venerdì 17 agosto 2012

Processione di S. Antonio Abate da Mele ad Acquasanta


Le altre foto: https://www.facebook.com/media/set/?set=a.4282611474104.2169325.1550850513&type=1&fb_source=message

Anche se con un po’ di ritardo, voglio porgerti gli auguri di Ferragosto che spero ed auspico avrai trascorso serenamente con le persone più care ed amate. Allego le foto della festa patronale del mio paese che coincide con la festività dell’Assunta. È tradizione secolare, quella di portare in pellegrinaggio ,la cassa lignea raffigurante S. Antonio Abate mentre contempla il corpo di San Paolo Eremita con due leoni che scavano una fossa e l’anima sorretta da angeli s’invola al cielo. La cassa votiva viene portata al santuario dell’Acquasanta, distante da Mele sei/sette km, nei tempi antichi i paesani la portavano a spalla e/o su carri trainati da cavalli,l’ opera è dello scultore genovese del tardo 600”, Anton Maria Maragliano, pesa 14 quintali ed occorrono squadre di 16 uomini cadauna, dal dopoguerra i miei compaesani si sono adeguati ai tempi, ma il giro del paese e l’arrivo al santuario lo fanno ancora alla vecchia maniera. Non ci sono più gli uomini di un tempo, operai delle cartiere e contadini, uomini abituati a faticare ed compiere sforzi , i giovani palestrati del giorno d’oggi vacillano sotto il peso della grande scultura che quegli omacci per la maggior parte di loro, trasportavano da ubriachi. Infatti dal paese al Santuario c’erano ad ogni angolo delle osterie dove era obbligatoria la tappa. Di votivo e religioso ci ho sempre visto ben poco o niente, bestemmie e linguaggio da trivio tra i portatori, tra l’altro quasi tutti comunisti iscritti al partito, le ragazze più procaci del paese che salivano sul cassone degli autocarri che trasportavano i “Cristi” ed altre amenità, ci andavo vicino per vederle salire e sbirciare sotto la gonna, però data la tenera età non mi era consentito di essere tra i “volenterosi” che le aiutavano a montare. Poi , le melanzane al forno ripiene, che ogni famiglia portava per il pranzo al sacco, ai tempi, era impensabile recarsi a mangiare in trattoria, i bambini vestiti da pellegrini con il cappello e la cappa,il bastone con canestrello dolce appeso, le bambine, “le verginelle” con il vestitino bianco e la fascia azzurra. Devo essere uno dei pochi melesi a non aver mai partecipato in forma attiva alla processione, da bambino , nostro padre allora comunista ed ateo non aveva piacere, però alla festa ci portava e ci dava il liberi tutti, le occasioni di svago non erano molte, poi da Testimone di Geova, abominio e rito pagano con risvolti satanici ! !! Ancora oggi, gli amici coetanei mi rimproverano il fatto di non essere mai andato a portare S. Antonio, rispondo che se ci vado , il santo mi prende a bastonate come del resto spiego che non vado mai in chiesa perché ho paura che mi crolli sulla testa. Rispetto la tradizione è parte della cultura del mio paese natio e del resto la festa non è della chiesa, bensì della Confraternità locale, spesso in attrito con il parroco del paese, quello precedente, gli faceva trovare la porta della chiesa chiusa e la Confraternità era costretta a chiamare un prete da fuori. Negli anni della contestazione, quando tutto si metteva in discussione, nessuno però si è permesso mai di irridere i portatori della cassa, quelli dei Cristi si, ovviamente, ma in quei di Genova lo si è sempre fatto ed esiste il detto: pescatori da canna, cacciatori da vischio e portatori di Cristo sono i tre più “abbelinati” che abbia mai visto. “Abbelineou” in genovese è sinonimo di stupido, coglione.,etc ….. i tempi comunque cambiano ed ho nostalgia delle melanzane ripiene, degli avvinazzati che alla sera facevano ballare il santo alla musica di una allegra marcetta suonata dalla banda musicale, oggi è tutto piu … asettico. Ah! Dimenticavo, a Mele, non si dice S. Antonio, lo chiamiamo “Tognu”, cioè Tonio e basta.

Giuseppe Bruzzone

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giovedì 16 agosto 2012

Lega, la prima estate di Bossi da ex capo del Carroccio. Tra feste di paese e sagre. - Alessandro Madron


bossi a ferragosto interna


Tra comizi e eventi locali organizzati dai (pochi) fedelissimi che continuano a tenerlo in altissima considerazione, il Senatùr non fa mistero delle proprie aspirazioni e assicura: “Da primo o da ultimo non importa, io continuerò ad esserci e a combattere per il partito”.

Lo hanno fatto presidente a vita, non è più il capo della Lega, ma Umberto Bossi non si è ancora dato per vinto. Anche in questi giorni sta continuando a girare per comizi e festicciole organizzate dai (pochi) fedelissimi che continuano a tenerlo in altissima considerazione. Lui non fa mistero delle proprie aspirazioni e assicura: “Da primo o da ultimo non importa, io continuerò ad esserci e a combattere per la Lega”. Ecco che allora, mentre il nuovo gotha del Carroccio si gode le ferie estive, limitandosi a qualche apparizione sui social network, lui non demorde e si dedica al partito, concedendosi un tour da pop star, con dieci date e altrettanti comizi nell’arco di quindici giorni. Decisamente troppo per un soprammobile impolverato.
Così nel primo weekend di agosto è stato ad Arcene, in provincia di Bergamo, poi a Vergiate, nella sua Varese, dove ha avuto modo di prendersela con Alessandro Manzoni. Il 9 è tornato in provincia di Bergamo a Calcio, il 10 a Pompiano, in provincia di Brescia, l’11 e il 12 in provincia di Trento, prima a Cembra e poi a Pieve Tesino. La vera sorpresa è arrivata però a Ferragosto. Per la prima volta dopo anni il Senatùr ha deciso di disertare l’appuntamento di Ponte di Legno, dove dal 1989 fino allo scorso anno è sempre andato a trascorrere qualche giorno di ferie, per partecipare alla grande festa leghista della Valle Camonica. Al suo posto hanno presenziato Roberto Cota eMatteo Salvini. Le spaccature interne al partito e l’avvento della Lega maroniana hanno portato anche a questo drastico cambio di programma.
Il vecchio capo, alla tradizionale località montana (vicina alla Lega di Maroni), quest’anno ha preferito Pontida, dove ha partecipato ad un comizio serale alla festa locale del partito. La scelta del luogo ha tutto il sapore di una sfida alla Lega 2.0 del segretario Maroni. Quest’anno, proprio a causa dei dissidi interni al partito è infatti saltato il tradizionale raduno che si tiene ogni anno sul “sacro prato” di Pontida, rimandato alla prossima primavera. Un gioco sottile, quello di Bossi, anche perché a parole, proprio ieri sera, ha ribadito la volontà di ricucire lo strappo interno: “Noi non possiamo litigare nella Lega perché vorrebbe dire aiutare Roma” e, ancora: “Non tollero che per un posto a me o a Maroni ci si metta a litigare”. In quel luogo simbolo del suo potere ormai sbiadito, Bossi ha parlato anche della legge elettorale e della crisi europea, rincorrendo il mito di un leader graffiante, senza però trovare le folle oceaniche di un tempo ad ascoltarlo ed osannarlo.
Il viaggio di Bossi continua oggi, 16 agosto, a Capriata d’Orba, in Piemonte, poi sarà il 19 ad Arcore, a due passi dalla casa dell’amico Silvio e il 20 chiude il tour de force a Sommacampagna, in provincia di Verona. Nei giorni successivi ci sarà spazio anche per una capatina alla lunga festa di Alzano Lombardo, anche se al momento l’intervento non è ancora stato programmato. Alla festa bergamasca ci saranno tutti i big del partito, compreso il segretario Roberto Maroni, che intanto fa capolino sul mondo affacciandosi da twitter o facebook, esprimendo opinioni e pareri digitati magari standosene spaparanzato al sole.
Nelle scorse ore, rilanciando l’intervista rilasciata a Repubblica, ha ribadito: “Voglio un referendum sull’Europa e sull’euro, perché le decisioni importanti devono essere prese dai popoli e non dai banchieri”. La Lega a fine agosto presenterà infatti in Cassazione “una proposta di legge di iniziativa popolare per abbinare alle politiche del 2013 un referendum consultivo nel quale i cittadini italiani possono esprimersi sull’euro”. Il leader leghista ha anche precisato che quella del suo partito “non è una visione non anti-europeista, ma neo-europeista”.

La stele di Rosetta delle proteine così si producono i mattoni della vita


La stele di Rosetta delle proteine così si producono i mattoni della vita


La ricerca dell'Università britannica di Sheffield, in collaborazione con l'Harvard medical school, apre nuove prospettive per la cura dei disturbi del movimento, delle distrofie muscolari e del cancro.

ROMA - L'hanno già ribattezzata la "stele di Rosetta" delle proteine,  e come dargli torto: del processo che permette di produrre i mattoni della vita, sia negli organismi più semplici come i lieviti, sia in quelli più complessi come l'uomo, non si sapeva nulla fino ad ora. A scoprire come funziona l'affascinante procedimento, con uno studio pubblicato su Nature Communications, sono stati i ricercatori delle università di Sheffield e di Harvard, aprendo così la strada a nuove terapie per i disturbi del movimento, le distrofie muscolari e il cancro.

La ricerca rivela per la prima volta come all'interno della cellula viene regolato il trasporto dello "stampo" necessario alla fabbricazione delle proteine, ovvero la molecola di Rna messaggero (mRna). Una volta prodotto nel nucleo della cellula a partire dalle informazioni contenute nei geni del Dna, l'mRna deve infatti essere trasferito nel citoplasma, dove viene usato come stampo per la produzione delle proteine in una specie di catena di montaggio costituita dai ribosomi. Grazie a questa ricerca, è stato possibile scoprire che il passaggio dal nucleo al citoplasma è regolato da un complesso sistema di proteine chiamato Trex, che consegna il passaporto alle molecole di mRna pronte per il viaggio perchè complete e promosse ai test di controllo qualità nel nucleo.

Il trasporto vero e proprio è poi affidato alla proteina Nxf1, che attraversa la "dogana" della membrananucleare. "Quando un'auto viene prodotta in una fabbrica, attraversa diversi stadi in cui vengono man mano aggiunti pezzi, e alla fine viene sottoposta a un controllo di qualità prima di uscire per finire negli autosaloni", spiega il coordinatore dello studio Stuart Wilson.

"Allo stesso modo - aggiunge - l'mRna passa attraverso diverse modificazioni nel nucleo, dove alcuni pezzi vengono aggiunti e altri rimossi. Solo quando raggiunge la fine della linea di produzione e passa tutti i controlli, ottiene il passaporto che le permette di andare nel citoplasma per la produzione delle proteine. Finora non era chiaro come la cellula venisse a sapere che l'mRna fosse pronto. Ora abbiamo scoperto come viene rilasciato questo passaporto, permettendo il trasporto dell'mRna nel citoplasma e la produzione delle proteine".

"Questo processo è essenziale per la vita e quando funziona male nell'uomo può provocare malattie come quelle che colpiscono i neuroni del movimento o il cancro", ricorda Wilson. "Un tipico esempio è quello delle malattie da accumulo di Rna come la distrofia miotonica", afferma Giuseppe Novelli, genetista dell'università Tor Vergata di Roma. "In questi malati si ha la produzione di una molecola di mRna difettosa, troppo lunga, che non riesce a uscire dal nucleo: forma così degli agglomerati che vanno a bloccare anche il trasporto degli mRna di altri geni. Per questo si tratta di una malattia molto complessa e multisistemica, che non colpisce solo i muscoli".

Al momento sono diverse le terapie sperimentali allo studio, "come quelle che usano degli 'spazzini' molecolari per liberare il nucleo dagli agglomerati, ma grazie a questa nuova scoperta - conclude Novelli - sarà possibile mettere a punto nuove strategie che risolvano questo intasamento andando ad agire direttamente sui meccanismi di trasporto".

L'Ecuador concede asilo ad Assange, Londra minaccia blitz.



(AGI) - Quito, 16 ago. - Scoppia un caso diplomatico tra Londra e Quito: l'Ecuador ha deciso di concedere asilo politico a Julian Assange e la Gran Bretagna minaccia di attaccare l'ambasciata dell'Ecuador nella capitale britannica e prendersi cosi' il fondatore di Wikileaks. Nel frattempo, la polizia di Londra si e' scontrata con i sostenitori di Assange che sfilavano davanti all'ambasciata dell'Ecuador in Gran Bretagna.

Il ministro degli Esteri dell'Ecuador Ricardo Patino ha spiegato che la decisione e' giustificata dal diritto internazionale. Patino ha inoltre affermato di aver deciso di concere l'asilo politico perche' Assange sarebbe in pericolo se estradato negli Stati Uniti. Patino ha spiegato che il suo governo ha preso la decisione dopo che Gran Bretagna, Svezia e Usa si sono rifiutati di garantire che Assange non sara' estradato negli Stati Uniti, dove il fondatore di Wikileaks teme di essere processato per la diffusione dei documenti diplomatici riservati. "Se fosse estradato negli Usa, Assange non riceverebbe un processo equo e potrebbe essere giudicato da tribunali speciali o militari", ha detto il ministro. "Sarebbe sottoposto a trattamenti crudeli e degradanti e condannato all'ergastolo o alla pena capitale", ha aggiunto Patino. "Di conseguenza, l'Ecuador sente che i timori di Assange sono veritieri, che Assange potrebbe essere vittima di persecuzione politica a causa della sua decisa difesa della liberta' di espressione e di stampa", ha spiegato il capo della diplomazia di Quito. Il governo britannico e' furioso ed e' deciso a dare battaglia. Per il Foreign Office la decisione di Quito non cambia le cose: "Assange sara' estradato. Rispetteremo l'obbligo vincolante di estradizione in Svezia", fanno sapere dal ministero. In un comunicato si spiega che Assange ha esaurito le opportunita' di appello". Per questo il governo britannico e' vincolato ad estradarlo in Svezia. Mentre Assange ha parlato di "vittoria significativa", la Svezia ha convocato l'ambasciatore dell'Ecuador a Stoccolma. "L'ambasciatore dell'Ecuador e' atteso al ministero al piu' presto possibile.


Le accuse formulate dal ministro degli Esteri sono serie e inaccettabili. L'Ecuador vuole bloccare il processo giudiziario svedese e la cooperazione giudiziaria europea", ha affermato il portavoce del ministero degli Esteri svedese Anders Joerle.
Londra, in ogni caso, non fornira' un salvacondotto ad Assange.
"Mettiamo in chiaro in modo assoluto", ha affermato l'incaricato d'affari britannico nel Paese sudamericano, "che se ci arrivasse una richiesta di salvacondotto, la rifiuteremmo". (AGI) .


http://www.agi.it/in-primo-piano/notizie/201208161705-ipp-rt10110-l_ecuador_concede_asilo_ad_assange_londra_minaccia_blitz

Roma è ‘na carta sporca e nisciuno se ne importa. - Rita Di Giovacchino


(Immagine di repertorio)
Chiuso nella sua piccola casa, al secondo piano di un alloggio popolare alla Garbatella, che otto anni fa gli è stata regolarmente assegnata dall’assessore Galloro, c’è un uomo anziano, solo, invalido civile e cardiopatico che da dieci giorni ha smesso di mangiare. Si chiama Antonio Panci, è l’ex responsabile della commissione ecologica della Regione Lazio ma, da quando è andato in pensione, ha continuato per passione civile a svolgere gratuitamente il suo lavoro come consulente dello stesso ufficio e ha continuato a denunciare gli abusi edilizi commessi in stabili vincolati del centro storico di Roma. Appartamenti e palazzi prestigiosi affidati a nuovi e potenti assegnatari che, dopo aver cacciato i vecchi inquilini, vi sono andati ad abitare o hanno aperto uffici, atelier e alberghi. Dallo stilista Ungaro a Roberto Sciò, il famoso proprietario dell’hotel Pelicano di Porto Ercole dove incautamente l’ex sottosegretario Malinconico ha trascorso costose vacanze a spese di Francesco Piscicelli, l’imprenditore ridens del terremoto in Abruzzo. Panci ha denunciato anche costoro, incautamente.
Storie che abbiamo già raccontato sul Fatto quotidiano. Storie di corruzione e abusi vecchi e nuovi, commessi dai vigili di Roma sui quali la procura ha aperto più di un’inchiesta. E’ stato così che abbiamo conosciuto questo scrupoloso funzionario che rischia di pagare con la vita il modo inflessibile in cui ha svolto il suo ruolo. I vigili dell’XI Municipio lo vogliono cacciare di casa: dopo aver raccolto false dichiarazioni da parte di persone che aspirano a impossessarsi del suo alloggio, lo hanno cancellato dall’Anagrafe di Roma creando il presupposto di un’inesistente occupazione abusiva da parte di “non residente”. Lui si è barricato nell’appartamento, per timore che venga espugnato da gruppi organizzati di “senza casa”, ha inviato decine di comunicati, ha denunciato le vessazioni di cui si ritiene oggetto ai carabinieri, al ministro della Giustizia, ai magistrati romani. Otto giorni fa ha anche scritto una dolente lettera al nuovo comandante della polizia municipaleButtarelli in cui annunciava la protesta e chiedeva giustizia: “Lo Stato mi ha abbandonato come un cane di cui disfarsi quando si parte per le vacanze. Chi mi aiuterà a sopravvivere se intendo rimanere integro, combattere i corrotti, far trionfare la legalità? Devo morire?”.
Sì, Panci deve morire. Il silenzio che lo circonda è più assordante di un boato. Dopo aver scritto lettere e comunicati il consulente ecologico della Regione Lazio ha iniziato il digiuno che il medico curante ha scongiurato di interrompere: è dimagrito otto chili, sul suo corpo ormai scheletrico sono esplose ulcere ed ernie. Non potrà durare a lungo. A chi può interessare questa piccola storia ignobile in una Roma canicolare e ferragostana dove i disoccupati si danno fuoco davanti a Montecitorio nell’indifferenza generale? “Panci se l’è cercata”, sussurra qualcuno. “E’ sempre stato un rompicoglioni”, sibila qualcun altro. Lui insorge con l’ultimo filo di voce: “Sono vittima di una ritorsione senza precedenti per aver svolto con coscienza il mio lavoro e per aver denunciato gli abusi commessi da organi politici e facoltosi imprenditori”. Se non riprende a mangiare rischia la vita. Non solo Napoli, come canta Pino Daniele. anche Roma è “’na carta sporca e nisciuno se ne importa”.    

Misteriosi benefattori...



Imbroglione matricolato, fingeva con la moglie che lo lasciò, figuriamoci con noi...

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Un Paese di piduisti e criminali al servizio del potere. - Giorgio Bongiovanni e Lorenzo Baldo

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Le accuse ad Ingroia e Scarpinato.

Per rispondere all’attacco di Fabrizio Cicchitto - che di onorevole ha ben poco – nei confronti di Antonio Ingroia potremo cominciare dalla definizione che maggiormente lo rappresenta: un misero piduista. Cicchitto fa parte della loggia massonica deviata più criminale e assassina della storia della Repubblica italiana. Personaggi come lui (che di fatto è un comune iscritto, una sorta di “soldato semplice”) sono al soldo di potentissimi personaggi come Licio Gelli ed altri che detengono nelle loro mani l’economia nazionale e mondiale. Uomini che spesso esercitano la violenza attraverso le stragi. Non dimentichiamo che il capo-confratello di Cicchitto, Licio Gelli, è stato condannato per depistaggio nel processo per la strage di Bologna.
L’odio viscerale che essi sprigionano nei confronti di Ingroia, Di Matteo, Scarpinato e dei loro colleghi non nasce da motivazioni personali ma da una metodologia programmata a tavolino da quegli stessi poteri che cercano con ogni mezzo di fermare la legalità e la giustizia. Quella che Cicchitto chiama “una lesione seria dello stato di diritto del nostro paese, una grave anomalia” riferendosi alla persona del procuratore Ingroia è invece lo specchio di se stesso. La “lesione seria dello stato di diritto del nostro paese” e la “grave anomalia” è esattamente che ambigui figuri come Cicchitto abbiano ancora la possibilità di rivestire incarichi politici e che dagli scranni del Parlamento continuino a vomitare i loro insulti. Personaggi come lui sono veri e propri cani che latrano per conto della mafia dei potenti dai colletti bianchi. Altrettanto “anomalo” è che il Csm o la tanto osannata associazione nazionale magistrati continuino ad agire come Ponzio Pilato nei confronti dei magistrati più attaccati da un sistema politico marcio e corrotto fino alle fondamenta. Gli epiteti di Cicchitto nei confronti di Ingroia definito come “falsario” o “fazioso” rappresentano l’oscenità di una classe politica figlia di Licio Gelli. Ma è la frase finale del sodale di Berlusconi a lasciare maggiormente allarmati: “Nessuno può paragonare Borsellino ad Ingroia sul terreno della lotta alla mafia – ha dichiarato il piduista –. E infatti si è visto quello che è successo a Borsellino”. La frase sibillina e strisciante sembra quasi fatta apposta per profetizzare al magistrato la fine del suo maestro. Cicchitto preghi Iddio che non accada nulla di grave ad Antonio Ingroia se no rischia di finire anche lui nella lista di coloro che in “buona” o cattiva fede hanno contribuito a creare il terreno fertile per l’attuazione di eventi luttuosi. Con tutte le conseguenze che la cosa comporterà. Lo stesso dicasi per il Csm. E’ notizia di poche ore fa che il laico del Pdl Nicolò Zanon ha chiesto al Comitato di presidenza del Csm di aprire una pratica in Prima Commissione, quella competente sui trasferimenti d'ufficio dei magistrati per incompatibilità ambientale e funzionale, nei confronti del Pg di Caltanissetta Roberto Scarpinato. La ragione? Le dichiarazioni del magistrato alla commemorazione di Paolo Borsellino in via D’Amelio. In quella occasione Scarpinato ha definito “imbarazzante” partecipare alle cerimonie ufficiali per le stragi di Capaci e di via D'Amelio per la presenza “talora tra le prime file, nei posti riservati alle autorità”, di “personaggi la cui condotta di vita sembra essere la negazione” dei valori di giustizia e di legalità per i quali Borsellino si è fatto uccidere; “personaggi dal passato e dal presente equivoco”, le cui vite “emanano quel puzzo del compromesso morale” e attorno a cui si accalcano “piccoli e grandi maggiordomi del potere, questuanti pronti a piegare la schiena e a barattare l'anima”. L’azione di Nicolò Zanon rientra a pieno titolo nella definizione di Scarpinato al quale va tutta la nostra solidarietà, così come nei confronti di Antonio Ingroia. I “maggiordomi del potere” eseguono ordini impartiti da altri con il beneplacito di quegli organi istituzionali che – ribadiamo – dovrebbero invece difendere i magistrati più esposti. Il “gioco grande” già individuato da Falcone e Borsellino continua imperterrito a muoversi sulle nostre teste cercando di bloccare questi uomini “giusti”, veri eredi di Falcone e Borsellino, che stanno cercando di smascherarlo. Sempre di più è necessario che la parte sana del nostro Paese faccia sentire la propria indignazione. Prima che vengano attuati definitivamente i piani dei piduisti rimasti al potere. Uno di questi sarebbe senz’altro quello di ordinare o “chiedere cortesemente” alla piccola ma terribile banda corleonese rimasta in piedi e capitanata dal signor Matteo Messina Denaro una strage. Una strage di Stato per annientare definitivamente la speranza degli italiani onesti. Dobbiamo fermarli, costi quel che costi, con le armi della protesta civile e soprattutto con quella maledetta-benedetta matita che si usa nelle cabine elettorali.