domenica 30 ottobre 2011

Ponte sullo Stretto, 400 milioni e neanche una pietra. - di Giuseppe Cordasco



Il progetto del Ponte sullo stretto di Messina (Credits: ANSA)
Il progetto del Ponte sullo stretto di Messina (Credits: ANSA)



Ci risiamo. Il Ponte sullo Stretto di Messina non si farà più. O forse si farà ma più in là. Insomma, ancora non è chiaro. Quello che è certo, però, è che ieri è stata approvata una mozione parlamentare proposta dall’Idv e sostenuta dal governo che impegna l’esecutivo stesso a stanziare fondi a favore del trasporto pubblico locale, sottraendoli anche dai finanziamenti per il ponte.
Di quanto stiamo parlando? “Circa 1,8 miliardi di euro” spiega l’economista Guido Signorino dell’Università di Messina. “La disponibilità reale però dovrebbe essere inferiore, perché gli ultimi 470 milioni erano stati stanziati nel 2009, ma saranno disponibili solo nel 2012. Quindi in definitiva al momento parliamo di un fondo pari a circa 1,3 miliardi di euro”.
Più complicato invece è sapere quanto è stato finora realmente speso, e pesa già sulle tasche dei cittadini. “Alcune fonti hanno parlato di più di 400 milioni di euro” spiega Signorino. “La Società Stretto di Messina però, che è la concessionaria del Ponte, si è affrettata a precisare che al momento risultano spesi circa 270 milioni. Probabilmente la verità sta nel mezzo”.
Come questi soldi siano stati spesi (o sprecati), è ancora più curioso. E qui la storia ci viene in aiuto.
All’inizio degli anni ’90 viene presentato il progetto da parte della Società Stretto di Messina,  nata nel lontano 1971 e che tra i propri soci ha tutti enti pubblici: l’Anas, che controlla il pacchetto di maggioranza, e poi Ferrovie, la Regione Sicilia e la Regione Calabria. Alla fine degli anni ‘90 un consulente esterno esprime dubbi sulla fattibilità, così il progetto preliminare viene rivisto e ripresentato nel 2002.
Nel 2003 il Governo l’approva e lancia una gara d’appalto che nel 2005 si conclude con la vittoria di un raggruppamento guidato da Impregilo a capo del Consorzio Eurolink che ne realizza la progettazione definitiva e sarà chiamato all’esecuzione dell’opera. “I soldi spesi” spiega Signorino “sono serviti dunque per la progettazione preliminare, per la gara d’appalto, per tutte le consulenze tecniche, per la progettazione definitiva e naturalmente per tenere in vita la Società Stretto di Messina, che al momento occupa una cinquantina di dipendenti”.
Tutto, quindi, tranne posare una pietra. In vent’anni. Ora tutto si blocca di nuovo e per i fondi stanziati Signorino immagina nuove interessanti utilizzi: “L’economia insegna che le grandi infrastrutture non sono mai un volano per la crescita. Meglio investire quei soldi in piccole opere che di solito hanno effetti occupazionali maggiori. In questo senso è un bene volerli destinare al trasporto pubblico locale, ma si potrebbe spenderli anche per progetti di prevenzione territoriale, visto che le zone di Messina e Reggio Calabria sono a grande rischio idrogeologico e sismico” conclude Signorino.

Sacconi: “Ho paura per chi mi sta vicino. Mi auguro non si arrivi all’omicidio”.




Il ministro del Welfare risponde a Fini che ieri aveva parlato di tensione sociale causata dall'introduzione delle nuove norme sul lavoro: "Vedo una sequenza dalla violenza verbale, alla violenza spontanea, alla violenza organizzata e temo per le persone non protette che mi stanno accanto". Intanto il senatore Pd Ichino scrive una lettera su 'Libero' rivolta a Berlusconi: "Cambiamo insieme l'articolo 18".

Allarme terrorismo? Il ministro del Welfare,Maurizio Sacconi, dice di temere per l’incolumità fisica di chi gli sta vicino e non è protetto: “Ho paura, ma non per me perché sono protetto – ha detto intervistato da Maria Latella su Sky – ho paura per persone potrebbero non essere protette e proprio per questo diventare bersaglio della violenza politica che, nel nostro paese non si è del tutto estinta”.

“Oggi – ha aggiunto Sacconi – vedo una sequenza dalla violenza verbale, alla violenza spontanea, alla violenza organizzata che mi auguro non arrivi ancora una volta anche all’omicidio come è accaduto, l’ultima volta dieci anni fa proprio con il povero Marco Biagi(definito un ‘rompicoglioni’ dall’allora ministro dell’Interno Claudio Scajola, ndr) nel contesto di una discussione per molti aspetti simile a quella di oggi. Perché – ha ricordato il ministro – già allora parlavamo non di licenziamenti facili – termine che è assolutamente falso – ma, piuttosto, di come incoraggiare le imprese a intraprendere, ad assumere, ad ampliarsi, a crescere anche attraverso l’idea che se poi le cose non andassero bene, se poi le cose si rivelassero difficili, le imprese, come hanno fatto il passo in avanti dovrebbero fare magari anche un mezzo passo indietro”.

Anche il presidente della Camera Gianfranco Finiintervenuto ieri a Firenze al congresso regionale di Fli, ha parlato di “tensione sociale” alimentato, secondo Fini da quella “libertà di licenziare” che il governo Berlusconi vorrebbe introdurre: “Se si tende soltanto a favorire la possibilità di licenziare, corriamo il rischio di veder moltiplicare il tasso di disoccupazione che da qualche anno a questa parte sta crescendo e che riguarda in particolare un’area del Paese”, ha affermato il presidente della Camera. “Mi auguro che il governo non sia così irresponsabile da non confrontarsi con le parti sociali e con le categorie economiche, per tutelare non solo le imprese ma anche per farle crescere e competere”. In caso contrario, “si rischia un autunno caldo che ci farebbe tornare indietro”.

Senza citarlo, Sacconi risponde a Fini: “Licenziamenti facili – ha sottolineato il ministro del Welfare – è un termine assolutamente falso”. Si tratta di norme, ha spiegato, su “come incoraggiare le imprese a intraprendere, ad assumere, ad ampliarsi, a crescere anche attraverso l’idea che se poi le cose non andassero bene, se poi le cose si rivelassero difficili, le imprese, come hanno fatto il passo in avanti dovrebbero fare magari anche un mezzo passo indietro”. Sacconi ha tenuto a precisare che ci saranno ” protezioni per i lavoratori perché nella nostra cultura c’è una solida consuetudine a dare protezione per i lavoratori più che in altri Paesi”. Insomma, parlare di “licenziamenti facili” per Sacconi significa fare disinformazione e quindi alimentare un clima di tensione sociale.

A lanciare un salvagente a Berlusconi sul tema dei licenziamenti è oggi il senatore Pd Pietro Ichino con una lettera – “Cambiamo insieme l’art. 18″ – al direttore Maurizio Belpietro dalle pagine di “Libero. “L’articolo 18 è superato. Il governo vuole riprendere il mio disegno di legge? Se fa sul serio è giusto appoggiarlo”, scrive il giuslavorista. “Oggi la metà dei lavoratori non è protetta: ci vogliono nuove garanzie”, spiega ancora il senatore del Pd che due anni fa ha presentato in Senato un disegno di legge insieme ad oltre cinquanta senatori dell’opposizione. “La proposta di Ichino è molto interessante. Noi abbiamo le stesse idee”, risponde da Sky Sacconi: “Proseguiamo su questa strada e non su quella dello scontro imboccata dai sindacati”.

Rinvio a giudizio per i 24 imputati dell'inchiesta Iblis. - di Andrea Turco



testata i Quaderni de L'Ora


Oggi comincia il processo abbreviato per gli altri 28. I procedimenti sono stati disposti dal Gip di Catania Alfredo Gari. Nell'inchiesta sono coinvolti politici, imprenditori e mafiosi.





Rinviati a giudizio tutti e 24 gli imputati della inchiesta Iblis, che indaga sui presunti rapporti tra mafia, politica  e imprenditori. Tra le persone implicate nel procedimento, come riporta il quotidiano La Sicilia, c’è anche l’ex sindaco di Palagonia ed ex deputato regionale del PidFausto Fagone, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Un imputato, Alfio Castro, ha patteggiato la pena. 

Gli altri saranno giudicati con il processo alternativo del rito abbreviato, che comincia stamane davanti il Gip di CataniaAlfredo Gari. Tra loro ci sono il consigliere della provincia di Catania del Pid, Antonino Sangiorgi; l’ex assessore del comune di RamaccaGiuseppe Tomasello, e il consigliere Francesco Ilardi; il deputato regionale ai tempi del Pdl Sicilia e adesso Gruppo mistoGiovanni Cristaudo. Dall’inchiesta Iblis è stata da poco stralciata la posizione del presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo, e di suo fratello Angelo, deputato nazionale Mpa, per i quali la Procura di Catania ha disposto la citazione a giudizio per reato elettorale.

Il procedimento tratta anche il duplice omicidio di Angelo Santapaola e Nicola Sedici, per il quale è stato rinviato a giudizio il capo provinciale di Cosa Nostra, Enzo Aiello, in qualità di mandante, e per questo il processo si terrà davanti la Corte d’assise.



http://www.iquadernidelora.it/articolo.php?id=681

Ingroia: “Sono un partigiano della Costituzione”. E dal Pdl parte l’attacco




Il sostituto procuratore della Repubblica di Palermo interviene al congresso dei Comunisti italiani: "Fra chi difende la Carta e chi ogni giorno cerca di violarla, violentarla, stravolgerla, so da che parte stare". Ma dalla maggioranza arriva un coro di critiche. Gasparri chiede l'intervento del Parlamento. Stracquadanio: "Il Csm intervenga". 
”Un magistrato deve essere imparziale quando esercita le sue funzioni -e non sempre certa magistratura che frequenta troppo certi salotti e certe stanze del potere lo è – ma io confesso non mi sento del tutto imparziale, anzi, mi sento partigiano. Partigiano non solo perché sono socio onorario dell’Anpi, ma sopratutto perché sono un partigiano della Costituzione. E fra chi difende la Costituzione e chi quotidianamente cerca di violarla, violentarla, stravolgerla, so da che parte stare”. Antonio Ingroia, sostituto procuratore della Repubblica di Palermo, si “confessa” intervenendo questa mattina a Rimini al sesto congresso del partito dei Comunisti italiani. “Ho accettato l’invito di Oliviero Diliberto pur prevedendo le polemiche che potrebbero investirmi per il solo fatto di essere qui – ha esordito il magistrato di Palermo dal palco dell’assise del Pdci – ma io ho giurato sulla Costituzione democratica, la difendo e sempre la difenderò anche a costo di essere investito dalle polemiche”.
E infatti le polemiche non hanno tardato ad arrivare. “Ringraziamo il dottor Ingroia per la sua chiarezza. Sappiamo che le vicende più delicate riguardanti i rapporti tra mafia e politica stanno a Palermo nelle mani di pm contrassegnati dalla massima imparzialità”, ha scritto in una nota Fabrizio Cicchitto, capogruppo Pdl alla Camera. Immediata anche la presa di posizione del presidente dei senatori del Pdl, Maurizio Gasparri secondo cui le parole di Ingroia sono “gravi e inquietanti” e “confermano l’animo militante di alcuni settori della magistratura”. Da persone così – dice Gasparri – invece che comizi politici ci saremmo attesi le scuse per aver fatto di Ciancimino jr una icona antimafia quando invece organizzava traffici illeciti e nascondeva tritolo in casa”. E annuncia: “Porteremo questo scandalo e il suo comizio odierno all’attenzione del Parlamento dove sarà anche il caso di discutere della nostra mozione sul 41 bis che fu cancellato per centinaia di boss al tempo di Ciampi e Scalfaro e che anche ora il partito di Vendola vorrebbe abolire”. Il deputato del Pdl Giorgio Stracquadanio chiede al Csm di “aprire un fascicolo per la gravissima violazione di ogni regola giuridica e deontologica da parte di un magistrato che si comporta come un militante estremista”. Sia Stracquadanio che la vice presidente del Gruppo Pdl alla Camera, Jole Santelli ritengono che il sostituto procuratore della Repubblica di Palermo si stia preparando a entrare in politica. “Ovviamente è possibile che tale previsione si riveli errata, ma altrettanto probabile che come altri suoi colleghi sia nel momento di passaggio in cui la toga serve per acquisire notorietà per una carriera politica”, dichiara la Santelli. “Il dottor Ingroia è ormai un candidato alle prossime elezioni o, peggio, uno spin doctor di partito – aggiunge Stracquadanio. Infine l’attacco del vicecapogruppo vicario del Pdl al Senato Gaetano Quagliariello: “Parlando dal palco del congresso del Pdci Ingroia ha espresso un concetto con il quale è difficile non essere d’accordo. Bisogna difendere dalla distruzione la nostra Costituzione e le sue leggi attuative. Se si cominciasse da quelle che vietano ai magistrati il coinvolgimento nell’attività di partiti politici, sarebbe un bene per tutti”.
Dal Congresso dei Comunisti italiani, Orazio Licandro, della segreteria nazionale, difende l’intervento di Ingroia: ”Cicchitto prima di aprir bocca dovrebbe occuparsi di tutto quel ‘po’ po” di imbarazzante che ha nel suo partito. Il Congresso del PdCI ringrazia il dott. Ingroia del suo magnifico lavoro”.


http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/10/30/ingroia-sono-un-partigiano-della-costituzione-e-dal-pdl-parte-la-polemica/167435/



Beni culturali, la Malagrotta dei Fori Imperiali.




Esiste una piccola Malagrotta dentro i Fori Imperiali. Una discarica scoperta dalle telecamere de ilfattoquotidiano.it in una delle aree archeologiche più importanti al mondo.All’interno del Foro di Augusto, sulla bellissima via dei Fori Imperiali. Stendipanni, batterie per auto, vecchi videoregistratori, grosse lampade, pali, vecchie cesta, giocattoli per bambini, stracci, bottiglie in plastica, lattine, escrementi, etc. Il tutto è visibile a occhio nudo da via Tor dei Conti, filmato anche dai tanti turisti (scandalizzati) che visitano a pagamento ogni giorno il sito. Come è possibile che vi sia una sorta di accampamento abbandonato in “un’area archeologica sottoposta a sicurezza e videosorveglianza”? Il sottosegretario ai Beni Culturali, Francesco Giro(Pdl) tempo fa ha dichiarato alla stampa: “Ho un sogno: ammirare i Fori restaurati e illuminati dalla terrazza del Vittoriano per il Natale di Roma del 2011″. Si potrebbe cominciare, intanto, a bonificare la discarica. Servizio di David Perluigi, montaggio Paolo Dimalio.


http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/10/30/beni-culturali-la-malagrotta-dei-fori-imperiali/167073/

La salma di Giuseppe Uva verrà riesumata Il processo di Varese vicino a una svolta. - di Silvia D’Onghia




In aula il pm allontana le famiglie Cucchi, Ferrulli, Aldrovandi che scrivono al Csm: "Al di là di ogni considerazione su quanto sta accadendo in quel processo – hanno scritto – è forte il nostro disagio come normali cittadine di fronte a provvedimenti e comportamenti che non riusciamo a comprendere e che percepiamo come intimidatori o comunque diretti a farci capire che la nostra presenza non è gradita".

Giuseppe Uva
A passi piccoli, lenti, composti, ma forse il giorno della verità sulla morte di Giuseppe Uva è più vicino. Lo si deve alla tenacia con cui la sorella Lucia sta portando avanti la sua battaglia, al suo legale, Fabio Anselmo, e alla rete di donne, sorelle, figlie e madri di morti per mano dello Stato, che non si lasciano sole.

Venerdì il giudice di Varese, Orazio Moscato, ha accolto la richiesta di riesumare la salma di Giuseppe Uva, morto nel 2008 in ospedale dopo un fermo da parte dei carabinieri. Finora è imputato soltanto lo psichiatra Carlo Fraticelli, accusato di aver somministrato all’artigiano 42 enne farmaci incompatibili con il tasso di alcol nel suo sangue. Invece venerdì i medici nominati dal Tribunale hanno illustrato i risultati delle analisi, secondo cui i dosaggi delle sostanze utilizzate non avrebbero potuto uccidere una persona. Il giudice Moscato ha così accolto la richiesta di una proroga della consulenza. Ma se non sono state le medicine, chi o cosa lo ha ucciso?

Sul corpo dell’uomo verrano ora eseguiti una tac, i test genico forensi e quelli medico forensi. E non è escluso che ci possano essere svolte importanti. “Io ho sempre detto che mio fratello aveva una spalla e un ginocchio fuori posto – dichiara soddisfatta Lucia Uva –. Sembrava poi che, al momento dell’arresto, Giuseppe fosse ubriaco fradicio, ma i valori del fegato erano normali. È ora di ridare dignità a mio fratello”.

Ancora aperta è la questione dei pantaloni che l’uomo indossava e che sono rimasti per tre anni e quattro mesi chiusi in una busta in un posto di polizia. Interrogando uno dei consulenti, l’accusa aveva ipotizzato si trattasse di pomodoro. In realtà sarebbero tracce di sangue. È emersa anche un’embolia, forse causata da traumi.

Venerdì il clima in aula era molto teso. Si è arrivati a uno scontro aperto tra il pubblico ministeroAgostino Abate e la parte civile, che lo accusa di aver voluto limitare le indagini, e quindi il processo, alla sola parte medica, salvaguardando così i carabinieri da eventuali colpe. “Abbiamo finalmente ottenuto ciò che da anni andavamo chiedendo – ha dichiarato l’avvocato degli Uva, Fabio Anselmo –. La mia profonda amarezza è che tutte le nostre istanze sono state ignorate completamente e siamo costretti a fare queste operazioni dopo tre anni e 4 mesi. Questo dato dovrebbe far riflettere qualcuno. In aula è accaduta una cosa quanto meno insolita: nel momento in cui il giudice si è ritirato in Camera di Consiglio, Abate ha allontanato tutto il pubblico, compreseIlaria Cucchi, Patrizia Moretti Aldrovandi e Domenica Ferrulli.

La sorella di Stefano, la madre di Federico e la figlia di Michele, spesso insieme per difendere il diritto alla verità sui loro congiunti, ieri hanno inviato una lettera al vice Presidente del Csm Vietti, al Procuratore generale della Cassazione, al Procuratore capo della Corte d’appello e al Procuratore capo di Varese. “Al di là di ogni considerazione su quanto sta accadendo in quel processo – hanno scritto – è forte il nostro disagio come normali cittadine di fronte a provvedimenti e comportamenti che non riusciamo a comprendere e che percepiamo come intimidatori o comunque diretti a farci capire che la nostra presenza non è gradita da parte del pm, e che pertanto ci offendono”.

Non solo: Luca Ghedini, giudice di Corte d’appello di Bologna e relatore della sentenza d’appello Aldrovandi, si è posto alcune domande: “Il Giudice, sulla base delle conclusioni cui era giunta la perizia collegiale da lui disposta, ha ordinato la riesumazione della salma. Anche il giudice è uno dei tanti che, magari con supponenza, ha male interpretato la perizia preliminare che non ha letto con attenzione?”. E ancora: “Anche se a qualcuno spiace, il processo penale è pubblico, e i suoi atti sono conosciuti e conoscibili. È lecito nutrire delle perplessità o il “manovratore” non deve essere disturbato?”.


Piero Grasso: “Le candidature politiche servono per ottenere l’immunità”



Il procuratore capo della Direzione nazionale antimafia interviene a Palermo durante un incontro su giustizia e pentitismo: "Non tocca alla magistratura fare le liste o curare operazioni di cosiddetta 'bonifica politica' però i cittadini che votano candidati discutibili puntano a un vantaggio personale, fanno parte del meccanismo del voto di scambio".

Il procuratore capo della Direzione nazionale antimafia Piero Grasso
”Oggi la candidatura politica serve da copertura per avere l’immunità parlamentare: è un processo che si è capovolto”. Il procuratore capo della Direzione nazionale antimafia Piero Grassonon usa mezzi termini: “Non tocca alla magistratura fare le liste o curare operazioni di cosiddetta ‘bonifica politica’ – spiega a Palermo durante un incontro su giustizia e pentitismo – però i cittadini che votano candidati discutibili puntano a un vantaggio personale, fanno parte del meccanismo del voto di scambio”.

Grasso difende il valore dell’informazione contro la legge ‘Bavaglio‘, ma anche la necessità di salvaguardare la privacy: “Il magistrato ha un grandissimo potere, entra nelle vite degli altri, scava nella privacy: è un potere che va usato con cautela, che viene dato in funzione di una responsabilità precisa e non per arrivare a una gogna mediatica, ha detto il procuratore. “Bisogna evitare – ha aggiunto – qualsiasi bavaglio dell’informazione, ma occorrono delle regole. Non credo sia giusto né rilevante che tutti coloro che conoscono l’indagato debbano sapere anche i fatti più intimi che lo riguardano. La privacy dei cittadini va violata solo quando l’indagine dà effetti positivi per l’indagato. Il fine della giustizia è quello di fare processi e arrivare alla verità”.

Grasso interviene anche sulla recente scarcerazione di sei ergastolani accusati della strage di via D’Amelio in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e la sua scorta: ”Tendere all’accertamento della verità è un valore irrinunciabile, dovrebbe essere un imperativo categorico da seguire anche dopo tanti anni – ha detto il procuratore – La sospensione della carcerazione dei condannati in via definitiva segue la giurisprudenza della Cassazione che prevede non si possa fare un giudizio di revisione se prima non diventa definitivo l’accertamento dei fatti che portano alla revisione. E’ una posizione estremamente garantista che però in relazione alle cose accertate è corretta, del resto sono state scarcerate persone che hanno scontato parecchi anni di carcere e taluni di questi, pare, anche ingiustamente”.

E sulle dichiarazioni del collaboratore Stefano Lo Verso, il procuratore ha dichiarato: “I rapporti tra mafia e politica non sono mai cessati, non mi pare nulla di nuovo. Lo Verso parla di alcuni anni fa, sono solo le indagini che possono scoprire se si tratta di rapporti ‘indecenti’. Ricordo ancora i pizzini di Bernardo Provenzano, dove qualcuno gli chiedeva indicazioni di voto; purtroppo, non abbiamo potuto trovare la risposta”. ”E’ importante scoprire laverità – ha aggiunto Grasso – non solo sotto il profilo degli esecutori materiali. Da anni chiediamo a tutta la società di fare chiarezza, ‘chi sa qualcosa, parli’. Il problema è riuscire da un punto di vista giudiziario a trovare anche le prove”.

“Speriamo – ha aggiunto – che qualcuno abbia una resipiscenza per fornire qualche ricordo. Ho avuto il privilegio di sentire per primo Gaspare Spatuzza in questa sua manifestazione di resipiscenza. Anche lui ci ha messo tanti anni. Se l’avesse fatto subito dopo la cattura, come aveva intenzione di fare in un primo momento, forse sarebbe cambiata tutta la storia del processo e della mafia. Purtroppo ci sono tempi che non dipendono dalla magistratura, ma dalla possibilità di accertare queste realtà, partendo da alcuni elementi, seppure indiziari”.

“Se qualche mafioso si scrollasse di dosso questa regola dell’omertà – ha concluso Grasso – forse potremmo ricominciare tante indagini. Parecchi omicidi eccellenti sono rimasti coperti dal mistero: penso agli omicidi La Torre, Mattarella, Dalla Chiesa. Il monito ‘chi sa parli’, che ripetiamo da anni, è rivolto a tutta la società”.