martedì 23 giugno 2009

Topolanek, Bocchino, Pompa & F.lli.

Siccome «nomina sunt consequentia rerum», sulla scena degli scandali berlusconiani, dopo Topolanek, irrompe l’on. Bocchino: «In questa vicenda ci sono apparati dello Stato fuori controllo».
Non ce l’ha con l’apparato riproduttivo di Al Tappone, già devastato da un editoriale di Feltri, ansioso di far sparire l’arma del delitto («facendo strame della privacy, affermo che Silvio è senza prostata… e buonanotte al sesso. La scienza fa miracoli tranne uno: quello»).
No, Bocchino ce l’ha coi servizi segreti, ovviamente deviati: «Dovrebbero occuparsi della sicurezza del premier, scortarlo, proteggerlo». Invece colludono coi nemici della Nazione: tipo il fotografo Zappadu che, secondo l’autorevole Il Giornale, ha «rapporti coi servizi». Tesi suggestiva, anche perché Al Tappone ha governato 8 anni su 15 e ha sempre trafficato coi servizi. E l’altro giorno ne ha riuniti i capi a Palazzo Chigi: c’erano il coordinatore Gianni De Gennaro, a suo tempo confermato da Al Tappone a capo della polizia nonostante i fattacci del G8 di Genova, o forse proprio per quelli (ora è imputato per induzione alla falsa testimonianza dell’ex questore); e l’ex direttore del Sismi Niccolò Pollari, sebbene sia imputato a Milano per il sequestro di Abu Omar e a Perugia per peculato con Pio Pompa (avrebbero spiato «presunte opinioni politiche, contatti e iniziative di magistrati, funzionari dello Stato, associazioni di magistrati anche europei, giornalisti e parlamentari»), o forse proprio per questo. Dal che si deduce che cosa intendano lorsignori per «servizi deviati»: quelli che lavorano per lo Stato.

http://www.unita.it/rubriche/Travaglio

lunedì 22 giugno 2009

La natura.




Quando piove a dirotto, quando il vento batte alle porte, sembra che la natura (dio) scateni la sua ira.

Dura tanto o dura poco, il suo monito non viene ascoltato.
L'uomo è restio ad imparare, è più propenso a comandare.

E se ascolta, ascolta i suoi istinti primordiali.

domenica 21 giugno 2009

Teheran, morti e feriti nel 'sabato nero'. Moussavi: ''Pronto al martirio''. Obama all'Iran: ''Stop alle violenze sul popolo''


ultimo aggiornamento: 21 giugno, ore 10:02
Teheran - (Adnkronos/Ign) - Il leader riformista attacca: ''Brogli pianificati'' e ai manifestanti dice: ''Se mi arrestano scioperate''. In 3mila sono scesi in piazza sfidando il divieto dell'Ayatollah Khamenei. Kamikaze al mausoleo Khomeini: assalto alla sede del partito di Ahmadinejad. Ricontato il 10% dei voti. Il Consiglio dei Guardiani: ''Le schede scelte a caso''.
La guida suprema: ''Proteste istigate dall'Occidente''. Sul web il giornale della protesta 'street'. Da venerdì Google ‘parla’ anche farsi

Teheran, 20 giu. (Adnkronos/Ign) - Escalation di tensione in Iran dove i sostenitori di Moussavi, sono scesi in piazza in 3mila per protestare contro l'esito del voto nonostante il divieto dell'Ayatollah Ali Khamenei. La polizia che in un primo momento aveva usato lacrimogeni e cannoni ad acqua per disperdere i manifestanti ha iniziato a sparare in aria, secondo quanto riferito da testimoni oculari che hanno parlato anche di scontri tra i sostenitori di Moussavi e quelli di Ahmadinejad.

Secondo le notizie arrivate dalla capitale iraniana - dove il regime è riuscito praticamente ad oscurare la protesta imponendo restrizioni ai limite della censura ai media internazionali - in migliaia si sarebbero radunati nella Piazza della rivoluzione, urlando "Morte al dittatore" e "Morte alla dittatura''.
I sostenitori del leader riformista avrebbero poi tentato l'assalto alla sede del partito di Ahmadinejad, cui sarebbe stato dato fuoco. Mentre un kamikaze si è fatto saltare in aria nell'ala settentrionale del mausoleo dedicato al fondatore della Repubblica islamica Khomeini, nella zona meridionale di Teheran, causando la propria morte e il ferimento di almeno 2 persone, secondo il bilancio fornito da 'Press Tv'. La notizia dell'esplosione non è stata confermata dalla 'Bbc', il cui corrispondente sostiene che non ci sia alcuna prova dell'attacco.
Migliaia di poliziotti in tenuta antisommossa e uomini della milizia Basji hanno poi sigillato piazza Enghelab, dove i sostenitori di Moussavi volevano tenere la loro nuova manifestazione di protesta.
E Moussavi dal popolare social network Twitter avverte: ''Sono pronto al martirio''. Quindi rivolto ai manifestanti detta la linea: ''Se mi arrestano, scioperate''. Sul suo sito il leader riformista ha pubblicato anche la lunga e dettagliata lettera inviata oggi al Consiglio dei Guardiani (l'organo che verifica la correttezza del processo elettorale), nella quale chiede che siano annullati i risultati delle elezioni vinte, secondo le accuse, con brogli. ''Queste misure irritanti (i brogli elettorali) - scrive il leader - erano state pianificate mesi prima del voto...considerate tutte le violazioni...le elezioni dovrebbero essere annullate''.
''Continuerò i miei sforzi per chiarire la verità sulla base della costituzione e delle leggi vigenti - spiega Moussavi nella missiva di sette pagine - nonostante le violazioni e la pianificazione di questi atti disgustosi siano state preparate in anticipo''.
Dal canto suo Mahmoud Ahmadinejad ha ringraziato l'ayatollah Ali Khamenei per il sostegno datogli. ''Senza dubbio lei ha sventolato la bandiera del coraggio e della determinazione davanti agli arroganti'', scrive il presidente iraniano in una lettera inviata alla guida spirituale suprema, che venerdì aveva difeso la sua elezione, ''voluta dal popolo''.
Intanto il Consiglio dei Guardiani proprio oggi ha stabilito che sarà ricontato il 10% dei voti espressi alle presidenziali dello scorso 12 giugno e le schede verranno scelte a caso.
Nel frattempo, Barack Obama ha chiesto alla leadership iraniana di fermare le violenze contro il popolo. "Il governo iraniano - ha detto il presidente degli Stati Uniti in una nota diffusa dalla Casa Bianca - deve comprendere che il mondo lo sta guardando. Noi piangiamo ogni singola vita innocente che è andata persa. Chiediamo al governo iraniano di fermare tutte le azioni violente e ingiuste contro il suo stesso popolo".

http://www.adnkronos.com/IGN/News/Esteri/?id=3.0.3447988812

Morte in diretta.



La morte in diretta di una dimostrante in Iran.

Le richieste di Greenpeace, Legambiente e WWF Italia

http://www.greenpeace.org/raw/content/italy/ufficiostampa/file/richieste-ambientalisti-clima


Un accordo globale sul clima alla
Conferenza delle Nazioni Unite
di Copenhagen.
Le richieste di Greenpeace, Legambiente e WWF Italia.

sabato 20 giugno 2009

Dell' Utri mise Berlusconi nelle mani di Cosa nostra.

Repubblica — 20 aprile 2004 pagina 20 sezione: POLITICA INTERNA
PALERMO - «Tra il 1974 ed il 1976 Marcello Dell' Utri ha messo volontariamente Berlusconi nelle mani di Cosa nostra e c' è stato il tentativo di fare diventare la Fininvest un' impresa amica dell' associazione mafiosa. Berlusconi non lo sapeva, ma Dell' Utri sì». Questa la tesi dei pubblici ministeri Domenico Gozzo e Antonino Ingroia che rappresentano l' accusa nel processo al senatore Marcello Dell' Utri, imputato di concorso esterno in associazione mafiosa. Una tesi espressa ieri mattina nella terza udienza dedicata alla requisitoria dei pm, che hanno così distinto le posizioni del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi (che negli anni scorsi era stato iscritto nel registro degli indagati: ma poi l' accusa fu archiviata) e del suo delfino Dell' Utri che avrebbe organizzato incontri con boss di Cosa nostra, con i quali Berlusconi in qualche occasione sarebbe stato «costretto» a entrare in contatto. E a questo proposito il pm Gozzo ha ricordato alla Corte - presieduta da Leonardo Guarnotta - il periodo trascorso a Milano dal defunto boss Vittorio Mangano, ex stalliere della villa del Cavaliere ad Arcore. Una presenza, quella di Mangano, pilotata secondo l' accusa da Marcello Dell' Utri con l' intento di «proteggere» Silvio Berlusconi dalle minacce di sequestro nei confronti dei suoi familiari. «L' intervento di Dell' Utri - ha affermato il pubblico ministero - fa terminare queste minacce, anche se l' imputato sostiene di non essere mai intervenuto. Quindi, la presunta vanteria di cui ha parlato Dell' Utri al suo ex amico Filippo Rapisarda (avere conosciuto mafiosi, ndr) lascia il tempo che trova. E in queste dichiarazioni il senatore non ha potuto negare la verità. Quelle frasi a Rapisarda le ha dette davvero. Le minacce a Berlusconi cessano soltanto perché Dell' Utri ha condotto una trattativa». Così Gozzo ha definito Dell' Utri: «è un soggetto che tiene il piede in due scarpe». E proprio per evitare il rischio di sequestri dei familiari di Berlusconi l' ex capo di Publitalia avrebbe assunto Mangano. Quest' ultimo, secondo l' accusa, avrebbe partecipato nella villa di Arcore anche a una cena alla quale sarebbero stati presenti lo stesso Dell' Utri, Berlusconi, il principe Dangerio (che la mafia avrebbe tentato invano di sequestrare) e Fedele Confalonieri. E Mangano sarebbe stato tra i commensali perché, secondo il pm, oltre a essere un esperto di cavalli «era il rappresentate di Cosa nostra e per questa ragione veniva considerato una persona importante». A questo punto il rappresentante dell' accusa ha dato del bugiardo a Fedele Confalonieri che in un interrogatorio aveva negato la partecipazione a quella cena. Perché lo ha fatto? «Probabilmente -ha spiegato Gozzo - perché la presenza di Mangano e della moglie sarebbe stata pregiudizievole per Berlusconi e per Dell' Utri». Immediata la replica del presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri: «Mi ritengo offeso dall' arbitraria e indimostrata affermazione del pubblico ministero, che considero frutto di pura foga accusatoria. Ribadisco che fra i partecipanti a quella cena nella villa di Arcore Vittorio Mangano non c' era. E se il pubblico ministero sostiene che io sul punto ho mentito, allora io dico che a mentire è lui. Mi riservo ogni azione a tutela della mia onorabilità». - FRANCESCO VIVIANO

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2004/04/20/dell-utri-mise-berlusconi-nelle-mani-di.html

giovedì 18 giugno 2009

Lezione di giornalismo: le 5W. I Tg italiani nascondono lo scandalo D'Addario



Clicca per vedere il video (da youtube)
Questo intervento è un piccola e umilissima lezione di base di giornalismo, che dovrebbe essere compresa da tutti i nostri lettori. Senza addendrarci in concetti complessi come il valore-notizia, l'apertura, la retorica tipica di ogni settore del giornalismo e le mille sfaccettature che differenziano un buon cronista da un ottimo giornalista, vogliamo fare semplicemente riferimento alla famosa "regola delle 5W".
Dall'inglese, le 5W stanno per: Who, When, What, Where, Why. Ovvero, in italiano: Chi, Quando, Cosa, Dove, Perché. Se un articolo risponde (magari nella parte iniziale) a tutte queste domande allora è stato un redatto un buon servizio.
Chiaro? Bene, a scardinare e umiliare questa regola valida in tutto il mondo ci pensa il giornalismo italiano, in particolare televisivo, che ormai ha raggiunto un livello davvero infimo nel modo di esporre gli eventi, i fatti e i temi dell'agenda del giorno.
Come ben sappiamo, i direttori dei Telegiornali sono tutti (escluso il Tg3) manovalanza informativa al soldo di Silvio Berlusconi. Ma fin qui nulla di strano: è il semplicissimo conflitto di interessi che rende l'Italia un paese
semi-libero dal punto di vista dell'informazione.
Ieri,
come abbiamo riportato, è scoppiato lo scandalo (più etico-morale, che politico-giudiziario almeno al momento) legato all'intervista di Patrizia D'Addario, la ragazza che ha dichiarato di essere stata più volte invitata a pagamento a casa del premier Berlusconi ("utilizzatore finale" secondo l'avvocato Ghedini di un'eventuale induzione della prostituzione al vaglio della magistratura, e quindi non perseguibile penalmente). La notizia è una bomba al punto che i telegiornali avrebbero dovuto occuparsene per almeno metà del tempo disponibile svicerando tutti gli aspetti della vicenda. In tutti i paesi occidentali il premier (come accadde per Cosimo Mele, l'onorevole Udc beccato qualche tempo fa a sniffare in camera d'albergo con due "ragazze a pagamento") si sarebbe dimesso all'istante. Ma qui siamo in Italia e quindi non fa nulla, si può far passare tutto...
Quello che non deve passare è invece il modo grottesco di descrivere la notizia da parte dei principali Tg. In
questo ottimo video, che giustamente esclude per palese servilismo Tg4 e Studio Aperto, notiamo che questi giornalisti (che vengono pagati dai cittadini con le pubblicità e/o con il canone Rai) di servizi sono abituati a farne ben altri.
La regola delle 5W è completamente dimenticata: nel riportare la notizia, manca Chi ha provocato tutto questo tam tam, Perché l'ha fatto, Quando ciò è accaduto e in che circostanze ma, soprattutto, Cosa riportano i fatti. In qualche caso si sa Dove si sono consumati gli eventi (tra Bari, la Sardegna e Roma) ma questo è evidentemente il lato meno piccante delle vicende.
In apertura di servizio del Tg1, senza che sia stata data la notizia, la giornalista riporta il duro commento del premier alla solita spazzatura pubblicata dai giornali. Impossibile per il telespettatore capire perché tanta rabbia verso i giornali. Neppure Nostradamus potrebbe capire perché il centro destra insorge compatto alla notizia che non c'è, che non viene spiegata. Fantastico il Tg1 di Minzolini, che sottende l'intero servizio a una tesi mirabolante: è colpa di D'Alema, che manipola la magistratura. Da lacrimare dalle risate.
Ma in fondo anche l'attività di nascondere una notizia (di cui anche Tg5 e Tg2 sono maestri) è giornalismo. O no?