega “l’abbiamo messo noi” (la Gdf dipende dal Mef). Resta da capire quale sia la funzione di M5S, Pd e Leu, le tre forze maggioritarie che sostengono Draghi: a parte quella degli (in)utili idioti che tacciono e acconsentono, ingoiano e votano tutto.
IlFQ
Navigator, previsti 11.600 posti nei centri per l'impiego dopo il 2021. - Giorgio Pogliotti
I 2.549 navigator di Anpal possono ora puntare a un posto fisso negli stessi centri per l’impiego dove operano dall’estate del 2019 da precari.
I punti chiave
- Navigator versus dipendenti delle regioni
- Pochi i dati sull’attività svolta dai navigator
- Il sistema informativo di Anpal non è mai decollato
- Lenzi (navigator): «Spesso mancano competenze digitali»
- Verso il concorso per il posto fisso
I 2.549 navigator di Anpal servizi hanno ottenuto una
proroga del contratto di collaborazione fino a fine anno, ma nel futuro di
molti di loro c’è un posto fisso negli stessi centri per l’impiego dove operano
dall’estate del 2019 da precari. Sono giovani (età media 35 anni, in prevalenza
donne), tutti in possesso di laurea (prevale giurisprudenza), non stupisce che
in molti si stiano candidando per gli 11.600 posti banditi dalle regioni nei
centri l’impiego.
Navigator versus dipendenti delle
regioni.
La loro vicenda sin dall’inizio è stata accompagnata
da polemiche. In origine i navigator erano 2.980, ma il loro ingresso nei
centri per l’impiego è stato oggetto di un lungo braccio di ferro con le
regioni che non vedevano di buon occhio la presenza nelle loro strutture di
dipendenti di altre amministrazioni, così si è trovata la soluzione “ibrida”;
possono svolgere l’attività diretta o in affiancamento al dipendente del centro
per l’impiego, sempre d’intesa con il responsabile dei Cpi. «Erano un tentativo
di costruire un sistema parallelo ai Cpi senza avere strutture e competenze,
vista la competenza delle regioni in materia - sostiene Maurizio Del Conte
ordinario di diritto del lavoro alla Bocconi di Milano -. I navigator
andrebbero impegnati non solo per i percettori del reddito di cittadinanza, ma
per tutta la rete di politiche attive».
Pochi i dati sull’attività svolta dai
navigator.
Non esiste un quadro aggiornato delle attività dei
navigator, o dei risultati che hanno conseguito nei Cpi. L’ultimo report ufficiale
di Anpal risale a ottobre 2020. Il presidente Mimmo Parisi - in uscita a breve,
prima della scadenza del contratto (febbraio 2021) su istanza del ministro del
Lavoro Andrea Orlando, che intende commissariare l’Agenzia in previsione di un
cambio di governance - ha annunciato che prima di andar via farà uscire i dati.
Ma la conoscenza di questi dati non dovrebbe essere lasciata alla
discrezionalità dei vertici.
Tuttavia un documento interno, ancora non pubblicato,
contiene la fotografia al 31 gennaio: da settembre 2019 i navigator hanno
supportato gli operatori dei Cpi nell’accoglienza dei beneficiari di RdC,
tramite 994.981 convocazioni o colloqui realizzati (37.068 a gennaio),
nell’attività di “presa in carico” di 469.578 beneficiari del RdC per la stipula
del Patto per il Lavoro; nelle regioni che autorizzano i Navigator ad operare
direttamente, hanno seguito 228.484 piani personalizzati di accompagnamento al
lavoro, ne hanno monitorati 156.980 e hanno svolto attività di verifica
dell’attuazione delle azioni previste dai Piani con 739.764 contatti con i
beneficiari. Complessivamente hanno reso disponibili ai beneficiari RdC 429.984
tra vacancies, opportunità formative o orientative.
Il sistema informativo di Anpal non è
mai decollato.
Il problema è che i navigator sono solo un tassello di
un sistema che non è mai decollato, la cosiddetta seconda gamba del reddito di
cittadinanza, ovvero le politiche attive del lavoro. Al 31 ottobre 2020 i
beneficiari del reddito di cittadinanza (RdC) occupabili erano 1.369.779, di
questi in 352.068 hanno avuto almeno un rapporto di lavoro successivo alla
domanda, ma alla stessa data i rapporti di lavoro ancora attivi erano 192.851.
Del resto, anche guardando oltre il Rdc è tutto il sistema informativo unitario
di Anpal a non essere mai decollato, l’incrocio tra domanda e offerta di lavoro
per cittadini, aziende e operatori con il portale MyAnpal fa registrare numeri
assai bassi (22mila rapporti di lavoro avviati dal 1 gennaio 2020).
Lenzi (navigator): «Spesso mancano competenze digitali».
«Da luglio del 2019 ho seguito oltre 200 percettori
del Rdc - racconta Antonio Lenzi (42 anni), navigator, laurea con 110 e lode in
scienze politiche e dottorato, portavoce di Anna (associazione di navigator) -.
Con le persone convocate nei Cpi facciamo più colloqui, per spiegare come
funziona il percorso di attivazione, vagliare le carenze formative. Spesso
abbiamo in carico ultracinquantenni con bassa scolarizzazione, competenze digitali
quasi nulle, carriere discontinue e bassa qualificazione professionale.
Costruire con loro un piano personalizzato non è semplice. In molti casi hanno
spesso bisogno di formarsi, di avere cognizioni informatiche di base per
potersi ricollocare. Monitoriamo se si sono attivati nella ricerca di un posto
disponibile e se c’è una posizione aperta li prepariamo al colloquio di lavoro.
La soddisfazione più grande è aver convinto dei giovani a completare gli
studi».
Verso il concorso per il posto fisso.
Per il futuro? «Ho superato la prova di preselezione
per un posto nel centro per l’impiego - aggiunge Lenzi -, qui in Lombardia a
fine mese c’è il concorso». Le posizioni nei Cpi riguardano spesso profili
amministrativi, perchè buona parte dell’attività dei dipendenti è per
sbrogliare pratiche burocratiche. «Serve una revisione complessiva della rete
di 550 centri per l’impiego - aggiunge Del Conte -. Si parla molto delle 11.600
assunzioni, ma il problema non è solo quantitativo, è anche qualitativo. La riforma
va fatta d’accordo con le regioni, per costruire un modello di centri ad
assetto variabile, con una griglia di servizi di base che assicuri gli stessi
tempi e le stesse modalità di erogazione delle prestazioni su tutto il
territorio».
IlSole24Ore
Copasir chiede a Draghi ispezione sulla vicenda Renzi-Mancini.
La decisione del Comitato risale alla seduta di martedì scorso dopo l'audizione del direttore del Dis Gennaro Vecchione.
L'Ufficio di presidenza del Copasir ha deciso di chiedere al presidente del Consiglio Mario Draghi l'attivazione di un'inchiesta interna sul caso dell'incontro tra il segretario di Iv Matteo Renzi ed il capocentro del Dis Marco Mancini in un autogrill documentato dalla trasmissione Report.
La decisione del Comitato risale alla seduta di martedì scorso, dopo l'audizione del direttore del Dis Gennaro Vecchione (di cui ieri Draghi ha deliberato la sostituzione con Elisabetta Belloni), dedicata proprio al caso Renzi-Mancini.
Nella prossima seduta il Copasir, fa sapere il presidente Raffaele Volpi, avvierà così la procedura prevista dall'articolo 34 della legge sull'intelligence, che prevede che l'organismo parlamentare, "qualora, sulla base degli elementi acquisiti nell'esercizio delle proprie funzioni, deliberi di procedere all'accertamento della correttezza delle condotte poste in essere da appartenenti o da ex appartenenti agli organismi di informazione e sicurezza, può richiedere al presidente del Consiglio dei Ministri di disporre lo svolgimento di inchieste interne".
E' l'Ufficio ispettivo del Dis che può svolgere, "autorizzato dal presidente del Consiglio dei ministri, inchieste interne su specifici episodi e comportamenti verificatisi nell'ambito dei servizi di informazione per la sicurezza". Le relazioni conclusive delle inchieste interne, prevede sempre la legge, sono trasmesse integralmente al Copasir.
ANSA
giovedì 13 maggio 2021
QUESTA UDIENZA NON S'HA DA FARE. - Rino Ingarozza
Acqua sporca. - Marco Travaglio
Fa discutere, ma anche ridere, l’ideona dell’Ue di annacquare il vino contro l’abuso di alcol. Ma nessuno si accorge che quella trovata demenziale è alla base della sentenza della Consulta sull’ergastolo “ostativo” e delle cosiddette riforme della Giustizia escogitate dalla Cartabia. Dice la Corte che pure gli ergastolani possono uscire anzitempo dal carcere anche se hanno commesso stragi e collaborano con la giustizia. E allora che ci sta a fare l’ergastolo, che per definizione è “fine pena mai”? E che deve fare un criminale per restare dentro sino alla fine, se non bastano neppure le stragi e il mancato pentimento? Invece di abolirlo, hanno inventato l’ergastolo annacquato. Cioè finto. Stesso discorso per le tre presunte riforme della giustizia. La prima è la pretesa incostituzionale di abolire l’appello, ma solo sulle assoluzioni: le condanne resterebbero appellabili. Come se gli errori giudiziari da correggere non fossero anche le assoluzioni dei colpevoli. Anziché abolire l’appello tout court, si aggiunge un po’ d’acqua e morta lì. La seconda è il Parlamento che decide quali reati le Procure devono perseguire e quali tralasciare: invece di depenalizzare quelli inutili, i politici li tengono nel Codice penale ma decidono di lasciarli impuniti (intanto ne sfornano di nuovi, vedi legge Zan). Un po’ d’acqua per allungare il brodo e il gioco è fatto.
La terza è la prescrizione che, cacciata dalla porta con il dl Bonafede, rientra dalla finestra con questo geniale marchingegno: si fissa per legge la durata massima dei processi e poi, se uno dura anche un giorno di più, la prescrizione torna a galoppare. L’idea di sveltire i processi fissandone la durata per legge è roba da menti malate: un conto è chiamare i giudici a rispondere dei ritardi (dovuti spesso alla loro pigrizia, più spesso a carenze di personale e procedure farraginose, ancor più sovente a manovre dilatorie degli avvocati); un altro è scrivere che i processi devono durare di meno per farli durare di meno. E, se durano di più, premiare con la prescrizione gli imputati che li han fatti durare di più. Così i colpevoli avranno tutta la convenienza a farli durare di più, in barba alla tabella di marcia della ministra. È la blocca-prescrizione diluita con acqua (sporca). Poi, naturalmente, tutti a strillare perché i terroristi Di Marzio e Bergamini non possono più essere estradati dalla Francia perché sono riusciti a restare latitanti quanto basta a far scattare la prescrizione (non del reato, ma della pena). Il bello è che l’estradizione, dopo Bonafede, l’ha chiesta la Cartabia. E i più indignati sono i partiti e i giornali di destra: gli stessi che rivogliono la prescrizione per tutti. Ma quelli l’acqua ce l’hanno al posto del cervello.
IlFQ
Covid, miliardari sempre più ricchi con la pandemia. Ecco come fanno i soldi. - Milena Gabanelli e Fabrizio Massaro
Se c’è una cosa che il Covid-19 non ha
fermato, è la crescita della ricchezza dei miliardari. Solo negli Stati Uniti,
dal 18 marzo al 15 settembre la ricchezza di 643 persone è cresciuta complessivamente di 845 miliardi
di dollari. Contemporaneamente 50 milioni di lavoratori perdevano il
lavoro (14 milioni sono ancora disoccupati) e ottenevano sussidi dal governo.
È una crescita di ricchezza che non si ferma. Il patrimonio personale di Jeff Bezos venerdì 16 ottobre è arrivato a 192 miliardi di dollari, (+69,9% da marzo), Elon Musk a 91,9 miliardi (+273,8%), Mark Zuckerberg a 97,9 miliardi, (+78,6%), solo per citare i più famosi. Oltre ai boom di Amazon, Tesla, Facebook, Microsoft, il lockdown è stata una benedizione anche per il fondatore e ceo di Zoom, Eric Yuan, passato da 5,5 a 24,7 miliardi di dollari (+349%) grazie alle videoconferenze cui siamo stati obbligati a ricorrere. Ed è entrato in classifica il creatore del videogioco Fortnite, Tim Sweeny, che oggi possiede 5,3 miliardi di dollari.
Anche la peste suina crea ricchezza.
Dopo gli Stati Uniti, al secondo posto
c’è la Cina con 456 miliardari in elenco. A
aprile il maggior incremento di ricchezza se l’era aggiudicato Qin
Yinglin, l’allevatore di maiali più grande del mondo: è passato dai 4,3 miliardi di dollari del 2019 ai 23,4 miliardi attuali
perché un’altra epidemia – la peste suina – ha fatto schizzare alle stelle il
prezzo della carne. Il Covid ha modificato anche in Cina la classifica. In
testa non c’è più Jack Ma: il creatore
del colosso dell’e-commerce Alibaba, oggi a quota 53 miliardi, è sceso al terzo
posto. E’ stato superato da Ma Huateng,
presidente e ceo di Tencent, super holding che controlla fra l’altro WeChat: a
marzo possedeva 38 miliardi, oggi ha superato i 61,6 miliardi. Al secondo posto è schizzato da poche settimane Zheng
Shanshan: da 1,9 a 55,9 miliardi di dollari in
sei mesi grazie alla quotazione in Borsa di due suoi gruppi, le acque minerali
Nongfu Spring e la Wantai Biological Pharmacy.
I miliardari italiani.
In Italia Forbes ne segnala 40 (erano 36 ad aprile). Al
primo posto Giovanni Ferrero con 26,5 miliardi di dollari, seguito da Leonardo
Del Vecchio con 20,8, la
famiglia Aleotti (Menarini Industrie Farmaceutiche)
con 10,2 miliardi (1 miliardo di evasione scudati), Giorgio
Armani passato dai 5,4 di inizio aprile agli
8,5 di oggi, Stefano Pessina con 8 miliardi e Silvio Berlusconi con 6,4 miliardi. Ma c’è anche il meno noto Gustavo
Denegri (5,9 miliardi), presidente e primo
azionista del gruppo di biotech Diasorin.
Da dove arriva questa ricchezza?
Tanti soldi si concentrano sempre di più
in poche mani, ma la gran parte non per meriti propri. Da un terzo al 60% dei
super-ricchi (a seconda di come viene classificata l’origine delle fortune) ha
ereditato i miliardi che possiede, a cominciare dalla new entry Mackenzie
Scott con 62 miliardi di dollari (erano 36 ad
aprile): la sua fortuna è quella di essere stata la
moglie di Bezos. Otto delle prime dieci donne più
ricche al mondo sono in classifica grazie al padre o al marito miliardario. Le
restanti due sono self-made women cinesi.
Idrocarburi,
olio di palma, casinò.
Un altro terzo almeno è composto da protagonisti del capitalismo di
relazione, ovvero fanno affari grazie all’appoggio dei governi con
leggi a favore, occhi chiusi della autorità antitrust, lobbying sui parlamenti,
brevetti ed esclusive estremamente estese che creano monopoli di fatto o di
diritto. Per esempio il messicano Carlos
Slim (53,1 miliardi di dollari) è
l’uomo dei telefoni in Messico. In Russia i primi dieci miliardari si occupano
tutti di materie prime e idrocarburi: Vladimir
Potanin (22,9 miliardi) possiede la maggioranza
di Nornickel (palladio e nichel); Vladimin
Lisin (22,6 miliardi) è il re
dell’acciaio. Leonid Mikhelson (20,7 miliardi), produttore di gas naturale, Roman
Abramovich (12,6 miliardi) grazie soprattutto a
carbone, nichel e palladio. Il filippino Enrique
Razon Jr. (4,8 miliardi) è la terza
generazione della dinastia che controlla i porti nel Paese asiatico. Il
malese Robert Kuok, 11,1 miliardi di dollari, ha fatto fortuna con l’olio di palma. Le
coltivazioni comportano l’abbattimento di intere foreste pluviali contribuendo
pesantemente ai mutamenti climatici; l’olio utilizzato come combustibile
fossile è inquinante, mentre il palmisto, impiegato nell’industria alimentare,
è fra i più pericolosi grassi saturi. Ben 21
miliardari che valgono complessivamente 100 miliardi di dollari sono nel
business dei casinò.
L’ingegneria fiscale.
Quando hai tanti soldi, puoi anche
permetterti i migliori esperti fiscali per creare trust, scatole cinesi,
veicoli offshore e spostando la residenza fiscale dove è più conveniente. Lo fa
la maggior parte delle multinazionali. Solo per fare un esempio, in
Italia, la famiglia Rocca controlla Tenaris attraverso un sistema di scatole che hanno al vertice una
fondazione olandese. Secondo una recente analisi di Mediobanca i giganti del web hanno versato
46 miliardi di dollari di tasse in meno, solo negli ultimi 5 anni.
Microsoft ha così risparmiato 14,2 miliardi; Alphabet (Google) 11,6; Facebook
7,5. Tra i giganti del web, Microsoft
è quella che ha pagato meno in tasse: appena il
10% degli utili nel 2019. Inoltre circa l’80% della loro liquidità - 638
miliardi a fine 2019, secondo Moody’s - è tenuta in paradisi fiscali per
sottrarla al Fisco dei paesi di provenienza.
Contratti infami ai dipendenti di ultimo livello.
I soldi si fanno risparmiando poi sul
lavoro. La gran parte delle multinazionali
applica contratti indegni ai dipendenti che stanno in fondo alla filiera, o
ricorre subfornitori che a loro volta usano lavoratori sottopagati. Noti marchi
del lusso italiani hanno obbligato sotto Covid i loro artigiani ad applicare
uno sconto del 2% sugli ordini già concordati. Bezos,
che è l’uomo più ricco del pianeta e ceo di Amazon, paga in Italia un co.co.co
sì e no 700 euro al mese. Non ha sborsato un euro per i
mille tamponi fatti dalla Regione Emilia Romagna ai dipendenti del centro
logistico Amazon di Castelsangiovanni. Ferrari e Ducati li pagano invece di
tasca loro.
In 2153 hanno
più soldi di 4,6 miliardi di persone
Secondo la ong Oxfam i 2.153 miliardari
del mondo detengono il 60% della ricchezza globale, ovvero hanno più soldi di quanti ne possiedono tutti insieme 4, 6
miliardi abitanti della Terra. Come contrastare questa ricchezza che si
concentra sempre di più nelle mani di pochi, mentre il livello di
disuguaglianza continua ad allargarsi? Le proposte di economisti e politici
sono tante: da eliminare le protezioni legali agli oligopolisti per aumentare
la concorrenza ad alzare le tasse di successione per i grandi patrimoni o di
introdurle lì dove non ci sono. Ma si fermano sui tavoli dei convegni.
Le fondazioni filantropiche e Bill Gates.
Il dibattito sulle tasse è molto acceso
in Usa dove, tra il 1980 e il 2018, le tasse pagate dai
miliardari, in rapporto alla ricchezza, sono diminuite del 79%. Una proposta è quella di tassare le fondazioni nelle quali i
mega-miliardari conferiscono le loro ricchezze con il solo obbligo di donare
appena il 5% l’anno del loro patrimonio. Scegliendo come e dove intervenire le
fondazioni filantropiche di fatto privatizzano le politiche di welfare. Il
miliardo che arriva al bilancio dell’Oms dalla Gates Foundation e Gavi Alliance
consente di fatto a Bill Gates, in qualità di maggior contribuente, di
orientarne le decisioni di politica sanitaria globale. Si sta accreditando come il maggior benefattore dell’umanità e oggi
chiede agli Stati di aumentare la tassazione ai più ricchi del pianeta. Gliene
siamo grati. Non dice una parola però contro il turismo fiscale di colossi come
Microsoft, grazie al quale ha fatto (e continua a macinare) miliardi.
Usa: le
apparenze e i fatti.
La sinistra americana nelle elezioni in
corso ci ha provato con Bernie Sanders a proporre un’imposta del 60% sui
guadagni realizzati dai miliardari durante la pandemia per sostenere le spese
sanitarie. Diversi miliardari sono pure d’accordo, a cominciare dal
finanziere Warren Buffett, 80,2 miliardi di dollari, quarto uomo più ricco al mondo. Ma oggi il
candidato democratico è un altro, Joe Biden. E dall’altra parte c’è Donald
Trump, posto 1.092 nella classifica mondiale
con 2,5 miliardi di dollari. Per 15
anni ha pagato zero dollari di tasse, grazie ad
ottimi (dal suo punto di vista) consulenti fiscali. Da aprile a settembre,
mentre in America il Covid fermava il Paese, la sua ricchezza è cresciuta del
20%.
Quanto
togliere ai ricchi per creare posti di lavoro.
Secondo il calcolo di Oxfam un
aumento dello 0,5% della tassazione a carico dell’1% più ricco del mondo, consentirebbe in dieci anni di
pagare 117 milioni di posti di lavoro nella scuola e nell’assistenza e cura di
anziani e malati. Maggior peso fiscale sui ricchi,
inoltre, toglierebbe un po’ di peso dalle tasse sul lavoro.
dataroom@rcs.it
CorrieredellaSera