domenica 24 febbraio 2019

Napoli, l'arcobaleno «abbraccia» il Vesuvio: le immagini spopolano sui social.



Non c'è bisogno di Photoshop. E' tutto vero. Dopo un po' di pioggia pomeridiana, verso il tramonto un grande arcobaleno ha abbracciato il golfo di Napoli e ha fatto da "corona" al Vesuvio. Sui social sono stati tantissimi gli scatti "postati" dagli utenti, accompagnati da una miriade di like e di condivisioni. Ecco il Vesuvio che non lava col fuoco ma che regala, complice il meteo, emozioni da panorama mozzafiato, invidiato in tutto il mondo. 

https://www.ilmattino.it/napoli/cronaca/napoli_l_arcobaleno_abbraccia_il_vesuvio_le_immagini_spopolano_sui_social-1746059.html?fbclid=IwAR2SFN_bPz2nNKNiJN3cyeHDjIqY-pEZp9XsgSoqvo8SeXKVDPwsSNCxxCU

Ryanair e bagaglio a mano, multa-stangata da 3 milioni di euro.

Maxi multa per Ryanair

L'Antitrust ha irrogato a Ryanair e Wizzair una sanzione rispettivamente, di 3 milioni e 1 milione di euro, accertando che le modifiche rispettivamente apportate alle regole di trasporto del bagaglio a mano grande, il trolley, costituiscono «una pratica commerciale scorretta in quanto ingannano il consumatore sull'effettivo prezzo del biglietto, non includendo più nella tariffa base un elemento essenziale del contratto di trasporto aereo quale è il bagaglio a mano grande».
Lo riferisce una nota dell'Antitrust.Come emerso dalle istruttorie svolte, le due imprese consentono ai passeggeri di trasportare una sola borsa piccola, da posizionare sotto il sedile, e non il trolley, - con una significativa riduzione dello spazio a disposizione (rispettivamente -65% e -52%) - ed utilizzano per il nuovo servizio a pagamento proprio lo spazio dedicato negli aeromobili al trasporto del bagaglio a mano grande, le cappelliere. Dall'istruttoria è emerso che corrisponde alle abitudini di consumo della quasi totalità dei passeggeri viaggiare con un bagaglio a mano grande al seguito. Inoltre - afferma l'antitrust - «il bagaglio a mano costituisce un elemento essenziale del servizio di trasporto aereo e il suo trasporto deve essere permesso senza sostenere alcun costo aggiuntivo. Infatti, anche sulla base della normativa europea in tema di trasporto aereo, i supplementi prevedibili ed inevitabili devono essere ricompresi nel prezzo del servizio base presentato sin dal primo contatto e, quindi, non possono essere separati da questo con la richiesta di somme ulteriori».
Pertanto, con la richiesta di un supplemento variabile tra i 5 ed i 25 euro per il bagaglio a mano grande (a seconda delle diverse modalità di acquisto in fase di prenotazione, al check in ovvero al gate), «le due imprese - afferma l'Antitrust - hanno proceduto ad un aumento del prezzo del biglietto in modo non trasparente, scorporando dalla tariffa un servizio essenziale, prevedibile e inevitabile per la quasi totalità dei passeggeri. Da ciò l'inganno per i consumatori, in quanto il prezzo da pagare alla fine del processo di prenotazione sarà quasi sempre superiore alla tariffa che viene presentata all'inizio del processo, quando avviene l'aggancio, nonché l'alterazione del processo di comparazione con i prezzi degli altri vettori che invece includono il bagaglio a mano».
Le compagnie dovranno comunicare all'Autorità entro 60 giorni le misure adottate in ottemperanza a quanto deciso.

Papa: "Lotta a tutto campo contro abusi su minori".

papa francesco phoenix park

A prescindere dalle parole di quest'uomo che si limita a pregare per chi soffre mentre vive nel lusso, c'è da domandarsi come è possibile che una buona parte dell'umanità sia devota ad una chiesa rappresentata da lui e da chi, i crimini di cui parla, li commette?
Misteri della fede?
Dicendo, poi:
" Il consacrato, scelto da Dio per guidare le anime alla salvezza, si lascia soggiogare dalla propria fragilità umana, o dalla propria malattia, diventando così uno strumento di satana. Negli abusi noi vediamo la mano del male che non risparmia neanche l’innocenza dei bambini".
..non si rende conto del fatto che, così esprimendosi, mette in dubbio l'operato di Dio descritto come un essere che non è in grado di scegliere individui di ineccepibile ed indiscussa onestà morale che portino vanto al suo nome?
Altro svarione di Francesco?

Qui l'articolo oggetto delle mie elucubrazioni:

"Siamo dinanzi a un problema universale e trasversale che purtroppo si riscontra quasi ovunque. Dobbiamo essere chiari: l’universalità di tale piaga, mentre conferma la sua gravità nelle nostre società, non diminuisce la sua mostruosità all’interno della Chiesa". E' quanto afferma a fine summit con i capi della Chiesa per arginare la piaga della pedofilia Papa Francesco, per il quale "la disumanità del fenomeno a livello mondiale diventa ancora più grave e più scandalosa nella Chiesa - denuncia Bergoglio - perché in contrasto con la sua autorità morale e la sua credibilità etica. Il consacrato, scelto da Dio per guidare le anime alla salvezza, si lascia soggiogare dalla propria fragilità umana, o dalla propria malattia, diventando così uno strumento di satana. Negli abusi noi vediamo la mano del male che non risparmia neanche l’innocenza dei bambini".

"Non ci sono spiegazioni sufficienti per questi abusi nei confronti dei bambini. Umilmente e coraggiosamente - osserva Francesco nella Sala Regia - dobbiamo riconoscere che siamo davanti al mistero del male, che si accanisce contro i più deboli perché sono immagine di Gesù. Ecco perché nella Chiesa attualmente è cresciuta la consapevolezza di dovere non solo cercare di arginare gli abusi gravissimi con misure disciplinari e processi civili e canonici, ma anche affrontare con decisione il fenomeno sia all’interno sia all’esterno della Chiesa. Essa si sente chiamata a combattere questo male che tocca il centro della sua missione: annunciare il Vangelo ai piccoli e proteggerli dai lupi voraci".
Per arginare la piaga degli abusi sessuali nella Chiesa, la Chiesa adotterà "serietà impeccabile" dice il Papa. Citando il discorso alla Curia di fine anno, prosegue: "Vorrei qui ribadire che 'la Chiesa non si risparmierà nel compiere tutto il necessario per consegnare alla giustizia chiunque abbia commesso tali delitti. La Chiesa non cercherà mai di insabbiare o sottovalutare nessun caso'. Per la sua convinzione i peccati e i crimini dei consacrati si colorano di tinte ancora più fosche di infedeltà, di vergogna e deformano il volto della Chiesa minando la sua credibilità. Infatti, la Chiesa, insieme ai suoi figli fedeli, è anche vittima di queste infedeltà e di questi veri e propri reati di peculato'".
Necessaria una autentica "purificazione: nonostante le misure prese e i progressi fatti in materia di prevenzione degli abusi, - dice Francesco - occorre imporre un rinnovato e perenne impegno alla santità dei pastori, la cui configurazione a Cristo Buon pastore è un diritto del popolo di Dio. Si ribadisce dunque la ferma volontà di proseguire, con tutta la forza, la strada della purificazione, interrogandosi su come proteggere i bambini; come evitare tali sciagure, come curare e reintegrare le vittime; come rafforzare la formazione nei seminari. Si cercherà di trasformare gli errori commessi in opportunità per sradicare tale piaga non solo dal corpo della Chiesa ma anche da quello della società".
"Il santo timore di Dio ci porta ad accusare noi stessi - come persone e come istituzione - e a riparare le nostre mancanze. Accusare se stessi: è un inizio sapienziale, legato al santo timore di Dio. Imparare ad accusare sé stessi, come persone, come istituzioni, come società. In realtà, - avverte Bergoglio - non dobbiamo cadere nella trappola di accusare gli altri, che è un passo verso l’alibi che ci separa dalla realtà".
Insomma, obiettivo è cancellare dalla faccia della terra l'"abominevole crimine" della pedofilia. E conclude con un "sentito appello" per "la lotta a tutto campo contro gli abusi di minori, nel campo sessuale come in altri campi, da parte di tutte le autorità e delle singole persone, perché si tratta di crimini abominevoli che vanno cancellati dalla faccia della terra: questo lo chiedono le tante vittime nascoste nelle famiglie e in diversi ambiti delle nostre società", dice Francesco.
Il Pontefice punta il dito contro il clericalismo: "Il santo e paziente Popolo fedele di Dio, sostenuto e vivificato dallo Spirito Santo, è il volto migliore della Chiesa profetica che sa mettere al centro il suo Signore nel donarsi quotidiano. Sarà proprio questo santo Popolo di Dio a liberarci dalla piaga del clericalismo, che è il terreno fertile per tutti questi abomini. Il risultato migliore e la risoluzione più efficace che possiamo dare alle vittime, al Popolo della Santa Madre Chiesa e al mondo intero sono l’impegno per una conversione personale e collettiva, l’umiltà di imparare, di ascoltare, di assistere e proteggere i più vulnerabili".


TUTTI FUMO E NIENTE ARRESTO. - Marco Travaglio

L'immagine può contenere: 4 persone, vestito elegante
A leggere le dolenti e lacrimanti dichiarazioni di politici e intellettuali di destra, centro e sinistra per l’arresto di Roberto Formigoni, condannato definitivamente dalla Cassazione a 5 anni e 10 mesi, cui farà seguito il consueto pellegrinaggio di vedove e orfani inconsolabili nella cella del nuovo Silvio Pellico, una domanda sorge spontanea.
Ma che deve fare un politico italiano, per 18 anni governatore della Lombardia, per guadagnarsi un minimo di riprovazione sociale, se non bastano nemmeno 6,6 milioni di tangenti (su un totale di 80) sotto forma di ville in Costa Smeralda, yacht in Costa Azzurra, vacanze ai Caraibi e in Sardegna, banchetti a base di champagne in ristoranti stellati, benefit vari e finanziamenti elettorali illeciti rubati al sistema sanitario nazionale, cioè sulla pelle dei malati?
L’altroieri il Pg della Cassazione, chiedendo la conferma della condanna d’appello a 7 mesi e mezzo (poi un po’ ridotta per la solita prescrizione), ricordava “l’imponente baratto corruttivo… tenuto conto del suo ruolo e con riferimento all’entità e alla mole della corruzione, che fanno ritenere difficile ipotizzare una vicenda di pari gravità”.
Siccome una sentenza irrevocabile, non il teorema della solita Procura di Milano, ha accertato che tra il 2001 e il 2011, dalle casse della Fondazione Maugeri e del San Raffaele (cliniche private convenzionate e foraggiate dalla Regione, con l’aggiunta di favori indebiti per 200 milioni di denaro pubblico), sono usciti rispettivamente 70 milioni e 8-9 milioni, poi transitati su conti di società estere “schermate” e finiti nelle tasche dell’imprenditore Pierangelo Daccò, dell’ex assessore Antonio Simone, di Formigoni e di suoi prestanome, tutti ciellini di provata fede, la classe dirigente di un Paese serio si congratulerebbe con i magistrati per aver neutralizzato e assicurato alla giustizia un pericoloso focolaio d’infezione che per quattro lustri ha depredato la sanità pubblica di una delle regioni più prospere d’Italia.
Invece chi candidò questo bell’esemplare di nababbo a spese nostre col voto di povertà, chi lo sostenne (da FI ai centristi Udc alla Lega), chi finse di fargli l’opposizione (il Pd) e chi lo votò si vergognerebbe come un ladro. E tutti ringrazierebbero i 5Stelle per due meriti indiscutibili, acquisiti prima della cura Salvini: aver costretto i partiti a dare una mezza ripulita alle liste del 4 marzo 2018, cancellando almeno i più impresentabili fra gli impresentabili (senza i famigerati “grillini”, FI avrebbe ricandidato Formigoni per la sesta volta); e aver approvato la Spazzacorrotti che equipara la corruzione ai reati di mafia.
Cioè la rende “ostativa” ai benefici penitenziari, pene alternative e altre scappatoie. E ci risparmia per il futuro il consueto spettacolo del potente di turno che “sconta” la pena ai domiciliari o ai servizi sociali senza un giorno di galera.
Invece siamo un popolo che, non avendo conosciuto la Riforma protestante, non sa cosa sia l’etica della responsabilità. Infatti, all’ennesimo arresto di “uno del giro”, il coro delle prefiche ha ripreso a lacrimare, passando senza soluzione di continuità da casa Renzi alla cella di Forchettoni. Il messaggio classista di queste lamentazioni è che i “signori” non si arrestano mai, neppure quando ce la mettono tutta per finire in galera nel Paese che li respinge sulla soglia, e alla fine ci riescono.
In fondo, la nostra infima “classe dirigente” rimpiange quei tempi e quei figuri. E anche nella presunta sinistra fioccano le riabilitazioni di B. purché ci (anzi li) salvi dal “populismo”.
Cominciarono Scalfari e De Benedetti (“Meglio B. di Di Maio”), proseguì Renzi (“Chiediamo scusa a B.”), poi arrivò lo scrittore Veronesi (“Firmerei col sangue per il ritorno di B.”). E ora Augias, su Repubblica, per poter sostenere restando serio che “questo governo è il peggiore della storia repubblicana”, deve scrivere che i governi B. furono acqua fresca: “B. badava ai suoi affari e a scansare la galera” con qualche “legge su misura”, che sarà mai, “ma non ha danneggiato struttura ed equilibri dello Stato come rischiano di fare questi”.
In effetti B. si limitò a consegnare la democrazia e le istituzioni a un’associazione per delinquere che ha rapinato l’Italia, in miliardi e in diritti, per un quarto di secolo. Basta ricordare la lista dei condannati, imputati e indagati di quello che chiamiamo spiritosamente “centrodestra”.
Due dei tre leader fondatori, B. e Bossi, sono pregiudicati passati dai servizi sociali. L’altro, Fini, è imputato per riciclaggio. I creatori di FI, Dell’Utri e Previti, sono pregiudicati l’uno per mafia e l’altro per corruzione giudiziaria. Il leader della Campania, Cosentino, ha già totalizzato 25 anni di carcere per camorra. Quello della Calabria, Matacena, è latitante a Dubai.
E prima di Formigoni erano stati indagati, o arrestati, o condannati in vari gradi di giudizio o prescritti i governatori di centrodestra di quasi tutte le Regioni: Cota (Piemonte), Biasotti (Liguria), Maroni (Lombardia), Galan (Veneto), Polverini (Lazio), Pace (Abruzzo), Iorio (Molise), Fitto (Puglia), Scopelliti (Calabria), Drago, Cuffaro e Lombardo (Sicilia), Cappellacci (Sardegna).
En plein.
Per non parlare dei membri di Parlamenti e governi: Verdini, Scajola, Brancher, Papa, Luigi Grillo, Frigerio, Alfredo Vito, Matteoli, Sirchia, Romani, Angelucci, Sgarbi, Belsito, Sciascia, Minzolini, Farina per citare solo i migliori.
Un esercito di perseguitati politici, un battaglione di vittime della malagiustizia.
Prima c’erano quelli che “un avviso di garanzia non è una condanna” e “aspettiamo la sentenza definitiva”. Ora piangono anche dopo le condanne in Cassazione.
Formigoni non è ancora entrato in galera e già lo vogliono fuori. Con tutta la fatica che ha fatto per meritarsela.

sabato 23 febbraio 2019

RAGIONAMENTI FUORI LUOGO (1-2) – Paolo Floris d'Arcais

Il popolo che non c’è. - (1)




Popolo vs establishment, d’accordo. Ci sono ragioni sacrosante, argomenti solidissimi. Solo che il popolo non esiste. È costituito da un coacervo di individui, gruppi, interessi, emozioni, che si intrecciano, sovrappongono, lacerano, in modo instabile, magmatico, imprevedibile. La costituzione in popolo di tale coacervo, sempre provvisoria e talvolta più che “liquida” addirittura volatile, dipende dal catalizzatore provvisoriamente vincente, cioè dalle speranze che dalle più grandi masse vengono interiorizzate al momento come non illusorie. 

Il popolo è perciò una costruzione politica, oggi addirittura elettorale, o con la temporalità dei sondaggi, definita dalle prospettive che in un dato momento riescono a essere emotivamente egemoni nelle masse, a infiammare le passioni più intense, soprattutto contro quanti vengono individuati come i nemici/cause del proprio realissimo malessere. 

Un popolo si costruisce attraverso l’individuazione dei propri valori e il riconoscimento dei propri nemici, i due processi sono intrecciati e con reciproco feedback. Ma il riconoscimento dei nemici è il più immediato, intenso, efficace, si imprime di più, è più riconoscibile, è più facilmente comunicabile. I valori devono più faticosamente farsi concretezza, programma, credibilità, argomentazione. 


Il popolo si costruisce contro l’establishment, cioè contro i poteri reali, il dominio effettivo. Dovrebbe, almeno. Poiché però neppure l’establishment è blocco assolutamente monolitico, è assai facile sviare e confondere (con sommo gaudio e spesso manipolazione dell’establishment stesso). Presentare come nemici del popolo non già l’establishment, con il quale l’antagonismo di interessi è in re, ma le più generiche e comode èlite. 

Ora, le élite sono in sostanza i gruppi dirigenti, o emergenti, o eminenti, nei vari ambiti della società. Non hanno nessuna omogeneità, sono tra loro spesso conflittuali, oltre che sempre funzionalmente assai differenziate. Le élite politiche e le élite giornalistiche sono diverse, e ancor più diverse rispetto alle élite sindacali o alle élite giudiziarie, o finanziarie, economiche, scientifiche, e via enumerando. Neppure in una società totalitaria faranno completamente blocco, kombinat. 

All’interno delle élite politiche ci saranno quelle di governo e di opposizione, e se davvero in competizione non solo non saranno assimilabili ma esprimeranno interessi e valori conflittuali, forse inconciliabili. E così non tutte le élite sindacali saranno egualmente burocratizzate, egualmente addomesticate o addomesticabili. Analogamente per i giornalisti (benché quelli che passerebbero il vaglio dei criteri stabiliti da un liberista doc come Joseph Pulitzer siano sempre più difficili da scovare). Poiché non si è palesato un catalizzatore che creasse un popolo contro l’establishment, è subentrato un catalizzatore che ha costituito un popolo contro le élite, soprattutto culturali (e contro se stesso). 

Fosse esistita una sinistra, avrebbe indicato come nemici la finanza speculativa, dunque (quasi) tutte le banche, (quasi) tutta Bankitalia che non ne ha controllato e contrastato l’avidità d’azzardo o illegale, l’imprenditoria di rapina o di rendita o di corruzione o di illegalità (di capitalismo “illuminato” in Italia ce n’è, ma davvero minoritario), cioè la maggioranza. 

Una sinistra, fosse esistita, avrebbe governato con una politica di regole concrete e stringenti per assoggettare i potenti dell’economia all’articolo 3 della Costituzione anziché vellicare e acclamare e venerare i loro animal spirits. Avrebbe perseguito i grandi evasori, e massime quanti hanno trasferito il bottino all’estero, ospitandoli nelle patrie galere, e similmente per i ladri e corrotti, e insomma i responsabili delle decine e decine e decine di miliardi annui così sottratti ai cittadini onesti (cioè ai cittadini tout court). Potendo col maltolto recuperato abbassare le tasse ai meno abbienti e rilanciare in modo opulento il welfare, rendendo visibile che ogni grande evasore in galera significa alcuni asili nido in più, e ogni corruttore o corrotto un ospedale in più. E ovviamente mentre abbassava le tasse ai più deboli le avrebbe aumentate ai più ricchi, secondo il principio costituzionale della tassazione progressiva, cioè della redistribuzione costante del reddito per ridurre anziché lasciar aumentare le diseguaglianze. E via facendo, nel senso di giustizia-e-libertà. 

Poiché però questa sinistra non c’è stata, e chi ha continuato con smaccata protervia a usurparne il nome (magari coniugandolo con un emolliente centro) ha agito solo come articolazione della destra, come parte dell’establishment, c’è stata un’altra destra, più becera ma più coerente, che ha sull’assenza di quel popolo costruito un altro popolo, spesso con le stesse persone. Perché se rinunci ai nemici del popolo finisci coi capri espiatori. La destra becera, perciò, diventa egemone dopo il governo della non-sinistra, indicando falsi nemici, che in assenza di quelli veri conquistano però le sinapsi bisognose di speranze come capri espiatori vicari: il popolo attuale di cui Salvini è il Pastore, il popolo basta-negri-sparo-a casa-mia-riapriamo-i-casini. 

Fino a che non ci sarà un catalizzatore capace di aggregare il popolo giustizia-e-libertà, il popolo realmente esistente sarà l’altro, che pesca in fondali psichici elementari e primitivi, identitari (sangue, suolo, fede) epperciò radicati, efficacissimi. Sperare di contrastare questa destra pre-fascista con revenants e cascami di ciò che ha propiziato e alimentato lunga un quarto di secolo (anzi di più, vedremo) l’egemonia di Salvini è tragica demenza. 


http://temi.repubblica.it/micromega-online/ragionamenti-fuori-luogo-1-il-popolo-che-non-ce/


La sinistra che si è fatta destra. - (2)




4 maggio 1979, Margaret Thatcher diventa primo ministro britannico. 20 gennaio 1981, Ronald Reagan viene insediato alla presidenza degli Stati Uniti. Il partito mondiale del privilegio ha vinto su entrambi i versanti dell’Atlantico. L’egemonia del neo-liberismo, però, verrà dopo. Egemonia è più di vittoria, è il radicarsi stabile, e come luogo comune, come orizzonte pensabile invalicabile, di una politica, la cui vittoria fino ad allora poteva essere rovesciata. 

L’egemonia neo-liberale si realizza in ogni paese con sfalsature temporali e resistenze diverse, ma la sua data più significativa e riassuntiva è facilmente identificabile: il 21 luglio del 1994 il congresso del Labour elegge Tony Blair come suo leader, sulla piattaforma della “Terza via”, in realtà della sudditanza della sinistra al diktat neo-liberale. La signora Thatcher, esaminando retrospettivamente la sua carriera politica, avrà ragione di dire che il suo più grande successo è stato … Tony Blair. 

Il ventennio di egemonia neo-liberale, che solo ora si incrina, non è perciò dovuto alla forza delle politiche liberali, alla capacità di governo delle destre. A realizzare tale egemonia sono state le sinistre, nel momento in cui hanno smesso di essere sinistra e si sono accucciate presso l’ideologia economica dominante, rendendola radicata, catafratta, in apparenza ineludibile. Solo con la rinuncia delle sinistre ad essere sinistra si è realizzato il mondo di T.I.N.A., There Is No Alternative. Le sinistre sono diventate semplicemente parte dell’establishment, articolazioni interne alla destra politica, meno becere, più equivoche, ancora legate al maquillage dei valori riformisti, come imbonimento della base e dell’elettorato, però, visto che nell’agire effettivo il loro orizzonte mentale e pratico era ormai quello di T.I.N.A. 

Se si vuole capire cosa è avvenuto negli ultimi quarant’anni, e disporre degli strumenti critici almeno elementari e irrinunciabili per affrontare il presente e fronteggiare e magari invertire il dilagare elettorale delle destre becere in tutto l’Occidente, bisognerà perciò cominciare con una doverosa igiene linguistica e semantica, smettendo di chiamare “sinistra”, anche nella più edulcorata versione di “centro-sinistra”, tutto ciò che è stato niente altro che destra, sempre più nettamente e ormai antropologicamente. Chiamare le cose con il loro nome non è operazione secondaria, è anzi essenziale componente dell’azione, della praxis

Una forza politica di governo ha diritto a definirsi di sinistra se, e solo se, con il suo agire riduce ogni giorno, quanto più drasticamente possibile, le diseguaglianze contro cui evidentemente si è scagliata in campagna elettorale, ottenendo i consensi al fine di combatterle. Questo è l’unico criterio. E semmai lo scarto tra il fare (o non fare) e il dire. Le promesse e la realizzazione. Con questo criterio risulta evidente che impallidisce la sinistra in Francia, e tra alti e bassi infine dilegua, già a partire dal secondo settennato di Mitterand. Che non esiste più in Germania da quando nella SPD prevale Schröder, e che in Italia comincia a venir meno quando la sacrosanta operazione Occhetto, di cambiar nome e cosa, anziché attingere fondamentalmente alle energie della società civile, per dar vita a un partito azionista di massa, come era nelle possibilità, declina a partito/federazione di correnti post-comuniste, con egemonia concorrenziale D’Alema/Napolitano, e infrangibile vocazione burocratica. 

Il punto di non ritorno viene toccato quando per le elezioni comunali di Roma del 1993 Berlusconi appoggia la candidatura di Fini, segretario Msi fresco di celebrazioni fasciste della marcia su Roma (nel ’92 era il settantesimo), con grande spolvero di saluti romani e eja eja alalà. D’Alema comincia allora il rosario di giaculatorie secondo cui non si deve criminalizzare Berlusconi, anziché inchiodarlo al suo appoggio dell’ex, neo, post-fascista Fini per sottolinearne l’estraneità radicale alla democrazia repubblicana. Il resto segue, inciuci compresi, e l’esito è noto.

Il Pd nasce perciò già come partito d’establishment, articolazione “progressista e illuminata” (davvero?) della destra politica. Fino a che non lo si ammette resterà incomprensibile quanto avvenuto in Italia nell’ultimo quarto di secolo, e indecifrabile l’ondata grillina prima e salviniana (ovvero pre-fascista) poi. Ad una ricostruzione delle vicende politiche occidentali in cui si chiamino le cose con il loro nome, e dunque destraBlair e Clinton (cui si deve lo smantellamento delle misure rooseveltiane che tenevano con qualche guinzaglio la finanza: liberata grazie a Clinton da quei “lacci e lacciuoli”, si è scatenata come sappiamo), e in Italia la filiera di progressivo cupio dissolvi D’Alema> Veltroni> Bersani> Letta> Renzi, si obietta che in tal modo di sinistra non vi sarebbe più traccia, il che è impossibile. Niente affatto: la sinistra c’è eccome, non più rappresentata da oltre un ventennio, però. Non a caso questa rivista, già dalla sua nascita (1986), parlava di sinistra sommersa. Il berlusconismo prima, il salvinismo oggi, sono il risultato di una sinistra che non c’è, o meglio che non esiste sul piano delle organizzazioni politiche, delle offerte elettorali, della rappresentanza parlamentare, benché continui magmaticamente e carsicamente, ma in modo disperatamente e disperantemente disperso, la sua azione nei meandri della vita civile. Trovare il catalizzatore che le consenta di ritrovarsi anche politicamente è l’apriti sesamo imprescindibile, ma non pianificabile a tavolino, da cui dipenderà la ripresa della vita democratica in Italia.

Chiamare le cose con il loro nome ne costituisce l’antefatto altrettanto inderogabile. Non solo perché una politica democratica ha necessità di parlare secondo il principio “nomina sunt consequentia rereum”, anziché secondo manipolazione stile Grande Fratello (nel senso di Orwell, va da sé), ma perché solo facendo entrare nel lessico corrente che il Pd è destra (e i vari cespugli rifondaroli e simili non sono sinistra perché non sono), si potranno azzerare le residue ma tenaci (e mediaticamente ostinate, al limite del fake) illusioni, che un’alternativa al pre-fascismo di Salvini e dei suoi accucciati 5 Stelle, possa avere qualcosa a che fare con il Pd, comunque rimpannucciato. 


http://temi.repubblica.it/micromega-online/ragionamenti-fuori-luogo-%E2%80%93-2-la-sinistra-che-si-e-fatta-destra/

venerdì 22 febbraio 2019

Ve ne andate o no? - Marco Travaglio

In Edicola sul Fatto del 22 Febbraio: Ermini e i pasdaran Pd, la rimpatriata a pranzo

In un Paese serio, il presidente della Repubblica e del Csm Sergio Mattarella convocherebbe il vicepresidente del Csm David Ermini e gli chiederebbe le dimissioni. A meno che non riesca a smentire le notizie pubblicate ieri dall’Huffington Post sul suo pellegrinaggio mattutino alla Camera (dov’è stato eletto un anno fa in quota Renzi) per confabulare con gli ayatollah renziani, impegnati a fucilare i giudici di Firenze che hanno osato arrestare i genitori del loro capo. Gli stessi giudici che Ermini dovrebbe difendere dagli attacchi, come si usava quando l’attaccante era B. e ancora si usa quando lo è Salvini. Invece Ermini tace e anzi acconsente, incontrando gli aggressori. Secondo l’Huffington, ha fatto “due chiacchiere con Maria Elena Boschi”, che ieri sul Foglio tuonava contro “l’uso politico della giustizia”. Poi, a pranzo, si è “attovagliato con Alessia Morani, Stefano Ceccanti e Carmelo Miceli, avvocato siciliano di granitico garantismo”. Garantismo si fa per dire, visto il forsennato giustizialismo della combriccola contro le toghe fiorentine, già condannate per leso Tiziano. Quale imparzialità potrà avere d’ora in poi questo Ermini nel tutelare, come sarebbe suo dovere, i magistrati aggrediti dai politici suoi amici? Già ne aveva poca prima, viste le sue sparate contro altri pm sgraditi a Renzi, quelli di Consip. Ma da ieri la sua terzietà è pari a zero. E mai come oggi il Csm ha bisogno di un vertice al di sopra delle parti e dei sospetti.
Anche perché finalmente sta per chiudere l’inaudito processo disciplinare contro i pm napoletani Woodcock e Carrano, rei di avere scoperchiato la fogna Consip. Chi gridava al complotto (Ermini compreso) sosteneva che l’inchiesta era mirata a infangare il Giglio Magico tramite quel giglio di campo di Tiziano, ora agli arresti, con “prove false” taroccate dal capitano Scafarto. L’ufficiale del Noe fu indagato, perquisito e financo destituito dalla Procura e dal gip di Roma. Ma, come dice Renzi, “il tempo è galantuomo e basta solo aspettare”. Infatti Scafarto fu scagionato e reintegrato nell’Arma dal Tribunale del Riesame, che attestò la buona fede dei suoi errori (per i quali i pm di Roma vogliono pervicacemente processarlo, dopo aver chiesto l’archiviazione di babbo Tiziano). La Procura ricorse in Cassazione e fu respinta con perdite: rigettati tutti i suoi ricorsi. Ieri sono uscite le motivazioni: nessun reato di falso per incastrare Tiziano e screditare Matteo, solo errori involontari. Il punto centrale dell’accusa è la famosa telefonata in cui Italo Bocchino, ex deputato di Fli e consulente di Alfredo Romeo, diceva di aver “incontrato Renzi”.
Nell’informativa Scafarto attribuiva erroneamente quella frase a Romeo e individuava quel “Renzi” non in Matteo, ma in Tiziano (a riprova di un incontro fra i due sempre negato da entrambi, ma ora ritenuto probabilissimo dagli stessi pm). Anche la Cassazione smentisce la Procura, ritenendo quell’errore una svista e non una congiura con prove false per incastrare i Renzis. Per tre motivi. 
1) Tiziano era già coinvolto nell’affaire Consip da ben altri e più solidi indizi e non c’era bisogno di inventarne di nuovi: “Dalle intercettazioni e dai primi riscontri… risultava che Romeo stesse stipulando con il Russo, che affermava di parlare anche a nome di Tiziano Renzi…, un ‘accordo quadro’, che prevedeva il versamento periodico di denaro da parte sua al Russo ed al Renzi in cambio di un intervento di quest’ultimo sull’Ad di Consip Luigi Marroni”. E, appena partirono le indagini babbo Renzi fu avvisato da una fuga di notizie che lo indusse a non parlare più al telefono. 
2) Se davvero Scafarto voleva screditare i Renzi, “non si comprende perché (come risulta dalle chat, ndr) chiese a tutti i suoi collaboratori un riscontro di verifica diretta” sulla telefonata Bocchino-Romeo, sollecitandoli a “riascoltarla” e a controllare meglio chi diceva cosa e poi “a controllare che la sua informativa non contenesse inesattezze”. 
3) “Scafarto – aggiunge la Cassazione confermando il Riesame – invitò il maresciallo Chiaravalle a controllare meglio un’intercettazione e soprattutto l’identificazione di uno dei soggetti che si era incontrato con Marroni in Marco Carrai. Chiaravalle ha dichiarato che fu Scafarto a fargli notare che la persona identificata in Carrai, in realtà, era Marco Canale, presidente di Manutencoop. La vicenda è decisamente rilevante perché smentisce la volontà dell’indagato (Scafarto) di voler coinvolgere nella vicenda Consip, anche mediante la commissione di reati di falso, l’allora presidente del Consiglio. Carrai infatti è un imprenditore molto vicino a Matteo Renzi”. Anche in quella occasione, insomma, per i giudici di Cassazione ha ragione il Riesame: Scafarto “perseguì l’accertamento della verità”, anche se scomoda per l’accusa. Senza preconcetti né complotti.
Ora che del golpe Consip non resta più nulla, nemmeno la cenere, e nessuna persona sana di mente si beve la storia del golpe contro papà Tiziano e mamma Lalla, è paradossale che il renzismo sopravviva proprio ai vertici del Csm. E pure del Pd alla vigilia del congresso. Lì le sole voci udibili sono quelle contro i giudici, mentre chi dovrebbe difenderli tace. L’on. avv. berlusconiano Francesco Paolo Sisto annuncia di aver appena “presentato un ddl sulla separazione delle carriere dei magistrati. A parte i 5Stelle, il clima non è ostile, neanche dal Pd. Perché non è un provvedimento in quota opposizione, ma in quota Costituzione”. Per la verità, è sempre stato in quota P2. Ora è nel programma della mozione Martina (“Il tema della separazione delle carriere appare ineludibile per garantire un giudice terzo e imparziale”) e nelle interviste di Giachetti. Molto più comodo separare i giudici dai pm che i politici dai delinquenti.


qui l'articolo del Huffingtonpost:

Trapani, “finanziava famiglia di Messina Denaro”: arrestato re delle scommesse online. Indagato deputato regionale di Fi. - Marco Bova

Trapani, “finanziava famiglia di Messina Denaro”:  arrestato re delle scommesse online. Indagato deputato regionale di Fi

Mafia ed estorsione: arrestati il re delle scommesse online Luppino e altri due imprenditori. Hanno anche sostenuto la candidatura all'Ars di Stefano Pellegrino, sotto inchiesta per corruzione elettorale.

Centri scommesse per finanziare la latitanza di Matteo Messina Denaro, il capomafia originario di Castelvetrano(Trapani) ricercato dal 1993. Tre arresti e una decina di indagati tra cui un deputato regionale che siede nella Commissione antimafia regionale. Il meccanismo emerso nell’indagine dei carabinieri condotta dalla Dda di Palermo, dall’aggiunto Paolo Guido e dai sostituti Gianluca De Leo e Francesca Dessì è rodato e sorge sulle ceneri dei business già consolidati. Dai rapporti con la politica fino alla gestione dei centri d’accoglienza per migranti. A partire dal principale arrestato, Calogero John Luppino, imprenditore di 39 anni divenuto bancomat della famiglia mafiosa di Castelvetrano dopo aver ricevuto il benestare per l’apertura dei centri di scommesse. Fondatore del movimento politico “Io Amo Campobello”, gestito assieme allo zio Mario Giorgi, anche lui arrestato dai carabinieri. In manette anche Francesco Catalanotto, di 47 anni originario di Castelvetrano cugino di Lorenzo Catalanotto e sodale di Luppino.

Il deputato regionale indagato è Stefano Pellegrino, politico originario di Marsala (Trapani) di 61 anni accusato di corruzione elettorale senza l’aggravante dell’agevolazione mafiosa. Pellegrino è un avvocato penalista e dal dicembre 2017 è stato eletto deputato dell’Assemblea Regionale Siciliana con oltre 7mila preferenze e adesso siede nella Commissione regionale antimafia. Pellegrino secondo la Dda di Palermo avrebbe ricevuto il sostegno elettorale di Salvatore Giorgi, detto Mario, e Calogero John Luppino animatori del movimento politico “Io Amo Campobello” che alle ultime elezioni hanno sostenuto l’elezione dell’attuale sindaco Giuseppe Castiglione e quella del deputato regionale Stefano Pellegrino, originario di Marsala (Trapani). A Pellegrino, che ora sarà interrogato dai pm, viene proprio contestata l’elezione all’Ars, avvenuta – stando all’accusa – anche grazie ai voti di Luppino e Giorgi che a loro volta regalavano pacchi della spesa in cambio della preferenza elettorale.

“Nella compravendita dei voti commessa dal Giorgi era direttamente coinvolto il politico Pellegrino in prima persona”, così scrive il gip che aggiunge come in prossimità delle elezioni regionali Pellegrino incontrò Giorgi e Luppino. Dopo l’elezione i due erano “quelli di Campobello, che mi hanno aiutato” e che potranno avere una serie di incarichi in “tre, quattro enti”. “Tutti Pellegrino hanno votato”, diceva Luppino consapevole che anche Dario Messina (finito in galera l’anno scorso nell’operazione Anno Zero) aveva sostenuto Pellegrino. Ordine che, non escludono i carabinieri del Ros, potrebbe essere arrivato perfino da Franco Luppino, capo della mafia di Campobello di Mazara, che da anni si trova recluso in carcere.
Calogero “John” Luppino dal 2006 al 2011 invece è stato consigliere comunale con l’Udeur. Proprietario di alcune società nel settore delle scommesse online tra cui la “Non solo Vip”. Nel 2014 ottenne una concessione per un centro d’accoglienza e con l’associazione Menzil Salah ne aprì uno a Salaparuta (Trapani) per cinquanta persone in un immobile di proprietà del comune. Sequestrate anche società per il valore di 5 milioni, compresa una di trasporti che gestiva un pullman per far spostare i migranti ospitati in un centro d’accoglienza. Per il collaboratore di giustizia LorenzoCimarosa (morto nel gennaio 2018 per morte naturale) Luppino era “quello delle macchinette”, vicino a Raffaele Urso, adesso in carcere. “Rosario Allegra (cognato del boss, anche lui in galera ndr) li aveva autorizzati ad aprire”, disse Cimarosa. Luppino secondo i pm ha avuto “un’ascesa favorita dagli affiliati ai mandamenti mafiosi di Castelvetrano e Mazara del Vallo, che obbligavano i vari esercizi commerciali ad istallare le apparecchiature delle società di Luppino e Giorgi, a fronte di pesanti ritorsioni”. Rosario Allegra è stato intercettato parlava con Catalanotto di 5000 euro che gli dovevano essere consegnati da Luppino aggiungendo che “la posizione che ha lui però la deve capire…”.

Era Catalanotto a mediare i rapporti con Rosario Allegra, cognato del boss e tra i colonnelli della famiglia di Castelvetrano, arrestato nell’operazione Anno Zero e da allora in carcere . Di recente Catalanotto è stato arrestato dai carabinieri per aver messo su una piccola piantagione di marijuana e da allora viveva con il braccialetto elettronico. Di lui parlò Lorenzo Cimarosadescrivendolo come “uno che lavora nel settore delle slot machine”. Almeno dal 2013 è uno dei collaboratori più fidati di Luppino. In alcune intercettazioni Catalanotto viene indicato come il “picciotto” di Rosario Allegra e secondo l’accusa era lui a portargli somme di denaro che sarebbero finite direttamente nelle casse della latitanza del ricercato Matteo Messina Denaro.
La politica, con i privilegi che rappresenta, è un piatto troppo gustoso e ghiotto da tralasciare. E, naturalmente, diviene la meta ambita da chi ha posto il denaro in cima alla lista delle sue aspettative di vita.
La mafia è ovunque sussistano potere e denaro, pertanto, poiché gioco d'azzardo e politica li rappresentano entrambi, li ha attaccati e conquistati utilizzando personaggi di dubbio spessore morale, e dotati di intelletto inesistente, per poter espandere i suoi lunghi tentacoli.
Cetta