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sabato 9 ottobre 2021

Fisco, Draghi chiede consigli a B. condannato per frode. - Gianluca Roselli e Giacomo Salvini

 

La telefonata del premier al leader di Forza Italia.

Non potevano incontrarsi di persona causa acciacchi di salute e quindi si sono sentiti al telefono. Dopo il faccia a faccia con Matteo Salvini, ieri mattina il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha chiamato Silvio Berlusconi. Un colloquio che a Palazzo Chigi definiscono “lungo e cordiale” in cui si è parlato di riforma fiscale, legge di Bilancio e delle prossime riforme in cantiere a partire da quella sulla concorrenza. Non sarà l’ultimo colloquio che il premier avrà sul cronoprogramma per rispettare i tempi del Pnrr: nei prossimi giorni sentirà anche gli altri leader del governo, Giuseppe Conte ed Enrico Letta. Draghi ha capito che il dialogo con i capi delegazione dei partiti non basta più e vuole curare anche i rapporti con i leader: qualcuno ipotizza che sia un modo per preparare la sua ascesa al Quirinale. Allo stesso tempo la telefonata di Draghi di ieri ha anche l’obiettivo di mandare un messaggio a Salvini che giovedì era uscito dall’incontro di Chigi soddisfatto per aver ottenuto la possibilità di incontrare il premier “una volta a settimana”.

E invece ieri il presidente del Consiglio, sentendo Berlusconi, ha fatto capire che il dialogo con i leader sarà la nuova routine e che non c’è nessun favoritismo riservato al leader della Lega. Non solo: nella nota di Palazzo Chigi si fa anche sapere che Draghi e Berlusconi hanno “condiviso il percorso avviato sulla delega per la riforma fiscale”. E così è stato: il leader di Forza Italia ha detto sì alla legge delega che contiene anche la riforma del catasto approvata martedì, confermando il voto favorevole dei ministri Brunetta, Carfagna e Gelmini. Un passaggio che aveva provocato lo strappo della Lega che non ha votato in Cdm e che continua a creare tensioni nel Carroccio con Salvini che ancora ieri chiedeva al premier di impegnarsi “per iscritto” a non aumentare le tasse. Su quel versante il leader della Lega non ha ottenuto niente da Draghi e così oggi il premier ha chiesto la legittimazione di Berlusconi anche per mettere all’angolo il leader del Carroccio. Secondo fonti forziste, l’ex Cavaliere al premier ha chiesto rassicurazioni anche sulla manovra di bilancio, che sia “il più possibile espansiva” per favorire la crescita, a partire dal Superbonus. Ma nella telefonata c’è stato un momento anche più politico, con Berlusconi che ha tenuto a far sapere a Draghi che il sostegno al suo governo “fa bene a Forza Italia”. E che la linea del suo partito è quella di “rivendicare i successi del suo esecutivo”. “Con Draghi FI è tornata centrale nel dettare l’agenda”, dicono i berluscones. Cosa ben diversa dalle truppe davanti a Palazzo Chigi schierate da Salvini, che però, come si è visto nelle urne, è in continua emorragia di consensi. E le critiche forziste di queste ore alla strategia di Meloni e Salvini su campagna elettorale e scelta dei candidati non aiuta certo a rasserenare il clima nel centrodestra. Anzi. Dopo una serie di complimenti e elogi reciproci (il premier ha invitato Berlusconi a Roma quando si sarà rimesso al cento per cento), poi, i due sono scesi nel dettaglio del provvedimento più spinoso. Sulla riforma del fisco, Berlusconi ha confermato le posizioni dei suoi ministri (“per noi va bene) ma ha chiesto la garanzia a Draghi che “non ci sarà un aumento di tasse”.

Il leader di FI avrebbe preso le distanze anche dal riottoso Salvini: “Noi siamo responsabili, in questo momento ci vuole stabilità – sono state le parole di Berlusconi – il governo deve andare avanti e noi lo sosterremo lealmente fino in fondo”. Un breve focus sui prossimi passaggi che impegneranno il governo – la riforma della concorrenza e la legge di Bilancio – e i saluti finali. Se da Palazzo Chigi hanno reso nota la conversazione, è scoppiato un piccolo caso in Forza Italia visto che da Arcore non è arrivata alcuna comunicazione ufficiale. Motivo: il partito è spaccato tra l’ala liberal rappresentata dai ministri e quella più filo leghista rappresentata da Antonio Tajani e Licia Ronzulli che hanno un po’ da ridire sulla riforma del catasto. Berlusconi ha deciso di non spaccare ancora il partito evitando di esporsi. Nel frattempo Giancarlo Giorgetti fa il pompiere: “Se Salvini e Draghi sono contenti, io sono felice. Ora è tornato il sereno”.

ILFQ

giovedì 7 ottobre 2021

Riforma del catasto vuol dire aumento delle tasse sulla casa? - Dino Pesole

 

(Illustrazione Giorgio De Marinis)

Nell'immediato, poiché quello sul fisco è un disegno di legge delega (la cui attuazione è demandata ai successivi provvedimenti) non cambia nulla. Si immagina che gli effetti del riordino delle rendite catastali cominceranno a dispiegare i loro effetti entro il 2026.

Un approccio “gradualista”, una sorta di percorso a tappe dai tempi lunghi (l'orizzonte è il 2026) che prova a scommettere su un principio-base tutto da verificare in corso d'opera: la revisione del catasto (attesa da decenni e ritenuta necessaria per rendere più equo e trasparente il prelievo sugli immobili) non comporterà la modifica delle rendite su cui si basa la tassazione.

In sostanza, al percorso che il Governo ha affidato ai 10 articoli del disegno di legge delega approvato dal Consiglio dei ministri (con la palese dissociazione della Lega) viene sottratto almeno nelle linee guida al rituale balletto dei distinguo in sede politica. Come sarà possibile modificare la struttura del catasto (operazione certo molto complessa che richiederà anni) senza quanto meno ricalibrare il prelievo lo si vedrà quando verrà approvato il relativo decreto legislativo. E non sarà da attenderlo in tempi brevi.

L’impegno di Draghi.

“È stata approvata la riformulazione del catasto. Il governo si impegna ad accatastare tutto quello che non è accatastato, terreni, abitazioni, e procede a una revisione delle rendite catastali adeguandole alle rendite di mercato. Occorrono cinque anni, ma il governo si impegna che nessuno pagherà di più o di meno, le rendite restano invariate”. Questo è il commento del presidente del Consiglio, Mario Draghi all'approvazione da parte del Consiglio dei ministri del disegno di legge sul fisco. La revisione delle rendite catastali è uno dei capitoli della riforma, e al pari degli altri assi portanti (dall'Irpef all'Irap e all'Iva) contiene i principi base. Una volta ottenuto dal Parlamento il via libera all'esercizio della delega, saranno i successivi decreti legislativi a entrare nel merito dei singoli passaggi della riforma entro 18 mesi dall'approvazione del ddl. La dote finanziaria è tutta da definire.

Lo ha spiegato il ministro dell'Economia, Daniele Franco: “Ogni decreto legislativo comporterà una riduzione di gettito. La copertura andrà individuata con le leggi di Bilancio”. Al momento si può contare su uno stanziamento di oltre 2 miliardi per il 2022, e di circa 1 miliardo per ognuno degli anni successivi. Si vedrà se sarà possibile potenziarlo.

L’invarianza del gettito.

L'obiettivo del Governo (ora da verificare in corso d'opera) è di avviare la revisione delle rendite catastali cercando, per quanto possibile, di mantenere l'invarianza del gettito. In sostanza la redistribuzione del carico fiscale sulla casa dovrebbe passare dall'adeguamento delle rendite ai valori di mercato, senza con questo far crescere l'importo complessivo delle tasse sul mattone. E senza toccare l'abitazione principale. Esercizio complesso. Non a caso tutti i più recenti tentativi di mettere mano alla revisione delle rendite catastali è naufragato sotto il peso delle pressioni politiche.

L'interrogativo è legittimo. I tempi? Difficile ipotizzare che si possa metter mano a un capitolo così controverso e a così alta valenza politico-elettorale, nell'anno (il 2022) che precederà l'appuntamento con le elezioni politiche del 2023 (ammesso che la legislatura giunga al suo naturale compimento). Certo dovrebbero essere poi le aliquote a determinare il prelievo, e pare corretto non assimilare tout court la revisione delle rendite catastali all'incremento della tassazione sugli immobili. Occorrerà evidentemente procedere a tappe, e rendere esplicito uno dei principi-cardine enunciati nel ddl delega, vale a dire quello della “trasparenza”. Che non potrà essere disgiunto dall'altro caposaldo: la semplificazione.

Cosa accade nell'immediato.

Nell'immediato, trattandosi di un disegno di legge delega (la cui attuazione è demandata ai successivi provvedimenti) non cambia nulla. E non vi è da attendere che cambi qualcosa nell'immediato futuro per quel che riguarda le tasse sul mattone. L'obiettivo che il Governo intende perseguire è quello della revisione e dell'aggiornamento dei sistemi di mappatura degli immobili. In questo modo si punta anche a contrastare l'evasione, ma anche ad avviare la complessa revisione del catasto fabbricati. Il tutto entro il 2026, anno in cui si immagina che gli effetti del riordino delle rendite catastali comincerà a dispiegare i suoi effetti. Il dettaglio sarà affidato a un decreto legislativo ad hoc che dovrebbe affiancare alla rendita catastale il valore patrimoniale dell'immobile e una rendita ai valori di mercato. Operazione – promette Draghi – che non comporterà aumenti del prelievo. Come lo si riuscirà a fare lo vedremo nei prossimi anni.

IlSole24Ore

mercoledì 6 ottobre 2021

Decreto fisco, da riforma catasto a riscossione: ecco la delega.

 

Aliquote Iva, Irap e Irpef: tutte le novità.

Il taglio delle microtasse e la semplificazione delle norme, ma anche progressività del sistema e lotta all'evasione: sono quattro i principi cardine della delega fiscale approvata dal Consiglio dei ministri.

In primis, nelle intenzioni del governo la futura riforma punta a stimolare la crescita economica attraverso una maggiore efficienza della struttura delle imposte e la riduzione del carico fiscale sui fattori di produzione; secondo, la razionalizzazione e semplificazione del sistema anche attraverso la riduzione degli adempimenti e l’eliminazione dei micro-tributi; terzo, la progressività del sistema, che va preservata, seguendo i dettami della Costituzione che richiamano un principio generale di giustizia e di equità. Infine, quarta linea guida: il contrasto all’evasione e all’elusione fiscale.

IRPEF - Il disegno di legge, secondo quanto si legge nella nota di Palazzo Chigi, interviene sul sistema duale e sull'Irpef, poggiando su due pilastri: il completamento del sistema duale e quindi la distinzione tra redditi da capitale e redditi da lavoro e la riduzione delle aliquote effettive che si applicano ai redditi da lavoro. Per i redditi da capitale è prevista la tassazione proporzionale, tendenzialmente con un’aliquota uguale per tutti i redditi da capitale, ma con gradualità, con l'obiettivo di razionalizzare l’attuale sistema e rendere più efficiente il mercato dei capitali.

Per i redditi da lavoro è prevista la riduzione delle aliquote effettive medie e marginali dell’Irpef incentivando così l’offerta di lavoro, in particolare nelle classi di reddito dove si concentrano i secondi percettori di reddito e i giovani. Ripensamento poi della giungla delle deduzioni-detrazioni fiscali sulla base di una valutazione attenta dell’equità e dell’efficienza. Infine, si prevede il riordino della tassazione del risparmio, facendo attenzione alla necessità di non generare spazi per l’elusione dell’imposta.

IRES - In materia di tassazione del reddito d’impresa, il testo intende rendere coerente il futuro sistema con l’approccio duale. Quindi nel processo di attuazione della delega si potrà modificare la struttura delle imposte (aliquote e basi imponibili) a carico delle imprese in modo da allinearla a quella tendenzialmente e gradualmente omogenea prevista per la tassazione di tutti i redditi da capitale. All’interno di questo contesto, in ogni caso gli interventi potranno anche favorire la semplificazione dell’Ires con l’obiettivo di ridurre gli adempimenti a carico delle imprese.

IVA - Per quanto riguarda l’Iva, si stabilisce l’obiettivo di razionalizzare l’imposta, con riguardo anche ai livelli delle aliquote e alla distribuzione delle basi imponibili tra le aliquote stesse. Si mira a semplificare la gestione del tributo e a ridurre i livelli di evasione e di erosione dell’imposta.

IRAP ADDIO - La delega prevede il superamento in maniera graduale dell’Irap.

REVISIONE CATASTO A IMPATTO ZERO SU TRIBUTI - E’ prevista l’introduzione di modifiche normative e operative dirette ad assicurare l’emersione di immobili e terreni non accatastati. Si prevede, inoltre, l’avvio di una procedura che conduca a integrare le informazioni sui fabbricati attualmente presenti nel Catasto, attraverso la rilevazione per ciascuna unità immobiliare del relativo valore patrimoniale, in base, ove possibile, ai valori normali espressi dal mercato e introducendo meccanismi di adeguamento periodico. Questo intervento non ha tuttavia alcun impatto tributario.

IMU TUTTA AI COMUNI - Il disegno di legge prevede la sostituzione delle addizionali regionali e comunali all’Irpef con delle rispettive sovraimposte. Il nuovo sistema potrà essere disegnato al fine di garantire comunque che nel loro complesso Regioni e Comuni abbiano un gettito equivalente. Si prevede la revisione dell’attuale riparto tra Stato e comuni del gettito dei tributi sugli immobili destinati a uso produttivo, al fine, tra l’altro, di rendere l’Imu un’imposta pienamente comunale.

RISCOSSIONE - Riforma del sistema della riscossione superando l’attuale sistema che vede una separazione tra il titolare della funzione di riscossione (Agenzia delle Entrate) e il soggetto incaricato dello svolgimento dell’attività (Agenzia delle Entrate-Riscossione). Il potenziamento dell’attività potrà derivare dall’adozione di nuovi modelli organizzativi e forme di integrazione nell’uso delle banche dati che andranno valutati e definiti in sede di decreti delegati.

CODICI - Si prevede la codificazione delle norme tributarie e si mira ad avviare un percorso per giungere a un riordino di tutte le norme all’interno di Codici.

AdnKronos

martedì 21 settembre 2021

Riforma del Catasto, così il Governo prova a non aumentare le tasse. - Marco Mobili e Gianni Trovati

 

Sul Catasto il Governo cerca di rincorrere l’invarianza di gettito che dovrebbe tradursi in una redistribuzione del carico fiscale sulla casa adeguando le rendite ai valori di mercato ma senza far crescere l’importo complessivo delle tasse sul mattone.

Sul Catasto il Governo va avanti. Cercando di rincorrere l’invarianza di gettito che, secondo le intenzioni dei tecnici del Mef, dovrebbe tradursi in una redistribuzione del carico fiscale sulla casa adeguando le rendite ai valori di mercato ma senza far crescere l’importo complessivo delle tasse sul mattone. E senza toccare l’abitazione principale.

Obiettivi certo non facili da far passare con una maggioranza che si è subito spaccata sulle tasse sul mattone. Ma la macchina va avanti, costi anche dover prendere qualche giorno in più per il varo della delega fiscale, contestualmente all’approvazione della Nadef, e lasciare spazio nel Cdm di giovedì prossimo al decreto legge per ridurre di almeno un terzo l’aumento delle bollette di luce e gas, e alle misure antidelocalizzazione (su cui restano però ancora divergenze). Misure queste ultime che potrebbero prendere anche la forma di emendamenti al decreto sulla crisi d’impresa all’esame delle Camere.

L’obiettivo di riscrivere l’Irpef.

Con la delega fiscale, sollecitata anche dalla Commissione europea, il Governo punta a riscrivere l’Irpef, alleggerendo il prelievo sui redditi medio bassi e accentuando quanto più possibile la separazione tra redditi da lavoro e rendite finanziare. Non solo. La delega punta anche a ridurre i vicoli della privacy per consentire all’amministrazione finanziaria di utilizzare con più efficacia la miriade di dati in suo possesso per contrastare l’evasione. Tra i temi caldi per la maggioranza c’è poi l’Iva, su cui si punterebbe a un’omogeneizzazione di beni e servizi oggi soggetti ad aliquote agevolate (4,5 e 10%), o ancora la riscossione, su cui il Governo ha già inviato al Parlamento i possibili spazi di intervento, dalla riduzione del magazzino all’inesigibilità dei ruoli, dalla revisione dell’aggio all’accorpamento tra agenzia delle Entrate e l’attuale agente pubblico della riscossione.

Il nodo principale per approvare la delega resta però il mattone. Il patto che il Governo è pronto a sottoscrivere sarebbe quello di riequilibrare il prelievo fra chi ha un immobile che per il fisco vale più che per il mercato (situazione in crescita con la crisi dell’immobiliare in molti centri) e chi è nella situazione contraria. Il nuovo sistema abbraccerebbe come unità di misura il metro quadrato al posto dei vani, alla base di rendite che non considerano in alcun modo l’evoluzione di territori e la dinamica del mercato immobiliare in base all’evoluzione dei servizi.

Riformare senza aumentare le tasse.

Come cercare l’invarianza di gettito è cosa certamente più complessa e la strada potrebbe essere quella di ridurre le aliquote delle imposte o l’aumento della rendita in proporzione all’aumento complessivo dei valori fiscali. 

Le posizioni dei partiti.

L’addio ai vani catastali e la semplificazione delle categorie per dividere gli immobili in «ordinari», «speciali» e «beni culturali», come detto, hanno però spaccato la maggioranza. La Lega resta compatta sul «no» con Massimo Bitonci, già viceministro al Mef con il Conte 1, che giudica un’utopia l’invarianza di gettito. L’obiettivo è invece ritenuto possibile dalla ministra degli Affari Regionali, Maria Stella Gelmini. Ma in Forza Italia fa da contraltare il vicepresidente Antonio Tajani, secondo cui è «errato fare una riforma del catasto che porti poi a un inevitabile aumento della pressione fiscale sulla casa».

Si ammorbidisce però la posizione dei Cinque Stelle. Per Vita Martinciglio e Giovanni Currò, rispettivamente capogruppo e vicepresidente della commissione Finanze della Camera, «la riforma del Catasto non è l’intervento prioritario per rilanciare crescita e occupazione. Ma se troverà posto nella legge delega non ci tireremo indietro. Ma deve essere chiaro che non potrà derivare alcun aggravio fiscale complessivo». Confedilizia in rappresentanza dei proprietari parla di «rischio enorme» dall’intervento sul Catasto. Ma per Leu e il Pd, invece, la revisione degli estimi e il passaggio dal vano al metro quadrato non si possono più rinviare.

IlSole24Ore

domenica 19 settembre 2021

Settimana decisiva per il fisco, la riforma del catasto sarà 'mini'. - Michele Esposito

 

Trincea Lega-Fi, 'stop tasse'. A giorni via alla cabina di regia per il Pnrr.

Archiviato, o quasi, l'epocale dossier sull'obbligo del Green Pass a tutti i lavoratori, per il premier Mario Draghi si apre, di fatto, la fase due del suo governo. E si apre nel segno della polemica su uno dei temi più caldi dell'autunno: la riforma del fisco.

Sulla delega, nei prossimi giorni, il Mef e Palazzo Chigi accelereranno dopo le cautele delle ultime settimane visto che la riforma, nel cronoprogramma iniziale del Pnrr, era indicativamente prevista prima della pausa estiva. Ma il tema è spinoso, i partiti ribollono e la amministrative del 3 e 4 ottobre rendono ogni intesa in maggioranza più faticosa.

L'ipotesi, spiegano fonti di governo, è che l'esecutivo metta in campo una riforma inizialmente più '"light" a partire dal tema più divisivo: il catasto. L'intenzione di Draghi e dell'esecutivo sarebbe quella di fare solo un primo passo sul catasto, nella riforma del fisco. Inserendo nella delega dei principi ispiratori che si limitino ad indicare la direzione verso la quale l'esecutivo vuole andare su un tema, quello del valore degli immobili, che attende una riforma dal 1989.

Anche sui tempi il premier è incline ad esercitare una certa prudenza. Stando agli ultimi aggiornamenti il Consiglio dei ministri della prossima settimana sarà chiamato a varare, certamente, il decreto da 3,5 miliardi contro il caro-bollette.
La riforma del fisco, probabilmente, finirà sul tavolo di Palazzo Chigi ma non è improbabile che il via libera del Cdm arrivi solo nella settimana successiva. Allo stesso tempo Draghi non ha alcuna intenzione di rinviare sine die il dossier.
I "guardiani" del Next Generation Eu, a Bruxelles, restano vigili e entro la fine dell'anno arriveranno le pagelle europee su questa iniziale fase d'attuazione del Pnrr italiano.

Il centrodestra, nel frattempo, scalpita. Casus belli la rivalutazione dei valori catastali che, fino a qualche giorno fa, il governo aveva pensato di inserire nella riforma. Due, innanzitutto, i rischi da evitare: un nettissimo aumento dell'Imu sulla seconda casa e un gonfiamento dell'Isee. "Per aumentare le tasse basta un Monti qualunque, non sta né in cielo né in terra aumentare quelle sulla casa", avverte un Matteo Salvini che, dopo l'ok al super Green Pass, difficilmente incasserebbe una riforma del fisco a lui indigesta. Anche perché, questa volta, il leader della Lega vede al suo fianco tutto il suo partito ed anche Forza Italia. "Quando si parla di riforma del catasto non vorrei che la sinistra pensasse di infilare nuovi balzelli sugli immobili", avverte il coordinatore azzurro Antonio Tajani. "Non è il momento di patrimoniale mascherate", gli fa eco Anna Maria Bernini. E anche la titolare degli Affari Regionali Maria Stella Gelmini chiede un supplemento di riflessione: "se riforma del catasto deve essere, deve avvenire a parità di gettito".

Il Pd, per ora, mantiene un basso profilo mentre Leu, con Federico Fornaro, insiste sull' "ineludibilità" della riforma.
"Chi oggi non vuole toccare nulla, in realtà, difende l'indifendibile: case del centro di Roma ad esempio che hanno un valore catastale inferiore ad abitazioni dell'estrema periferia della città", avverte il capogruppo alla Camera. Il M5s, con il viceministro al Mef Laura Castelli si concentra su altri aspetti della delega. "Sarà incentrata sulla riduzione della pressione fiscale, soprattutto per il ceto medio e su un processo di digitalizzazione e di semplificazione che guardi agli autonomi", spiega.

Draghi, nei prossimi giorni prenderà in mano il dossier e allo stesso tempo, avvierà anche la cabina di regia per il coordinamento e il monitoraggio del Pnrr, con il coinvolgimento degli enti locali. E solo dopo - presumibilmente all'inizio di ottobre - toccherà alla concorrenza. Ma la strada delle riforme non si ferma. "Lo Stato e la macchina amministrativa della Repubblica hanno molte debolezze. E' necessario uno sforzo collettivo per la riparazione della macchina dello Stato", spiega il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Roberto Garofoli.  

ANSA

martedì 31 agosto 2021

Il Catasto batte i prezzi di mercato. Tasse al top in 10 città. Ecco la mappa. - Cristiano Dell'Oste

 

A Pordenone e in altri nove capoluoghi l’imponibile Imu è in media superiore al prezzo di mercato. Pesano gli estimi non aggiornati e la crisi da Covid. A Imperia i vantaggi maggiori, bene anche Milano.

Avere una casa a Imperia può essere un affare, almeno sotto il profilo fiscale: si paga l’Imu su un valore catastale medio di 73.600 euro a fronte di un valore di mercato di 202mila euro. In pratica, un rapporto di uno a 2,75. A Pordenone, invece, il risultato è ribaltato: si viene tassati su 125.300 euro, mentre il prezzo si ferma sotto i 90mila euro. Non è una lotteria, perché non ci sono premi in palio. Ma l’incrocio tra imponibile Imu e prezzi di mercato riserva più di una sorpresa. Ed evidenzia, oltre ai difetti del catasto, le fragilità dei mercati immobiliari locali e l’impatto della crisi da Covid-19 sui prezzi delle case.

L’elaborazione del Sole 24 Ore, in collaborazione con Nomisma, confronta il valore catastale medio (abitazioni in categoria A/2 e A/3, il 79% del totale) e le quotazioni medie di fine 2020 (per un appartamento di 90 metri quadrati, tipologia usato civile). Sui 103 capoluoghi rilevati dalle statistiche catastali, ce ne sono dieci in cui il prezzo medio di mercato scende sotto l’importo figurativo fiscale. Non solo Pordenone, ma anche Alessandria, Taranto, Mantova e Viterbo. Altri nove capoluoghi, tra cui Venezia e Milano, hanno invece un rapporto superiore a due e sono, per così dire, i più “avvantaggiati” dal catasto.

Le «Raccomandazioni specifiche per Paese» del 2019 della Ue, citate nel Pnrr, suggeriscono una «riforma dei valori catastali non aggiornati». La revisione, però, non rientra nel menu della riforma fiscale il cui disegno di legge delega è atteso a settembre in Consiglio dei ministri. L’atto d’indirizzo approvato a fine giugno dalle commissioni Finanze di Camera e Senato su questo punto non prende posizione, e il silenzio è quanto mai indicativo: nonostante le ipotesi circolate in precedenza, la volontà parlamentare è quella di non riaprire un dossier così delicato.

A riportare l’attenzione sul tema è piuttosto l’atto di indirizzo 2021-23 del ministero dell’Economia, che ha sollecitato maggior aggiornamento e integrazione dei database immobiliari «anche nell’ottica di una più equa imposizione immobiliare» (si veda Il Sole 24 Ore del 20 agosto scorso).

Ecco perché è interessante, intanto, inquadrare la situazione. Il raffronto con il valore di mercato mostra quanto possa essere diverso il peso dell’Imu, a parità di delibera: la classica aliquota del 10,6 per mille, applicata da moltissimi Comuni, può tradursi in un tax rate più o meno pesante. Si può passare così dallo 0,4% di carico fiscale sul valore di mercato effettivo a Imperia fino ad arrivare all’1,2% di Pordenone (dove comunque pure l’aliquota ordinaria si ferma all’8,85 per mille). E anche l’11,4 per mille di Milano si traduce in uno 0,5%, distante dai carichi fiscali più pesanti.

Dietro i divari tra le città non c’è mai una spiegazione unica. Gli estimi attuali fotografano il mercato di fine anni ’80 e da allora ci sono città e quartieri in cui i prezzi sono cresciuti o diminuiti. Padova, ad esempio, è penalizzata anche da rendite catastali tra le più elevate d’Italia, superate solo da Siena e Roma.

Bisogna ricordare poi che si parla sempre di dati medi. Con innumerevoli eccezioni, anche all’interno dello stesso Comune: case in centro con pochi vani hanno rendite più basse, ma se sono in categoria signorile (A/1) il discorso si ribalta; abitazioni di nuova costruzione sono in genere più quotate dal catasto, ma una villetta può pagare di più se è iscritta come A/7 anziché A/2; molti immobili ristrutturati – ma non tutti – hanno visto crescere la rendita (e i contribuenti che sfruttano i bonus sui lavori sono ormai 10,3 milioni). E ancora: alcuni Comuni come Roma, Milano, Bari e Lecce sono stati oggetto di revisioni delle rendite più o meno estese, mentre nella maggioranza degli altri non si è intervenuti.

In generale, fuori dai capoluoghi è probabile che il catasto sia più penalizzante per i proprietari, perché nei piccoli centri i valori di mercato riflettono di solito le minori possibilità di affitto e rivendita.

Illustrazione di Giorgio De Marinis/Il Sole 24 Ore

IlSole24Ore