venerdì 17 dicembre 2010

Pena di morte, "azienda italiana fornisce Pentotal a Stati Uniti per iniezioni letali"




Roma - (Ign) - Nel mirino del dossier 'Commercio letale' di Nessuno Tocchi Caino e Reprieve la Hospira Spa, casa farmaceutica con base a Liscate (Milano) che sta per diventare la fonte più importante se non l’unica di Sodium Thiopental. Due gli esposti presentati alla Procura della Repubblica di Milano.

Roma, 2 dic. (Ign) – E’ arrivato direttamente dalla casa madre americana, con base a Lake Forrest in Illinois, l’incarico di produrre il Sodium Thiopental da destinare ai penitenziari Usa. Così la Hospira Spa, casa farmaceutica con base a Liscate in provincia di Milano, diventa la fonte più importante se non l’unica del Pentotal per l’iniezione letale dopo la decisione del governo britannico di imporre un controllo all’esportazione. E’ quanto denunciato nel dossier ‘Commercio Letale’ presentato oggi da Nessuno Tocchi Caino e Reprieve.

Il Sodio Tiopentale è il barbiturico presente in tutti i protocolli di iniezione letale dei vari stati Usa: nei protocolli con tre farmaci costituisce il primo passaggio, mentre nei nuovi protocolli basati su un unico farmaco è proprio quello previsto. Nella seconda metà del 2010, a causa della mancanza degli ingredienti base del farmaco, la Hospira Inc., unica casa farmaceutica a produrre il Pentotal negli Stati Uniti, ha annunciato che non sarebbe stata in grado di tornare a distribuirlo prima di gennaio-marzo 2011. Alcuni Stati sono stati così costretti a sospendere o a rinviare le esecuzioni per la mancanza assoluta di Pentotal o per l’imminente data di scadenza del farmaco, altri hanno deciso di approvvigionarsi all’estero.

In un memorandum datato 30 settembre 2010, è documentato che il Department of Correction del Tennesse ha ordinato un quantitativo di Pentotal proveniente da un fornitore estero, probabilmente britannico. Il 2 novembre 2010 Reprieve, un’organizzazione umanitaria che si batte contro la pena capitale e la tortura in tutto il mondo, ha reso pubblico il contratto di vendita che prevede l’acquisto di 40 grammi di Sodio Tiopentale, sufficiente per quattro ‘applicazioni’ o dosi, al prezzo di 18mila dollari. Lo Stato dell’Arizona si è procurato un quantitativo di Pentotal prodotto da un’azienda farmaceutica in Gran Bretagna, con il quale il 25 ottobre 2010 è stata eseguita l’iniezione letale nei confronti di Jeffrey Landrigan nella prigione di Florence a Phoenix in Arizona.

Dopo la decisione del governo britannico, la Hospira è dunque veramente la fonte più importante (fra poco l’unica fonte) del farmaco per i penitenziari americani. Il 16 novembre 2010, Reprieve ha reso noto che la Hospira Spa, una sussidiaria della multinazionale americana, era stata incaricata di produrre il Pentotal e che, a partire da gennaio 2011, avrebbe iniziato a esportare la sostanza negli Usa.

Un comunicato della società con sede a Liscate sottolinea che “il medicinale non ha alcuna indicazione d’impiego nella pena capitale e Hospira non supporta il suo uso in questa procedura. Nella primavera del 2010, Hospira ha preso contatti con gli istituti di correzione negli Stati Uniti per rendere nota la nostra posizione, come già fatto in numerose occasioni nel corso degli anni, anche quando la società era parte di Abbott”. PerGiuseppe Riva, amministratore delegato della società milanese, “è un problema tutto americano: non riguarda i nostri stabilimenti. Il Sodium Thiopental viene prodotto per gli interventi chirurgici. L’uso per la pena capitale è improprio e avviene solo negli Stati Uniti. E comunque, non riguarda l’esecuzione ma la fase della preparazione del condannato. È usato come anestetico: se noi smettessimo di fornirlo, lo farebbero altri”. “Chi produce coltelli da cucina è responsabile se poi qualcuno li utilizza per uccidere?”, ha detto Riva, senza cogliere la differenza tra un accoltellamento in una disputa privata e la morte somministrata per mano dello Stato.

Sul caso Hospira di Liscate, il presidente dei Verdi Angelo Bonelli, ha presentato il 16 novembre 2010 un esposto alla Procura della Repubblica di Milano, “al fine di impedire che il farmaco Sodium Thiopental sia utilizzato e che quindi provochi la morte in violazione della costituzione e dei trattati internazionali e valutare con urgenza se esistono le condizioni del sequestro preventivo del farmaco”. Un’analoga iniziativa è stata presa dalsegretario di Nessuno tocchi Caino, Sergio D’Elia. “Se i vertici della Hospira Spa di Liscate avessero la consapevolezza che il farmaco inviato/da inviare negli Stati Uniti venga utilizzato per uccidere delle persone – indipendentemente dal fatto che negli Stati Uniti a cagionare la morte sarebbe lo Stato – dovrebbero rispondere del reato di concorso in omicidio, anche nella forma soggettiva del dolo eventuale”, ha scritto D’Elia nel suo esposto alla Procura della Repubblica di Milano, predisposto dall’avvocato Giuseppe Rossodivita del Partito Radicale.

La difesa di Hospira – dicono le due organizzazioni - è ipocrita e per molti versi falsa perché per anni Hospira Inc. è stato il fornitore esclusivo di anestetico per iniezioni letali; ora, la Hospira Spa di Liscate ha rilevato la catena di produzione; il Pentotal è un farmaco obsoleto negli Stati Uniti per gli ospedali. Insomma il Pentotal – si sottolinea nel dossier - è usato praticamente solo per fare iniezioni letali. Sarebbe dunque paradossale che proprio l’Italia, mentre è impegnata all’Onu per la Moratoria universale delle esecuzioni capitali, si rendesse complice della pena di morte negli Stati Uniti dove la carenza di veleno per l’iniezione letale sta determinando una moratoria di fatto delle esecuzioni, fanno notare le due organizzazioni.


Berlusconi: “Altri otto deputati sono con me”.




Fini e Casini “avrebbero fatto meglio a restare nel centrodestra”, e invece hanno contribuito a “disfarlo”. Ma hanno “sbagliato i conti”, perche’ molti che hanno lasciato la maggioranza sono pronti a fare ritorno alla ‘casa madre’. E’ notte fonda quando Silvio Berlusconi, dopo un pomeriggio passato al tavolo del Consiglio Europeo, torna sulle questioni di politica interna.

Il premier interviene alla festa dei giovani del PPE in tarda serata, dopo la cena dei 27 e il vertice dei Popolari Europei (dove, racconta, “sono stato accolto come se fossi andato sulla Luna tanti sono stati i festeggiamenti” per aver incassato la fiducia). E tra barzellette, decine di strette di mano e foto-ricordo, consegna il seguente messaggio: “Sono tranquillo per il futuro, perche’ abbiamo una maggioranza per governare”. E se anche i numeri della fiducia ottenuta lunedi’ scorso sono molto stretti, questa maggioranza e’ destinata ad allargarsi. “Ho fatto incontri tutta la notte e ne ho incontrati otto, anche se avrei preferito incontrare belle ragazze – racconta Berlusconi ironizzando – e quegli otto sono pronti a passare con noi”.

Otto parlamentari, aggiunge, che non si sentono piu’ a loro agio la’ dove stanno, perche’ con Fini e Casini “pensavano di essere saliti su un treno con destinazione terza gamba del centrodestra, e invece si sono ritrovati con una destinazione centrosinistra”. E se con la nascita del nuovo Polo pensano di allearsi con la sinistra, “saranno destinate al niente, cioe’ alla fine, malgrado lo spazio che hanno in tv”. Certo, ammette Berlusconi ironico, di Casini “lo capisco, l’e’ un bel fijol, come si dice a Milano, piace alle signore dai 55 anni in su ed e’ per questo che ha il 6%…Pero’ – continua – deve restare nell’area dei moderati”.

Il premier piu’ tardi, definira’ ‘top secret’ il numero dei parlamentari pronti a tornare nelle fila della maggioranza, e a chi gli chiede di fare nomi, replica con una battuta: “E che lo chiede a me?”. Ma ribadisce di essere certo del fatto che la maggioranza puo’ allargarsi tanto da portare avanti l’azione del governo. “Se cio’ non dovesse accadere comunque – continua Berlusconi – allora andremo al voto, ma in quel caso vinceremo alla grandissima, perche’ secondo l’ultimo sondaggio il mio gradimento e’ del 56,4%. Ed e’ quasi un miracolo dopo tutto quello che hanno detto di me”.



Editto bulgaro, per B. pagano i colonnelli La Corte dei Conti condanna Saccà e Marano.


Berlusconi dispone la censura, i dirigenti Rai eseguono e a perderci è la Rai che, sulla scorta di decisione politiche e non aziendali, subisce un danno economico.

Questo il senso dell’editto bulgaro, messo oggi nero su bianco. La Corte dei Conti, organo dello Stato preposto controllo delle entrate e delle spese pubbliche, ha condannato Agostino Saccà eAntonio Marano, all’epoca rispettivamente direttore generale Rai e direttore di Raidue, al pagamento di 110 mila euro ciascuno per il danno economico causato alla Rai in seguito a quello che, appunto, è stato definito “editto Bulgaro”.

Nel 2002, da Sofia, Berlusconi emanò il suo famoso diktat: “Biagi, Luttazzi e Santoro hanno fatto un uso criminoso della televisione pubblica”. Le sue parole lasciarono il segno: i due giornalisti e l’autore satirico vennero allontanati dalla Rai e al posto del talk show di Santoro fu programmato su RaiDue “Excalibur” di Antonio Socci.


Oltre alla causa di lavoro avviata nel 2002 (che portò successivamente al reintegro del giornalista), Michele Santoro nel 2005, tramite il suo avvocato Domenico D’Amati, intentò un esposto alla magistratura contabile relativo al danno erariale conseguente la decisione dei due dirigenti pubblici di non utilizzare lo stesso Santoro e Sandro Ruotolo. Oggi la sentenza: a risponderne devono essere personalmente i due dirigenti.

“La decisione della Corte – commenta l’avvocato D’Amati – afferma due importanti principi: il primo è che la Rai è un’azienda pubblica e quindi i suoi amministratori la devono gestire in modo di non danneggiare l’erario”. Il secondo “è che la cattiva gestione del personale è titolo di responsabilità, anche a livello individuale, degli amministratori”. D’Amati fa riferimento in particolare ad altri, casi, magari meno noti della vicenda Santoro, “di persone accantonate ingiustamente che magari hanno continuato a ricevere lo stipendio senza poter lavorare né esprimere la propria personalità”.

Per il legale dell’ex direttore Rai Saccà, Federico Tedeschini, invece, la sentenza della Corte dei Conti “è più una vittoria che una sconfitta a fronte di un’iniziale richiesta danni pari a 1 milione e 800mila euro”. Non riesco, aggiunge, “a comprendere dove abbiano trovato il danno, se non ha sbagliato non deve pagare niente”. E annuncia che verrà presentato appello non appena verranno pubblicate le motivazioni.

Beppe Giulietti, portavoce di Articolo21, si dice soddisfatto della sentenza e lancia una proposta: “Ci auguriamo che dopo la sentenza della Corte dei Conti la Rai decida di cambiare pagina e di cominciare a sanzionare colore che censurano e non coloro che sono censurati”.



La solitudine dei bravi ragazzi. - di Loris Campetti



Brucia piazza del Popolo,bruciano le strade di Roma, brucia la rabbia di decine di migliaia di studenti quando alle 13,41 viene annunciato il voto di fiducia a Berlusconi. Hai voglia di dire che tanto quello lì ha perso politicamente: i simboli sono importanti. E quella maledetta legge Gelmini fermata dalla rivolta delle scuole e delle università ora torna in campo. I tre voti che salvano il governo cancellano definitivamente la fiducia della piazza nella politica, cancellano il futuro di una generazione. E ne condannano un’altra alla precarietà. La stessa rabbia degli operai metalmeccanici arrivati da Padova o da Pomigliano che vedono il modello sociale di Marchionne puntare contro di loro come come i blindati della Polizia e della Finanza. Vedono tornare il panzer Sacconi lanciato a bomba contro lo Statuto dei lavoratori. Quel voto del Palazzo, quel mercato sub-politico che umilia il Parlamento cambia l’umore della piazza, la protesta esplode e poche voci si alzano contro chi magari è arrivato organizzato in piazza, non invitato, per far casino. Nessuno prova pietà per qualche suv sfasciato sul Lungotevere, per una Jaguar che brucia, per i bancomat presi a colpi di sampietrini: sono simboli di un potere odiato oggi più di ieri, rappresentano anch’essi un modello diseguale, ingiusto, basato sul furto ai poveri, tanti, per dare ai ricchi, pochi. Goliardia? Non solo, e non soprattutto. Il blindato e qualche altro mezzo che bruciano tra piazza del Popolo, via del Corso e via del Babbuino non trovano solidarietà tra i giovani e giovanissimi che si affollano dietro chi resiste alle cariche della polizia. Quando un blindato tenta di sfondare il muro umano che, a differenza del Parlamento,sta sfiduciando B ma viene ributtato indietro,parte un applauso corale. Questa non è goliardia, è rabbia di chi vede sfilarsi futuro e diritti e non ci sta
Così brucia piazza del Popolo.

La politica ha fallito,le istituzioni sono fuori, lontane, nemiche di queste ragazze e ragazzi così simili ai loro compagni di Atene o di Londra, che ieri hanno messo in campo la più grande manifestazione studentesca che il cronista, non più ragazzino,ricordi. Non hanno tutti contro, però.Con loro ci sono le tante Italie che resistono, e cominciano a incrociarsi.C’è la Fiom con il suo gruppo dirigente che chiede,insieme ai ragazzi,lo sciopero generale.Che se ci fosse stato avrebbe contribuito a farli sentire meno soli e meno lontani da tutte quelle rappresentanze che non rappresentano più,non svolgono più alcun ruolo di mediazione.Ci sono i terremotati dell’Aquila e il popolo avvelenato di Terzigno e Chiaiano,persino le «Brigate Monicelli»,il popolo dell’acqua pubblica Movimenti che dovranno intrecciarsi,costruire insieme un percorso duraturo,perché domani bisognerà continuare il cammino insieme. Per questo è nato «Uniti contro la crisi» che ha promosso la manifestazione.La piazza ondeggia sotto le cariche della polizia.C’è chi resta fuori dagli scontri,come gli operai della Fiom, perché non sono nel suo dna e punta da piazzale Flaminio verso il Muro torto per raggiungere la Sapienza.Ma alla fine la polizia sfonda, riconquista piazza del Popolo,si riversa sul piazzale mentre il fumo acre dei lacrimogeni intossica e fa crescere ancor più la rabbia.Un candelotto va a finire dentro il lungo sottopassaggio della metropolitana trasformandolo in una camera a gas.Sopra,nel piazzale,vola di tutto contro un blindato della Finanza,isolato e impazzito,una scena che nella memoria dei meno giovani richiama una dannata piazza di Genova.
Alle 13,41 è cambiata non solo la piazza ma anche l’atteggiamento di chi avrebbe dovuto garantire l’ordine:fino al voto,fino a davanti al Senato, confronti anche duri,ma senza volontà di precipitazioni. Poi la «difesa dei Palazzi» è diventata aggressiva,quasi alla ricerca dello scontro. Che alla fine, immancabilmente, è arrivato
con tanto di fuoco, ragazze e ragazzi in fuga inseguiti dai manganelli. I Palazzi hanno ignorato la protesta della piazza, hanno offeso la dignità di chi chiede quel che sarebbe giusto avere ma da oggi dovrà farci i conti. E sarà dovere di ogni organizzazione democratica costruire ponti con una generazione offesa ma determinata, e sostenere una battaglia per l’istruzione, la cultura, il lavoro, la giustizia sociale, che è una battaglia di civiltà e parla di diritti. Per costruire un’altra politica e differenti relazioni sociali, non mercificate, per pretendere giustizia sociale. Gli studenti sono in prima fila. Con loro ci sono altri movimenti, c’è un pezzo di Cgil. E gli altri dove sono?

Da: Il Manifesto del 15.12.2010

14 dicembre, non è che l'inizio. - di Marco Bascetta


Il coro è generale, prevedibile.Tra i vincitori e gli sconfitti dell’aula,da dx a sx rimbomba l’indignazione: professionisti della violenza, vandali,teppisti,insomma la racaille,la canaglia, per rievocare l’espressione Che Sarkozy affibbiò a suo tempo ai giovani rivoltosi delle banlieus Si invoca repressione,repressione e ancora repressione Si fa finta di non capire, di esorcizzare lo spettro di qualcosa che ormai monta nel paese.Nel palazzo si finge di ignorare che le scelte compiute,l’immagine grottesca trasmessa dalla politica siano prive di conseguenze,siano accettate con rassegnazione o distacco.Eppure lo stato d’animo di chi si sente in balia di schermaglie,trattative e accordi che devastano le vite ed escludono i viventi senza rimedio, dovrebbe essere chiaro a tutti
C'è una sensazione di violenza quotidiana, proiettata verso un futuro incerto e minaccioso.La "canaglia" che si è scontrata con le forze di polizia nel centro della capitale è questo.Giovani e giovanissimi esasperati dall’impotenza e dall’afasia in cui li si vuole costringere.Invisibili fino a quando le fiamme degli autoblindo non ne illuminano la figura.Che l’esasperazione non sia fonte di particolare saggezza politica,che possa comportare conseguenze autolesive,è una considerazione su cui si può ben convenire.A patto di non dimenticare che la violenza è una relazione,non una malvagia inclinazione onanistica.E così è stata vissuta,non dai "professionisti della sommossa",ma da una grande folla di giovani che non si sentono più garantiti che dalla loro capacità di reazione,da quel "tutti insieme facciamo paura" che ossessivamente risuona nei cortei.Ma la politica,che peraltro si prende a schiaffi tutt’altro che metaforici in parlamento,vive le soggettività politiche che crescono nel paese come uno sfondo oscuro e irrilevante,spettatori attoniti di di formule, proclami e promesse,oppure, "canaglia" Richiamandole al rispetto di regole, quando non inique.

Si può ragionevolmente pensare che una intera società accetti di farsi tenere in pugno dal pelo sulla coscienza di tre nullità? Che si consenta a un governo tanto putrefatto quanto arrogante di procedere come un carro armato? Di farsi ricattare da un amministratore delegato o dalle diverse corporazioni del potere?
E’ bene che il palazzo, cominci a temere qualcosa di diverso dalle congiure, gli agguati, le trappole, le compravendita, i tradimenti, le astuzie. Quanto è accaduto ieri a Roma, fuori dall’esorcismo, di questo ci parla. E tutto indica che non è che un inizio. La destabilizzazione sociale, il morso della crisi, sono assai più gravi e profondi dell’instabilità politica e delle dinamiche caotiche che d’ora in poi promettono di accompagnarli. Lo scollamento è totale e la "volontà di punire", che irresponsabilmente viene sbandierata a destra e a sinistra, non farà che alimentare una spirale molto pericolosa. Eppure è esattamente in questa direzione che tutto sembra muovere. L’iter del ddl Gelmini, per fare un esempio, sarà portato avanti ora a suon di manganello? Gli sconfitti di Montecitorio vi si accoderanno? I sindacati prenderanno le distanze? Meglio cercare di capire ciò che a Londra come a Roma viene sottoposto a una ragione che dovrebbe continuare a restare politica.

Il Manifesto - 15.12.2010

''Traffico di organi umani''. Bufera sul governo del Kosovo




L'accusa del Consiglio d'Europa: coinvolto anche il premier Thaci. La replica: sono tutte invenzioni. Ma l'Ue chiede di fare chiarezza.

All’indomani delle prime elezioni legislative del Kosovo indipendente, una bomba a orolgeria si infrange sulla già contestatissima vittoria del riconfermato premier Hashim Thaci, chiamato direttamente in causa dal Rapporto che il deputato svizzero Dick Marty presentarà domani presso l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa (Pace), circa il presunto traffico illegale di organi a danno di prigionieri di guerra, ad opera dell’Uck, di cui Thaci era leader al tempo dei fatti.

Le accuse sono durissime. Nell’estate del 1999, subito dopo la fine del conflitto serbo-kosovaro formalmente dichiarata il 9 giugno,«numerose concrete e convergenti informazioni confermano che alcuni serbi e alcuni kosovari albanesi sono stati tenuti prigionieri in luoghi di detenzione segreta sotto dell’Uck (l’Esercito di liberazione del Kosovo, ndr) nel nord dell’Albania e che sono stati sottoposti a trattamenti inumani e degradanti, prima di scomparire definitivamente». Più nello specifico «organi furono rimossi da alcuni prigionieri in una clinica su territorio albanese, nei pressi di ushe Kruje, per esseri condotti all’estero per trapianti».

Ripartendo dalla denuncia del caso che l’ex procuratore capo del Tribunale penale internazionale dell’Aia (Tpi) Carla Del Ponte, fece nel suo libro "La caccia" pubblicato nel 2008, Marty - già noto per aver portato alla luce le prigioni segrete Cia in Est Europa - va oltre e conclude che «questa attività criminale è proseguita, in alcune forma fino ad oggi, come dimostrano le indagini Eulex sulla clinica Medicus a Pristina» Un rapporto di 27 pagine - «non un’indagine penale», si precisa - che descrive l’inquietante sorte che potrebbe essere toccata ad almeno «470 persone scomparse dopo l’arrivo (in Kosovo) delle truppe (della Nato)) Kfor il 12 giugno 1999, 95 delle quali erano albanesi kosovari e 375 non albanesi, principalmente serbi». Prigionieri di guerra, dunque, ma anche kosovari accusati di tradimento e collaborazionismo, trasferiti nei campi base Uck in Albania, quando «il confine tra Kosovo e Albania aveva effettivamente cessato di esistere».

La regia di questo disegno criminale è attribuita al "gruppo di Drenica", la fazione Uck facente allora capo all’attuale premier Thaci. «Un boss criminale» secondo i rapporti di intelligence citati da Marty, inclusi quelli dell’italiana Sismi, oltre che dei servizi segreti di Germania (Bnd), Regno unito (MI6) e Grecia (Eyp). Marty fa nomi e cognomi dei membri del gruppo che «avrebbero dovuto essere condannati per gravi crimini, ma che (...) hanno consolidato la loro impuntià». Tra questi spicca quello del chirugo Shaip Muja, nel 1999 comandante di una base medica dell’Uck in Albania e oggi «consigliere politico nell’ufficio del pirmo ministro, con resposabilità in materia di Sanità». Un altro punto sensibile del rapporto è il ruolo degli «attori internazionali che scelsero di guardare con l’cchio bendato i crimini di guerra dell’Uck, offrendo invece un premio per raggiungere un certo grado di stabilità a breve termine», è quanto di legge.

Dalla Nato alleata dell’Uck, alla missione Onu, Unmik non all’altezza di gestire le indagini, a quella dell’Ue, Eulex, subentrata nel 2008, che ha «lasciato vane le aspettative di andare oltre gli "intoccabili", dei quali un passato più che oascuro è comunemente noto». Non è certo onorevole il ritratto della Comunità internazionale in Kosovo, dipinto dal parlamentare svizzero. Così, il Consiglio d’Europa raccomanderà domani all’Albania - che ha sempre negato l’autorizzazione a indagare nel proprio territorio- «di collaborare senza riserve con Eulex e le autorità serbe». Anche perché Marty, scrive di aver trovato «un numero di credibili e convergenti indicazioni che le componenti del traffico di organi post conflitto descritte nel nostro rapporto siano strettamente legate al caso contemporaneo della clina Medicus», di Pristina, che ha portato di recente a quattro arresti da parte di Eulex. Insomma, il nuovo Kosovo impegnato in prove tecniche di democrazia, stando al rapporto del Consiglio d’Europa sarebbe rimasto teatro di crimini indicibili, protrattisi per almeno un decennio, con il placet del suo riconfermato premier.

Il governo kosovaro prende le distanze dal rapporto definendolo «calunnioso». Le illazioni pubblicate da "The Guardian" «sono state oggetto di ripetute indagini da parte di istituzioni per la sicurezza locali ed internazionali ed ogni volta è stato stabilito che erano prive di fondamento», si legge in una nota diffusa dal governo di Pristina. Il governo ha minacciato l’adozione di qualunque «azione e misura legale e politica» contro quanti hanno messo a punto il rapporto ed ha esortato il Consiglio d’Europa a respingerlo. «È chiaro che qualcuno punta a screditare il premier Hashim Thaci dopo le elezioni parlamentari in cui i cittadini chiaramente e massicciamente hanno sostenuto il programma per il governo e lo sviluppo del paese», si legge ancora nella nota. A Belgrado, dove Thaci venne condannato in absentia per terrorismo nel 1997, un portavoce dell’ufficio del procuratore per i crimini di guerra, Bruno Vekaric, ha dichiarato che il rapporto filtrato attraverso le anticipazioni è una «vittoria» per la Serbia.

Chi invece prende «molto seriamente» le accuse rivolte a Thaci è l'Ue. Bruxelles, per bocca della portavoce del’Alto rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza Catherine Ashton, invita l’autore de documento, Dick Marty, a «presentare le prove» in suo possesso alle autorità competenti. L’Unione è presente sul terreno con la missione Eulex che, tra i suoi compiti, ha anche quello di indagare sul crimine organizzato e cooperare con le autorità dei Paesi balcanici interessati, anch’essi impegnati a combattere le attività criminali nel quadro del dialogo con l’Ue. «Stiamo cercando di ottenere tutte le informazioni e le prove possibili» ha detto la portavoce, lasciando capire che la Ue intende indagare sulle accuse formulate nel rapporto del Consiglio d’Europa, ma per portare avanti questa azione ha bisogni anche di acquisire prove.


Tratto da:
lastampa.it



giovedì 16 dicembre 2010

Julian Assange torna libero la Corte respinge l'appello.




Il fondatore del sito arriva in tribunale in manette. Il giudice consente il rilascio su cauzione. Dovrà indossare un braccialetto elettronico. Washington cerca altre prove per incriminarlo. E Clinton nomina un nuovo coordinatore per la sicurezza che garantisca la protezione di materiale confidenziale.


LONDRA - Nell'aula 4 della Royal Courts of Justice, Julian Assange c'è arrivato in manette, sotto la pioggia di Londra. Dopo 12 giorni di isolamento 1 nella prigione di Wandsworth, l'hacker australiano da oggi è libero. Il giudice Ouseley ha respinto l'appello e l'ha rilasciato su cauzione. Fuori il tribunale la folla dei sostenitori ha cominciato ad applaudire.
VIDEO 2
Le 240mila sterline in contanti (circa 282mila euro) chieste dal giudice 3 martedì scorso sono pronte. L'avvocato Mark Stephens, ha detto di aver trovato l'intero ammontare e che dovrebbe venirne in possesso oggi. Finché non saranno a disposizione Assange non potrà uscire. E trovare il denaro non è stata un'operazione semplice. Una parte dei soldi è stata messa a disposizione dai registi Micahel Moore, John Pilger e Ken Loach e da alcuni sostenitori, ma Assange non aveva più accesso al suo conto e le carte di credito erano state bloccate. Nell'udienza di oggi il giudice ha anche deciso che la Svezia paghi le spese legali per l'appello alla Royal Court of Justice e quelle del procuratore britannico che ha rappresentato gli interessi svedesi.

Adesso che l'hacker australiano può pagare la propria taglia, è libero di uscire. Fino alla prossima udienza, prevista l'11 gennaio, quando si discuterà l'estradizione in Svezia, si trasferirà nella casa di Vaughan Smith 4, l'ex inviato di guerra fondatore del Frontline Club dove ha già passato diverso tempo, e oltre a indossare un braccialetto elettronico, dovrà presentarsi ogni giorno alla polizia per firmare e poi restare bloccato nella magione del Suffolk dalle 22 alle 2 e dalle 10 alle 14. Ovviamente non avrà diritto al passaporto. E dovà anche risolvere piccoli problemi da fuorilegge: il commissariato di polizia più vicino alla casa di Vaughan Smith nel Suffolk è a Beccles, ed è aperto solo tra le 14 e le 17 ma chiuso per gran parte di Natale.

L'uomo che deve rispondere di un'accusa di stupro in Svezia - più precisamente di rapporto sessuale senza preservativo 5 -, resta un "pericoloso criminale". E da tale è arrivato alla Corte di Londra. In un furgone blindato con vetri antiproiettile, e in manette. Per la procura britannica l'hacker australiano infatti sarebbe dovuto restare in prigione. Troppo "a rischio fuga" e troppi sostenitori, troppi viaggi in tutto il mondo, nessun legame locale in Gran Bretagna. Neanche la garanzia di Vaughan Smith, il capo del Frontline Club, era sufficiente per la procura. Non si conoscevano abbastanza bene, così come Sara Sunders. "Si sono incontrati troppo poco tempo fa", ha detto il procuratore all'inizio dell'udienza.

I legali della difesa hanno sostenuto invece che Assange non si fosse mai nascosto. Era al Frontline Club, un posto pieno di giornalisti. Non lo hanno trovato, ma era a disposizione degli avvocati. Geoffrey Robertson, uno degli avvocati di WikiLeaks ha spiegato che il suo cliente non è ricco e che i conti in banca sono stati chiusi. "Non vogliamo pensare che Michael Moore arrivi dagli Stati Uniti col suo berretto da baseball e nella notte aiuti Assange a fuggire", ha ironizzato l'avvocato all'obiezione del giudice che il capo di WikiLeaks ha accesso a denaro e a una rete di protezione.

Durante l'udienza, che è durata 90 minuti, il giudice ha vietato l'uso di Twitter da parte dei giornalisti e del pubblico in aula, gremita come sempre da quando è sotto processo Assange. Tra i banchi c'erano la madre Christine, Vaugham Smith, Pilger (FOTO 6). Fuori centinaia di sostenitori arrivati da tutto il mondo grazie all'appello lanciato proprio dal sito di WikiLeaks.

Il 14 dicembre le autorità britanniche (e non quelle di Stoccolma) avevano presentato ricorso 7 contro la sua scarcerazione, costringendo il fondatore di WikiLeaks a trascorrere altre due notti nella prigione di Wandsworth dove si trova dal 7 dicembre in isolamento. Il Guardian ha infatti rivelato che non è stata la Svezia ma il Regno Unito a opporsi al rilascio su cauzione. "Le autorità giudiziarie svedesi non possono prendere decisioni in territorio britannico - ha spiegato il responsabile per le comunicazioni della procura svedese - spetta alle autorità britanniche gestire la questione".

L'avvocato Mark Stephens, aveva criticato la decisione: "La questione da chiedersi è: se non parlavano con gli svedesi, con chi parlavano? E' tutto altamente irregolare perché il Crown Prosecution Service dovrebbe agire come agente delle autorità svedesi e invece sembra che agissero senza che la Svezia o lo stesso direttore delle procure Keir Starmer fossero messi al corrente".

Washington nel frattempo cerca nuove prove per incriminare Assange. L'accusa di stupro è debole per un uomo che ha destabilizzato gli equilibri diplomatici del globo. Secondo il New York Times, gli inquirenti vogliono dimostrare una qualche collusione tra Assange con Bradley Manning, il militare americano accusato di aver materialmente 'rubato' i documenti secretati dagli archivi militari e di averli poi girati a WikiLeaks.

Dimostrando che Assange ha avuto un ruolo attivo e non di semplice ricevente passivo delle notizie che poi ha pubblicato, e quindi l'incoraggiamento o l'aiuto a Manning, il dipartimento di Giustizia Usa potrebbe incriminarlo per cospirazione nella fuga di notizie. Infine il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, ha annunciato la creazione di un nuovo incarico al dipartimento di Stato di Washington di coordinatore per la sicurezza informatica, con il compito di garantire la protezione del materiale secretato o considerato confidenziale.