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sabato 3 luglio 2021

Anche sul fisco ad esultare sono la Lega e Forza Italia. Nel documento finale delle Camere sparisce la patrimoniale (citata nelle bozze). Resta la mini flat tax e spunta l’abolizione dell’Irap cara a Confindustria. - Chiara Brusini

 

Il tema al centro del dibattito globale non è sfiorato dal testo approvato dalla maggioranza (astenuta solo Leu) che dovrà indirizzare il governo Draghi sulla strada della riforma. Il voto finale ha fatto piazza pulita anche dell'ennesimo tentativo di riformare il catasto, rivalutando le case di pregio. In compenso si auspica che l'aliquota sui redditi da capitale venga ridotta dall'attuale 26 al 23%. La Lega esulta insieme a Forza Italia: per Sestino Giacomoni è il segno che il partito di Berlusconi "ha vinto la battaglia culturale iniziata nel 1994".

Tra un’inevitabile citazione di Federico Caffè e un motto di Luigi Einaudi, il documento delle Commissioni Finanze di Camera e Senato propedeutico alla riforma del fisco ignora il proverbiale elefante nella stanza. Cioè la proposta del segretario Pd Enrico Letta di aumentare la tassa di successione sui patrimoni oltre i 5 milioni di euro. La versione finale, approvata due giorni fa con l’astensione della sola Leu (contraria invece Fratelli d’Italia) e frutto di sei mesi di audizioni degli addetti ai lavori, mette nero su bianco che al fisco italiano non serve più progressività: l’obiettivo principale deve essere “quello di favorire un incremento strutturale del tasso di crescita“. La redistribuzione? Meglio pensarci in una fase successiva, quella in cui lo Stato distribuisce benefit e agevolazioni. Così la parola “patrimoniale” è stata eliminata tout court dal testo. In compenso si auspica che l’aliquota sui redditi da capitale venga ridotta dall’attuale 26% a un livello “prossimo all’aliquota applicata al primo scaglione Irpef”, cioè il 23%. E viene pure promossa, al netto della richiesta di alcuni correttivi, la flat tax per gli autonomi con ricavi fino a 65mila euro cara alla Lega. Che esulta insieme a Forza Italia: per Sestino Giacomoni “con il testo approvato di fatto da tutta la maggioranza di salvezza nazionale” il partito di Berlusconi “ha vinto la battaglia culturale iniziata nel 1994. Nel nostro Paese non ci saranno patrimoniali o altre tasse di scopo, perché questo è il momento del ‘meno tasse per tutti'”.

E dire che le bozze la tassa sulle ricchezze la citavano, pur lasciando il paragrafo in bianco e segnalando che era un “nodo politico da sciogliere“. Le forze di maggioranza – ognuna delle quali ora descrive l’atto parlamentare come un proprio evidente successo – l’hanno sciolto nel senso di ignorarlo. Così il tema al centro del dibattito globale su disuguaglianze e redistribuzione post Covid non è nemmeno sfiorato dal testo che dovrà indirizzare il governo Draghi sulla strada dell’annunciata riforma del fisco, attesa sotto forma di ddl delega entro fine luglio. La votazione finale ha fatto piazza pulita pure dell’ennesimo tentativo – se ne parla dal 2014 – di procedere con la riforma del catasto, che avrebbe il probabile effetto di rivalutare le case di pregio che oggi in molti casi pagano meno del dovuto: non è passato l’emendamento dei presidenti delle Commissioni Luigi Marattin (Iv) e Luciano D’Alfonso (Pd) che esplicitava “l’opportunità di inserire nella prossima legge delega un riordino complessivo dei valori catastali, valorizzando il più possibile ruolo e funzioni dei Comuni”. Non a caso si dice “molto contento” Matteo Salvini, che festeggia il risultato di aver mandato “in archivio la tassa patrimoniale di successione o l’aumento dell’Imu che qualcuno aveva proposto”. Oltre a rivendicare che il documento prefigura labolizione dell’Irap” caldeggiata da Confindustria (il gettito andrebbe “riassorbito nei tributi attualmente esistenti), “la riduzione dell’Irpef soprattutto delle aliquote per il ceto medio, la difesa della Flat tax per le partite Iva fino a 65mila euro” e pure “l’inversione dell’onere della prova, che è molto importante per le imprese. Non è il cittadino o l’imprenditore che deve dimostrare all’Agenzia delle entrate la propria innocenza”.

Letta dal canto suo ostenta soddisfazione perché rispetto all’imposta sui redditi il primo obiettivo indicato è l’abbassamento dell’aliquota media effettiva per quelli compresi tra 28.000 e 55.000 euro (che oggi pagano il 38%) e per gli imprenditori si ipotizza la reintroduzione del regime opzionale Iri, nato nel 2017 e abrogato due anni dopo. “Meno tasse per il ceto medio, per chi lavora e per chi fa impresa”, sintetizza il segretario dem, che però oltre alla tassa di successione vede bocciata (è indicata come “opzione meno preferita”) pure l‘aliquota personalizzata alla tedesca che era l’opzione preferita dai dem in favore di un “intervento semplificatore sul combinato disposto di scaglioni, aliquote e detrazioni per tipologia di reddito, incluso l’assorbimento degli interventi del 2014 e del 2020 riguardanti il lavoro dipendente”, vale a dire il bonus 80 euro di Renzi portato a 100 euro lo scorso anno con effetti deleteri sulle aliquote marginali effettive.

La flat tax che il leader Pd dà per morta (“non passa”) esce poi viva e vegeta dalla mediazione tra i partiti: vero è che le Commissioni non fanno cenno all’estensione del regime forfettario fino a 100mila euro di ricavi, prevista a suo tempo dal governo gialloverde, ma mettono nero su bianco che il regime “agevolato e semplificato” deve restare in vigore. Si chiede solo una modifica che riduca l’incentivo a nascondere al fisco i redditi superiori alla soglia massima, consentendo di godere di una aliquota piatta lievemente meno conveniente (20%) nei due anni successivi al superamento del tetto di almeno il 10%. Evitando così il salto dalla tassa piatta alla normale aliquota Irpef. Più dubbia, vista la dimensione del tax gap degli autonomi, la successiva raccomandazione “di accordare in favore del contribuente quale ulteriore misura di accompagnamento la limitazione dei poteri di accertamento dell’Agenzia delle Entrate per il periodo di vigenza dell’opzione”.

Tra auspici di sfoltimento dei prelievi minori e di rimodulazione della tassazione ambientale per raggiungere gli obiettivi del Green deal, cosa resta dunque per il contrasto all’evasione? Il penultimo paragrafo del documento predica la necessità dell’ennesimo Patto fiscale tra Stato e cittadini incentrato su un “cambio di paradigma nei rapporti tra amministrazione fiscale e contribuente”: “Vi è il bisogno di un’evoluzione culturale da ambo le parti: ciascuna di esse deve allo stesso tempo mutare i propri comportamenti in senso virtuoso e abbandonare i pregiudizi nei confronti della “controparte”“. Le priorità allora sono l’estensione dell’obbligo di fatturazione elettronica e la piena digitalizzazione del fisco, lo “scambio tra digitalizzazione e riduzione degli adempimenti per i professionisti, imprese e intermediari” (si afferma che va anche “valutato attentamente” il meccanismo del cosiddetto reverse charge“, cioè il versamento dell’Iva non a chi venda ma direttamente all’erario, che pure ha consentito un buon recupero di evasione) e “l’interoperabilità delle banche dati” nel rispetto della Privacy. Qui però iniziano i distinguo, dalla necessità che il contribuente sia messo a conoscenza dei dati in possesso dell’amministrazione alla richiesta che l’ente impositore abbia “l’onere di dimostrare che l’incrocio tra i dati è corretto e di motivare puntualmente la risposta in merito agli argomenti difensivi presentati dal contribuente”.

Infine, i componenti delle Commissioni ritengono auspicabile pure “superare le residue forme ancora presenti di attività di controllo basate sulla ricostruzione presuntiva di reddito o ricavi” come il redditometro, di cui pure il ministero dell’Economia ha appena elaborato una nuova veste (il decreto è ora in consultazione), nei casi in cui con i dati sia possibile ricostruire puntualmente l’imponibile. Solo due righe sulla riscossione, di cui il governo dovrebbe a breve presentare una proposta di riforma ad hoc: il Parlamento si limita a immaginare una “rivoluzione manageriale in grado di superare l’approccio meramente formale e virare verso una gestione del processo produttivo interamente concentrata su efficienza ed efficacia“.

ILFQ

mercoledì 19 maggio 2021

Fisco, così la riforma fa i conti con cedolare secca e flat tax da record. - Cristiano Dell'Oste e Giovanni Parente

 

I mercati e gli affitti spingono i prelievi alternativi all’Irpef mentre si prepara il riassetto e il Governo esclude di allinearli al 23%.

Cedolare secca sugli affitti, flat tax per i lavoratori autonomi e altre imposte sostitutive hanno raggiunto i 22,7 miliardi di gettito per l’Erario. Una cifra record che rende ancora più delicato il dossier dei regimi fiscali alternativi, in vista della riforma fiscale annunciata dal Governo di Mario Draghi.

Per ora il premier ha messo pochi paletti, ma chiari. Primo: il sistema fiscale rimarrà «progressivo». Secondo: sarebbe meglio non modificare le imposte una alla volta. Terzo: entro il 31 luglio sarà presentato un disegno di legge delega che terrà conto del lavoro svolto finora dalle commissioni Finanze di Camera e Senato.

Il peso crescente dei regimi sostitutivi.

Nei mesi scorsi, le audizioni davanti a deputati e senatori si sono concentrate soprattutto sull’Irpef. Ma è chiaro che riformare solamente questo tributo vorrebbe dire limitarsi a ridisegnare la tassazione per dipendenti e pensionati. Da questi soggetti, infatti, arriva ormai da anni il grosso di quella che un tempo era l’imposta “universale” sui redditi delle persone fisiche. Nasce da qui la previsione che la riforma fiscale – anche se non dovesse coinvolgere l’Iva e le patrimoniali – finirà come minimo per coinvolgere i regimi fiscali sostitutivi che hanno via via eroso la base imponibile della vecchia Irpef.

Per qualcuno, questa previsione è una speranza. Per altri, un timore. A maggior ragione dopo che il coronavirus ha colpito duramente l’economia, e in particolare tanti titolari di partita Iva. Si spiega anche così l’interrogazione presentata il mese scorso da Fratelli d’Italia per chiedere rassicurazioni sulla sorte della flat tax degli autonomi: question time a cui il ministero dell’Economia ha risposto smentendo che ci sia in programma un innalzamento dell’aliquota al 23% rispetto all’attuale 15% (o 5% per le nuove iniziative economiche). L’allarme era stato innescato da una frase nell’audizione del direttore generale delle Finanze, Fabrizia Lapecorella, sulla possibilità di «far convergere le aliquote proporzionali applicabili alle diverse fonti di reddito alla prima aliquota dell’Irpef (del 23%, Ndr)». Ma si trattava, appunto, di un’ipotesi «nell’ambito di un dibattito teorico» sulle prospettive di riforma.

Un elemento molto concreto, invece, è il boom delle imposte sostitutive. Una miriade di regimi che vanno dalla tassa fissa di 100 euro per i cercatori di tartufi fino alla cedolare del 10% sui premi di produttività, passando per la trattenuta del 12,5% sugli interessi dei titoli di Stato. E che nel 2020 hanno fatto registrare il record di entrate.

Gli introiti 2020.

Il record è stato raggiunto grazie ai 2,6 miliardi dell’imposta sui redditi di capitale e le plusvalenze e agli 1,3 miliardi della sostitutiva sull’attivo dei fondi pensione: due voci che – come si legge nel Bollettino delle entrate tributarie – rispecchiano «la performance molto positiva dei mercati nel corso del 2019» e i rendimenti positivi delle diverse «forme pensionistiche complementari». Ma sul totale pesa anche la progressiva crescita delle due sostitutive più popolari di questi anni:

1. la cedolare secca sugli affitti abitativi, che nel 2020 ha superato i 3 miliardi di gettito (+4,6% su base annua) e che era stata scelta da 2,4 milioni di contribuenti già nelle dichiarazioni dei redditi presentate nel 2019 (le ultime ad oggi rilevate dalle Statistiche fiscali);

2. la flat tax degli autonomi, che secondo gli ultimi dati porta nelle casse pubbliche 1,5 miliardi all’anno, anche se questo importo è largamente sottostimato perché non considera le ultime adesioni al regime forfettario. I contribuenti che lo utilizzano ormai sono più di 1,5 milioni e solo nel 2020 il forfait è stato prescelto da 215.500 nuovi titolari di partita Iva.

Riordino oltre le aliquote.

Di fronte a questi numeri, i sostenitori della tassazione progressiva si chiedono sempre quanto lo Stato potrebbe incassare in più se – anziché un’aliquota flat – applicasse il prelievo Irpef marginale (ad esempio al 27 o 38%). Ma la strada politica per un ritorno secco all’Irpef pare tutta in salita in questo momento. Il discorso, comunque, è più complesso anche dal punto di vista economico. Prima di tutto, perché non è scontato che la base imponibile rimarrebbe identica applicando l’Irpef: anzi, alcune sostitutive come la cedolare secca nascono con l’obiettivo dichiarato di ridurre l’evasione. Inoltre, ragionare solo sulle aliquote può essere fuorviante, perché le sostitutive non consentono di dedurre i costi (come la cedolare) o li determinano in modo forfettario secondo una percentuale prestabilita (come la flat tax). E questo – come rileva la Corte dei conti – è un elemento da non trascurare quando si analizzano questi meccanismi.

Insomma: un ripensamento – se lo si vorrà attuare – non dovrebbe fermarsi alle aliquote. Nono solo per evitare bracci di ferro politici. Ma anche per assecondare il diffuso desiderio dei contribuenti di una tassazione sugli introiti “effettivi”, molto sentito in tempi di crisi. Va in questa direzione, ad esempio, la possibilità di non tassare i canoni non percepiti dal 2020 dopo l’ingiunzione di pagamento, introdotta con la conversione del Dl Sostegni. Un piccolo passo avanti, in attesa di una riforma più generale.

IlSole24Ore

venerdì 13 luglio 2018

Governo balneare. - Carlo Bertani



Mattina d’Estate, quartiere periferico: cerco disperatamente un bar aperto, nel chiasso di stridii e rumori di autobus, per trascorrere un’ora e mezza. Niente di speciale: ho portato la macchina dal meccanico. E arriva lei, inaspettatamente, Sooror, da Tehran: la radio nazionale iraniana che, ogni tanto, mi chiama per un’intervista. Mi obbliga ad affrontare una situazione che continuo a rimuovere, quella dello strano connubio fra la forza politica più “vecchia” della repubblica e la più giovane. Fra un M5S che è nato da una costola di una sinistra becera, assolutista e orgogliosa del nulla che ha creato e, dall’altra, gli eredi delle “corna verdi”, Pontida, l’ampolla di acqua del “sacro” Po…e 50 milioni spariti nel nulla.

Di là della questione della cinquantina sparita – inutile: Bossi è sempre stato un ciarlatano, già ai tempi del sen. Miglio (che era di tutt’altra pasta) ed i figli l’hanno fottuto mica male, Lega Ladrona… – c’è poco da cincischiare. Serve a poco – come giustificazione – ricordare che gli altri hanno fatto peggio: sembra di riascoltare Craxi nel famoso discorso alla Camera, “Se qualcuno non sapeva nulla, si alzi, adesso!”
Ma qual è il futuro della Strana Alleanza?

In realtà, stiamo vivendo uno spezzone di Prima Repubblica: i governi balneari, Leone, sempre lui quando scoppiava la canicola ed i problemi s’accavallavano.
Perché, ad onor del vero, è stato fatto poco o nulla, a parte continuare in una strana ed eterna campagna elettorale.

La “questione migranti” è stata, in qualche modo, affrontata però, a capire veramente quel che è successo, tutto continua come prima. Qualche nave rimandata al mittente, altre che invece hanno avuto il “via libera” per sbarcare…ma, sul fronte europeo, nulla è cambiato. Macron continua a “fare il buliccio con il culo degli altri” – come usa dire a Genova – e la Merkel ha, semplicemente, detto “no” alla mobilità dei migranti in Europa: dove sbarcano, restano.
Gli austriaci, sempre servizievoli nei confronti dei loro padroni tedeschi, hanno abbozzato “Se mai, chiudiamo il Brennero” (anche se spiace un po’, per l’ambaradan logistico che andrà a succedere…100 euro in più per TIR, acc…) Conte crede d’aver capito una cosa, gli spagnoli un’altra, gli ungheresi un’altra ancora…così va l’Europa, “tutti assieme, in ordine sparso”.
Insomma, a fronte di una possibile crisi politica tedesca, che l’Italia vada a farsi fottere. Gliene potesse fregar di meno: tanto, andiamo al mare in Italia, poi si vedrà.

Quel “si vedrà” racchiude tutta la suspense della situazione, la storia di un governo nato non certo bene, obbligato a prendersi sul gobbo ministri che già furono di Monti, altri che hanno fatto lingua in bocca con Berlusconi. Paura, paura ad esprimere quello che gli italiani hanno veramente detto a Marzo: un “basta!” lungo milioni di chilometri, forte come milioni di decibel, profondo come milioni di metri. 
Ora, se Salvini pensa veramente che quel che raccontano i sondaggi sia realtà – ossia se saranno voti – sta prendendo una badilata di quelle che ti spianano il muso. Sta condensando in un nuovo contenitore i medesimi voti, che furono di Fini, di Casini, di Buttiglione…oggi (ancora per poco) di Berlusconi e di sua pochezza (in peso numerico) Meloni. Fuori da lì, c’è poco: perché?

Poiché la storia della Destra italiana non è una storia d’intelletto, creativa: era già tutto perso al tempo di Ezra Pound o, se vogliamo, di Benedetto Croce, “sua filosofica indecisione”. Non elabora nulla, salvo triturare nel frullino i medesimi valori “adattati” al contesto odierno.
E’ sempre – parliamo di valori – la “maggioranza silenziosa” che fu di Montanelli, il “poderoso” centro-destra del ’94, ossia un fiume di valori che mi ricordano i versi di una vecchia canzone: “Vecchia, piccola borghesia…”
Al contrario della sinistra – che dai tempi “sovietici” è riuscita a riciclarsi nei valori di Blair, ossia quelli del neo-liberismo: avrebbe fatto meglio a “ripensare” una sinistra europea più combattiva e, soprattutto, “pensante” – la destra ha “trovato” (si fa per dire) per strada un imprenditore dei media come Berlusconi. Il quale ha confezionato una “frittura” di tutto ciò che la vecchia destra conservatrice e reazionaria conteneva. E lo ha rilanciato sulle Tv. Niente d’eccezionale, però ha funzionato.
Potrà funzionare di nuovo?

A mio avviso, no. Perché?
Il “fenomeno Berlusconi” è irripetibile, e Salvini non è certo l’erede di Berlusconi (meglio Renzi, senz’altro) e batte sempre sullo stesso chiodo, senza fantasia. Migranti, migranti, migranti…prima gli italiani…certo, però qualcuno comincia a dire: se quei soldi li avete presi, dovete restituirli, altrimenti siete nella stessa risma del PD, di FI, di Fini, dei vari centristi, ecc, ecc.
E qui c’è poco da dire (anche se i media ci hanno provato): il M5S ha avuto una decina di “infedeli” che hanno truffato sui rimborsi degli stipendi parlamentari. Una decina, in tutto – subito cacciati – ma era una questione interna, di accordi interni al partito: non hanno mai preso un euro dei rimborsi elettorali che loro spettavano.
Se, domani, Salvini chiederà “modifiche” al decreto Dignità (già, di per sé, poco “dignitoso”), suggerite da Berlusconi, lo scontro sarà già nell’Autunno, ma non credo che avverrà.

I nodi verranno al pettine quando dovranno affrontare il “nocciolo duro” dei loro programmi: la Flat Tax ed il Reddito di Cittadinanza. Perché sono riforme “pesanti” in termini di miliarduzzi, entrambe.

Personalmente, non capisco la Flat Tax: in un’Italia che è ai primi posti per sperequazione sul reddito (l’indice di Gini), riduciamo le aliquote ad una sola, due al massimo? A parte – trucchi da avvocaticchi a parte per ingannare la Consulta – che la Costituzione recita, all’art 53 “Il sistema tributario é informato a criteri di progressività”  – e non vedo proprio come si potrebbe by-passarla – c’è qualcosa che non mi convince.
Si narra che, abbassando le tasse ad una (o due) aliquote, tutti le pagheranno: e perché? Già me li vedo – dai “signori del ferro” di Brescia ai “signori del frumento” di Foggia – tutti a correre da Equitalia: “adesso che sono diventate “giuste” le paghiamo volentieri!” Uh, come ci credo. Addirittura le cosche: riabilitateci! Vogliamo pagare!

Che gli attuali sistemi di accertamento del reddito siano iniqui ed imprecisi, ne sono pienamente convinto – basti pensare al farraginoso metodo degli “studi di settore”, per il quale un ristoratore che compra un’orata e poi non la vende, avrebbe guadagnato lo stesso – però c’è un sistema semplice, adottato nella Repubblica Socialista Nord-Americana: il reato d’evasione fiscale, siccome toglie risorse a tutti, è un reato contro la Nazione e, dunque, un reato penale. 
Si sorvola spesso su questo concetto, ma se non si pagano le tasse non ci sono più medici che ti aspettano al Pronto Soccorso, maestri in aula con i bambini, pompieri quando scoppia un incendio: soltanto quando si è accertata la base fiscale, ossia chi sono e quanti sono i contribuenti, qual è il loro reddito, allora si può parlare di sistemi fiscali. Altrimenti, sarà sempre e solo aria fritta: non sarebbe proprio necessario fare loro vedere il sole a scacchi: basterebbe il profumo. La borghesia è, per sua intima costituzione, codarda.
Infine, ricordiamo che Al Capone non fu “beccato” per centinaia di omicidi, bensì per evasione fiscale.

Dall’altra parte il M5S scalpita per vedere, finalmente, il suo “sogno nel cassetto” realizzato.
Abbiamo già detto mille volte che non si tratta di un vero RdC, bensì di un serio assegno di disoccupazione (la legge ricalca, a grandi linee, il sistema tedesco) perché è scandaloso che la seconda potenza industriale d’Europa non abbia un supporto al reddito in caso di disoccupazione.
La Legge Fornero, in aggiunta, ha creato una vasta zona d’ombra, che potremmo tratteggiare così: le aziende non sanno più che farsene dei dipendenti over 55, mentre la pensione arriva a 67. Si tratta di un “limbo” dove sguazzano circa 6 milioni di persone e le loro famiglie.

Un’analisi più seria dovrebbe prendere in esame le modalità dell’attuale sistema industriale – che viene definito ancora “manifatturiero”, mentre in realtà è “macchine-fatturiero” – e questo muta radicalmente i termini del problema.

Combinando il flebile “decreto Dignità” con la questione dei migranti, possiamo notare quanto le vere “pietre angolari” del sistema industriale (e, dunque, anche finanziario e sociale) siano state ignorate.

1) I padroni, se possono (ossia se glielo lasciano fare), pagano sempre di meno: questa è una legge vecchia quanto il mondo. E tu scrivi pure tutti i “decreti Dignità” che vuoi: se non aggiungi la sanzione amministrativa o penale, non avrai mai forza contrattuale all’interno della società.

2) La seconda ragione è più complessa e coinvolge da un lato il tasso di scolarità e, dall’altro, la tipologia delle aziende. A parte i dirigenti, la struttura di una moderna azienda è composta da molti quadri intermedi, che sono in gran parte tecnici. Sono quelli che fanno funzionare le macchine di processo: semplificando, i robot. Per far funzionare un’azienda moderna, servono tecnici specializzati e manodopera senza particolare preparazione, poiché la macchina va servita, non è lei a servire l’uomo. Perciò, da un lato tecnici scolarizzati e ben preparati, dall’altro dei semplici “robot-umani”. Per ora, il rapporto numerico è ancora a favore dell’uomo (per le mansioni semplici): domani, si vedrà. Ma questo è un altro discorso che, però, bisognerebbe iniziare a fare: non ho remore nel definire che questo è stato il grande errore delle sinistre europee, quello che le ha fatte finire ad osannare Blair o la Clinton.

Questo governo – diciamolo fuori dai denti – è solo una copia edulcorata del governo Monti: nei ruoli chiave, (Economia-Esteri) ci sono tutti uomini legati alle istituzioni europee: dove sono finiti i Bagnai, i Fioramonti, i Rovertini, i Borghi? Erano uno specchietto per allodole elettorale?

Come può pensare, il M5S, di proporre una legge che costerà decine di miliardi l’anno? Le obiezioni di Cottarelli e di Boeri non sono retoriche, bensì reali: ad esse, bisogna dare una risposta.
La risposta esiste, ed è una sola: la società industriale avanzata (ossia altamente automatizzata) non può sopravvivere se non si pone sul piatto una domanda: il profitto è solo prodotto dal capitale?
E’ una domanda semplice: dalla risposta che si dà a questa domanda – ma non perché fu proposta da Marx – ne discendono due scenari, ossia una società ordinata e vitale da un lato, un pessimo film hollywoodiano di fanta-storia, zeppo di fucili mitragliatori, dall’altra.

Ai tempi di Moro e di Berlinguer, le aliquote fiscali erano sette, e la più alta prevedeva una tassazione del 75% sui guadagni: si viveva abbastanza bene, ad Agosto tutti andavano in vacanza, non c’era quasi ticket sui medicinali, negli ospedali c’era posto e si veniva ricoverati “per analisi”. Gli studenti universitari meritevoli ricevevano un “pre-salario” di 500.000 lire che, riportati d oggi, sarebbero circa 5.000 euro l’anno, le donne andavano in pensione a 55 anni egli uomini a 60: chiunque con 35 anni di contributi. Il debito pubblico era sotto il 60% e tutto in mani italiane eppure, nei consessi internazionali, gli economisti si cospargevano il capo di cenere…ah, l’Italia, il suo debito pubblico…
A forza di ripeterlo, la vulgata è diventata un imperativo.

Era veramente una società fondata “sul lavoro”, ma oggi è stato realizzato il miracolo: le mansioni pesanti o ripetitive sono delle macchine, non dell’uomo. Solo l’azienda che produce con queste modalità sopravvive, le altre sono destinate al fallimento.
Allora, diamo una risposta alla domanda: il profitto è solo prodotto dal capitale?
E’ una risposta che non richiede complesse trattative europee, che non scomoda la geopolitica, non tocca principi etici: tutto ciò che ci circonda e che vediamo – dalle autostrade ai grattacieli, dagli autobus alle biciclette – è stato creato solo dal capitale?
Se così non è, o non lo ritenete, significa che una parte dei profitti vanno corrisposti a chi lavora – si potrà decidere se monetizzarlo subito, se posticiparlo nella futura pensione, se stornarlo sul welfare ecc…ma tutto questo è un problema successivo – ed allora bisognerà aprire nuovi orizzonti: potrà essere una seria leva fiscale, oppure la partecipazione agli utili aziendali (la tedesca mitbestimmung)…altro…vari tipi di “compensazione” sociale…ma la decisione cambia, e cambia il paradigma di riferimento.
Altrimenti, vi racconto già come andrà a finire.

Maledetto, però è bravo: è stato l’unico a capire.
Mi riferisco a Vittorio Sgarbi: un essere che, spesso, mi dà il voltastomaco al solo vederlo apparire. Ma è stramaledettamente intelligente, vede “oltre” e capisce prima degli altri. Che, ad onor del vero, sono una pletora di pecore stupide (PD o FI, non cambia).
Non vi ha stupito che Sgarbi abbia dato il suo, personale voto a favore del governo Conte? Perché già sa come finirà.

Ne ho avuto esperienza quando lottai contro la riforma Fornero: articoli sempre sul filo della decenza, ma al vetriolo, che cospargevano sale sulle ferite con il sorriso fra le labbra.
Il meccanismo è semplice.
La compagine di governo è solo apparentemente un consesso: in realtà, ci sono Esteri ed Economia da una parte, tutti gli altri dall’altra. Questo spiega l’ostracismo per Paolo Savona.
All’epoca, si lottava per vedere riconosciuta “quota 96” (la somma degli anni di lavoro più l’età anagrafica) ed era sorprendente osservare il “ciclo” che si ripeteva. Ricordo, fra i parlamentari, due nomi: Boccia e Damiano, del PD, che si mostravano (?) d’accordo con le nostre rivendicazioni.
Si perveniva ad un accordo di massima, poi il tutto passava all’Economia: Monti non si scomodava nemmeno, inviava un sottosegretario il quale, puntualmente, respingeva “non c’è copertura finanziaria”. E tu, da capo, a cercare voci di bilancio da tagliare.
Quando il gioco divenne pesante – e i miei articoli più velenosi – mandarono in pensione il sottoscritto ed il gestore del blog, che era seguito da migliaia d’insegnanti. All’insaputa l’uno dell’altro. Ci prendemmo delle “botte” di traditori, ma non potevamo farci niente, eravamo stati messi in pensione d’autorità a 63 anni.
Cosa succederà al RdC?

Andrà cento volte in commissione e verrà approvato, mille volte alla Presidenza del Consiglio…sarà approvato e riapprovato, ma…al ministero dell’Economia risponderanno picche: manca la copertura finanziaria. Poi, ci sarà il tormentone dei “decreti attuativi”, mediante i quali la platea degli aventi diritto sarà ristretta allo 0,0…%, i fondi – quindi – saranno stanziati con enormi ritardi…li conosco, lo fanno abitualmente.
Così, il M5S si logorerà, inizieranno le sfide interne fra “buonisti” e “duri e puri”…intanto, la Flat Tax passerà, perché va ad incrementare il reddito di pochi, ed i tagli necessari saranno trovati dopo. Sulla nostra pelle.

Vittorio Sgarbi, da furbastro di tre cotte qual è, aveva compreso che quel governo raffazzonato era quel che ci voleva per annientare le istanze della popolazione. “Populisti”, che è come dire “privi della coscienza di muoversi in un universo pre-ordinato”.
Nell’Autunno vedremo questo canovaccio andare in scena: guarderemo quali risposte sapranno dare i 5stelle: per gli altri, c’è sempre un paracadute, quello targato Berlusconi, o chi per lui. Dudù tornerà all’ovile per essere scannato: missione compiuta. Vedremo se il M5S si trascinerà in una crisi senza fine, pendolando fra vecchie parole d’ordine e nuove, pragmatiche, realtà oppure se si darà una scossa e farà saltare il banco finché è in tempo. Il PD continuerà a litigare: la fine della “feral tenzone” è prevista intorno al 2030.
Cala il sipario, si accendono le luci in sala, il pubblico mormora e stropiccia gli occhi: ci sarà ancora il tempo per un drink?

giovedì 15 febbraio 2018

Grasso, futuro è abolizione del contante. Leader LeU critica flat tax, mette a rischio stato sociale.

 © ANSA

Qui il commento arguto di Luigi Pastorello. (copiato da fb dietro consenso dell'autore)

Il neo partito di Grasso è una formazione utile solo a limitare l'emorragia inevitabile di voti dal centro-sinistra. Serve per tutti coloro che hanno la fede irrazionale e incrollabile per gli ideali di sinistra, ma odiano Matteo Renzi perché sta facendo il lavoro sporco per conto dell' Elite. 
Nemmeno il centro-destra avevano attuato politiche così pesanti di macelleria sociale, il nome del neoliberismo e del turbocapitalismo globalizzante. 
Come dire, per fare un esempio, per coloro che gli piace la bevanda dolce gassata al caramello, ma odiano il marchio coca-cola! quindi i padroni della Coca Cola cosa fanno? Inventano il marchio Pepsi alternativo, fanno credere al consumatore sprovveduto che siano due bibite diverse, due proprietà e marchi diversi, così riescono a conservare il mercato e le quote di clientela. 
Sono strategie di marketing e nulla più. 
Idem la Fiat: quelli che compravano Alfa Romeo Lancia o Ferrari perché la Fiat come marchio gli stava antipatico. 
La Fiat gli ha assorbiti nella proprietà e così non perde più clienti!! 
E la gente è contenta perchè non possiede una Fiat, ma un'alternativa. 
Senza sapere che è lei la gente, quella posseduta dalla Fiat. 
Ahahahah???? Ci sarebbe da ridere per non piangere. 
Il politico di qualunque schieramento ideologico non è altro che il cameriere del banchiere. Se non si comprende questo, se non si comprendono i meccanismi finanziari di schiavizzazione e indebitamento truffa tramite signoraggio bancario saremo destinati a soffrire ed impoverirci sempre più. 
E a diventare sempre più schiavi e sottomessi.
L.P.

PS. L'articolo al quale fa riferimento il titolo è il seguente: 
http://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2018/02/13/grasso-futuro-e-abolizione-del-contante_812d3d43-e327-4848-a9fc-7e69934fed0f.html

sabato 10 febbraio 2018

Flat Tax, il re è nudo. Pronti a vivere come in Belize ?? - Rosanna Spadini

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O il sole o il welfare? Non vale più. Ora il treno della Flat Tax è partito, quello che contribuirà al definitivo massacro del welfare e dei diritti. Non è presente in nessun Paese dell’Europa occidentale, dove la qualità della vita è ancora mediamente alta. È presente invece nell’Europa dell’est e nel terzo mondo. La Flat Tax è una bufala, sarebbe meglio chiamarla «flop tax», perché è dannosa per il welfare, riveste la funzione di un Robin Hood al contrario, è incostituzionale, ed è altamente sconsigliabile per il mantenimento di un sistema fiscale attento alla ridistribuzione della ricchezza.
La tassa è iniqua perché non è progressiva, così come prevede la Costituzione, e mentre i milioni di contribuenti della fascia media risparmieranno poche decine di euro all’anno, i 130mila fortunati che dichiarano tra 90 e 100mila euro, avranno un beneficio molto più tangibile, perché è una tassa che favorisce le classi benestanti.
L’articolo 53 della Costituzione per altro dice che «Il sistema tributario è informato a criteri di progressività».
La palude si addensa sulla proposta del Centrodestra, perché non ci sono ancora accordi condivisi sul livello effettivo della tassa che dovrebbe sostituire Irpef e Ires. Fissandola al 20% gli introiti fiscali calerebbero di 95,4 miliardi. Però Forza Italia sostiene che «si finanzierebbe da sola», così com’è avvenuto in Belize, Kazakhistan, Transnistria e un atollo polinesiano.
La Russia ha adottato l’aliquota unica nel 2001, aumentando del 16% le sue entrate, ma il Fondo monetario internazionale (Fmi) spiega che non ci sono prove del legame tra crescita e riforma fiscale. La scommessa sul nostro Paese è però un azzardo. Forse la tassa piatta potrebbe aiutare a portare alla luce i redditi da lavoro autonomo, ma rischia di aprire una voragine nei conti pubblici e far pagare la crisi alle famiglie.
Un’aliquota unica per persone fisiche e imprese al posto di Irpef e Ires, però tra una proposta e l’altra si agitano decine di miliardi. Per il Berlu, a giorni alterni, sarà «di poco superiore al 20%» o «del 20-22-25%».
Nel frattempo il Giornale della famiglia Berlusconi contesta le affermazioni del Sole24Ore sulla perdita di gettito che deriverebbe dalla riforma fiscale «la flat tax al 25% funziona benissimo, per dire, nel paradiso fiscale di Trinidad e Tobago. Mentre i contribuenti dell’arcipelago polinesiano di Tuvalu devono accontentarsi del 30%».

Matteo Salvini e Armando Siri

Sul valore dell’aliquota che dovrebbe sostituire i cinque scaglioni Irpef si stanno ancora «facendo i calcoli», ha ammesso l’ex condannato in un’intervista al Corriere, ed anche se l’idea era del ’94, i conti ancora non tornano. Nel frattempo la Lega ne ha fatto uno dei propri cavalli di battaglia, nella versione super light al 15% sostenuta da Salvini e Armando Siri, ex giornalista dei tg Mediaset e novello guru economico.
Nel libro «Flat tax», edito da Passaporta, Armando Siri  spiega come con la sua proposta lo Stato in un anno avrebbe mancate entrate complessive (tra persone e imprese) per 63 miliardi di euro. Liquidità però che resterebbe nelle tasche di famiglie e delle imprese stesse che aumenterebbero la domanda interna e la capacità di investimento. Oltre a procurare una semplificazione drastica di tutta la burocrazia a monte. 
Ma non era Claudio Borghi, il teorico del NoEuro, il santone leghista in materia economica? Sì, ma per l’emisfero nord, per quello sud c’è Armando Siri. E poi c’è anche Alvin Rabushka, della scuola dei Chicago Boys, professore a Stanford e già consigliere di Reagan, il vero profeta della «flat tax». Come diceva appunto Reagan, si tratta di «affamare la bestia», cioè lo Stato, e quello italiano è sempre stato particolarmente famelico, dicono i leghisti, da Romaladrona in giù.

Quel Matteo Salvini da Milano, fasciato di felpe parlanti, che ha varcato la linea del Po per sfondare mercati del centro sud, studi televisivi e soprattutto i like di Facebook.


«Occorre un piano strategico nazionale per il Sud, non soltanto per il Ponte sullo Stretto, e noi questo piano lo stiamo elaborando» dice Siri «Lui l’ho conosciuto ai tempi della candidatura di Roberto Maroni alla presidenza della Lombardia. Non è la figura rozza dipinta dai media, ha un ego permeabile ai buoni consigli, sa ascoltare con leale sincerità e, cosa più importante, mostra un coraggio intuitivo che Renzi non ha» e ancora «ormai destra e sinistra sono emisferi chiamati a comunicare e collaborare, come avviene nel luogo mediano del cervello chiamato corpo calloso, altrimenti diventano spastici e si annientano a vicenda». Insomma, basta con la nevrosi della democrazia.
Siri ha comunque le idee molto chiare, perché la cura della schizofrenia contemporanea per lui non è anti o post-politica, invece è pre-politica. In parole povere, non siamo più in grado di gestire correttamente l’eccesso di aggressioni patogene esterne (flussi migratori, debito pubblico, disoccupazione di massa, chiusura di aziende, crisi bancarie), e così siamo costretti ad usare vaccini super potenti, per la pandemia in atto. L’uomo italico esigerebbe un vasto programma di recupero dei valori umanistico rinascimentali, si dovrebbe ripartire da Marsilio Ficino, con un forte ideale anelito a farsi ubermensh.

I casi di «successo» dell’aliquota unica nel mondo sono tanti. Dei 38 Stati, otto sono membri dell’Unione europea, quelli di più recente adesione, quali Bulgaria, Ungheria, Romania e Slovacchia. Poi oltre alla Russia, ci sono paradisi fiscali come l’Isola di Jersey, quella di Guernsey, le Seychellese Trinidad e Tobago, regimi autoritari come il Kazakistan, repubbliche ex sovietiche come Turkmenistan e Kirghizistangli Stati non riconosciuti della Transnistria e del Nagorno Karabakh, il Sud Sudan. Non mancano l’Iraq e l’Abkhazia, il Belize e la nazione polinesiana di Tuvalu, 10mila abitanti disseminati su nove isolette per 26 chilometri quadrati complessivi.

Alvin Rabushka

L’aliquota unica sembra però non funzionare bene in tutte le stagioni. Tra il 2010 e il 2013 Islanda e Slovacchia hanno abbandonato la tassa piatta, sull’onda della crisi finanziaria che ha messo in difficoltà i loro conti pubblici. Il governo di Bratislava ha deciso di fare retromarcia dopo nove anni e nel gennaio 2013 ha affiancato l’aliquota unica al 19% con un secondo scalino al 23%.
Nei primi quattro anni dall’introduzione della flat tax l’economia slovacca è cresciuta a tassi del 10%, ma sono aumentate anche le differenze di reddito. Con la crisi tra i cittadini slovacchi, ha spiegato Andrea Peichl, ricercatore dell’istituto per il Lavoro di Bonn, è aumentata la richiesta di una maggiore ridistribuzione del reddito che, in assenza di altri interventi, non si può ottenere tramite questa tassazione.
«La flat tax aiuta i ricchi? Sono contento» ha detto Matteo Salvini, a margine di una sua visita al mercato di via Pagano a Milano. E poi «Noi non tradiremo mai, non andremo mai al governo con Renzi, la Boldrini, i grillini, con Gentiloni» ha replicato a chi gli ha chiesto che cosa farebbe la Lega in caso il centrodestra non ottenesse la maggioranza dei seggi in Parlamento.
Ma i benefici della tassa piatta non si ridurrebbero alla crescita economica, perché troncando le imposte si stimolerebbe il lavoro così come l’emersione dei redditi in «nero», in quanto tutti i contribuenti sarebbero più disponibili a pagare le tasse, con una magica riduzione dell’evasione fiscale.
Le ultime dichiarazione dei redditi in Italia ci dicono che su 40 milioni di contribuenti solo 31.000 dichiarano più di 300.000 euro l’anno di reddito lordo, arrivano invece a 400.000 quelli che sfiorano i 100.000 euro. Quindi i redditi sono principalmente sotto questa soglia. In più come sostiene il centro di ricerca della Cgia di Mestre la tassazione delle imprese tra imposte dirette e indirette raggiunge anche il 64,8% sui profitti, percentuale che mette il nostro Paese al primo posto fra tutti quelli dell’area euro (affaritaliani.it).
Di conseguenza gli investitori sono più propensi ad investire altrove, dove la tassazione è più bassa. Quindi il sistema sistema burocratico fiscale necessita di riforme urgenti, però la tassa piatta appare troppo iniqua per risolvere il problema.
Perché applica la teoria liberista di Margaret Thatcher «Non ci può essere libertà se non c’è libertà economica», confermando la fede nella «mano invisibile» di Adam Smith e dando la definitiva mazzata turbo liberista al sistema.
Intanto la partitocrazia, assolutamente incapace di smentirsi, ha prodotto una legge elettorale che non può dar luogo a nessuna maggioranza, per avere piena disponibilità di fare scempio del voto degli elettori, attraverso consociazioni, lottizzazioni e inciuci vari, e per poter dar vita all’unico governo possibile delle larghe intese, sempre alle dipendenze della finanza nazionale ed estera.
Al mercato delle promesse e dei voti della campagna elettorale, le propagande partitocratiche sono vuote millanterie, perché i guai del Paese possono essere risolti solo da forze politiche oneste, coerenti e credibili.
Ebbene la tassa piatta, nonostante un sistema di deduzioni fisse che la renderebbe progressiva nelle fasce medio basse di reddito, è un regalo alla finanza nazionale e internazionale.
Una riduzione del carico fiscale sarebbe fondamentale per la crescita, dato che lo Stato italiano tassa più di quanto spende, quindi sarebbe necessario riportare il carico fiscale a livelli normali, però attraverso un deficit da finanziare sovranamente.
Le affermazioni di Salvini, secondo le quali ci sarebbe un sistema di deduzione fortemente progressiva, non reggono, perché questa progressività riguarderebbe soltanto le fasce di reddito inferiori e sfumerebbero fino ad azzerarsi man mano che le entrate aumentano.
L’attuale sistema tributario nazionale non ha voluto impedire l’accentramento costante di capitali nelle mani di poche persone, e la tassa piatta è l’ennesima truffa neoliberista, mascherata da fata turchina, risolutrice dei problemi e vendicatrice degli oppressi, in realtà continuerebbe a garantire i privilegi dei soliti noti.
In definitiva un’eventuale  politica espansiva finirebbe per accrescere i patrimoni di pochi, mantenendo l’oligarchia finanziaria al timone del Paese a danno del resto della popolazione.
Come ha notato Luigi Marattin dell’Università di Bologna: «Il ragionamento (comunque sbagliato) dell’emersione del sommerso vale per le imposte dove è concentrata evasione e elusione. In Italia si tratta soprattutto dell’Iva, che secondo molte stime nasconde più di 100 miliardi di evasione. La “flat tax” riguarda invece l’Irpef, un’imposta la cui platea di contribuenti è per circa il 90% è costituita da lavoratori dipendenti e pensionati. Vale a dire, contribuenti che non possono evadere, visto che hanno le trattenute direttamente in busta paga. Quindi la “magia” dell’emersione del sommerso sarebbe comunque assolutamente marginale».
Alla fine insomma perché il leader della Lega ha stretto questo patto di belzebù con il Berlu? Forse perché l’ex carcerato deve risparmiare sulle tasse, ed ha pensato bene di scaricarle sul groppone degli italiani, usando uno dei soliti giochetti illusionistici ?