sabato 14 dicembre 2024

Don Milei ed i poveri cristi. - Tommaso Merlo

 

Milei non poteva diventare italiano nel giorno migliore, quello dello sciopero generale. Da quando Milei guida l’Argentina il tasso di povertà del suo paese ha superato il 50% per colpa di una macelleria sociale senza precedenti e un costo della vita alle stelle. Le bollette del gas sono talmente care che molti argentini sono tornati alla legna e mangiano pasta sciapa per strada. Milei ha tagliato con la falce diritti e stato sociale col risultato di migliore inflazione e bilancio statale ma ridurre il suo popolo in miseria. E se ne vanta pure. Del resto da fervente neoliberista che è, vede nella giungla del mercato la panacea di tutti i mali. Vede grafici ed indici, non esseri umani e valori. Stava perfino rendendo a pagamento le Università ma ha dovuto fermarsi per paura delle proteste. Da trumpiano di ferro, Milei non poteva scegliere governo migliore per ottenere una cittadinanza lampo mentre gli stranieri che vivono e lavorano in Italia devono affrontare una penosa via crucis. Magie del potere. E mentre il presidente argentino si trastullava allegramente tra i palazzi romani a disquisire sui suoi nonni calabresi, l’Italia scioperava o meglio, litigava da giorni per riuscirci. Anche il diritto di sciopero è a rischio. I politici detestano disagi ai cittadini che possono bucare la propaganda e costargli consensi, i cittadini detestano invece i disagi mentre la stampa riporta solo polemiche e tafferugli invece di spiegare le ragioni della protesta. Che sono le stesse in Italia come in Argentina e in tutto il mondo. Da una parte le esigenze delle persone, dall’altra quelle del mercato con la politica in mezzo che a seconda del governo di turno pende da una parte oppure dall’altra. Da una parte la società, dall’altra l’economia. Da una parte la cooperazione e la sensibilità verso i più deboli, dall’altra la competizione e l’arroganza verso chi resta indietro. Triste realtà quotidiana. In Italia salari e pensioni sono sempre più da fame. Aumenta tutto tranne che quelli. Per i poveri cristi se va bene arrivano tre euro in più, per i politicanti tremila. Magie del potere. Coi diritti che vengono sempre più considerati costi da ridurre in modo da sistemare i bilanci e fare contenti gli sciacalli del casinò finanziario globale. E più sei indebitato, più sei sotto ricatto e pressato a servire gli interessi dell’economia invece che quelli della società. Il risultato è sotto gli occhi di chiunque voglia vederlo. L’ingiustizia sociale ha raggiunto livelli ridicoli con gente che ha più soldi di paesi interi e con la povertà che oltre a dilagare è considerata pure una colpa. Servizi essenziali come la sanità sono sempre più al collasso perché trascurati ed erosi dal privato e quindi dalla logica del profitto che trasforma tutto in merce e quindi in privilegio. Chi è ricco accede alle cure migliori, chi è povero vi rinuncia. Quando però i governanti devono trovare soldi per missili e bombe con cui sparare a qualche altro povero cristo dall’altra parte del mondo perché qualche tecnocrate non la smette di giocare coi soldatini, allora i soldi si trovano. Ma non si trovano sugli alberi, si trovano tagliando lo stato sociale o scaricandoli sulle nuove generazioni indebitandosi. Magie del potere. Guerre frutto di deliri collettivi come la sicurezza ottenuta infarcendo il mondo di armi o come i valori esportati uccidendo. Guerre che però sono un immenso affare e molto apprezzato dai mercati. Armi sempre più devastanti e costose per servire ottimi clienti come sono i governi. Una deriva bellica spaventosa, con guerre sempre più frequenti e distruttive e vicine. Una deriva sociale vergognosa, con un disagio sociale sempre più profondo e talmente cronicizzato che milioni di cittadini si arrendono e si rifugiano nell’ombra. Resa ed indifferenza ma anche illusione di farcela da soli che fanno la fortuna di personaggi come Don Milei e compagnia trumpista e aggravano le storture della nostra era neoliberista. Per invertire la rotta i poveri cristi devono al contrario rimboccarsi le maniche ed unire le forze, devono tornare a lottare democraticamente in modo che la politica rappresenti le loro istanze. Fin che siamo in democrazia, il potere appartiene al popolo e a nessun altro. Quanto allo sviluppo di un paese, si misura in diritti e giustizia sociale, si misura in qualità dei servizi pubblici e qualità della vita dei cittadini. E se il valore delle persone si vede da come trattano i più fragili, lo stesso vale per i paesi.

Tommaso Merlo

Il cratere Kerid.

Sapevi che il cratere Kerid è un vulcano situato nel sud dell'Islanda, noto per la sua impressionante laguna al suo interno. Ha circa 3.000 anni ed è uno dei crateri più visitati del paese. La sua caratteristica più importante è il bordo rosso intenso dovuto alla presenza di ferro sulle rocce, così come le sue pareti quasi verticali. L'acqua sul fondo del cratere ha un tono turchese, il che le dà un aspetto spettacolare. È un luogo popolare per il turismo grazie al suo facile accesso e alla sua bellezza naturale.
Una curiosità sul cratere di Kerid è che, a differenza di altri crateri vulcanici in Islanda, non è pieno d'acqua a causa della pioggia, ma l'acqua al suo interno proviene da una sorgente sotterranea, che gli conferisce il suo colore turchese distintivo.

mercoledì 11 dicembre 2024

Una gigantesca struttura nello spazio sfida la nostra comprensione dell’Universo.

 

Gli astronomi hanno scoperto un anello gigantesco, quasi perfetto, di galassie, di circa 1,3 miliardi di anni luce di diametro. Non corrisponde a nessuna struttura conosciuta.

Una misteriosa struttura a forma di anello nello spazio. 

È ciò che hanno scoperto gli astronomi, un anello di galassie quasi perfetto di circa 1,3 miliardi di anni luce di diametro. Non corrisponde a nessuna struttura o meccanismo di formazione noto. Il Grande Anello, come è stata soprannominato, potrebbe perfino portarci a modificare il modello standard della cosmologia. La scoperta, guidata dall’astronoma Alexia Lopez dell’Università del Lancashire, è stata presentata al 243° incontro dell’American Astronomical Society a gennaio ed è stata pubblicata sul Journal of Cosmology and Astroparticle Physics.

Cosa sappiamo del Grande Anello scoperto nello spazio

Il Grande Anello (in blu) è la seconda struttura scoperta da Lopez e dai suoi colleghi. La prima, a forma di arco (in rosso), si trova nella stessa parte del cielo, alla stessa distanza. Quando la scoperta dell’arco è stata annunciata nel 2021, ha lasciato perplessi gli astronomi. Il Grande Anello non fa che infittire il mistero. Crediti: Università del Lancashire.

Già nel 2021 era stata scoperta un’altra struttura gigantesca a forma di arco e il Grande Anello non fa che infittire il mistero. “Nessuna di queste due strutture è facile da spiegare in base alla nostra attuale conoscenza dell’universo”, ha spiegato Lopez a gennaio. “E le loro dimensioni estremamente grandi, le forme distintive e la vicinanza cosmologica devono sicuramente dirci qualcosa di importante, ma cosa esattamente?”

L’Oscillazione Acustica Barionica.

Il collegamento più immediato sembra essere con qualcosa chiamato Oscillazione Acustica Barionica (BAO). Si tratta di gigantesche disposizioni circolari di galassie che si trovano in tutto l’Universo. In realtà sono sfere, i fossili di onde acustiche che si propagarono nell’Universo primordiale e poi si congelarono quando lo spazio divenne così diffuso che le onde acustiche non potevano più viaggiare. Il Grande Anello non è un BAO. I BAO hanno tutti una dimensione fissa di circa 1 miliardo di anni luce di diametro. E un’ispezione approfondita del Grande Anello mostra che è più simile a un cavatappi allineato in modo tale da sembrare un anello.

Cos’è questa misteriosa struttura nello spazio

Un grafico che mostra il Grande Anello, approssimativamente centrato sullo 0 dell’asse x. Crediti: Università del Lancashire

Il che lascia la domanda senza risposta: che diavolo è? “Quando osserviamo l’universo su larga scala, ci aspettiamo che la materia sia distribuita uniformemente ovunque nello spazio, quindi non dovrebbero esserci irregolarità evidenti oltre una certa dimensione”, ha spiegato Lopez. “I cosmologi calcolano che l’attuale limite teorico delle dimensioni delle strutture sia di 1,2 miliardi di anni luce, eppure entrambe queste strutture sono molto più grandi: l’Arco Gigante è quasi tre volte più grande e la circonferenza del Grande Anello è paragonabile alla lunghezza dell’Arco Gigante.”

Cosa significa per la cosmologia

Ma la dimensione è solo uno dei problemi. L’altro è cosa significa per la cosmologia, lo studio dell’evoluzione dell’Universo. Il modello attuale è quello che al momento si adatta meglio a ciò che osserviamo, ma ci sono alcune caratteristiche che sono difficili da spiegare nel suo contesto. Sono stati proposti altri modelli per affrontare queste caratteristiche. In uno di questi, la cosmologia ciclica conforme di Roger Penrose, in cui l’Universo attraversa infiniti cicli di espansione del Big Bang, ci si aspettano strutture ad anello, anche se vale la pena notare che la cosmologia ciclica conforme ha notevoli problemi. Un’altra possibilità è che le strutture siano un tipo di difetto topologico nel tessuto dello spazio-tempo noto come stringhe cosmiche. Si pensa che siano come rughe larghe quanto un protone emerse nell’Universo primordiale quando lo spazio-tempo si è allungato. Non abbiamo trovato molte prove fisiche dell’esistenza delle stringhe cosmiche, ma le prove teoriche sono piuttosto promettenti.

Per saperne di più:

martedì 10 dicembre 2024

Macroficazione della spiaggia: uno sguardo ravvicinato alla sabbia al microscopio. - Hasan Jasim

La sabbia è un materiale comune e apparentemente ordinario che si trova ovunque intorno a noi, specialmente in spiaggia. Ma vi siete mai chiesti che aspetto abbia la sabbia da vicino? Quando osservata al microscopio, la sabbia può rivelare motivi, colori e consistenze intricati e affascinanti, invisibili a occhio nudo.

Per esplorare la bellezza nascosta della sabbia, ricercatori e fotografi hanno utilizzato microscopi per catturare immagini straordinarie di granelli di sabbia da spiagge in tutto il mondo. Queste immagini mostrano la diversità della sabbia e mettono in risalto le caratteristiche uniche di ogni luogo.

Un fotografo, il dott. Gary Greenberg, ha dedicato la sua carriera a catturare la bellezza della sabbia al microscopio. Ha raccolto campioni di sabbia da oltre 100 località e ha trascorso innumerevoli ore a esaminarli sotto la lente del suo microscopio. Le immagini di Greenberg rivelano la straordinaria bellezza della sabbia, dai minuscoli frammenti di corallo che compongono la sabbia rosa delle Bermuda alle perle di vetro perfettamente sferiche della spiaggia di Papakolea alle Hawaii.

I colori e i motivi dei granelli di sabbia sono determinati dalla loro composizione minerale, che può variare notevolmente a seconda della posizione. Ad esempio, la sabbia nera della spiaggia islandese di Reynisfjara è composta da basalto, un tipo di roccia vulcanica. Nel frattempo, la sabbia bianca della spiaggia australiana di Whitehaven è composta al 98% da silice pura.

Oltre alla loro composizione minerale, i granelli di sabbia possono anche essere modellati e strutturati dalle forze della natura. Onde, vento e persino organismi viventi possono svolgere un ruolo nel modellare l'aspetto dei granelli di sabbia. Ad esempio, i granelli di sabbia a forma di spirale che si trovano su alcune spiagge sono il risultato di minuscoli organismi marini che creano conchiglie intricate.

Oltre al loro fascino estetico, studiare la sabbia al microscopio può anche fornire preziose informazioni sulla storia e la geologia della Terra. Analizzando la composizione minerale della sabbia, i ricercatori possono determinare la storia geologica di una regione e tracciare le origini dei granelli di sabbia.

Nel complesso, la bellezza della sabbia al microscopio serve a ricordare l'incredibile complessità e diversità del mondo naturale. Prendendoci del tempo per apprezzare le piccole e spesso trascurate meraviglie che ci circondano, possiamo ottenere una maggiore comprensione del mondo in cui viviamo e delle incredibili forze che lo plasmano.

https://hasanjasim.online/under-a-microscope-a-macro-photographer-zooms-in-on-beach-sand/

sabato 7 dicembre 2024

Il bagolaro o caccamo.

Il nome originale è Bagolaro e più che un frutto è una piccola bacca, tanti anni fa costituiva un passatempo per i ragazzi i quali succhiavano la dolce e nera pellicina esterna e lanciavano il seme grosso come un cece attraverso una cannuccia di pari diametro che faceva da cerbottana. Matura in agosto. Era solito vederli vendere in strada la domenica quando si usciva dalla chiesa. Il termine, curioso, con il quale è indicato nella Sicilia orientale, ha una sua origine prettamente greca, derivando da melas-coccos, cioè bac­ca nera ed ancora da mini-coccos, piccola bacca. Nella Sicilia occidentale invece è più noto col nome caccamo, termine proveniente dal bizantino kakkabos.

https://www.facebook.com/photo.php?fbid=458037077565061&id=311054342263336&set=a.450663941635708

venerdì 6 dicembre 2024

La metropolitana di Tokyo.

 

La metropolitana di Tokyo ha introdotto un sistema basato sulla tecnologia piezoelettrica che converte l'energia generata dai passi dei passeggeri in elettricità. Questo innovativo meccanismo sfrutta materiali in grado di produrre cariche elettriche quando sottoposti a pressione, utilizzando il passaggio quotidiano di quasi sei milioni di persone per alimentare luci, schermi e apparecchiature nelle stazioni. Questo sistema non solo favorisce la sostenibilità, ma dimostra anche la versatilità della piezoelettricità, già impiegata in campi come sensori, microfoni e dispositivi antivibrazione. Un esempio concreto dell'impegno di Tokyo per l'innovazione tecnologica e l'efficienza energetica.

https://www.facebook.com/photo/?fbid=980556264119015&set=pcb.980556444118997

Leggi anche:

https://www.architetturaecosostenibile.it/green-life/curiosita-ecosostenibili/tokyo-subway-energia-umana-cercasi

giovedì 5 dicembre 2024

l grande inganno del “nucleare verde” e la premonizione di Robert Jungk. - Daniela Padoan

 

A partire dal libro Lo Stato atomico di Robert Jungk (Castelvecchi editore 2024) l’intervento di Daniela Padoan al convegno Nucleare e genere: attiviste, scienziate vittime organizzate in associazioni, organizzato da Women’s for International League for Peace & Freedom (WILPF) presso la Casa Internazionale delle Donne di Roma, con la partecipazione di Bruna BianchiMary Olson e Angie Zelter.

***

Era il 1977 quando Robert Jungk scriveva nello Stato atomico, il suo straordinario e preveggente libro sulla trasformazione del nucleare bellico in nucleare civile: «Il futuro totalitario dei tecnocrati è già cominciato». Aveva visto spalancarsi l’abisso della Seconda guerra mondale, la Shoah, la mostruosità della distruzione nucleare di Hiroshima e Nagasaki; ed è nella ferita, nella nudità di quello sguardo che, subito dopo la fine del conflitto, aveva potuto cogliere i segni della trasformazione dell’enorme potere militare e antidemocratico americano; la riconversione dell’apparato nucleare bellico in civile, nella retorica della ricostruzione e del progresso, per la produzione di elettricità in un mondo sempre più energivoro e industrializzato. Quando, nel 1946, il presidente degli Stati Uniti Harry S. Truman trasferì il controllo dell’energia atomica dalle mani militari a quelle civili, il Congresso assicurò che l’energia atomica sarebbe stata usata, oltre che per la difesa degli USA, per promuovere la pace nel mondo e per migliorare il welfare pubblico, rafforzando la libera competizione delle aziende private. 

Già nel 1953, alla Casa Bianca prese forma una grandiosa campagna per la produzione di energia elettrica da fissione nucleare, ispirata – scrive Jungk – da una nuova generazione di «giocatori d’azzardo», non più qualificati scientificamente, non più seduti nei quartier generali delle forze armate, ma insinuati negli uffici di pianificazione dello Stato e dell’industria, nelle vesti di consulenti decisionali. 

Quanto il suo sguardo fosse profetico, lo possiamo vedere oggi, davanti al predominio delle lobby economiche sulla politica, con la trasformazione dell’ossimoro del “nucleare per la pace” nell’ossimoro green del “nucleare per il clima”. Un nucleare rimpicciolito, di terza, di quarta generazione, capace di provocare non più una grande apocalisse, ma tante apocalissi miniaturizzate. E lo vediamo nella conversione di “Big Tech” all’atomo, nella fretta dei giganti dell’Intelligenza Artificiale di imporre ai governi scelte politiche a favore del ritorno su vasta scala dell’energia nucleare. 

Diventato attivista per la pace e figura di riferimento del pensiero ecologista e antinuclearista dei primi anni Settanta, Jungk militò nel movimento Pugwash fondato da Albert Einstein e Bertrand Russell, partecipò a marce, sit-in, manifestazioni e azioni non violente davanti a siti nucleari in tutta Europa, prese parte a presidi di protesta contro gli euromissili nucleari Cruise davanti alle basi americane di Mutlangen in Germania, Common in Inghilterra e Comiso, in Sicilia. La sua narrazione, in cui si fondono giornalismo d’inchiesta, passione politica, riflessione filosofica, assunzione di responsabilità verso le future generazioni, è un prisma per comprendere il mondo degli irresponsabili e voraci «apprendisti stregoni» fautori del futuro verso il quale ci siamo addentrati alla cieca, che non può che interrogare ogni politica e ogni morale. 

Jungk fu tra i primi a guardare in faccia il mostro nucleare, prima che ci convincessimo di averlo addomesticato; tra i primi a interrogare la costruzione del deserto linguistico e concettuale che nell’arco di mezzo secolo si sarebbe fatto senso comune; tra i primi a denunciare la nostra prometeica propensione alla distruzione, amplificata dalle crescenti e sovrastanti conoscenze tecnologiche, cogliendo il nesso tra Hiroshima e le «catastrofi industriali» che oggi possono assumere proporzioni non inferiori alle catastrofi che chiamiamo naturali – siccità, inondazioni, epidemie – e che hanno come concausa l’attività umana.

Leggere "Lo stato atomico" è andare all’origine di una patologia, alla descrizione iniziale dei suoi sintomi, prima che il corpo ne sia stato consumato e la malattia stessa si sia fatta abitudine, cronicità apparentemente impossibile ad affrontarsi. È illusorio, sosteneva Jungk, credere in una rigida distinzione tra una tecnica atomica destinata a scopi pacifici e un’altra con obiettivi bellici. Il potere nucleare è, sempre, l’antitesi della democrazia e della pace: è un potere esclusivo, politico e militare, chiuso, segreto, che, senza alcun controllo, esercita un arbitrio di vita o di morte sulle comunità umane e sull’ecosistema che le ospita. 

Non solo l’“atomo per la pace” non si distingue dall’“atomo per la guerra”, ma l’intenzione di servirsene solo a scopi costruttivi non cambia nulla del suo carattere ostile alla vita: non se ne distinguono le scorie, la radioattività resta indelebile nei secoli, il rischio di incidenti causati da difetti tecnici o fallibilità umana è sempre in agguato. 

L’apparato di sorveglianza richiesto a protezione di impianti potenzialmente soggetti a manomissioni, sabotaggi, colpi di stato, attentati terroristici o addirittura trasformazione in obiettivi bellici prefigurato da Jungk è risultato evidente nella crisi della centrale di Zaporizhzhia, tenuta in ostaggio come una bomba innescata nella guerra tra Russia e Ucraina, non diversamente dalla presa in consegna del sarcofago del reattore 4 di Černobyl’ da parte di forze speciali dell’esercito russo, nella cosiddetta area di esclusione di trenta chilometri intorno all’impianto.

La sequela di eventi letali che negli anni si è cercato di minimizzare o nascondere mostra come la pretesa di governare l’energia atomica nasconda un superomismo che appare tanto più grottesco perché la sua fallibilità – costitutivamente impossibile da accogliere, sempre negata – chiede continue attestazioni di una presunta età adulta, data dalla competenza tecnica guadagnata in qualche manciata di anni, rispetto a una lontana e imbarazzante preistoria. Ogni generazione di scienziati atomici ha guardato alla precedente da una posizione di superiorità, assicurando, se non l’eliminazione, almeno il contenimento del rischio.  Oggi è lo stesso. 

Un altro inganno linguistico sono i cosiddetti reattori di ultima generazione. Benché gli attuali reattori nucleari in commercio, di terza generazione, si basino sul processo di fissione, e quelli a fusione siano ancora in fase di studio, si parla di nuove generazioni, che in realtà sono state sviluppate tra gli anni Ottanta e i primi anni del Duemila e non sono altro che versioni tecnicamente migliorate dei precedenti, la cui progettazione include la possibilità, in caso di incidenti severi, di evitare contaminazioni esterne e di attivare misure di emergenza indipendenti dall’intervento umano. Quanto ai reattori di quarta generazione, che mirano a produrre energia attraverso processi e materiali meno inquinanti, dovrebbero vedere la luce, se i tempi saranno rispettati, attorno al 2050.  Ma l’insidia maggiore, oggi, si nasconde nella volontà di una ripresa del nucleare tradizionale da fissione (uranio e plutonio) sotto la forma apparentemente inoffensiva di piccoli impianti modulari con potenze contenute, sistemi di sicurezza più avanzati, scorie più facili da confinare, ridotte emissioni di CO₂, sistemi di controllo automatici che escluderebbero la possibilità di disastri nucleari e il cui calore non raggiungerebbe temperature capaci di fondere le barre del combustibile nucleare.  Si tratta degli Small Modular Reactors (SMR) – non una generazione a se stante, ma trasversali alla terza e quarta generazione – della misura di circa sei metri per sei, facili da trasportare nei siti di installazione e da mettere in funzione. Sono queste le promesse di numerose startup che si occupano dello sviluppo di tecnologia nucleare, tra cui l’italiana Newcleo, costituita nel 2021 e convinta che la produzione degli SMR sarà a regime nel 2026. È lo sviluppo dell’IA, in particolare, a richiedere la proliferazione di reattori di piccola taglia che assicurino una fornitura di elettricità ininterrotta agli innumerevoli server allocati in data center su cloud sempre più articolati, complessi e organizzati. L’accelerata digitalizzazione di tutti i settori economici, l’aumento esponenziale dei volumi di dati, il sempre maggior ricorso a carichi di lavoro ad alta intensità come l’Intelligenza Artificiale e l’ascesa di strumenti come ChatGPT inducono a prevedere che i consumi di elettricità cresceranno del 12% entro il 2040.

Anche i mini reattori, però, presentati come la panacea che potrà permetterci di mantenere inalterato e addirittura incrementare un livello di consumi ad oggi insostenibile per il pianeta, sarebbero responsabili di una diffusione pervasiva di scorie nucleari sul territorio. Uno studio della Stanford University mostra infatti che gli SMR aumenterebbero i volumi equivalenti dei rifiuti nucleari che necessitano gestione e smaltimento anche per decine di migliaia di anni e che, poiché le proprietà del flusso di rifiuti sono influenzate dalla fuoriuscita di neutroni dal nocciolo ridotto, aggraverebbero anche le problematiche legate allo smaltimento degli impianti a fine corsa. I sostenitori del nucleare asseriscono di aver trovato una soluzione per lo smaltimento definitivo dei rifiuti di alto livello: i depositi geologici, tunnel sotterranei a una profondità compresa tra i duecentocinquanta e i mille metri, e assicurano che, con i reattori di quarta generazione, sarà possibile riciclare i rifiuti riducendone il tempo di pericolosità da 100.000 a 300 anni, come per i rifiuti a bassa radioattività. Come dire, una miniaturizzazione dell’Apocalisse, qualcosa a cui guardare con occhi di adulti.

«Le catastrofi nucleari distruggono non solo il presente ma anche il futuro», scrive Robert Jungk ne Lo stato atomico. «Questa ipoteca sul futuro, la paura per i danni derivanti da un’energia nucleare non più tenuta sotto controllo, diventano per l’umanità la più grave oppressione pensabile: sia sotto forma di traccia tossica che rimane indelebile, sia come ombra di una preoccupazione che non scomparirà mai del tutto».

Oggi chi è contro il nucleare civile viene tacciato di oscurantismo, irrazionalità, codardia. 

C’è voluto un lungo, paziente e dispendioso lavoro di lobbying, per giungere a un completo rovesciamento della realtà. Nel 2022, ad esempio, alla Biennale del Cinema di Venezia, il regista statunitense Oliver Stone presentò fuori concorso Nuclear, un documentario apologetico sull’energia nucleare mostrata come sola opzione per sostituire i combustibili fossili e combattere il cambiamento climatico. In quell’occasione diede una dimostrazione della nuova – e vecchissima, tanto che Jungk l’aveva già descritta in ogni aspetto – ideologia nuclearista: accusò di tradimento i movimenti contro il nucleare, finanziati dalle compagnie petrolifere; accusò di ignoranza tutti coloro che temono la fissione nucleare; soprattutto, irrise la democrazia, spiegando che «le leadership politiche sono codarde perché seguono il volere dei cittadini, che spesso non sanno molto in materia».

Il ritorno dell’ideologia nuclearista ha trovato espressione anche nella decisione della Commissione europea del gennaio 2022, che includeva l’energia nucleare (insieme al sequestro del gas fossile) nel regolamento sulla Tassonomia verde (una classificazione delle fonti energetiche che l’Ue considera sostenibili per l’ambiente e dunque da incentivare all’interno del Green Deal europeo), rimuovendo l’evidenza che l’energia nucleare, sebbene rilasci una quantità di gas climalteranti inferiori a carbone e petrolio e pari al gas (se si considera l’intero ciclo di produzione),  genera scorie radioattive ad alta attività che alterano il Dna degli esseri viventi e che dunque sono deleterie per la salute e per l’ambiente, e che, ancora oggi, non è stata trovata nessuna soluzione per il loro smaltimento a lungo termine.

L’Italia ha bocciato per ben due volte il ricorso al nucleare con i referendum del 1987 e del 2011, ma il Governo è al lavoro, dopo aver inserito il nucleare nel Piano Integrato Energia e Clima (Pniec) 2023, per creare un’azienda nazionale del nucleare, sfidando così la volontà dei cittadini. La battaglia contro il nucleare si profila come un altro fronte nella difesa del diritto, dell’integrità dei territori, della salute, di una cultura di rispetto dell’ambiente e, non ultimo, della pace.


https://www.libertaegiustizia.it/2024/11/30/il-grande-inganno-del-nucleare-verde-e-la-premonizione-di-robert-jungk/