sabato 31 dicembre 2016

Putin blocca risposta a espulsioni. Trump: grande mossa.

Vladimir Putin e Barack Obama © EPA

Diplomatici Usa resteranno. E lo zar scrive a tycoon, cooperiamo.


Il 'pazzo' 2016 fra Russia e Stati Uniti finisce al fulmicotone, con l'espulsione dagli Usa di 35 diplomatici russi - come 'rappresaglia' per l'intromissione degli hacker del Cremlino nelle elezioni presidenziali, nuovamente smentita da Mosca - e un Vladimir Putin 'scatenato' che prima lascia intendere di voler ribattere occhio per occhio e poi, magnanimamente, annuncia al mondo l'esatto contrario: la Russia non si piegherà al livello di una diplomazia "irresponsabile" e "da cucina". 
Mosca, ha detto lo zar in una nota diffusa ai media, "non creerà problemi ai diplomatici americani, non espellerà nessuno" per quanto la prassi della "reciprocità" le offrirebbe campo libero e si riservi comunque "il diritto di varare misure di risposta". 

Una "grande mossa" quella di "ritardare" la risposta da parte di Putin, commenta il presidente eletto Trump. "Ho sempre saputo che e' molto intelligente!", ha twittato il tycoon apprezzando l'apertura di credito del presidente russo verso la sua futura amministrazione.

La decisione di Putin rappresenta uno sviluppo a sorpresa, un vero e proprio colpo di teatro, visto che in tarda mattinata il ministro degli Esteri Serghei Lavrov aveva pubblicamente "proposto" al presidente russo di dichiarare "persona non grata" 35 diplomatici americani, "31 a Mosca e 4 a San Pietroburgo". 
Una consuetudine, quella di rispondere a tono, per l'appunto ben radicata nel mondo della diplomazia e che non aveva stupito nessuno. 
Ma non è tutto. 
In precedenza la portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova, con il suo abituale stile graffiante aveva smentito nettamente la notizia - diffusa dalla CNN - che le autorità russe avrebbero chiuso la prestigiosa scuola angloamericana di Mosca. Un fulmine a ciel sereno che per un'intera mattinata ha gettato nel panico una bella fetta della comunità 'expat' moscovita. 
"E' una menzogna", ha precisato Zakharova. "Evidentemente la Casa Bianca è impazzita completamente e ha iniziato a inventare sanzioni contro i propri figli". 
"CNN e altri media occidentali, citando fondi ufficiali americane, hanno nuovamente diffuso informazioni non attendibili". 
I russi insomma non mangiano i bambini. Tant'è vero che Putin, nel suo messaggio, ha invitato tutti i figli piccoli dei diplomatici Usa alla tradizionale festa dell'albero di Natale al Cremlino. Lo zar ha poi colto l'occasione per augurare 'buon anno' a Barack Obama e alla sua famiglia, "nonostante "il fatto che la sua amministrazione finisca il lavoro in questo modo" - rinnovando così, fra le righe, l'accusa di non "saper perdere" lanciata nel corso della conferenza stampa di fine anno. 
L'ex presidente e attuale primo ministro, quel Dmitri Medvedev protagonista del 'reset' nelle relazioni russo-americane voluto proprio dal presidente uscente, ha usato toni simili: "E 'un peccato che l'amministrazione Obama, che ha iniziato il suo mandato con il ripristino della cooperazione con la Russia, si stia concludendo con un'agonia anti-russa". Meglio allora guardare al futuro. 
Putin, che oggi ha inviato gli auguri di Capodanno praticamente a tutto il mondo (salvo al presidente ucraino Petro Poroshenko), ha scritto a Donald Trump auspicando "un livello qualitativamente nuovo" nella "cooperazione e interazione sull'arena internazionale dei nostri due Paesi". La parola chiave di questa nuova era di rapporti è allora "pragmaticità". "Speriamo che questa sia l'ultima uscita poco intelligente di Obama", ha tagliato corto Zakharova. Il conto alla rovescia, più che sulla mezzanotte del 31 dicembre, al Cremlino è settato sul 20 gennaio, quando Trump s'insedierà ufficialmente alla Casa Bianca.

Le valutazioni della Cia sugli hacker russi sconfessate "per mancanza di prove". Reuters.

Le valutazioni della Cia sugli hacker russi sconfessate per mancanza di prove. Reuters

Fake news e cyber propaganda, nuovo fallimento per il giornale di Amazon e della Cia, il Washington Post.

Venerdì scorso il WP ha riportato - citando le solite fonti anonime come si vuole ad ogni inchiesta con la I maiuscola di oggi - del rapporto "segreto" della Cia sull'attacco hacker russo per far vincere Trump, come Antidiplomatico vi abbiamo subito scritto:
 

quindi una “riunione a porte chiuse” per valutare un “rapporto segreto” di agenti segreti con pochi e “selezionati senatori”. Quella che descrive il Washington Post sembra più una riunione di cospirazione contro il neo-presidente eletto che altro.

Vi abbiamo già riportato come il Washington Post abbia già dovuto rettificare la "fake news" sulle fake news e cyber propaganda russa attraverso alcuni siti negli Stati Uniti. Ha ammesso di aver detto una stupidaggine di fatto, ma la caccia alle streghe generata ha prodotto negli Usa un iter legislativo che va verso la censura di tutto ciò che non è allineato. Oltre che "inchieste" parallele in Europa.  

Dopo il fallimento, il giornale di Amazon si è arreso? Apprendiamo oggi dalla Reuters che anche l'"inchiesta" del giornale di Bezos di venerdì scorso sul "rapporto segreto della Cia" è... una "fake news parziale".

Secondo quanto scrive Reuters, i cosiddetti supervisori della comunità d'intelligence a stelle e strisce, che controlla le 17 agenzie Usa, il cosiddetto Office of the Director of National Intelligence (ODNI), ha deciso che non sosterrà le conclusioni della CIA "per mancanza di prove evidenti" del fatto che Mosca abbia cercato di favorire la vittoria di Trump contro Hillary Clinton.

Il presidente della Commissione Intelligence della Camera, Devin Nunes aveva scritto una lettera a James Clapper, esprimendo il suo "disappunto" per l'inerzia con cui quest'ultimo non avesse informato la Commissione sulla diversa valutazione tra Cia e FBI. Nunes ha anche sottolineato come a novembre Clapper avesse testimoniato sotto giuramento come non ci fossero abbastanza prove per mostrare una connessione tra la Russia e le “Podesta emails” rivelate da WikiLeaks.

Come conclude correttamente Reuters, la posizione dell'ODNI darà a Trump la possibilità di sostenere con ancora maggiore forza l'epiteto di "ridicolo" con cui già ha definito il tutto. 

venerdì 30 dicembre 2016

Non paghi le tasse? Ecco come il fisco ti pignora il conto corrente.

Non paghi le tasse? Ecco come il fisco ti pignora il conto corrente

Hai come creditore il fisco? Il tuo conto corrente può essere pignorato in modo automatico, senza cioè bisogno di un procedimento in tribunale, davanti al giudice. E' quanto si legge su laleggepertutti.it. Tutto ciò che deve fare l’Agente per la riscossione (Equitalia o altro, successivo alla sua chiusura) è notificare la cartella di pagamento al contribuente, attendere almeno 60 giorni e poi notificare l’atto di pignoramento alla banca e al debitore. Decorsi altri 60 giorni dalla notifica del pignoramento senza che, nel frattempo, il debito sia stato saldato o sia stata presentata la domanda di dilazione, le somme bloccate vengono accreditate sul conto corrente dell’esattore. Ma procediamo con ordine.

Come avviene il pignoramento del conto corrente?
Quando il creditore è un soggetto privato (ad esempio, un fornitore, una banca, una persona che ha vinto una causa, ecc.), il pignoramento del conto corrente avviene essenzialmente in tre passaggi:
la notifica al debitore dell’atto di precetto, un’intimazione cioè ad adempiere al più presto al pagamento delle somme indicate (maggiorate delle spese legali). Se il debitore non paga entro 10 giorni, il creditore può passare al gradino successivo. Ma se trascorrono più di 90 giorni, il precetto 'scade' e va nuovamente notificato. L’atto di precetto non specifica quale sarà il tipo di pignoramento che verrà eseguito: il creditore può, dunque, decidere anche all’ultimo minuto; la notifica al debitore e alla banca del vero e proprio atto di pignoramento: questo ha lo scopo di 'bloccare' (o meglio, vincolare) le somme presenti sul conto corrente nei limiti dell’importo. Dunque il correntista non potrà più prelevarle, né la banca potrà pagare eventuali Rid o assegni con tali somme, anche se emessi prima della notifica del pignoramento. Insomma, tali importi diventano completamente indisponibili, come se fossero 'accantonati'. La banca deve comunicare al creditore, con posta elettronica certificata (Pec) o con raccomandata, se sul conto corrente del debitore sono presenti somme di denaro e, quindi, ne conferma il blocco; l’atto di pignoramento contiene anche una citazione, ossia l’invito a presentarsi davanti al giudice del tribunale (sezione: esecuzioni forzate), in una specifica data. Tale udienza è quindi il terzo passaggio: il giudice verifica se la banca ha già comunicato, al creditore, la presenza di somme sul conto. In tal caso, emette un provvedimento con cui 'assegna il denaro pignorato' al creditore: in sostanza ordina alla banca di versare le somme a chi ha intrapreso l’esecuzione forzata. Solo dopo tale momento il conto viene svuotato dei soldi pignorati e ritorna libero e utilizzabile.

Come avviene il pignoramento del conto quando il creditore è il fisco?
Le regole cambiano quando ad agire è il fisco. I passaggi si riducono a uno soltanto. Da un lato, infatti, la cartella di pagamento è anche atto di precetto e, pertanto, non c’è bisogno di una seconda notifica. Dall’altro lato, l’Agente per la riscossione (ex Equitalia dopo la sua chiusura) è infatti autorizzato a procedere in autonomia, senza bisogno dell’autorizzazione del giudice. Dunque, quando il creditore è il fisco i passaggi sono i seguenti:
notifica della cartella di pagamento o di una intimazione ad adempiere (tramite raccomandata a.r. o posta certificata). L’Agente per la riscossione esattoriale deve attendere almeno 60 giorni prima di procedere, ma non più di un anno (se il precedente atto è una cartella di pagamento) o 180 giorni (se il precedente atto è una intimazione ad adempiere). Il debitore che, prima del pignoramento, chieda una dilazione (o meglio detta 'rateazione'), blocca ogni successivo pignoramento;
notifica dell’atto di pignoramento alla banca e al debitore (tramite raccomandata a.r. o posta certificata). Anche se la legge non lo specifica, l’atto di pignoramento viene subito notificato alla banca e solo dopo al contribuente, onde evitare che quest’ultimo prelevi dal conto delle somme prima del materiale blocco.
L’atto di pignoramento contiene un invito a pagare le somme entro 60 giorni. Se ciò non avviene, le somme vengono direttamente versate, dalla banca, sul conto del fisco e, quindi, sottratte dl conto del debitore. Il tutto, come già detto, senza alcuna udienza in tribunale.
In ogni caso, il fisco può anche optare per il pignoramento nella forma tradizionale, quella cioè ordinaria, anche se ciò non avviene mai. Invece, se ad essere pignorata è la pensione, la procedura ordinaria è obbligatoria.

Come evitare il pignoramento del conto corrente del fisco?
Una volta già avvenuto il pignoramento, e prima che siano decorsi i 60 giorni oltre i quali la banca accredita direttamente le somme sul conto dell’Agente della riscossione, il contribuente può presentare una richiesta di rateazione: se ottiene l’autorizzazione a pagare in forma dilazionata il proprio debito, esibendo la ricevuta del primo pagamento il pignoramento ancora in stand by si blocca e non va più avanti; con la conseguenza che il conto corrente viene liberato dal pignoramento. È troppo tardi, invece, se la richiesta viene presentata scaduti i 60 giorni dalla notifica del pignoramento, quando ormai le somme sono state accreditate all’esattore.

giovedì 29 dicembre 2016

La Fata della Nebulosa Aquila. - Barbara Bubbi

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Anche se sembra un’alata creatura fiabesca in bilico su un piedistallo, questa strepitosa struttura, nota come “La guglia” (The Spire) o “La Fata della Nebulosa Aquila” (Fairy of Eagle Nebula) è in realtà una torre ondeggiante di gas e polveri di straordinaria e struggente bellezza, che si staglia sullo sfondo luminoso di gas più distante e si innalza da un vivaio stellare chiamato Nebulosa Aquila.
Queste nubi di gas idrogeno a bassa temperatura risiedono in regioni caotiche, dove l’energia proveniente dalle stelle scolpisce paesaggi fantasiosi nel gas circostante. Il pilastro si estende per circa 9,5 anni luce e può costituire una nursery per stelle appena nate: alcune di queste stelle si sono formate da gas denso collassato per gravità. Altre stelle possono nascere a causa della pressione del gas riscaldato dal vicino ammasso stellare.
La prima ondata di stelle potrebbe essersi formata prima che il massiccio ammasso stellare abbia dato sfogo alla sua luce cocente, quando le regioni più dense di gas freddo all’interno della torre hanno iniziato a collassare. Le stelle nascenti hanno continuato poi a risplendere, alimentate dalla nube di gas circostante, ma alcune possono anche aver smesso bruscamente di crescere quando la luce dell’ammasso stellare ha portato allo scoperto le loro culle gassose, separandole dalla loro fonte di alimentazione.
Un torrente di luce ultravioletta emessa da un ammasso di massicce, calde, giovani stelle (nella parte superiore dell’immagine) sta infatti erodendo il pilastro, generando un flusso che porta all’evaporazione della nube. Il ciclo di distruzione delle nubi meno dense di gas e polveri si unisce quindi al ciclo di formazione stellare.

mercoledì 28 dicembre 2016

Bilancio Comune di Roma, il revisore che l’ha bocciato è a processo per bancarotta. - Andrea Palladino

Bilancio Comune di Roma, il revisore che l’ha bocciato è a processo per bancarotta


Marco Raponi, commercialista vicino al centrodestra, è membro dell'Oref, l'organismo che per la prima volta ha respinto i conti della Capitale, "firmati" dalla giunta Raggi. Ilfattoquotidiano.it è in grado di rivelare che lo stesso professionista è imputato per il crac del Latina calcio. Con accuse pesanti. Comprese quelle di aver fatto sparire documenti. La replica: "Processo in corso, non commento".

E’ membro del collegio che ha bocciato pochi giorni fa il bilancio del Comune di Roma, il primo dell’era Raggi, e allo stesso tempo è imputato per bancarotta fraudolenta, con l’accusa di aver “sottratto o distrutto” i verbali del collegio sindacale del Latina Calcio, con l’obiettivo di nascondere il crac in corso. Marco Raponi, commercialista di Cori (Latina) con la passione per la politica (di centrodestra), mai avrebbe immaginato un giorno di trovarsi con in mano un bilancio pubblico pesantissimo da valutare. La città di Cori che negli anni passati ha amministrato – appoggiato da una lista civica vicina all’epoca a Forza Italia e Alleanza nazionale – ha appena 11mila abitanti, e un bilancio che neanche sfiora quello del più piccolo municipio della capitale. Ma a volte è il caso che gioca curiosi scherzi: dallo scorso febbraio è uno dei tre revisori dei conti del Campidoglio, componente dell’Oref, l’organismo che poco prima di Natale ha bocciato il primo bilancio firmato dalla giunta Raggi. Nominato nel febbraio scorso dal commissario straordinario, attraverso una selezione basata sul sorteggio informatico, come raccontano i verbali di Roma capitale firmati dal prefetto Tronca.
Raponi nel curriculum pubblicato sul sito del Comune di Roma non ha inserito quella che lui definisce con un certo pudore “una situazione professionale”. Per la Procura di Latina è in realtà una pesante imputazione per l’ipotesi di bancarotta fraudolenta del vecchio Latina Calcio, fallito nel 2009. Le indagini condotte dal pubblico ministero Marco Giancristofaro portarono a individuare pesanti ipotesi di responsabilità per l’intero collegio sindacale della squadra di calcio (la cui attuale gestione nulla ha che vedere con il fallimento di sette anni fa), presieduto proprio da Raponi: “In concorso tra loro – scrive la Procura nel capo d’imputazione – sottraevano o distruggevano, allo scopo di crearsi ingiusto profitto e di recare pregiudizio ai creditori, il libro delle adunanze e delle deliberazioni del collegio sindacale”.
Non solo. Per i magistrati quel collegio di sindaci presieduto da Raponi avrebbe evitato di “richiedere l’intervento del Tribunale di Latina affinché venisse dichiarato il fallimento della As Latina spa, appena venuti a conoscenza dell’insolvenza”, evidente già nel 2006, tre anni prima del fallimento. In altre parole Raponi – per i magistrati di Latina – invece di vigilare sulla tenuta dei conti del Latina calcio avrebbe aiutato l’amministratore a far sparire le scritture contabili e i registri della società, non segnalando poi in tempo l’imminente crac. Il processo per la bancarotta fraudolenta iniziato da pochi mesi è ancora in corso: “Siamo nel primo dibattimento – spiega a ilfattoquotidiano.it Raponi – speriamo di uscirne fuori”. Una situazione che avrebbe magari consigliato di rinunciare all’incarico delicato di revisore dei conti del Comune di Roma? “C’è un processo in corso – risponde Raponi – non è opportuno commentare”.
Il destino giudiziario e la carriera di revisore dei conti di Marco Raponi sono legati a doppio filo con due nomi noti in provincia di Latina e di Roma, quello di Antonio Sciarretta, patron del Latina calcio tra il 2002 e il 2006 (anno horribilis, quando la squadra venne radiata dopo essersi vista respingere la domanda d’iscrizione al campionato), con velleità politiche nel centrodestra – area Alleanza nazionale – andate spesso a vuoto, e quello di Marcello Ilardi, imprenditore della sanità privata laziale morto tre anni fa. Sciarretta e Ilardi gestivano insieme la Life Hospital spa, società finita fallita nel 2008, dopo appena sette anni di attività, socio unico a sua volta del vecchio Latina calcio. Anche in questo caso il presidente del collegio sindacale era il commercialista Marco Raponi.
Il suo nome appare ancora oggi nelle visure di alcune società legate al gruppo Ilardi (gestite oggi dagli eredi), come la Clinica Madonna delle Grazie di Velletri. Sciarretta era l’amministratore delegato del Latina Calcio al momento del fallimento ed è il principale imputato nel processo per bancarotta fraudolenta. Nel suo caso la procura gli ha contestato anche la distrazione di alcuni beni della società di calcio: “Un automezzo Fiat Ducato, un respiratore, un elettrocardiografo, un trattorino, attrezzi da palestra, armadi e una stampante”, per un valore complessivo di circa 25mila euro. Nel processo dovrà rispondere – insieme al revisore contabile del Comune di Roma Marco Raponi – anche per la distruzione dei registri e di alcuni documenti contabili.

Segni di risveglio ai Campi Flegrei. Il vulcano più grande d'Europa preoccupa i ricercatori. - Elena Dusi

Segni di risveglio ai Campi Flegrei. Il vulcano più grande d'Europa preoccupa i ricercatori
Il sollevamento del suolo osservato dai satelliti (immagine Cnr Irea) 

"Dobbiamo monitorarlo meglio" esortano i ricercatori dell'Ingv, dopo uno studio scientifico che rivela segni di irrequietezza nella caldera abitata da 500mila persone. Il suolo si sta sollevando, le emissioni di gas aumentano, così come le temperature del sottosuolo. E il magma ha raggiunto la profondità di 3-4 chilometri.

I Campi Flegrei potrebbero raggiungere un punto critico. Il suolo si sta rigonfiando, il magma sta risalendo e le temperature interne aumentano. Si tratta ancora di valori minimi: nulla a che vedere con un’eruzione imminente. “Ma bisogna intensificare l’attività di sorveglianza” esorta l’Ingv (Istituto nazionale di Geofisica e vulcanologia) dopo la pubblicazione di un suo studio su Nature Communications.
 
La ricerca, coordinata da Giovanni Chiodini e condotta insieme alle università di Palermo, Roma Tre e Savoia in Francia, ha cercato di fissare il possibile “punto critico” oltre il quale la risalita del magma e dei suoi gas renderebbe instabile tutto il sistema. “Raggiunte le condizioni critiche – spiega Chiodini – il magma rilascia grandi quantità di vapore”. Risalendo verso la superficie, questo vapore bollente indebolisce le rocce, aprendo due possibili scenari. Il primo è l’eruzione, il secondo (quello opposto) è un aumento della viscosità del magma, e quindi la fine della sua risalita.
 
Resta dunque incerto cosa accadrà in uno dei supervulcani più pericolosi del mondo, che 39mila anni fa provocò l’eruzione più potente del pianeta negli ultimi 200mila anni, ricoprì delle sue ceneri l’Europa fino a Mosca, bloccò i raggi del Sole provocando un “inverno vulcanico” di due anni e secondo alcuni contribuì addirittura all’estinzione dei Neanderthal. Ma per le 500mila persone che vivono nel bel mezzo della caldera, i segni di irrequietezza non sono da prendere sotto gamba. Tanto che nel 2012 l’allerta è stata innalzata da verde a gialla (livello di attenzione). 

 Segni di risveglio ai Campi Flegrei. Il vulcano più grande d'Europa preoccupa i ricercatori
Il magma oggi è risalito a 3-4 chilometri dalla superficie (stessa profondità dell’ultima eruzione, detta del Monte Nuovo, nel 1538). Le analisi dei gas della solfatara di Pozzuoli dimostrano che le rocce intorno al serbatoio di magma si stanno scaldando e rilasciano sempre più vapore acqueo. “Il possibile avvicinarsi del magma alle condizioni di pressione critica – spiega ancora Chiodini – può spiegare l’attuale accelerazione delle deformazioni del suolo, il recente incremento delle scosse di terremoto e l’aumento dei gas più sensibili agli incrementi di temperatura”. 
Segni di risveglio ai Campi Flegrei. Il vulcano più grande d'Europa preoccupa i ricercatori
Solfatara a Pozzuoli 
Più che dal simbolico Vesuvio, è dunque dai Campi Flegrei che gli abitanti di Napoli e dintorni dovrebbero guardarsi. La forma di caldera anziché di montagna fa sembrare innocuo questo vulcano con un diametro di 12 chilometri, metà a terra e metà nel golfo di Pozzuoli, costellato da bocche eruttive, coni e fumarole. Ma se greci e romani collocavano qui (nell’Averno) la porta dell’inferno, una ragione probabilmente c’è. 
Nella storia, la caldera si è sempre alzata e abbassata, quasi avesse un respiro. Nel mercato romano di Pozzuoli alcune colonne sono incrostate da conchiglie, a dimostrazione che un tempo si trovavano sotto l’acqua. Dopo l’eruzione del Monte Nuovo, la caldera si è assestata sprofondando leggermente. E’ tornata ad alzarsi a partire dal 1950, fino all’eclatante bradisismo degli anni ’80. Tra il 1982 e il 1985 il suolo si sollevò di quasi due metri e uno sciame sismico provocò l’evacuazione degli abitanti di Pozzuoli. Dal 2005 il suolo si è rialzato di altri 40 centimetri, seguito millimetro per millimetro dai satelliti CosmoSkyMed, dall'Istituto Irea del Cnr che ne analizza i dati e dalle stazioni di monitoraggio dell'Ingv. Una sequenza di piccoli terremoti conferma che il gigante potrebbe aver voglia di risvegliarsi. Sarebbe come – dichiarò alla Reuters qualche anno fa Giuseppe De Natale, il direttore dell’Osservatorio Vesuviano dell’Ingv (il più antico centro di ricerche sui vulcani del mondo ) – come l’arrivo di un grande meteorite. Un’eventualità tanto rara quanto catastrofica”.

venerdì 23 dicembre 2016

Il ministro Luca Lotti indagato nella vicenda Consip.

Il ministro Luca Lotti indagato nella vicenda Consip

Il neo ministro Luca Lotti è indagato per rivelazione di segreto e favoreggiamento nell'ambito dell'indagine avviata dalla Procura di Napoli sulla corruzione in Consip. Lo riporta il "Fatto Quotidiano" (ma la Procura non conferma), aggiungendo che il fascicolo contenente le ipotesi di reato sulle fughe di notizie è stato stralciato dal filone principale sulla corruzione (che vede indagati Alfredo Romeo e il dirigente della Consip Marco Gasparri) ed è finito a Roma per competenza territoriale, dunque al procuratore Giuseppe Pignatone.

Luca Lotti, scrive il quotidiano, è indagato a seguito delle dichiarazioni di Luigi Marroni. "L'ex assessore alla sanità della Regione Toscana, promosso da Renzi a capo della Consip", riporta il Fatto, "nel suo esame come persona informata dei fatti, ha tirato in ballo anche il generale dei carabinieri Emanuele Saltalamacchia, comandante della Legione Toscana, indagato per le stesse ipotesi di reato". A far partire gli accertamenti che hanno portato a indagare tre persone, oltre a Lotti e Saltalamacchia c'è anche il comandante generale dell'Arma dei carabinieri Tullio Del Sette, sarebbe stata "una bonifica contro le microspie". Interpellato dal Fatto, il ministro Luca Lotti alla domanda: "Ha mai parlato dell'esistenza di un'indagine su Consip con Marroni?", ha risposto: "No". Il comandante Saltalamacchia, contattato dal Fatto, non rilascia commenti.

 Il ministro risponde invece su Facebook "Sarei indagato per rivelazioni di segreto d'ufficio", scrive. "È una cosa che semplicemente non esiste. Inutile stare a fare dietrologie o polemiche. Sto comunque tornando a Roma per sapere se la notizia corrisponde al vero e, in tal caso, per chiedere di essere sentito oggi stesso. È una cosa che non esiste e non ho voglia di lasciarla sospesa".

"Dopo settimane di lavoro molto intenso tra referendum, crisi di governo e primi passi del nuovo impegno come ministro - prosegue Lotti - mi ero preso un giorno di ferie per la prima recita di Gherardo, mio figlio. Oggi però un giornale scrive che sarei indagato per rivelazioni di segreto d'ufficio in una inchiesta che vedrebbe indagato persino il Comandante generale dell'Arma dei carabinieri. Noi non scappiamo dalle indagini: siamo a totale disposizione di ogni chiarimento da parte dell'autorità giudiziaria. La verità è più forte di qualsiasi polemica mediatica e non vedo l'ora di dimostrarlo".


http://napoli.repubblica.it/cronaca/2016/12/23/news/il_ministro_luca_lotti_indagato_nella_vicenda_consip-154713197/