martedì 21 giugno 2011

Bisignani due ore dal gip nega tutto Indagato l'ad di Ferrovie Moretti.

«Favoreggiamento», è bufera sul manager di Fs. La replica: «Ascoltato solo da testimone».


NAPOLI
Per due ore dinanzi al giudice per le indagini preliminari, Luigi Giordano, l’uomo d’affari Luigi Bisignani si è difeso. Ha risposto alle domande inerenti i tre capi di imputazione per le quali sono stati disposti gli arresti domiciliari nell’ambito dell’inchiesta «P4» ma anche anche a qualche ulteriore domanda fatta dai sostituti procuratori Francesco Curcio e Henry John Woodcock. Bisignani è giunto a Napoli da Roma accompagnato da uno dei suoi due avvocati, Fabio Lattanzi a bordo di una Merdeces «Classe A». Poi dall’interno del cortile del Palazzo di Giustizia, evitando la folla di giornalisti e cineoperatori assiepati sin dalle prime ore del mattino ai vari ingressi della cittadella giudiziaria, ha raggiunto, al 12mo piano della Torre B, l’ufficio del giudice Giordano.

L’obiettivo di Bisignani, ha detto all’uscita l’altro legale di fiducia, Giampiero Pirolo, è stato quello di ricostruire «i fatti e dare loro corretta qualificazione giuridica». Ma il legale ha anche ricordato che Bisignani è già stato sentito più volte dai sostituti procuratori. «Io ho perso il conto mentre il dottore Woodcock ricorda cinque in tutto» ha detto ancora il legale riferendo ai giornalisti che il giudice per le indagini preliminari è rimasto «sorpreso» dal fatto che Bisignani sia stato sentito «anche dopo la richiesta di custodia cautelare» avanzata nello scorso mese di marzo.

La procura di Napoli contesta all’ex giornalista e uomo d’affari, che ha tante amicizie che contano, tre capi d’accusa in cui sono ipotizzati i reati di favoreggiamento e rivelazione del segreto d’ufficio. Si tratta dell’acquisizione illegale di notizie riguardanti due procedimenti giudiziari. I filoni dell’inchiesta avviata dalla Procura partenopea, che vede coinvolto anche l’ex magistrato e attuale parlamentare del Pdl, Alfonso Papa, sono diversi. Per alcuni, gli atti sono già stati trasmessi alla Procura di Roma perchè di competenza degli inquirenti della capitale. Intanto, è stato iscritto al registro degli indagati anche l’ad di Ferrovie Moretti. oretti entra nell’inchiesta da una denuncia che l’imprenditore Arcangelo De Martino, coinvolto nell’inchiesta P3, intendeva presentare per presunti illeciti a suo danno commessi da persone di Trenitalia legate all’ad, denuncia poi bloccata dall’intervento di Alfonso Papa del Pdl.

Moretti, hanno fatto sapere i pm, interrogato, ha ammesso di conoscere Bisignani e Papa, ma le motivazioni del contatto con Papa da lui riferite non hanno convinto gli inquirenti. «Trasecolo» è la reazione di Moretti. Al riguardo - aggiunge- posso soltanto dire di essere stato ascoltato in qualità di persona informata sui fatti, di avere collaborato e chiarito quale fosse stato il contenuto della telefonata ricevuta dall’onorevole Papa, il quale si lamentava di un disservizio causato da un controllore su un treno. Ripeto, ho collaborato in modo trasparente: ma ora mi trovo indagato. Purtroppo, di telefonate di quel tenore ne ricevo tutti i giorni. Questo è quanto posso dire - conclude Moretti - per il resto i miei legali chiederanno di approfondire la questione e proveranno la mia totale estraneità a qualsiasi illecito».

Bisignani ha varcato la porta dell’ufficio del gip Giordano qualche minuto dopo le 13,40. Ad attenderlo, oltre al gip, anche i due pubblici ministeri titolari dell’inchiesta. Il tempo di adempiere alle formalità di rito e poi si è entrato nel vivo della materia: sul tappeto quelle tre contestazioni mosse dalla Procura di Napoli per le quali il gip ha firmato l’ordinanza. Ma i sostituti procuratori avrebbero fatto, secondo quanto riferito dall’avvocato Pirolo, qualche domanda nuova alla quale l’indagato «ha risposto». Quale? Il legale però non lo ha voluto dire.

«Bisignani però è tranquillo», ha detto ancora il suo avvocato confessando però un po’ di delusione in merito all’emissione dell’ordinanza perchè «è sempre stata offerta piena collaborazione. Ha sempre parlato di vicende che erano già note».

I due sostituti procuratori titolari dell’inchiesta nell’allontanarsi dall’ufficio del giudice per le indagini preliminari non hanno voluto fare dichiarazioni lasciando però intendere di essere fiduciosi. Il collegio difensivo dell’uomo d’affari ha fatto sapere che solo nelle prossime ore presenterà al gip l’istanza di revoca della misura cautelare e poi valuterà l’eventuale impugnazione davanti al tribunale del riesame. Al momento gli stessi legali non hanno ancora ritirato gli atti integrali allegati alla misura cautelare.



Dati choc su oceani,animali a rischio estinzione.


Gruppo scienziati dimostra evidenza fattori stress.



(ANSA) - ROMA, 20 GIU - Sintomi da estinzione di massa senza precedenti per le specie che abitano gli Oceani. Riscaldamento, acidificazione ma anche pesca eccessiva, inquinamento e acque senza ossigeno rappresentano i fattori di allarme rosso per i mari del mondo.

A tracciare l'inquietante diagnosi è un rapporto diffuso oggi e realizzato da un gruppo internazionale di 27 scienziati di 18 organizzazioni di 6 Paesi.

Il documento, che rappresenta la sintesi dei lavori di un seminario che si è svolto in aprile all'Università di Oxford, contiene dati choc sullo stato dei mari del mondo. In particolare sono stati esaminati gli effetti combinati di inquinamento, acidificazione, riscaldamento, pesca eccessiva e mancanza di ossigeno.

La conclusione è stata che questi elementi insieme stanno creando le condizioni di distruzione e che tre di essi (mancanza di ossigeno, riscaldamento e acidificazione), scrivono gli scienziati, erano presenti anche in ognuna delle precedenti fasi di estinzione di massa registrate nella storia della Terra.

"I risultati sono scioccanti", ha detto Alex Rogers, Direttore Scientifico del Programma internazionale per gli oceani (Ipso) sottolineando che l'effetto cumulativo "é ben più grave di quanto si fosse registrato individualmente".Gli esperti "sono sorpresi dalla velocità e la portata dei cambiamenti che stiamo vedendo", ha affermato Dan Laffoley, dell'Unione mondiale per la conservazione della natura (Iucn) e co-autore del rapporto.

"Le sfide per il futuro degli oceani sono enormi ma - ha proseguito - a differenza delle generazioni precedenti, sappiamo che cosa deve accadere. Il tempo per proteggere il cuore azzurro del nostro pianeta è ora, oggi e urgente ".

In particolare secondo gli scienziati, che hanno esaminato oltre 50 dei più recenti documenti di ricerca da parte di esperti di oceani, i livelli di carbonio assorbiti dai mari del Pianeta oggi "sono già molto più elevati rispetto all'epoca dell' ultima estinzione di massa di specie marine, circa 55 milioni di anni fa, quando alcuni gruppi di animali hanno subito il 50% di perdite".

Inoltre un singolo evento di sbiancamento di massa avvenuto nel '98 ha ucciso il 16% di tutte le barriere coralline tropicali del mondo.

Senza contare, dicono gli scienziati, che la pesca eccessiva ha ridotto alcuni stock ittici commerciali di oltre il 90%. Infine l'inquinamento: nuove ricerche, si legge nel rapporto, suggeriscono che sostanze nocive, tra cui ritardanti di fiamma e muschi sintetici che si trovano nei detergenti, sono state rintracciate nei mari polari, e che queste sostanze chimiche possono alla fine arrivare ai pesci.

"Il rapporto - ha commentato Marco Costantini, responsabile del programma mare del Wwf Italia - mette in evidenza che la velocità dei fenomeni di degrado è di molto superiore a quanto finora preventivamente pianificato. Qui non si tratta di allarme ma di dati e di numeri alla mano".

Il rapporto, ha proseguito Costantini, dà prova dell' "evidenza" di quanto sta accadendo. Guardando al Mediterraneo, per il quale il Wwf ha lanciato una piattaforma web per un mare di qualità, Costantini ha sottolineato i dati Ue per i quali l'80% degli stock ittici commerciali sono sovrasfruttati. (ANSA).


http://www.ansa.it/mare/notizie/rubriche/ambienteepesca/2011/06/20/visualizza_new.html_815476460.html?idPhoto=1



Equilibrio a corrente alternata. - di Salvatore Padula e Gianni Trovati


La riscossione di tasse e tributi è buona o cattiva? È uno strumento essenziale della lotta all'evasione, anche a costo di una totale inclemenza verso i contribuenti? È possibile trovare un equilibrio tra l'interesse collettivo a che tutti paghino le tasse e il sacrosanto diritto dei cittadini (e delle imprese) di non subire prevaricazioni?

A queste domande, Governo e maggioranza non sembrano aver individuato, almeno per ora, una risposta chiara.
La riforma della riscossione – che domani dovrebbe ottenere il primo via libera della Camera con il decreto legge sullo Sviluppo – da un lato sembra attenuare alcune storture che hanno in questi anni caratterizzato l'attività degli esattori. Dall'altro lato, però, le correzioni in arrivo sembrano destinate a lasciare l'amaro in bocca alle imprese. E ai sindaci.

Per le prime, nessuna apertura è in arrivo sulla richiesta di allungare da 72 a 120 mesi il periodo di rateazione concesso ai soggetti in difficoltà. Nulla di fatto, probabilmente, neppure sulla riduzione degli aggi di riscossione. Senza dire che, la più rilevante modifica che sarà accolta dal Parlamento – l'aumento da 120 a 180 giorni del termine di sospensione sugli avvisi di accertamento esecutivi, in caso di impugnazione da parte del contribuente – è ritenuta ampiamente insufficiente per scongiurare danni a molte imprese.

In questo scenario, anche la norma che riporta dalla metà a un terzo la misura dell'iscrizione a ruolo provvisoria – norma sicuramente positiva – rischia di essere percepita solo come un contentino concesso per compensare gli altri rifiuti.
Paradossalmente, però, la stessa maggioranza di governo, nel corso degli stessi lavori per la conversione in legge del decreto Sviluppo, ha messo invece da parte ogni intransigenza quando ha affrontato la questione del fisco locale.

Su Ici, Tarsu e multe, a risuonare è stata la parola d'ordine del “liberi tutti”: sostanziale addio alle ganasce, da sostituire con cortesi inviti (ogni sei mesi) a regolarizzare la propria posizione, frettolosa ritirata di Equitalia, che effettua la riscossione coattiva per 4.600 enti e che da gennaio abbandonerà le imposte locali, senza chiarire che cosa accadrà nella fase di passaggio. Sull'onda dell'entusiasmo, gli emendamenti si preoccupano anche di chiudere ai sindaci l'accesso diretto a una serie di informazioni contenute nelle banche dati fiscali.

Il sospetto, tra gli amministratori locali, è quello del solito “doppiopesismo” di uno Stato inflessibile quando si tratta di raccogliere le proprie entrate, che diventa generoso se le risorse sono di altri. In realtà le cronache parlamentari di questi giorni sembrano dare alla vicenda un senso diverso, ispirato dalla consueta fretta degli emendamenti che non riescono a tenere conto delle realtà su cui incidono. La prova del nove è nella soglia dei 2mila euro che blocca le ganasce. Nei tributi erariali può essere letta come segno di disponibilità verso i contribuenti meno “infedeli”, ma quando la stessa regola viene estesa ai tributi locali cambia di segno e si trasforma in un colpo ai bilanci locali. Per capire il problema sarebbe stato sufficiente raccogliere qualche informazione, e scoprire che l'ampia maggioranza dei debiti nei confronti dei Comuni non raggiunge i 2mila euro.

Il fisco, si sa, è materia delicata, e soprattutto alla vigilia di una (promessa) riforma complessiva richiede un po' di studio e attenzione. L'esperienza dimostra che anche i “segnali” dati attraverso le norme cambiano l'atteggiamento del contribuente e si traducono in variazioni di gettito. A chi devono credere gli italiani? All'amministrazione che manda migliaia e migliaia di lettere chiedendo come mai chi ha acquistato una casa ha speso nel 2009 più di quello che ha dichiarato, a quella inflessibile che continua a far pagare ai contribuenti inefficienze di cui non hanno colpa, oppure a quella “distratta” che abbandona di colpo i tributi locali (valgono 20 miliardi all'anno solo quelli dei Comuni) senza costruire un'alternativa?

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2011-06-20/equilibrio-corrente-alternata-064419.shtml?uuid=AaspPUhD


Corsi di laurea a numero chiuso tra novità c'è il punteggio minimo. - di Salvo Intravaia


Corsi di laurea a numero chiuso  tra novità c'è il punteggio minimo


Le decisioni del ministero per i test d'accesso alle facoltà a numero programmato. Per la prima volta gli studenti dovranno ottenere un voto minimo per accedere. I test di Medicina e Odontoiatria validi in entrambi i corsi e in alcune aree si sperimenta la graduatoria unica tra diversi atenei.


ROMA - Novità in vista per l’accesso alle università a numero programmato. Il ministero dell’Istruzione, università e ricerca ha reso noto, questa mattina, il decreto che fissa le regole per l’accesso ai corsi universitari a numero chiuso: Medicina e chirurgia, Odontoiatria e protesi dentaria, Medicina veterinaria, Architettura e Professioni sanitarie. Manca all’appello, al momento, soltanto il corso di Scienze della formazione primaria, che è stato riformato dalla riforma Gelmini.

Le novità più importanti, annunciate in parte dallo stesso ministro alcuni mesi fa, riguardano il test di Medicina e Odontoiatria. La prova sarà unica per entrambe le facoltà e si svolgerà su tutto il territorio nazionale il prossimo 5 settembre. Il candidato che lo volesse potrà far valere il proprio test per entrambi i corsi di studio. Avrà, in questo modo, più possibilità di farcela. In passato, si è verificato che studenti esclusi con un certo punteggio a Medicina, sarebbero stati idonei ad Odontoiatria. Dal prossimo anno questo problema sarà superato.

Un’altra importante novità riguarda la “soglia minima di ingresso” per il punteggio. Fino all’anno scorso, per ogni singola facoltà, la graduatorie di merito si scorreva fino alla concorrenza di tutti i posti messi a concorso dal ministero, per l’ateneo e la facoltà in questione. Da quest’anno le cose cambieranno: chi, pur essendo in posizione utile, dovesse andare al di sotto dei 20 punti, sugli ottanta previsti, rimarrà fuori ugualmente. La soglia minima di ingresso è, infatti, di venti punti.

Tra le novità anticipate dalla Gelmini era stata ipotizzata una graduatoria nazionale, un modo per correggere una anomalia del meccanismo di accesso: i primi degli esclusi negli “atenei difficili”, i più richiesti, sarebbero riusciti a farcela negli atenei “più facili”, quelli meno richiesti. Per quest’anno la graduatoria nazionale non è passata, ma il ministero, aggregando alcune sedi limitrofe, ha lanciato una sperimentazione che riguarda anche gli altri corsi.

Il test di Medicina veterinaria, in programma per il 6 settembre, potrà valere contemporaneamente per Bologna, Milano, Parma e Padova. Stesso discorso, sempre su Veterinaria, per gli atenei di Teramo e Camerino. Per Medicina, sono stati aggregati gli atenei di Udine e Trieste. Al Sud, gli aspiranti Ingegneri/Architetti di Napoli (Federico II) e Salerno, giorno 7 settembre, si ritroveranno a partecipare in un’unica aggregazione territoriale.

Per le professioni sanitarie – Ostetrica, Infermiere, ecc. – la prova si svolgerà l'8 settembre alle ore 11 e il candidato potrà esprimere, come l’anno scorso, fino a tre opzioni. I test per Medicina, Odontoiatria, Veterinaria e per le Professioni sanitarie saranno composti da 80 domande di cultura generale e logica, chimica, biologia, matematica e fisica, da svolgere in due ore.

Novità nel test per l’accesso alla facoltà di Architettura dove, anziché con domande di chimica e biologia, gli studenti dovranno cimentarsi con quesiti di storia e disegno. Il decreto, invece, non si esprime sul peso che avranno le domande di cultura generale, criticate da più parti. Il ministro aveva pensato di sostituire parte delle domande di cultura generale con domande di logica e gli esperti che formuleranno i test sono sempre in tempo a farlo.



Carta intestata di Palazzo Chigi scoperta nell’ufficio della segretaria di Bisignani.


Il deputato Pdl Luca Barbareschi sentito dai pm: "Luigi era una persona vicina al capo del Governo. Mi rivolsi a lui per tentare di diventare direttore del Teatro Stabile di Roma".


Per i pm non era solo legato al sottosegretario Gianni Letta, suo amico e testimone di nozze. Luigi Bisignani era anche intimo del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, un tempo suo confratello nella loggia di Licio Gelli. O almeno era questa la sua fama nel mondo della politica tanto che il deputato Pdl Luca Barbareschi, celebre per essere passato a Fli per poi abbandonare precipitosamente il movimento di Fini, quando viene ascoltato come testimone lo definisce “una persona vicina al Capo del Governo”. Comunque stiano le cose un fatto è certo: nel corso di una perquisizione alla segretaria Bisignani è stata sequestrata della carta intestata della Presidenza del Consiglio. Ma ecco cosa scrivono in proposito i magistrati nella loro richiesta di arresto:

“Il contesto degli amici “influenti” su cui poteva contare l’organizzazione, grazie al Bisignani era caratterizzato dalla sua notevole estensione. Tali rapporti erano caratterizzati, assai spesso, dalla logica del do ut des . Sicuramente in questa prospettiva devono leggersi le dichiarazioni del Ragusa, alto Dirigente della Presidenza del Consiglio.

Ragusa Antonio, in data 15.2.2011, ha, tra l’altro, dichiarato: ” …. il mio Dipartimento si occupa della gestione degli Immobili nella disponibilità della Presidenza del Consiglio, sia del Demanio sia di privati; inoltre il mio Dipartimento Dipartimento di occupa della gestione dei beni dei servizi della Presidenza del Consiglio, compresi i servizi di Sicurezza; il mio ufficio é in via della Mercede n. 96 ….. Mi risulta che Bisignani è socio di tale Farina con il quale io ho condotto una trattativa per prendere in locazione un immobile nei pressi di Piazza Montecitorio che era un immobile del Farina ……. Nella conversazione che ho appena ascoltato io e il Bisignani parliamo del Commissariato Straordinario della Laguna, carica alla quale io ambivo; la signora cui facciamo riferimento è il Ministro dell’Ambiente Prestigiacomo; facciamo riferimento alla mia nomina e all’interessamento che io avevo chiesto al Bisignani presso la Prestigiacomo, che so avere buoni rapporti con il Bisignani medesimo …… Bisignani si è adoperato per far avere dei vantaggi professionali a mio nipote Aurelio che lavora in ENI, ente presso il quale il Bisignani ha notevoli aderenze, conoscendo l’AD Scaroni… Incontrando il mio amico Generale Savino, consulente di Finmeccanica, il predetto si è prestato ad intercedere per far assumere mio figlio ingegnere in Finmeccanica”

Non è noto, allo stato, come sia successo, ma è certo che in sede di perquisizione effettuata in data14.2,2011 presso la segretaria del Bisignani, Rita Monteverde, in uno con l’incartamento relativo alla trattativa per l’acquisizione di un immobile in leasing da parte della Presidenza del Consiglio in persona Ragusa, immobile nella disponibilità della società B.B Parlamento di Farina Vittorio ( legatissimo al Bisignani e titolare della Ilte, società di cui il Bisignani è dirigente) , venivano rinvenuti fogli in bianco di carta intestata alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, nulla di più poteva rendere plasticamente l’idea di una sorta ruolo ombra svolto dal sodalizio e dal Bisignani.

Le dichiarazioni rese da Luca Barbareschi, captato nel corso di alcune intercettazioni in cui chiedeva al Bisignani di attivarsi in suo favore, confermavano i rapporti fra il Bisignani e la Presidenza del Consiglio dei Ministri e introducevano gli ( ulteriori) rapporti fra il Bisignani e l’Amministrazione Comunale di Roma.

In particolare, il 14.2.2011, Barbareschi riferiva: “”omissis.” ADR.:effettivamente fra gli altri mi sono anche rivolto a Bisignani per chiedere un suo interessamento in merito a una mia nomina a direttore artistico del Teatro Stabile di Roma, Lui mi promise un interessamento ma di fatto non è riuscito ad ottenere nulla. Tenga presente che io conosco benissimo Alemanno con cui ho fatto campagna elettorale e quando lui per scherzare mi diceva : ” se vinciamo le elezioni che vuoi fare? L’Assessore? lo gli dicevo che non mi interessava fare l’assessore ma che mi sarebbe piaciuto dirigere un teatro, un ‘esperienza che conoscevo e che volevo ripetere. Alla fine questo posto di direttore artistico è stato assegnato a Gabriele Lavia, che non è certo riconducibile al Centrodestra.

ADR.: mi viene rappresentato che dalle indagini svolte è emerso che importanti esponenti delle istituzioni statali, Ministri della Repubblica, amministratori delegati delle più importanti società italiane pubbliche e private, si rivolgano al Bisignani per chiedere un suo interessamento di vario genere, Le rispondo che Bisignani è persona che come ho detto è al centro di molte relazioni e quindi ha la fama di essere un soggetto che può arrivare un po’ dovunque. Nel mio caso io sapevo che era amico di Basile che era il Capo Gabinetto di Alemanno. Tengo a dire che ovviamente a me Alemanno, che io conosco personalmente, mi aveva sempre rassicurato del fatto che avrei avuto un incarico che corrispondeva alle mie caratteristiche professionale. Volevo che il Bisignani in qualche modo si accertasse se mi stavano prendendo in giro o meno. Basile per la verità mi ha telefonato e mi ha detto che si sarebbe informato della vicenda di mio interesse. Tenga presente che per me, inoltre, il Bisignani è una persona vicina alla Presidenza del Consiglio e non mi riferisco non solo a Gianni Letta ma anche al capo del Governo …. omissis”".



lunedì 20 giugno 2011

Pensionato denuncia Maroni "A Pontida alto tradimento"

LUINO Il raduno di Pontida della Lega Nord viene sottoposto al vaglio di carabinieri e magistratura: un cittadino di Alessandria, luinese di origine, ha presentato all'Arma una denuncia formale per lo slogan con cui ieri, al raduno di Pontida della Lega Nord, il ministro dell'interno, Roberto Maroni, ha accompagnato il suo intervento, e anche per l'atteggiamento di Umberto Bossi e Roberto Calderoli nei confronti della folla che inneggiava alla secessione. La denuncia è già stata trasmessa alla Procura di Bergamo, competente per territorio.

La frase in questione, pronunciata da Maroni, è «noi barbari sognanti vogliamo una Padania libera e indipendente».

Parole che, per il denunciante, configurano il «vilipendio alla Costituzione, l'istigazione a sentimenti antinazionali, l'alto tradimento».

«Ho seguito la manifestazione in tv - spiega Aldo Flora, 67 anni, ex manager in pensione - e, oltre all'intervento di Maroni, sono stato colpito da un altro evento: quando la folla si è messa a gridare 'Secessionè, Bossi si è limitato a dire 'Calma, dobbiamo avere pazienzà». Per questo motivo, Flora ha fatto mettere nero su bianco che ritiene l'atteggiamento dei ministri Bossi, Maroni e Calderoli (anche lui presente sul palco) «colpevolmente refrattario» nei confronti dell'articolo 5 della Costituzione sull'indivisibilità della Repubblica; per Maroni si parla invece di «aggravante».

«Un ministro - è l'opinione di Flora - non può dire tutto quello che vuole. Un ministro ha giurato sulla Costituzione. E non può togliersi la giacca da ministro a suo piacimento».

«Io amo la politica - dice ancora Flora, che è originario di Luino - ma non amo i partiti: sono i partiti, oggi, a rovinare la politica. È per questo che da 20 anni mi presento al seggio senza ritirare la scheda elettorale. E soprattutto voglio bene alla mia Patria e al Tricolore».

http://www.laprovinciadivarese.it/stories/Cronaca/213704_pensionato_denuncia_maroni_a_pontida_alto_tradimento/


Milano, Lele Mora finisce in carcere bancarotta fraudolenta da 8,5 milioni.



Il manager dei vip, coinvolto anche nel caso Ruby insieme con Berlusconi, arrestato nel quartier generale in viale Monza. Il gip: "Ha trasferito ingenti somme all'estero e poteva tentare la fuga".


Il sospetto degli inquirenti è che parte dei fondi drenati dalla Lm Management, la società il cui riferimento era Lele Mora, dopo circa un anno è poi fallita e i fondi siano finiti su qualche conto in Svizzera. Così come quel cospicuo prestito di circa tre milioni ricevuto da Silvio Berlusconi per salvarlo dai suoi guai. E così nel pomeriggio, con l'accusa di bancarotta fraudolenta aggravata, Lele Mora, l'impresario dei vip, coinvolto anche nel caso Ruby, è stato arrestato dalla guardia di finanza di Milano mentre si trovava nel suo quartier generale in viale Monza.

L'ordinanza di custodia cautelare in carcere, chiesta un paio di mesi fa dai pm Eugenio Fusco e Massimiliano Carducci, è stata firmata dal gip Fabio Antezza. Secondo l'accusa il talent scout, che fra tra il capoluogo lombardo e Lugano, ha distratto dalla Lm Management complessivamente quasi 8 milioni e mezzo di euro, dei quali circa 3 milioni e 380 mila attraverso fatture per operazioni inesistenti o, come lo stesso Mora ha ammesso in un interrogatorio, "molto gonfiate", emesse all'imprenditore Marcello Silvestri, in cambio di denaro in contante. Denaro utilizzato, annota il gip, per scopi personali come i regali fatti al fotografo dei vip Fabrizio Corona ("ho comprato nove autovetture, ..., l'appartamento di via De Cristoforis").

Oltre 5 milioni, invece, sono stati dirottati nella casse della Immobiliare Diana, la cassaforte di famiglia - anch'essa fallita - del gruppo di cui Mora è stato definito il dominus, che sarebbero serviti per acquistare immobili di pregio anche in costa Smeralda (Porto Cervo e Cala del Faro) e a Milano, fra i quali, oltre ad alcuni in viale Monza, un appartamento in via Settembrini poi comprato da Umberto Smaila e rivenduto a Luisa Corna. Mora, insomma, è ritenuto responsabile di una bancarotta fraudolenta aggravata per aver arrecato ai creditori e al fisco un "danno patrimoniale di rilevante gravità". Un danno che nei confronti dell'erario è stato quantificato in circa 16 milioni di euro.

Nel provvedimento il giudice, che ha ritenuto che il carcere fosse l'unica misura cautelare idonea, parla del talent scout come di uno che ha una "tendenza (...) a delinquere", visti i "plurimi precedenti penali anche per i reati contro la pubblica amministrazione e contro la fede pubblica, oltre che in materia di sostanze stupefacenti" e di "spiccate capacità a porsi anche contro la legge penale". E poi ancora, rilevando un pericolo di fuga e di inquinamento probatorio "di rilevante intensità", di "professionalità criminale" e capacità economica di origine illecita "doppiate" dall'attività di drenaggio di denaro" anche successive al crac della Lm Management.

Operazioni di drenaggio "eseguite - si legge nel provvedimento - mediante negoziazioni all'estero", in particolare in Svizzera, dove Mora non solo ha la residenza e almeno un conto se non più, ma dove godrebbe di contatti "in ambienti affini a quelli di 'provenienza', da lui stesso dichiarati, dei quali potrebbe plausibilmente godere". A questo proposito sono state avviate rogatorie per scoprire se abbia o meno nascosto un tesoretto, parte di quei soldi che per l'accusa sarebbero stati dirottati dalla sua società travolta dai debiti, o addirittura quelli prestati dal premier e che Mora tempo fa aveva detto, davanti a microfoni e taccuini, che li aveva usati per pagare gli stipendi dipendenti, i fornitori e "le spese vive".