giovedì 19 aprile 2012

Escort e bugie: Berlusconi indagato a Bari con Lavitola. “Spinse Tarantini a mentire”. - di Vincenzo Iurillo e Antonio Massari



Entrambi accusati dello stesso reato in concorso: induzione a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria.


Valterino Lavitola in carcere ha scoperto di avere un coindagato coi fiocchi: Silvio Berlusconi. La Procura di Bari guidata da Antonio Laudati accusa l’ex premier e l’ex direttore de L’Avanti! dello stesso reato in concorso: induzione a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria. Si tratta della vicenda delle escort che l’imprenditore barese Gianpaolo Tarantini ha portato negli anni scorsi nelle residenze del Cavaliere. Il nome di Berlusconi in qualità di indagato compare sull’avviso di proroga delle indagini che gli inquirenti baresi hanno notificato l’altro ieri a Lavitola quando era già a Poggioreale, con in mano l’ordinanza di custodia cautelare per truffa e corruzione internazionale firmata dal Gip di Napoli Dario Gallo.

Per i magistrati di Bari, su istigazione dell’allora capo del governo e in cambio di almeno 500. 000 euro ricevuti da Berlusconi, Lavitola ha indotto Tarantini a rendere dichiarazioni false nel procedimento relativo al giro di escort e in particolare, scrisse il Riesame di Bari a febbraio, in due verbali datati 29 e 31 luglio 2009 “reticenti e a tratti mendaci in merito al coinvolgimento del premier”. Tarantini ha sempre sostenuto che Berlusconi era ignaro di andare a letto con delle prostitute. Lavitola avrebbe avuto il ruolo di “intermediario” tra Berlusconi e Tarantini e di “concorrente dell’autore materiale del reato”, che secondo le ricostruzioni dell’accusa è Berlusconi, inducendo l’imprenditore barese a patteggiare la pena per non fare depositare le sue compromettenti conversazioni telefoniche con l’ex premier. E ieri Lavitola ha “cantato” per quasi sette ore con i pm di Napoli Curcio e Woodcock, e il Gip Gallo, quest’ultimo pure per conto degli inquirenti di Bari.

Lavitola ha prima risposto a domande sull’inchiesta partenopea. E in particolare sui 5 milioni di euro che, secondo la sorella di Lavitola, il faccendiere avrebbe chiesto a Berlusconi in cambio del silenzio, e sull’indebita percezione di più di 23 milioni di euro di contributi pubblici per l’editoria. Una parte dell’interrogatorio ha riguardato le accuse di corruzione internazionale in relazione al suo ruolo di consulente Finmeccanica e di plenipotenziario di fatto del governo Berlusconi a Panama. Decine di milioni di euro di tangenti, mediate attraverso la società “Agafia corp” amministrata – sostengono i pm – da una prestanome amante di Lavitola. Per oliare il tutto, una delle controllate di Finmeccanica, “Agusta”, avrebbe promesso al presidente panamense Ricardo Martinelli un elicottero da 8 milioni di dollari. Un’accusa corroborata da intercettazioni e da una email richiamata nell’ordinanza di arresto, “assolutamente chiara e inequivoca sulla destinazione dell’ elicottero a Martinelli, il presidente di Panama. In questo caso si ha una conferma alle dichiarazioni accusatorie del Velocci (testimone chiave dell’inchiesta). Il Lavitola, infatti, comunicava al figlio del presidente che bisognava incontrarsi”. Esiste infatti una mail inviata da Martinelli a Valter Lavitola alle 17. 29 del 12 febbraio 2011: “Amico, quando verrai la prossima settimana, chiudimi tutte le questioni di cui ho parlato con Mauro oggi (l. Elicottero 2. Modulari). Per l’elicottero non c ‘è fretta. Saluti, R”.

La formalizzazione dell’accusa nei confronti di Berlusconi, che prevede una pena da 2 a 6 anni di carcere, firmata dal procuratore aggiunto di Bari Pasquale Drago, è collegata a una parte delle oltre 100mila intercettazioni acquisite nel corso delle indagini su Tarantini. In quelle telefonate ci sarebbe la “prova evidente” della volontà del Cavaliere di incaricare Lavitola per indurre Tarantini al silenzio rispetto alle vicende delle escort. Un silenzio ricompensato dall’impegno di Berlusconi di farsi carico “della situazione di Tarantini” a suon di centinaia di migliaia di euro.

Tra gli argomenti del Tribunale del Riesame di Napoli, che aveva disposto il trasferimento degli atti di indagine a Bari, si legge infatti che Berlusconi ”era pienamente consapevole che le ragazze portate nelle sue residenze da Giampaolo Tarantini erano delle escort”. E solo il suo silenzio avrebbe garantito all’ex premier lo scudo necessario per continuare a definirsi, aldilà delle evidenze, “utilizzatore finale inconsapevole”. E il costo del silenzio, concordato da Lavitola, era alto: 20mila euro al mese per un totale di 850mila euro. Da cui è escluso un altro mezzo miliardo di euro, di cui slo un quinto è arrivato nelle tasche dell’imprenditore barese.

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mercoledì 18 aprile 2012

Le sorprese del grafene il "materiale delle meraviglie". - Massimiliano Razzano







Un composto da premio Nobel, con straordinarie proprietà fisiche e chimiche ancora tutte da scoprire. Dai metodi di produzione basati sui microbi fino ai nuovi dispositivi elettronici, ecco le nuove interessanti scoperte sul grafene.


IMMAGINATE un materiale capace di condurre l'elettricità meglio del rame, trasparente come il vetro e più resistente dell'acciaio. Immaginate poi di poterlo piegare come se fosse plastica, e realizzare così schermi touchscreen da arrotolare e portarvi in tasca. Pura fantascienza? Forse no, perché gli scienziati conoscono già da anni il grafene, un "materiale delle meraviglie" con proprietà ed applicazioni in parte ancora ignote. 

Così, mentre parte della comunità scientifica sta studiando le caratteristiche del grafene, molti ricercatori in tutto il mondo sono impegnati a sviluppare tecniche di produzione innovative, come quella recentemente sviluppata alla Toyohashi University of Technology 2

Un gruppo coordinato da Yuji Tanizawa è infatti riuscito ad "addomesticare" dei microorganismi raccolti in un fiume vicino al campus universitario, nella prefettura di Aichi, ed utilizzarli così per produrre i sottilissimi fogli di grafene. Il nuovo metodo, presentato sulle Conference Series del Journal of Physics, sfrutta quindi un procedimento ibrido che combina processi chimici ed agenti biologici e che potrebbe offrire un nuovo canale per produrre grafene di alta qualità, a basso costo, e nel completo rispetto dell'ambiente.

Un materiale da premio Nobel
. Costituito da uno strato di atomi di carbonio collocati su una struttura a nido d'ape, il grafene è considerato uno dei materiali più promettenti del futuro. Questo materiale bidimensionale è infatti ultrasottile, flessibile, ed è circa 200 volte più resistente dell'acciaio. E' inoltre un ottimo conduttore di calore e di elettricità, e per le sue proprietà di trasporto degli elettroni è già considerato l'erede del silicio 3 nell'elettronica del futuro. 

Ma uno degli aspetti più sorprendenti del grafene è che ce l'abbiamo sotto gli occhi praticamente quasi tutti i giorni, ogni volta che scriviamo con una matita. La grafite, di cui è fatto il cuore delle nostre matite, è infatti una sovrapposizione di strati di grafene separati da tre decimilionesimi di millimetro. 

Nonostante molti studi teorici avessero iniziato a delineare le proprietà fisiche e chimiche degli strati di grafite sin dalla prima metà del Novecento, il grafene rimase per decenni lontano dai laboratori. Si riteneva infatti che la configurazione atomica del grafene fosse altamente instabile e che fosse quindi impossibile crearlo a temperatura ambiente. 

Tutto cambiò nel 2004, quando un gruppo di ricercatori dell'Università di Manchester, guidati da Andre Geim e Konstantin Novoselov, riuscì per la prima volta ad isolare il grafene in laboratorio. Geim e Novoselov avevano infatti usato un nastro adesivo per strappare singoli piano di grafene da un substrato di grafite. La scoperta, discussa su Science nell'ottobre 2004 4, era così rivoluzionaria da meritare un biglietto per Stoccolma in tempi record. Dopo solo sei anni, Geim e Novoselov ricevettero il premio Nobel 2010 per la Fisica 5, per "i pionieristici esperimenti sul materiale bidimensionale grafene".

Batteri mangia-grafite. La scoperta di Geim e Novoselov aprì la strada ad un nuovo settore della fisica dei materiali, su cui iniziarono a lavorare scienziati in tutto il mondo. Molti gruppi di ricerca, come quello di Tanizawa, si concentrano oggi sullo sviluppo di tecniche di produzione alternative al metodo di esfoliazione adottato da Geim e Novoselov. 

Il gruppo giapponese lavora infatti sui metodi di tipo chimico, che sfruttano cioè reazioni per produrre grafene a partire dall'ossido di grafite. Questo materiale ha una struttura laminare molto simile alla comune grafite, ma dove però ad alcuni atomi di carbonio sono legati altri atomi, come ad esempio ossigeno ed idrogeno. Per produrre il grafene, si operano dei processi chimici di riduzione, nei quali cioè vengono ceduti elettroni all'ossido di grafite, in modo da spezzare i legami con l'ossigeno e ricondursi poi ai singoli piani di grafene.

Tuttavia questi processi chimici utilizzano come reagente l'idrazina, oppure si basano sul riscaldamento ad altissime temperature, due tecniche che rendono il procedimento molto costoso e persino tossico. Per questo motivo i ricercatori giapponesi hanno deciso di "chiedere aiuto" ad alcuni microorganismi capaci di operare processi di riduzione chimica. 

Molti batteri, come ad esempio quelli della specie Shewanella oneidensis, ricavano infatti energia dai processi di riduzione, trasportando cioè elettroni verso l'esterno in un curioso processo di respirazione cellulare 6. Facendo "respirare" ai microbi l'ossido di grafite per tre giorni ad una temperatura controllata di 28 °C, i ricercatori sono così riusciti ad ottenere frammenti di grafene grandi 100 micron e di ottima qualità, in un processo non tossico e poco costoso. 

Dai transistor alle reti superveloci. Produrre grafene di qualità e a costi contenuti è una priorità, soprattutto in vista delle nuove potenzialità che si scoprono giorno dopo giorno. Sicuramente le applicazioni più promettenti sono legate all'elettronica, viste le peculiari proprietà del grafene nella conduzione di corrente. Nel 2010 ad esempio, un team della IBM è riuscito a creare transistor al grafene capaci di operare a frequenze superiori a 100 GHz. 

Tuttavia per fare il salto verso processori a base di grafene occorre superare un ostacolo legato alle perdite di corrente di questi transistor, che impediscono di montare troppi transistor in un singolo circuito. Un ostacolo che potrebbe presto essere superato grazie ad una nuova scoperta realizzata da Andre Geim e pubblicata a febbraio su Science 7

Geim e colleghi hanno infatti sfruttato la "terza dimensione" del grafene, accoppiando diversi strati di questo materiale con vari strati di metallo, creando così transistor di nuova generazione. Le proprietà quantistiche del grafene, legate ad esempio al basso momento magnetico dei nuclei di carbonio, rendono inoltre questo materiale un ottimo candidato per creare i dispositivi di base per la spintronica, ovvero l'elettronica basata sui bit quantistici, o qubit, che dovrebbe essere alla base dei computer quantistici 8

Ma le meraviglie del grafene potrebbero portarci altri regali futuri, fra cui sistemi di trasmissione digitale ancora più veloci. E' infatti possibile alterare i livelli energetici del grafene per renderlo più o meno trasparente e creare così dei modulatori ottici, ovvero degli interruttori capaci di controllare il percorso dei segnali luminosi. I primi modulatori ottici a base di grafene, grandi pochi micron, sono stati realizzati all'Università di Berkeley e presentati per la prima volta su Nature 9 nel maggio dell'anno scorso. Questi 'interruttori luminosi' saranno utilissimi nell'ottica quantistica e nella comunicazione digitale ad altissima velocità.

Come la plastica cento anni fa. Le potenziali applicazioni vanno oltre l'elettronica o l'ottica. Per esempio, la densità del grafene lo rende impermeabile ai gas, una proprietà che potrebbe essere sfruttata per creare filtri più efficienti, ad esempio nella produzione di biocarburanti. Essendo poi un materiale praticamente bidimensionale, il grafene può essere usato per costruire sensori a grande area sensibile capaci di individuare singoli atomi, e costruire così rilevatori di sostanze tossiche estremamente sofisticati. 

L'accoppiata fra le proprietà elettriche e meccaniche del grafene permetterà inoltre di costruire molti dispositivi estremamente efficienti e flessibili, fra cui schermi touchscreen 10, batterie ad alta capacità e pannelli solari di nuova generazione. Inoltre, i fogli di grafene possono essere arrotolati in nanotubi di carbonio, che già oggi sono alla base di moltissime applicazioni nel campo delle nanotecnologie.

Ma l'aspetto forse più intrigante è che gli scienziati sono ancora lontani dalla comprensione completa delle proprietà del grafene. Fino a pochi mesi fa non si sapeva molto delle proprietà magnetiche di questo materiale, fino a quanto il gruppo di Geim è riuscito a mettere in evidenza le prime tracce di fenomeni magnetici nel grafene, come descritto in un articolo apparso a gennaio su Nature Physics 11. E' sicuro che anche questa scoperta porterà a nuove interessanti applicazioni.

Il grafene è quindi ancora ricco di misteri. Le sue potenzialità sono così grandi che oggi è praticamente impossibile immaginarle tutte. A cosa servirà il grafene? Una domanda a cui nemmeno il premio Nobel Andre Geim sa ancora rispondere, come ebbe modo di dichiarare ai tempi del Nobel. "Non lo so. E' come presentare un pezzo di plastica a un uomo di un secolo fa e chiedergli cosa ci si può fare. Un po' di tutto, penso". Detto da un premio Nobel, non possiamo che fidarci. 

Concordia, trovato il corpo di Giuseppe il musicista-eroe di Alberobello.



Il ragazzo, 30 anni, era al suo primo impiego come batterista sulla nave naufragata al Giglio. Ha ceduto il suo posto sulla scialuppa a una bambina.


E' stato identificato il corpo di Giuseppe Girolamo, musicista sulla Concordia, al suo primo impiego nello staff della nave da crociera naufragata al Giglio. Il suo cadavere è stato recuperato insieme a quello di altre quattro vittime. Si tratta di Christina Mathi Ganz, cittadina tedesca; Norbert Josef Ganz, cittadino tedesco; Barbara Heil, cittadina americana; Gerald Heil, cittadino americano. Restano ancora da rintracciare altre due persone disperse nel naufragio.

Giuseppe, 30 anni, batterista della band Dee Dee Smith si era imbarcato il 4 dicembre ed era al suo primo lavoro sulla Costa Concordia. L'ultima immagine del naufragio lo riprende in piedi su una scialuppa, mentre sta per risalire sulla nave. Ha rinunciato al suo posto per mettere in salvo una bambina. La storia era stata raccontata da alcuni colleghi del giovane che avevano assistito al coraggioso gesto prima di mettersi loro stessi in salvo. 


I parenti avevano tappezzato di sue fotografie 
l'Isola del  Giglio nella speranza si fosse salvato e si erano anche rivolti alla trasmissione 'Chi l'ha visto'. Il ragazzo, figlio del Sud piegato dalla disoccupazione soprattutto giovanile, entusiasta dell'impiego trovato sulla nave che gli avrebbe permesso di vivere della sua passione, la musica.


http://bari.repubblica.it/cronaca/2012/04/17/news/concordia-33452471/

I partiti: “Perché Beppe Grillo è un clown”. - di Irene Buscemi, Paolo Dimalio e Manolo Lanaro







I sondaggi danno il Movimento 5 stelle in grande ascesa, oltre il 7 per cento, per le prossime amministrative. Un risultato che potrebbe scompaginare l’assetto politico attuale. Tutti i partiti sono in fibrillazione e scelgono la linea dell’attacco senza remore contro il leader del movimento, Beppe Grillo. In vista delle elezioni di maggio, in cui ha annunciato di presentarsi con 101 liste in altrettanti comuni, i pronostici suggeriscono che potrebbe diventare il terzo partito più votato su scala nazionale. E’ già stato terzo alle regionali dell’Emilia Romagna del 2010 (7 per cento), in Piemonte (4 per cento), e alle amministrative del 2011 a Bologna (9,5 per cento) e Torino (5,4 per cento). In alcune città come Rimini la soglia della doppia cifra è già stata superata. Facile quindi prevedere un buon risultato il mese prossimo e qualche decina di parlamentari nel 2013 quando il movimento affronterà il suo battesimo del fuoco, anche a fronte delle prime “epurazioni” che hanno suscitato molte polemiche nella base. Ma il “gradimento” tra gli elettori preoccupa tutte le formazioni politiche, da destra a sinistra, che reagiscono a suon di dichiarazioni al vetriolo. Il direttore del FoglioGiuliano Ferrara, ai microfoni de ilfattoquotidiano.it definisce Grillo “uno spregevole demagogo di quart’ordine che corteggia i leghisti per conquistare voti e giustifica coloro che non emettono lo scontrino”. Ma l’Elefantino si spinge anche oltre. Secondo lui infatti il comico genovese rappresenta “il male assoluto”, il populista “che spiega agli elettori leghisti che Bossi è innocente e che tutto dipende da un processo mediatico”. Gli fa eco l’ex ministro Altero Matteoli (Pdl) che lo descrive come “un clown, un fenomeno da circo” che, pertanto, non è “nemmeno querelabile”. L’ex ministro del governo Berlusconi aggiunge di trovarsi d’accordo col suo avversario politico Massimo D’Alema (Pd) che aveva parlato del leader 5 stelle come “un personaggio a metà tra il Gabibbo Bossi, specchio di chi “ha governato negli ultimi 15 anni”. Non migliora l’opinione nella sinistra radicale, dove per il leader di Sel Nichi Vendola è ”un fenomeno mediatico inquietante” e avverte: “Quando ci si affida a urlatori a uomini della provvidenza di solito questi preparano tempi peggiori, non tempi migliori”. Insomma, mentre i sondaggi di Grillo avanzano, i partiti, investiti da un crisi e una sfiducia profonda, fanno quadrato contro il comico genovese.  

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Trattativa, il capo della procura di Palermo: “Fu la ragione di stato di pochi”. - di Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza




Francesco Messineo, durante la sua audizione davanti all'Antimafia, ha illustrato la sua visione del dialogo aperto dallo Stato con i boss di Cosa nostra, nell’estate delle stragi siciliane.

Due anni di indagini, di acquisizione di documenti riservati, di interrogatori di vertici istituzionali, di ammissioni di paure, vuoti di memoria, ricordi ad orologeria, imbarazzi, contrasti insanabili, decisioni adottate ”in solitudine”, funzionari indicati dai cappellani e alla fine una certezza: la salvezza di molti in cambio del sacrificio di pochi. E’ questa, con tutta probabilità la logica che ha spinto un pezzo dello Stato a trattare con la mafia nel biennio ‘92-’93 con l’obiettivo di fermare lo stragismo.

Non è la semplice ipotesi di un pentito da quattro soldi, ma il parere autorevole del capo della Procura di Palermo, Francesco Messineo, che nell’audizione all’Antimafia ha illustrato la sua visione del dialogo aperto dallo Stato con i boss di Cosa nostra, nell’estate delle stragi siciliane. Per spiegare cosa c’è dietro la volontà trattativista delle istituzioni, ha detto Messineo, “si potrebbe parlare di una ragion di stato interpretata da pochi soggetti, secondo loro particolari orientamenti e secondo una loro particolare visione, nell’intento -in sé astrattamente lodevole – di prevenire le stragi’’. Con la trattativa, insomma, irrompe sulla scena politica italiana la ragion di Stato che, nella sua logica meramente utilitaristica, fornisce ai più alti esponenti delle istituzioni una legittimazione sufficiente a giustificare lo scambio attivato con i mafiosi.

Ma come è possibile che dopo l’omicidio Lima, e ancor più dopo la strage di Capaci, la classe politica italiana decida di scendere a patti con Cosa nostra? L’ipotesi della procura di Palermo è che i primi approcci al dialogo con i boss siano nati su input di chi aveva un interesse personale, di chi era più esposto: come l’ex ministro Calogero Mannino, indagato a Palermo per violenza o minaccia a Corpo politico della Stato, che secondo la ricostruzione dei pm si rivolge ai vertici del Ros (Subranni) e al Sisde (Contrada), subito dopo l’omicidio Lima, per sollecitare gli apparati a trovare un contatto con Cosa nostra che potesse fermare la furia omicida di Totò Riina.

Ma la paura di Mannino, e di qualche altro politico minacciato dalla mafia, da sola non sarebbe bastata a provocare il cedimento dell’intero Stato. E’ la strage di Capaci, vissuta dai Palazzi del potere come un attacco frontale al sistema democratico, che fa crollare le difese della Prima Repubblica. La questione della salvaguardia delle istituzioni, da quel momento in poi, non riguarda più solo la sorte di singoli uomini politici, di Mannino, di Andò, di Andreotti, ma l’intero Stato.

La trattativa – spiegano in Procura a Palermo – diventa, a quel punto, per la classe politica italiana, l’unica strada per salvare la democrazia italiana. Se, come dice il collaboratore Giovanni Brusca, l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino è stato veramente il ‘’ garante’’ istituzionale della trattativa, e se – come ipotizzano i pm di Palermo – l’ex ministro della Giustizia Giovanni Conso ha revocato il carcere duro a centinaia di boss non ‘’in assoluta solitudine’’ (come dice lui), ma obbedendo alla linea del dialogo voluta in prima persona dall’ex presidente della RepubblicaOscar Luigi Scalfaro, il motivo va ricercato in quella ‘’ragion di Stato’’ che giustifica qualunque crimine, se commesso da un uomo delle istituzioni nel supremo interesse del proprio Paese. Non è la prima volta, del resto, che ciò accade in Italia. La storia dimostra che nell’ 81 per salvare un uomo politico non di primissimo piano come l’assessore regionale Dc della Campania Ciro Cirillo, lo Stato scese a patti con la Camorra.

La Dc dell’epoca optò compatta per la trattativa con i terroristi. Oggi, Mannino, Mancino (entrambi ex Dc), e anche Conso negano risolutamente l’esistenza di un negoziato con i boss. E, prima di morire, pure Scalfaro (scomparso a gennaio scorso) aveva sostenuto davanti ai pm di non aver mai sentito parlare di trattativa. Eppure e’ proprio Scalfaro che interviene personalmente per scegliere il nuovo capo del Dap, Adalberto Capriotti (suo amico personale) dopo l’improvvisa liquidazione di Niccolò Amato (considerato inaffidabile). Un cambio al vertice non certo casuale.

E’ Capriotti, infatti, l’autore della nota che, il 26 giugno del ’93, suggerisce al ministero della Giustizia di non rinnovare il provvedimento in scadenza per il 10 per cento dei detenuti sottoposti al carcere duro, come ‘’segnale di distensione’’. Nessuno, però, oggi è disposto ad ammettere che in quel biennio di sangue, lo Stato trattò con la mafia. ‘’Il problema – riflette il procuratore Messineo nella sua audizione a palazzo San Macuto- è che si tratta di un fatto estremamente imbarazzante, sia politicamente, che moralmente. Quindi nessuno ammetterebbe mai di aver promosso o partecipato ad una trattativa, non tanto perche’ la cosa potrebbe refluire in responsabilita’ penali, ma soprattutto per l’ovvio motivo che aver fatto una cosa del genere eticamente non e’ il massimo’’. Eppure e’ proprio quello che e’ successo: a pochi mesi dall’uccisione di Falcone e Borsellino, le istituzioni ai massimi livelli si piegarono al ricatto mafioso. Nell’illusione di salvare la democrazia. ‘’La ragion di Stato – conclude Messineo – puo’ essere invocata in questo senso: la salvezza dei molti in cambio del sacrificio di alcuni elementi e di alcuni valori etici’’.

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