venerdì 27 aprile 2012

Sei miliardi in quattro mesi: i dati della Guardia di Finanza sull’evasione fiscale.






I controlli della prima parte del 2012 hanno portato alla denuncia di circa 1.300 persone. 853 evasori totali. Record di irregolarità nel commercio. Le storie: la pasticceria di Reggio Calabria nasconde 400 mila euro, oltre tre milioni occultati da teatri romani.

Sei miliardi di euro di evasione fiscale in quattro mesi. Con 2.192 evasori totali scoperti. Sono i dati di questa prima parte del 2012 presentati dalla Guardia di Finanza, relativi a tutto il territorio nazionale. In materia di Iva, le Fiamme Gialle hanno scoperto 650 milioni di euro non dichiarati. Le persone denunciate all’autorità giudiziaria sono  853, che non avevano presentato la dichiarazione, e altre 530 per occultamento o distruzione della contabilità.
I 2.192 evasori totali sono accomunati dal fatto di non aver presentato per almeno un anno la dichiarazione dei redditi. Invisibili per il Fisco, in molti casi si concedevano un elevato tenore di vita con macchine di grossa cilindrata, ville e sostanziosi patrimoni accumulati. I maggiori ‘picchi’ di evasione, riferisce in una nota la Guardia di finanza, sono stati riscontrati nel settore del commercio all’ingrosso e al dettaglio (quasi il 25% del totale), delle costruzioni edili (circa il 22%), delle attività manifatturiere (11), delle attività professionali, scientifiche e tecniche (5,7) e delle attivita’ di alloggio e ristorazione (5,5).
Tra i casi scoperti dalla Guardia di Finanza, c’è quello di un noto bar a La Thuile – nota località sciistica vicina a Courmayer – che negli ultimi 5 anni non ha dichiarato ricavi per 350mila euro. Lo ha scoperto la Gdf di Aosta dopo alcuni approfondimenti seguiti a un normale controllo sulle ricevute e sugli scontrini fiscali.
Ancora, un’apprezzata pasticceria nel centro di Reggio Calabria, oltre a non aver dichiarato negli ultimi 2 anni ricavi per 400mila euro, si avvaleva anche di lavoratori in nero. Mentre un albergatore di Grado (Gorizia) ha fatto a meno di dichiarare l’oltre mezzo milione di euro di ricavi, incassati dopo il “tutto esaurito” della sua struttura nelle ultime stagioni estive. “E’ stata una dimenticanza”, ha riferito l’imprenditore turistico alle Fiamme Gialle di Gorizia che si apprestavano a eseguire i controlli.
Non è l’unico caso di asserita “dimenticanza”. La Guardia di Finanza ha messo nel mirino una società di capitali di Roma che gestisce alcuni teatri di cabaret del quartiere Esquilino e un’altra che controlla un centro di divertimenti con annesso ristorante e bowling. La prima avrebbe “dimenticato” di dichiarare 3 milioni e 600mila euro di ricavi; 4 milioni circa la seconda. E a Messina, un centro di macellazione di carni che aveva nascosto al Fisco ricavi per oltre 30 milioni di euro. 
Casi eclatanti emergono a macchia di leopardo su tutto il territorio nazionale. I finanzieri di Venezia hanno scovato un fotografo di matrimoni che, a fronte di oltre 200 servizi e di 100 book realizzati, aveva emesso solo 35 ricevute, non dichiarando incassi pari a 200mila euro, sui quali avrebbe dovuto pagare imposte per circa 80mila euro. Era invece a prima vista impeccabile la contabilità di un gioielliere della provincia di Brescia, che emetteva scontrini e teneva la documentazione fiscale, ma le Fiamme Gialle ora gli contestano quasi un milione e mezzo di redditi non dichiarati e circa 300mila euro di Iva evasa. A tradirlo il lusso e il tenore di vita, assolutamente incoerente con il suo profilo fiscale.
Stessa storia per una donna di Ravenna che non solo andava in giro su una delle sue due Porsche, ma aveva una villa hollywoodiana a Milano Marittima e faceva viaggi extralusso, scegliendo sempre hotel a 5 stelle. I finanzieri hanno scoperto che tutto quel lusso non proveniva da regali ricevuti nel tempo, come da lei riferito, ma dalla sua attività, tenuta ben nascosta, di intermediario nel commercio per conto di una grossa società con varie sedi nel nord-Italia. Per redditi accumulati nel tempo di circa 2 milioni di euro.

Firme false: Indagato il presidente della Provincia di Milano Podestà (Pdl). - di Giovanna Trinchella



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All'esponente politico viene contestato dalla Procura di Milano il reato di falso ideologico. Per gli inquirenti l'allora coordinatore regionale del partito sarebbe stato il "promotore" del taroccamento delle firme necessarie alla presentazione delle liste alle amministrative 2010.

Nuovi guai per il Popolo delle Libertà in Lombardia. Guido Podestà, attuale presidente della Provincia di Milano, è indagato per il pasticcio della presentazione delle liste elettorali del partito alle amministrativo del 2010. Ad annunciare di aver ricevuto questa mattina un avviso di garanzia e di chiusura delle indagini è stato lo lo stesso Podestà,  che all’epoca era il coordinatore regionale, con una nota sul suo sito, precisando che quanto agli atti “non ha nulla a che fare con l’attività istituzionale e di amministrazione della Provincia”. Gli inquirenti considerano Podestà il “promotore” del reato: ovvero falso ideologico continuato e pluriaggravato. 
Quello delle firme false è il secondo capitolo della vicenda su cui stava indagando la Procura di Milano sulle liste per le elezioni amministrative del 28 e 29 marzo 2010. Nel fascicolo erano già indagati, a vario titolo, quindici rappresentanti del PdL, per lo più consiglieri provinciali e comunali, che avevano certificato l’autenticità delle firme consegnatigli da Clotide Strada, vice responsabile del settore elettorale del PdL in Lombardia, nonché collaboratrice della consigliera regionale lombarda Nicole Minetti. In questo stralcio è finito il nome di Podestà che secondo l’accusa che avrebbero quindi ordinato l’operazione di falsificazione delle firme. Non perché il partito non fosse in grado di raccogliere le firme, avendo un bacino di elettori amplissimo in Lombardia, ma solo per sciatteria e forse per la necessità di aggiungere nel listino bloccato nomi dell’ultima ora.
La chiusura indagini della prima parte dell’indagine del procuratore aggiunto Alfredo Robledo porta la data del 17 ottobre e l’ipotesi  accusatoria è che che siano state falsificate molte firme e precisamente 608 per le elezioni regionali, per cui era candidato alla poltrona di governatore Roberto Formigoni, e 308 per le provinciali, per cui era candidato proprio Podestà. Le firme erano necessarie per la presentare la lista regionale “Per la Lombardia ” e quella provinciale “Il popolo della Libertà – Berlusconi per Formigoni”. La maggior parte dei presunti sottoscrittori, che sono stati ascoltati dagli investigatori dell’Arma dei Carabinieri, non hanno riconosciuto le loro firme oppure hanno dichiarato di averle apposte, ma per altre liste elettorali. A dicembre infine il procuratore aggiunto Alfredo Robledo aveva interrogato alcuni degli indagati, ma quei verbali erano stati segretati. In uno di questi ci sono le dichiarazioni che hanno messo nei guai anche Podestà, in particolare proprio quelle di Clotilde Strada, responsabile della campagna raccolta firme.   


giovedì 26 aprile 2012

ll Nobel Stiglitz: “L’austerity sarà un disastro per l’Europa”. - di Martin Eiermann





L’austerità di per sé «sarebbe sicuramente un disastro» e «le conseguenze nel breve termine saranno molto negative per l’Europa» dice il premio Nobel per l'economia Joseph Stiglitz per il quale è impossibile che tutto il Continente possa diventare come la Germania. Ma è il modello economico globale che non funziona: «Non importa se poche persone al vertice sono strapagate - quando la maggioranza dei cittadini non si è arricchita, il sistema economico non funziona».Le politiche di recessione ci stanno portando verso una doppia recessione, mette in guardia l’economista statunitense Joseph Stiglitz. Si è incontrato con il giornale tedesco The European per discutere il nuovo pensiero economico e l’influenza del denaro nella politica.


The European: Quattro anni dopo l’inizio della crisi finanziaria, si sente rassicurato dal modo in cui gli economisti hanno provato a comprenderla, e dal modo in cui le loro analisi sono state recepite dai politici?
Stiglitz: Mi lasci analizzare questo tema in modo leggermente diverso. Gli economisti accademici hanno giocato un ruolo importante nel causare la crisi. I loro modelli erano eccessivamente semplificati, distorti, e trascuravano gli aspetti più importanti. Questi modelli sbagliati hanno incoraggiato i politici a credere che il mercato avrebbe risolto tutti i problemi. Prima della crisi, se io fossi stato un economista di strette vedute, sarei stato molto compiaciuto dal vedere quanto impatto avessero gli accademici sulla politica. Ma sfortunatamente questo è stato un danno per il mondo. Dopo la crisi avresti sperato che il pensiero accademico fosse cambiato, e che i politici fossero cambiati con esso, diventando più scettici e cauti. Ti saresti aspettato che, dopo tutte le previsioni sbagliate del passato, i politici avrebbero chiesto agli accademici di ripensare alle loro teorie. In generale sono deluso sotto tutti i punti di vista.

The European: gli economisti hanno visto i difetti dei loro modelli teorici ma non hanno provveduto a liberarsene o a migliorarli?Stiglitz: nel mondo accademico, quelli che credevano nel libero mercato prima della crisi ci credono ancora. Pochi hanno cambiato idea, e voglio riconoscergli il merito di avere detto: “Ci eravamo sbagliati. Avevamo sottostimato questo o quell’aspetto dei nostri modelli”. Ma i più hanno dato una risposta differente. I sostenitori del libero mercato non hanno rivisto i propri convincimenti.

The European: Guardiamo al lungo periodo.

http://temi.repubblica.it/micromega-online/ll-nobel-stiglitz-%E2%80%9Cl%E2%80%99austerity-sara-un-disastro-per-l%E2%80%99europa%E2%80%9D/

Sotto i 1000 euro la metà dei pensionati Agli under 64 va un assegno su tre.



Istat: carrello della spesa più caro del 4,2%


Le cifre dell'Istat sulla spesa per la previdenza nel 2010. Il 14 per cento dei vitalizi è inferiore ai 500 euro. Un italiano su tre riceve un indennizzo "multiplo": c'è anche chi è titolare di quattro o più pensioni.

Quasi metà dei pensionati italiani riceve meno di mille euro al mese. Ma un assegno su tre va a cittadini sotto i 64 anni. Le cifre sono quelle di una relazione dell’Istat che ha registrato una spesa per prestazioni pensionistiche in Italia nel 2010 di oltre 258 milioni, in aumento rispetto all’anno precedente anche se diminuisce la sua incidenza sul Pil (16,64% contro il 16,69% del 2009). In totale i pensionati sono 16,7 milioni e percepiscono, in media, 15mila e 471 euro all’anno.
Le fasce d’età. Secondo l’Istat quasi il 30 per cento dei pensionati ha un’età inferiore ai 64 anni: nel dettaglio il 3,5 per cento dei destinatari degli assegni di previdenza ha meno di 40 anni, mentre il 25,6 ha tra i 40 e i 64 anni. Il 70,9 per cento dei pensionati ha invece oltre 64 anni (il 48,5 ne ha fino a 79, il 22,3 ne ha più di 80). 
Per il 14 per cento meno di 500 euro. Il 14,4 per cento dei pensionati italiani riceve meno di 500euro, il 31 per cento (5,2 milioni di italiani) percepisce un vitalizio tra i 500 e mille euro, il 23,5 per cento tra mille e mille e 500 euro e il restante 31,1 per cento più di mille e 500 euro. Sono stime che si riferiscono sempre al 2010. Le donne rappresentano il 53 per cento dei pensionati, ma percepiscono assegni di importo medio pari a 12 mila e 840 euro, contro i 18 mila e 435 euro degli uomini e il 54,9 per cento riceve meno di mille euro (a fronte di una quota del 34,9 per cento tra gli uomini). 
Il 48 per cento di pensionati al nord. Nel 2010 la  il 47,9 per cento delle pensioni è stato erogato al Nord, il 20,5 per cento nelle regioni del Centro e il restante 31,6 per cento nel Mezzogiorno. 
Le pensioni multiple. Il 67,3 per cento dei pensionati percepisce una sola pensione, il 24,8 per cento ne percepisce due e il 6,5 per cento tre; il restante 1,4 per cento è titolare di quattro o più pensioni. 
Il comparto delle imprese. L’Istat ha anche fornito il dato di aprile per quanto riguarda l’indice destagionalizzato del clima di fiducia scende sia nelle imprese dei servizi sia in quella del commercio al dettaglio. L’istituto di statistica spiega che il calo più netto si registra per i servizi al mercato (a 76,0 da 82,2), mentre la diminuzione è stata più lieve per il commercio al dettaglio (a 81,8 da 83,8). Dalla consueta indagine trimestrale emerge che la quota di imprese dei servizi che percepisce l’esistenza di ostacoli all’attività produttiva cresce significativamente (dal 52% al 62%) nel primo trimestre 2012.
Nel commercio al dettaglio peggiorano sia i giudizi sia le aspettative sulle vendite e torna a diminuire il saldo relativo alle scorte di magazzino. L’indice del clima di fiducia sale da 76,1 a 77,7 nella grande distribuzione e scende da 92,7 a 90,6 in quella tradizionale.