giovedì 7 ottobre 2021

Perché la pressione fiscale resta alta nonostante il Pil in crescita? - Dino Pesole

 

(Illustrazione di Andrea Marson)

Il Governo vuole procedere a tappe: un primo intervento nella prossima legge di Bilancio, poi decreti legislativi nel corso del 2022 con effetti non prima del 2023.

Il Pil cresce e dovrebbe consolidare l’attuale rimbalzo congiunturale così da assicurare un percorso di crescita strutturale nei prossimi anni, ma la pressione fiscale resta sostanzialmente ferma tra il livello stimato per il 2021 (41,2% del Pil, contro il 42,1% del 2020) e il 41,5% del 2024. Stando a quel che prevede la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza, al netto della misura che riguardano l’erogazione del beneficio dei 100 euro mensili (che viene conteggiata tra le maggiori spese), la pressione fiscale passerebbe dal 41,2% del 2021 al 40,9% nel 2024.

Al momento si può contare sul “fondo potenziale” da destinare alla riduzione della pressione fiscale pari a 4,3 miliardi nel 2021 e sull’intenzione - ribadita dal Governo - di ridurre la pressione fiscale «utilizzando prioritariamente le risorse derivanti dal contrasto all'evasione nell'ambito della sessione di bilancio».

L’urgenza della riduzione delle tasse.

La pressione fiscale fotografa l’insieme delle tasse e dei contributi incassati dallo Stato in rapporto al Pil. È un indicatore importante da valutare nella sua dinamica anno dopo anno, che tuttavia non fotografa il peso reale del complesso delle entrate fiscali e contributi sui singoli contribuenti. In molti casi, il livello effettivo del prelievo si attesta su valori decisamente superiori rispetto all’indice ufficiale, a causa del permanere di un’alta evasione (la stima varia dai 110 ai 130 miliardi l’anno). Va dunque senz’altro accolta con favore l’intenzione del Governo di agire sul fronte del contrasto all’evasione (intendimento che peraltro è agevole individuare in tutti i programmi di governo degli ultimi decenni).

Certamente passi in avanti sono stati compiuti verso quello che i tecnici definiscono «l’adempimento spontaneo al pagamento delle imposte» (la cosiddetta tax compliance), ma l’evasione resta uno dei problemi principali da affrontare attraverso un mix di misure di contrasto, il pieno utilizzo degli incroci con le banche dati, una drastica opera di semplificazione degli adempimenti tributari e il potenziamento dei pagamenti digitali. Sono linee di indirizzo che dovrebbero tra breve essere inserite nel disegno di legge delega che il Governo si appresta a presentare in Parlamento.

Razionalizzazione della spesa e contrasto all’evasione.

Per ridurre la pressione fiscale occorre un giusto dosaggio, in termini di corrette coperture finanziarie, tra un programma pluriennale di razionalizzazione della spesa corrente - come peraltro annunciato dal ministro dell’Economia, Daniele Franco nel corso dell’audizione parlamentare dello scorso 21 luglio - e di aumento del gettito per effetto dell’azione di contrasto all'evasione.
Per quel che riguarda questa seconda fonte di finanziamento della riforma fiscale, va tuttavia precisato che le maggiori entrate che si ipotizza di incassare grazie alla lotta all’evasione dovrebbero essere correttamente contabilizzate solo ex post, una volta che siano state effettivamente incassate. Utilizzarle come fonte di copertura ex ante (lo si è già fatto in passato) pare una strada non del tutto coerente con i dettami di finanza pubblica, oltre a presentare margini di aleatorietà.

Si dovrebbe agire anche intervenendo sul complesso universo delle agevolazioni fiscali (oltre 600 per un costo di 68 miliardi), ma si tratta di un’operazione che richiede un ampio consenso in sede politica, perché comunque si tratta di decidere quali categorie andare a “colpire”, e tutto ciò può avere un costo in termini di consenso, e dunque di riscontro a breve dal punto di vista elettorale.

Il Pil e il fisco.

La nuova previsione tendenziale del Governo indica tassi di crescita del Pil reale dal 6% del 2021 al 4,2% del 2022, per poi attestarsi al 2,6% nel 2023 e all'1,9% nel 2024. Previsioni già validate dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio, che porterebbero il Pil al di sopra del trend pre-crisi nel 2024. Il quadro macroeconomico programmatico, che incorpora l’effetto della politica economica “espansiva” indicata nella Nadef, vede il Pil di quest’anno al 6%, al 4,7% nel 2022, che passa al 2,8% nel 2023 e all'1,9% nel 2024.

La politica fiscale dovrà rafforzare l’incremento del “denominatore” (il Pil), favorendo in tal modo il percorso di graduale riduzione della pressione fiscale. Ma la riforma dovrà puntare prima di tutto all’equità e alla corretta distribuzione del carico tributario, intervenendo sull’Irpef, ma anche sul cuneo fiscale, sull’Iva e sull’Irap. Il tema delle risorse è decisivo, e l’intendimento del Governo è di procedere a tappe, con un primo intervento (con ogni probabilità sul cuneo fiscale) da inserire nella prossima legge di Bilancio, per poi affidare il percorso di taglio delle tasse ai decreti legislativi che dovrebbero vedere la luce nel corso del 2022, con effetti tangibili dunque non prima del 2023.

Quanto al fondo da 4,3 miliardi indicato nella Nadef, si tratta di un insieme di risorse “potenziali” che emergono da quello che il Governo definisce il miglioramento della propensione di imprese e cittadini a pagare le imposte. Ora la quantificazione del maggior gettito dovrà essere ratificato e indicato nel Fondo speciale con un ulteriore provvedimento del ministro dell’Economia.

IlSole24Ore

Riforma del catasto vuol dire aumento delle tasse sulla casa? - Dino Pesole

 

(Illustrazione Giorgio De Marinis)

Nell'immediato, poiché quello sul fisco è un disegno di legge delega (la cui attuazione è demandata ai successivi provvedimenti) non cambia nulla. Si immagina che gli effetti del riordino delle rendite catastali cominceranno a dispiegare i loro effetti entro il 2026.

Un approccio “gradualista”, una sorta di percorso a tappe dai tempi lunghi (l'orizzonte è il 2026) che prova a scommettere su un principio-base tutto da verificare in corso d'opera: la revisione del catasto (attesa da decenni e ritenuta necessaria per rendere più equo e trasparente il prelievo sugli immobili) non comporterà la modifica delle rendite su cui si basa la tassazione.

In sostanza, al percorso che il Governo ha affidato ai 10 articoli del disegno di legge delega approvato dal Consiglio dei ministri (con la palese dissociazione della Lega) viene sottratto almeno nelle linee guida al rituale balletto dei distinguo in sede politica. Come sarà possibile modificare la struttura del catasto (operazione certo molto complessa che richiederà anni) senza quanto meno ricalibrare il prelievo lo si vedrà quando verrà approvato il relativo decreto legislativo. E non sarà da attenderlo in tempi brevi.

L’impegno di Draghi.

“È stata approvata la riformulazione del catasto. Il governo si impegna ad accatastare tutto quello che non è accatastato, terreni, abitazioni, e procede a una revisione delle rendite catastali adeguandole alle rendite di mercato. Occorrono cinque anni, ma il governo si impegna che nessuno pagherà di più o di meno, le rendite restano invariate”. Questo è il commento del presidente del Consiglio, Mario Draghi all'approvazione da parte del Consiglio dei ministri del disegno di legge sul fisco. La revisione delle rendite catastali è uno dei capitoli della riforma, e al pari degli altri assi portanti (dall'Irpef all'Irap e all'Iva) contiene i principi base. Una volta ottenuto dal Parlamento il via libera all'esercizio della delega, saranno i successivi decreti legislativi a entrare nel merito dei singoli passaggi della riforma entro 18 mesi dall'approvazione del ddl. La dote finanziaria è tutta da definire.

Lo ha spiegato il ministro dell'Economia, Daniele Franco: “Ogni decreto legislativo comporterà una riduzione di gettito. La copertura andrà individuata con le leggi di Bilancio”. Al momento si può contare su uno stanziamento di oltre 2 miliardi per il 2022, e di circa 1 miliardo per ognuno degli anni successivi. Si vedrà se sarà possibile potenziarlo.

L’invarianza del gettito.

L'obiettivo del Governo (ora da verificare in corso d'opera) è di avviare la revisione delle rendite catastali cercando, per quanto possibile, di mantenere l'invarianza del gettito. In sostanza la redistribuzione del carico fiscale sulla casa dovrebbe passare dall'adeguamento delle rendite ai valori di mercato, senza con questo far crescere l'importo complessivo delle tasse sul mattone. E senza toccare l'abitazione principale. Esercizio complesso. Non a caso tutti i più recenti tentativi di mettere mano alla revisione delle rendite catastali è naufragato sotto il peso delle pressioni politiche.

L'interrogativo è legittimo. I tempi? Difficile ipotizzare che si possa metter mano a un capitolo così controverso e a così alta valenza politico-elettorale, nell'anno (il 2022) che precederà l'appuntamento con le elezioni politiche del 2023 (ammesso che la legislatura giunga al suo naturale compimento). Certo dovrebbero essere poi le aliquote a determinare il prelievo, e pare corretto non assimilare tout court la revisione delle rendite catastali all'incremento della tassazione sugli immobili. Occorrerà evidentemente procedere a tappe, e rendere esplicito uno dei principi-cardine enunciati nel ddl delega, vale a dire quello della “trasparenza”. Che non potrà essere disgiunto dall'altro caposaldo: la semplificazione.

Cosa accade nell'immediato.

Nell'immediato, trattandosi di un disegno di legge delega (la cui attuazione è demandata ai successivi provvedimenti) non cambia nulla. E non vi è da attendere che cambi qualcosa nell'immediato futuro per quel che riguarda le tasse sul mattone. L'obiettivo che il Governo intende perseguire è quello della revisione e dell'aggiornamento dei sistemi di mappatura degli immobili. In questo modo si punta anche a contrastare l'evasione, ma anche ad avviare la complessa revisione del catasto fabbricati. Il tutto entro il 2026, anno in cui si immagina che gli effetti del riordino delle rendite catastali comincerà a dispiegare i suoi effetti. Il dettaglio sarà affidato a un decreto legislativo ad hoc che dovrebbe affiancare alla rendita catastale il valore patrimoniale dell'immobile e una rendita ai valori di mercato. Operazione – promette Draghi – che non comporterà aumenti del prelievo. Come lo si riuscirà a fare lo vedremo nei prossimi anni.

IlSole24Ore

mercoledì 6 ottobre 2021

Ball-ottaggi. - Marco Travaglio

 

Ultime notizie dal magico mondo degli esperti.

“Il voto rafforza Draghi”, “Vince Draghi”. Infatti la Lega ha subito disertato il Consiglio dei ministri (peraltro con più di una ragione) perché SuperMario pretendeva il solito voto a scatola chiusa degli Ufo detti volgarmente “eletti dal popolo” sulla delega fiscale con riforma del catasto incorporata. Dopo le sconfitte della Lega (sorpassata dalla Meloni) e del M5S, che pagano anche l’adesione all’ammucchiata draghiana, sarà tutto un rafforzamento.

La destra paga il “fango del caso Morisi” e l’“agguato” di Fanpage alla Meloni. Parola delle educande di Libero, quelle di “Raggi patata bollente”.

“È la fine dei populisti”, dei “sovranisti” e “dell’antipolitica”. L’antipolitica è il primo partito: 45% di astenuti. Populisti e sovranisti, sempreché così si possano definire FdI, Lega e M5S, totalizzano nei sondaggi il 57-58%. Alle Politiche del 2018 erano al 55%, quindi sono pure aumentati. Ma un pallottoliere in redazione no?

“A destra vincono i moderati”. A Roma un elettore su tre vota tal Michetti solo perché gliel’ha chiesto la Meloni che, se si fosse candidata lei, avrebbe probabilmente vinto al primo turno. A Torino l’ultramoderato Damilano s’è fatto scavalcare da tal Lo Russo del Pd. A Milano il pediatra Bernardo straperde, ma non perché non sia moderato: perché non lo conosceva nessuno. Né come moderato né come estremista.

“Per far parte del nuovo centrosinistra, i 5Stelle devono invitare a votare Gualtieri e Lo Russo”. Il nuovo centrosinistra, per il Pd, non è un’alleanza, ma un’annessione. A Roma si ripresentava la Raggi, ma il Pd ha candidato Gualtieri; a Milano si ripresentava Sala e i 5Stelle erano pronti ad appoggiarlo, ma lui li ha respinti e ha vinto senza di loro. A Torino, Conte, Appendino, Letta e Boccia puntavano sul rettore del Politecnico Guido Saracco per un progetto comune che poteva sbancare al primo turno, come Manfredi a Napoli. Ma i dem locali hanno deciso di cancellare ogni traccia della sindacatura Appendino e candidato Lo Russo, il consigliere che l’aveva denunciata e fatta condannare per un debito di Fassino (tutto vero). E che ha pure siglato un solenne “patto” con l’ex FI Portas giurando di non fare accordi neppure al ballottaggio con gli appestati 5S. Intanto Gualtieri definiva la giunta Raggi “peggio di Alemanno” (condannato per Mondo di Mezzo). Per convincere gli elettori di Raggi e Appendino a votare Gualtieri e Lo Russo non servono appelli (fra l’altro poco dignitosi) di Conte: sono Gualtieri e Lo Russo che, se vogliono quei voti, devono chiederli, riconoscendo alcune delle cose buone fatte dalle due sindache 5Stelle. Volendo, non hanno che l’imbarazzo della scelta.

ILFQ

Cartelle esattoriali, Franco: “Possibile nuova rottamazione”. E sul cashback: “Misura utile contro l’evasione, ma non sarà strutturale”.

 

L'apertura a "un'ulteriore spalmatura degli oneri" arriva dal ministro durante l'audizione sulla Nadef di fronte alle Commissioni bilancio. Saranno prorogati con la prossima legge di bilancio, invece, il Superbonus 110% e gli altri bonus edilizi, che però - avverte Franco - "sono uno strumento molto costoso e non sostenibile alla lunga". E sulle politiche europee di bilancio: "In futuro qualche regola ci sarà, il nostro deficit deve tornare a scendere".

Una nuova rateizzazione e rottamazione delle cartelle esattoriali? “Stiamo valutando se un’ulteriore spalmatura degli oneri possa essere considerata”. L’apertura, durante l’audizione sulla Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza (Nadef) di fronte alle Commissioni bilancio di Camera e Senato, arriva dal ministro dell’Economia Daniele Franco. Che però specifica: “Bisogna muovere gradualmente verso una situazione di normalità in cui famiglie e imprese pagano le cartelle, possiamo di nuovo smussare e diluire, ma bisogna tornare alla normalità”. Il ministro ha toccato vari temi di politica economica e fiscale, compreso quello del cashback, la misura anti-evasione varata dal governo Conte II per incentivare l’uso della moneta elettronica e sospesa fino al 2022 dall’attuale esecutivo. “È uno strumento che è stato molto importante per recuperare e muovere verso i pagamenti elettronici, che facilitano il contenimento dell’evasione. C’è un’analisi costi-benefici, nel prorogarla bisogna valutare gli uni e gli altri”. Ma, aggiunge, “non la vedrei come una misura strutturale: nel momento in cui abbiamo spinto le persone verso i pagamenti digitali va bene, si resta nel mondo digitale. Bisogna vedere se siamo arrivati a quel punto o serve un altro utilizzo. Difficilmente se le persone sono abituate all’utilizzo del bancomat tornano indietro”, sostiene.

Saranno prorogati con la prossima legge di bilancio, invece, il Superbonus 110% per la riqualificazione energetica “e gli altri bonus edilizi“, “molto importanti per far ripartire il settore delle costruzioni“: anche qui, però – precisa Franco – “dobbiamo ricordare che sono uno strumento molto costoso” e “non sostenibile alla lunga“. L’edilizia va sostenuta ma “non può crescere a dismisura“, anche perchè interventi come il Superbonus, spiega, “fanno onore per la finanza pubblica: se ciascun italiano fa domanda, l’effetto sui conti e sul debito è stratosferico“. Il ministro ha parlato anche della politica di bilancio: che al momento è “attuata in regime di sospensione” del Patto di stabilità, ma in sede europea “si sta aprendo il dibattito sul futuro delle regole” e “comunque vada è verosimile che qualche regola ci sarà, più o meno stringente di prima”. Pertanto, avverte, “dobbiamo tenere a mente che il deficit deve scendere, l’avanzo primario deve tornare e bisogna ridurre il debito che libera risorse”: insomma, “dobbiamo tornare gradualmente verso una politica di bilancio più prudente”.

La politica di bilancio italiana, però, rimarrà espansiva “nel 2022 e nel 2023“, finché il Pil e l’occupazione non avranno recuperato non solo la caduta ma anche la mancata crescita rispetto al 2019. A partire dal 2024, invece, “riteniamo che possa tornare neutrale”. Nel triennio coperto dalla Nadef (2022-2024), ci sono margini per intervenire sugli ammortizzatori sociali e “avviare un processo di alleggerimento del carico fiscale“, ha annunciato. Per quel che riguarda la crescita, invece, “il 6% (la stima della Nadef sul rimbalzo del Pil nel 2021, ndr) è irripetibile ma tassi di crescita più alti degli scorsi decenni è quello a cui dobbiamo puntare per gli anni 2023, ’24, ’25, ’26. Nel formulare la previsione per il restante anno e il prossimo – ha puntualizzato il ministro – assumiamo non vi siano nuove restrizioni alle attività economiche e ai movimenti delle persone. Ove la pandemia riprendesse, i numeri sarebbero a rischio“.

ILFQ

Superbonus 110%, come accatastare le pertinenze della casa e moltiplicare gli aiuti. - Giorgio Gavelli

 

(Illustrazione Andrea Marson)

Le pertinenze giocano un ruolo differente a seconda della tipologia di edificio su cui si interviene. 

Nell’ambito dei complessi meccanismi di calcolo dei massimali di spesa legati al superbonus (senza dimenticare le agevolazioni “minori” in scadenza a fine anno, salvo proroga), le pertinenze giocano un ruolo differente a seconda della tipologia di edificio su cui si interviene.

Infatti, nonostante le detrazioni siano attribuite dal legislatore “per unità immobiliare”, fin dai tempi del 36% di bonus ristrutturazione l’Agenzia ha affermato che “l’ammontare massimo di spesa ammessa alla detrazione va riferito all’unità abitativa e alle sue pertinenze unitariamente considerate, anche se accatastate separatamente” (così anche la circolare 24/E/2020).
Quindi, prescindendo dalla opinabile risposta ad interpello n. 568/2021 (peraltro già eliminata dal sito delle Entrate), l’unità principale assorbe, ai fini dei limiti di spesa, tutte le pertinenze, ma questo accade solamente:

• per gli edifici unifamiliari (singola villetta);

• per le unità immobiliari situata all’interno di edifici plurifamiliari che siano funzionalmente indipendenti e dispongano di uno o più accessi autonomi dall’esterno (loft condominiali o villette a schiere dotate dei requisiti richiesti dal comma 1-bis dell’articolo 119 del Dl 34/2020.

Condomìni e palazzine.

Così non è, invece, nei contesti plurifamiliari non indipendenti/autonomi. Nell’ambito dei condomìni e negli edifici da due a quattro unità immobiliari, distintamente accatastate, con unico proprietario (o comproprietà uniforme) vige la diversa regola che il limite di spesa – per gli interventi riguardanti le parti comuni - viene moltiplicato per il numero delle unità immobiliari di ciascun edificio, pertinenze comprese, anche se non servite dall’impianto termico (ecobonus), a patto che si trovino nello stesso corpo di fabbrica.

Questo effetto “moltiplicativo” è particolarmente gradito, al punto che, in questi edifici, ed in particolare nei cosiddetti “condomìni minimi”, si assiste in questi mesi all’iscrizione in catasto di pertinenze (fino ad ora catastalmente incorporate nell’unità immobiliare principale) prima di iniziare i lavori meritevoli di agevolazione.

Operazione perfettamente legittima (ovviamente applicando le regole catastali), anche in considerazione che, nel corso di Telefisco dello scorso mese di giugno, le Entrate hanno affermato che «in assenza di una espressa previsione normativa al riguardo» si ritiene che «l’unico proprietario di un edificio possa frazionarlo prima dell’inizio dei lavori, in più unità immobiliari distintamente accatastate». Peraltro, va ricordato che nel calcolo delle unità «da due a quattro» previste per questi edifici ai fini del 110%, le pertinenze non vanno considerate (tra le altre, si veda la risposta n. 608/2021).

La prevalenza abitativa.

In contesti plurifamiliari, occorre anche considerare se vi è prevalenza di superficie residenziale o meno. Infatti, se tale prevalenza sussiste, hanno diritto alla detrazione per la pertinente quota di lavori realizzati sulle parti comuni anche il proprietario/detentore di unità immobiliari non residenziali (es. uffici o negozi) o delle unità immobiliari “di lusso” (accatastate A/1, A/8 e A/9), senza che ciò li autorizzi a sfruttare la detrazione per i lavori “trainati” sulle singole unità immobiliari.

Qualora, invece, la prevalenza a livello di superficie sia “non residenziale”, la detrazione è ammessa solo per le spese realizzate sulle parti comuni per la quota di pertinenza dei possessori o detentori di unità immobiliari destinate ad abitazione comprese nell’edificio, e solo su tali unità immobiliari (se diverse da A/1, A/8 e A/9) potranno essere agevolati i lavori “trainati”.

In quest’ambito, è stata recentemente diffusa la risposta ad interpello n. 904-2305/2021 della Direzione regionale delle Entrate Lombardia che ha confermato che la superficie delle pertinenze fa “cumulo” con l’unità immobiliare a cui sono asservite, per cui cantine e garage degli immobili abitativi si contano come superfici abitative. Del resto, che la pertinenza segua lo stesso “destino” dell’abitazione principale, è un principio presente all’articolo 818 cod. civ. e, sotto l’aspetto fiscale, più volte ribadito dalle Entrate; proprio ai fini delle imposte dirette si applica con riferimento alle plusvalenze che costituiscono reddito diverso ai sensi dell’articolo 67, comma 1, del Tuir.

La risposta della Direzione regionale delle Entrate Lombardia fa riferimento alla “superficie catastale” delle unità immobiliari come parametro di riferimento, senza considerare altre modalità di calcolo quali la “superficie reale” o il calcolo millesimale. Sul tema sarebbe opportuno un chiarimento specifico.

ILSole24Ore

Decreto fisco, da riforma catasto a riscossione: ecco la delega.

 

Aliquote Iva, Irap e Irpef: tutte le novità.

Il taglio delle microtasse e la semplificazione delle norme, ma anche progressività del sistema e lotta all'evasione: sono quattro i principi cardine della delega fiscale approvata dal Consiglio dei ministri.

In primis, nelle intenzioni del governo la futura riforma punta a stimolare la crescita economica attraverso una maggiore efficienza della struttura delle imposte e la riduzione del carico fiscale sui fattori di produzione; secondo, la razionalizzazione e semplificazione del sistema anche attraverso la riduzione degli adempimenti e l’eliminazione dei micro-tributi; terzo, la progressività del sistema, che va preservata, seguendo i dettami della Costituzione che richiamano un principio generale di giustizia e di equità. Infine, quarta linea guida: il contrasto all’evasione e all’elusione fiscale.

IRPEF - Il disegno di legge, secondo quanto si legge nella nota di Palazzo Chigi, interviene sul sistema duale e sull'Irpef, poggiando su due pilastri: il completamento del sistema duale e quindi la distinzione tra redditi da capitale e redditi da lavoro e la riduzione delle aliquote effettive che si applicano ai redditi da lavoro. Per i redditi da capitale è prevista la tassazione proporzionale, tendenzialmente con un’aliquota uguale per tutti i redditi da capitale, ma con gradualità, con l'obiettivo di razionalizzare l’attuale sistema e rendere più efficiente il mercato dei capitali.

Per i redditi da lavoro è prevista la riduzione delle aliquote effettive medie e marginali dell’Irpef incentivando così l’offerta di lavoro, in particolare nelle classi di reddito dove si concentrano i secondi percettori di reddito e i giovani. Ripensamento poi della giungla delle deduzioni-detrazioni fiscali sulla base di una valutazione attenta dell’equità e dell’efficienza. Infine, si prevede il riordino della tassazione del risparmio, facendo attenzione alla necessità di non generare spazi per l’elusione dell’imposta.

IRES - In materia di tassazione del reddito d’impresa, il testo intende rendere coerente il futuro sistema con l’approccio duale. Quindi nel processo di attuazione della delega si potrà modificare la struttura delle imposte (aliquote e basi imponibili) a carico delle imprese in modo da allinearla a quella tendenzialmente e gradualmente omogenea prevista per la tassazione di tutti i redditi da capitale. All’interno di questo contesto, in ogni caso gli interventi potranno anche favorire la semplificazione dell’Ires con l’obiettivo di ridurre gli adempimenti a carico delle imprese.

IVA - Per quanto riguarda l’Iva, si stabilisce l’obiettivo di razionalizzare l’imposta, con riguardo anche ai livelli delle aliquote e alla distribuzione delle basi imponibili tra le aliquote stesse. Si mira a semplificare la gestione del tributo e a ridurre i livelli di evasione e di erosione dell’imposta.

IRAP ADDIO - La delega prevede il superamento in maniera graduale dell’Irap.

REVISIONE CATASTO A IMPATTO ZERO SU TRIBUTI - E’ prevista l’introduzione di modifiche normative e operative dirette ad assicurare l’emersione di immobili e terreni non accatastati. Si prevede, inoltre, l’avvio di una procedura che conduca a integrare le informazioni sui fabbricati attualmente presenti nel Catasto, attraverso la rilevazione per ciascuna unità immobiliare del relativo valore patrimoniale, in base, ove possibile, ai valori normali espressi dal mercato e introducendo meccanismi di adeguamento periodico. Questo intervento non ha tuttavia alcun impatto tributario.

IMU TUTTA AI COMUNI - Il disegno di legge prevede la sostituzione delle addizionali regionali e comunali all’Irpef con delle rispettive sovraimposte. Il nuovo sistema potrà essere disegnato al fine di garantire comunque che nel loro complesso Regioni e Comuni abbiano un gettito equivalente. Si prevede la revisione dell’attuale riparto tra Stato e comuni del gettito dei tributi sugli immobili destinati a uso produttivo, al fine, tra l’altro, di rendere l’Imu un’imposta pienamente comunale.

RISCOSSIONE - Riforma del sistema della riscossione superando l’attuale sistema che vede una separazione tra il titolare della funzione di riscossione (Agenzia delle Entrate) e il soggetto incaricato dello svolgimento dell’attività (Agenzia delle Entrate-Riscossione). Il potenziamento dell’attività potrà derivare dall’adozione di nuovi modelli organizzativi e forme di integrazione nell’uso delle banche dati che andranno valutati e definiti in sede di decreti delegati.

CODICI - Si prevede la codificazione delle norme tributarie e si mira ad avviare un percorso per giungere a un riordino di tutte le norme all’interno di Codici.

AdnKronos

Lobby nera: indagati Fidanza e Jonghi Lavarini.


Inchiesta a Milano su finanziamento illecito e riciclaggio.


L'europarlamentare di Fdi Carlo Fidanza e Roberto Jonghi Lavarini, anche detto il 'barone nero', sono indagati per le ipotesi di finanziamento illecito e riciclaggio nell'indagine milanese scaturita dall'inchiesta giornalistica di Fanpage sulla campagna elettorale di Fratelli d'Italia. Oggi la Gdf ha anche effettuato delle perquisizioni.

In particolare, Fidanza e Jonghi Lavarini, che fu candidato per Fdi alla Camera nel 2018, sono indagati per le due ipotesi di reato contestate nell'inchiesta - coordinata dall'aggiunto Maurizio Romanelli e dai pm Piero Basilone e Giovanni Polizzi - sulla base, a quanto si è saputo, di frasi che sono state da loro pronunciate nel primo video dell'inchiesta di Fanpage.

I pm ieri hanno acquisito il filmato integrale con le registrazioni (oltre 100 ore) dei dialoghi tra un cronista 'infiltrato', Jonghi Lavarini (condannato a due anni per apologia del fascismo), Fidanza (europarlamentare Fdi che intanto si è dimesso da tutti gli incarichi di partito) e la neoconsigliera del Comune di Milano, e all'epoca candidata di Fdi, l'avvocato Chiara Valcepina (che non risulta allo stato indagata). Dialoghi da cui è venuto a galla un presunto sistema di "lavanderia", di cui parla proprio Jonghi Lavarini, per pulire soldi versati in nero destinati alla campagna elettorale e usati anche per altre elezioni.

E' stato il 'barone nero', come emerge dal filmato di Fanpage, a presentare Carlo Fidanza al giornalista e l'eurodeputato gli avrebbe spiegato, come risulta dal video, che poteva contribuire alla campagna elettorale versando sul conto corrente o "se è più comodo fare del black", del 'nero', tanto, come ha detto Jonghi Lavarini, ci sono una "serie di lavatrici" per il finanziamento.

Frasi che hanno portato, appunto, all'iscrizione dei due nel registro degli indagati e oggi ad una perquisizione del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Gdf di Milano nella casa di Jonghi Lavarini. Un attività finalizzata a cercare eventuali riscontri, tra documenti e dispositivi informatici, sui presunti finanziamenti 'opachi' e sul riciclaggio di denaro di cui si parla nelle registrazioni di Fanpage.

"Ho appreso dagli organi di stampa di essere stato iscritto sul registro degli indagati a seguito dell'inchiesta di Fanpage" ha commentato Fidanza. "Al momento non ho ricevuto alcuna comunicazione ufficiale. Sono sereno e ovviamente a disposizione della Procura per chiarire quanto prima ogni aspetto di questa vicenda". 

ANSA