mercoledì 1 febbraio 2017

Lady dentiera, i giudici sequestrano d’urgenza 2,5 milioni. Il Consiglio di Stato le ridà l’appalto da 103. - Thomas Mackinson

Lady dentiera, i giudici sequestrano d’urgenza 2,5 milioni. Il Consiglio di Stato le ridà l’appalto da 103

Cortocircuito tra magistratura e giustizia amministrativa: la società di Maria Paola Canegrati, agli arresti domiciliari e sotto processo per corruzione, si riprende l'odontoiatria dell'ospedale di Desio, da cui era partita l'inchiesta. "Non c'erano anomalie nel bando". A firmare il ricorso in appello i commissari del Prefetto. Solo quattro giorni prima il Tribunale di Monza aveva ottenuto il sequestro d'urgenza di beni e conti correnti. Il revisore che fece saltare il sistema: "Non mi meraviglia, le cose non funzionano".

Escono dalla porta per rientrare dalla finestra. Il Tribunale sequestra a Lady dentiera beni per 2,5 milioni, quattro giorni dopo il Consiglio di Stato le riapre le porte dell’Ospedale di Desio-Vimercate riaffidando all’imprenditrice Maria Paola Canegrati l’appalto da 103 milioni, proprio quello per “servizi di assistenza specialistica di odontoiatria” che le costò l’arresto per corruzione insieme ad altre venti persone, tra le quali Fabio Rizzi, braccio destro sulla Sanità del governatore Roberto Maroni (che ha patteggiato). Meno noto che l’appalto al centro dello scandalo avesse anche una storia di ricorsi iniziata nel 2015 e finita il 20 dicembre scorso, quando la terza sezione del Consiglio di Stato lo ha riassegnato alla Servicedent della Canegrati, ritenendo che il bando fosse tecnicamente regolare. Un cortocircuito tra magistratura e giustizia amministrativa: quattro giorni prima il Tribunale di Monza otteneva il sequestro d’urgenza di beni e conti correnti per la titolare tuttora agli arresti e sotto processo (prossima udienza il 15 febbraio), dopo che il Gup ha respinto la sua richiesta di patteggiamento a 4 anni e 2 mesi, ritenendo la pena esigua.
La notizia non trapela finché il nuovo direttore generale Pasquale Pellino – in carica dal 1 gennaio 2016 proprio in seguito alla bufera giudiziaria – il 27 gennaio annuncia via mail a dipendenti e collaboratori quanto segue: “Abbiamo il piacere di informarvi che la Giustizia Amministrativa ha deciso l’affidamento a favore di Servicedent, tutto ciò si traduce col fatto che la suddetta società sarà legittimata al continuare l’attività per altri 6 anni +2”. Nessuna menzione delle implicazioni della decisione e del fatto che la titolare della società che fornirà il servizio, già commissariata a giugno dell’anno scorso, è sotto processo.
Ma c’è dell’altro. Perché a proporre appello contro la decisione del Tar, che aveva accolto il ricorso di una concorrente (Smart Dental Clinic s.r.l., già Pentadent s.r.l. del gruppo San Donato) non è la titolare agli arresti ma i commissari che il prefetto di Monza ha nominato al suo posto a giugno: un altro paradosso. Lo spiega l’avvocato della Canegrati, Michele Saponara, mostrando soddisfazione per la sentenza: “Il Consiglio di Stato alla fine ha ritenuto legittimo il bando che aveva provocato tanto scandalo e sul quale sono appese alcune delle accuse contro la mia cliente. L’appello proposto e vinto dai commissari dimostra che non era poi così irregolare”.
Non si meraviglia Giovanna Ceribelli, il revisore dei conti che ha dato il via all’inchiesta setacciando appalti e fatture alla Canegrati. “E’ un’altra stortura delle leggi italiane, quando si trova qualcuno che ha ottenuto non uno ma diversi appalti in maniera “non ortodossa”, anziché vederseli revocare se lì vede riaffidare e per mano dei commissari”. “E’ vero che all’epoca dell’appalto non era ancora successo niente, ma oggi c’è un processo Canegrati in corso. La direzione sanitaria forse dovrebbe considerare che nell’ambito dell’indagine penale sono emerse irregolarità sui lavori eseguiti e sulle prestazioni fatte ai cittadini abbastanza pesanti, per non dire dei pagamenti doppi o fatti pagare in regime privato quando rientravano nell’assistenza sanitaria regionale”. Le carte del Gip raccontavano anche di materiali “diversi e più scadenti” proposti ai pazienti rispetto a quelli utilizzati solitamente dalle strutture sanitarie.
Da settembre la Ceribelli siede nel consiglio direttivo nell’Agenzia regionale anticorruzione (Arac), nata sull’onda di quello scandalo. “Ma non ha la struttura adeguata per occuparsi di queste cose, siamo solo in due ad avere le qualifiche per setacciare le gare. Qualcuno dei componenti ritiene possa diventare una specie di “centro studi” anziché di prevenzione della corruzione, cosa non prevista dalla legge istitutiva. Personalmente continuo a credere nella trasparenza, tanto che sto cercando di far rispettare la legge laddove le aziende del sistema regionale non lo fanno”. Una cosa fin banale, ma poi non così tanto.
documenti del bando finito nel mirino dell’autorità giudiziaria (e riammesso ora da quella amministrativa) dovrebbero essere disponibili sul sito dell’Azienda ospedaliera. La nuova gestione ha però preso tutto il pacchetto della vecchia e l’ha messo in una sezione separata tramite un link, che avvisa: “Per accedere ai documenti della precedente Azienda Ospedaliera di Desio e Vimercate, cliccare qui”. Il link però… non funziona. Il direttore Pellino ci fa chiamare al volo dal responsabile dell’area tecnica che assicura “provvederemo al più presto, grazie della segnalazione”. Un’ora dopo richiama dicendo che è stato ripristinato. Al momento in cui scriviamo però le sezioni (bandi, avvisi, concorsi etc) ci sono, ma sono vuote. “Accidenti, provvederemo. Grazie della segnalazione”. 
Benedetta trasparenza.

domenica 29 gennaio 2017

Cose dell'altro geo.....

D'Alema: Al via raccolta fondi e adesioni, tutti liberi se si va al voto


D'Alema: "Al via raccolta fondi e adesioni, tutti liberi se si va al voto"

http://www.adnkronos.com/fatti/politica/2017/01/28/alema-via-raccolta-fondi-adesioni-tutti-liberi-voto_YFzMcSVTH84Neks2P3AOZK.html?refresh_ce

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Non si schiodano, mungere la vacca fino a sfinirla è il loro hobby preferito. Questa gente non ha mai lavorato, vive da sempre alle spalle di chi lavora. E mentre non lavora, sfrutta i ricavi leciti ed illeciti del suo NON-lavoro per costruirsi patrimoni da favola. 
Questi servi del potere economico, non hanno alcuna coscienza, sono privi di ogni sentimento, godono nel possedere cose e persone. Si sentono dei, vivono al di fuori dal mondo reale, ma non disdegnano imporre regole coercitive a chi li mantiene spacciandole per magnanimità personali.
Rappresentano una calamità, dovremmo liberarcene definitivamente, anche mandandoli in esilio, pena l'ergastolo se dovessero, malauguratamente per loro e per noi, rimettere piede sul suolo che per troppo tempo hanno calpestato.
Mettiamoli al bando!

byCetta

sabato 28 gennaio 2017

Vorrei....

Risultati immagini per vorrei

Vorrei che l'"Unità" e il "corsera (corriere della serva) parlassero dei finanziamenti che Buzzi ha elargito a Marino per la sua campagna elettorale; 
delle responsabilità della famiglia Boschi nella vicenda di banca Etruria; 
dei problemi economici di Tiziano Renzi, ...
Mi pare che anche Renzi abbia agevolato la scalata di amici in ranghi governativi o centri di potere, come anche la stessa Boschi, Alfano e tanti altri; 
il codice penale va applicato anche nel loro caso se si tratta di vicende simili a quelle che riguardano la Raggi.

Ma siamo in Italia, dove nulla è come dovrebbe essere e a pagare sono sempre quelli che non si prostrano al potere costituito (e non costituente). 
Siamo una stelletta degli Usa, ma non abbiamo nessuna voce in capitolo, non veniamo chiamati a votare i loro rappresentanti, siamo solo chiamati a rispettare le regole che ci impongono indirettamente servendosi di persone poco rispettabili: i nostri governanti.

Cetta 

Ma davvero la Russia di Putin ha deciso di legalizzare la violenza domestica?


russiaduma

Siamo tornati nella guerra fredda? Così sembra osservando la campagna di disinformazione contro la Russia che vediamo su tutti i media occidentali, di destra e di “sinistra”, statali e privati che non fanno altro che copia-incollare le news senza alcuna verifica o approfondimento e anzi banalizzando tutto per mera propaganda.

L’ultima ‘fake news’ è che la tirannica Russia “depenalizza le violenze domestiche”. In pratica “si potranno liberamente picchiare mogli e figli”. E’ ovvio che così non è, ma ormai si è abituati a credere alla propaganda di guerra dell’UE e degli USA contro la Russia che ci si casca senza pensare che le informazioni non sono mai neutrali politicamente.
Nella sua conferenza stampa del 23 dicembre scorso che potete leggere qui il presidente russo Vladimir Putin ha affermato chiaramente: “Non dobbiamo schiaffeggiare i bambini e giustificarlo sulla base di alcune vecchie tradizioni (…)”. Eppure è lui il mostro che promuoverebbe la violenza domestica. In realtà la proposta di revisione della legge che chiede maggiore lassismo circa le punizioni corporali in famiglia non arriva da Putin ma da un gruppo di genitori spalleggiati dalla Chiesa Cristiano-Ortodossa.
In pratica la Duma di Stato, cioè il parlamento russo, aveva votato una legge durissima contro le violenze domestiche: chi in famiglia alzava le mani veniva severamente punito con l’incarcerazione fino a due anni. Il problema è che le pene previste erano superiori a quelle inflitte a chi avrebbe commesso lo stesso reato fuori casa. In alcuni casi un genitore che sgridava suo figlio con uno schiaffo veniva arrestato senza troppi complimenti. Mentre se il bambino veniva schiaffeggiato dal vicino di casa, quest’ultimo se la cavava in pratica solo con una multa.
E’ quindi stato approvato un emendamento – promosso fra l’altro da una deputata donna – che equipara le pene: il marito che picchia sua moglie o il padre che tira una sberla al figlio subirà ora la stessa condanna di chi dà un pugno per strada alla moglie di un altro. Lo stesso varrà per chi maltratta un bambino. La legge russa dice ora che chi picchia una persona per la prima volta senza provocare lesioni dovrà pagare una multa di 30mila rubli e prestare un lavoro forzato di “pubblica utilità” per sei mesi. In caso di recidiva la multa sale a 40mila rubli e oltre ai lavori forzati va preso in considerazione l’arresto per tre mesi. Qualora invece il maltrattamento comporti lesioni alla vittima, il colpevole sarà condannato penalmente. Si può essere d’accordo o meno con questa riforma, certamente però non si tratta di “depenalizzare” alcunché!

Brexit: maxi dimostrazione contro uscita dall'Ue il 25 marzo.

Il Big Ben © EPA


Prevista una 'marcia sul Parlamento', si punta ad almeno 750mila manifestanti.

Il gruppo anti-Brexit Unite for Europe sta organizzando per il prossimo 25 marzo a Londra quella che promette di essere una tra le più grandi proteste di piazza che il Regno Unito abbia mai visto nella sua storia: l'iniziativa prevede una 'marcia sul Parlamento' e gli organizzatori puntano a raggiungere un'affluenza di almeno 750mila persone, riporta il quotidiano britannico The Guardian.

    L'iniziativa e' prevista per l'ultimo fine settimana prima della scadenza imposta dalla premier Theresa May per avviare il processo che porterà all'uscita del Regno Unito dall'Ue. "Non ci illudiamo che la marcia possa fermare l'articolo 50 - ha detto Peter French, un esponente di Unite for Europe -. Si tratta di dimostrare la forza delle opinioni contro la Brexit".

    La dimostrazione contro la guerra in Iraq nel 2003, con 750mila persone secondo la polizia e fino a due milioni secondo gli organizzatori, e' finora la più grande tenuta nella storia recente del Paese.


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E' una nuova moda quella di manifestare contro il volere della maggior parte della popolazione? 
Mi pare che al referendum hanno votato per l'uscita dalla UE, hanno cambiato idea?
In USA dimostrano contro Trump vincitore alle elezioni;
in Italia, dopo il referendum contrario al cambiamento della Costituzione, hanno messo al governo un tizio che non è altri che un sosia del precedente e che sta continuando a fare ciò che aveva cominciato il suo predecessore. 
Non contiamo più nulla?
Se non contiamo più nulla perchè ci fanno andare a votare?
E la Consulta, un organo di stato che dovrebbe far rispettare la Costituzione, la stessa che sedicenti servi del potere costituito volevano cambiare, perchè ha dichiarato che il premio di maggioranza è legittimo se, invece, è quanto di più illegittimo si possa concepire?
Perchè si da la possibilità ai capolista di presentarsi anche in 10 circoscrizioni?
Mi rifiuto di accettare queste regole confuse, raffazzonate, che danno luogo a varie interpretazioni a seconda dei casi.
Le leggi debbono essere chiare e semplici e non debbono prestarsi alle libere interpretazioni.
Siamo seri!!!!!

Cetta.

venerdì 27 gennaio 2017

Paesi isolati, da Svizzera per liberarli.

 © ANSA

Volontari e frese dal Canton Ticino a Castelli e Pietracamela.


ANSA) - CASTELLI (TERAMO), 25 GEN - Cinquanta persone fra autisti e pompieri, otto frese trasportate su sei camion appositamente allestiti, generatori di corrente, pale da neve e viveri: una macchina della solidarietà che si è mossa dalla Svizzera, per la precisione dal Canton Ticino, e in poche ore ha raggiunto, nell'Abruzzo martoriato dalla nevicata della settimana scorsa e dal terremoto, prima la patria della ceramica, Castelli, poi la vicina Pietracamela, nel Teramano, isolate da metri di neve e senza energia elettrica
"'Ci sono cumuli di neve fino a 4 metri'. Abbiamo fatto presente a uno dei volontari coinvolti, che da undici anni lavora sul Passo del San Gottardo, e lui ha risposto 'ma io sposto anche cumuli di 10, che problema c'è?". A raccontare all'ANSA com'è nato in poche ore, grazie al tam tam sulla rete, il 'Convoglio solidarietà Ticino in Abruzzo' è Danilo Cau, sardo di nascita, titolare di una piccola ditta di trasporti nella valle locarnese. 
Dieci gli autotrasportatori, compresi lui e Joe Palmieri, che si sono messi a disposizione facendosi carico di spese di carburante e pedaggi autostradali. "Non sono mai stato in Abruzzo, ma per noi lavorare in mezzo alla neve è normale. Quando mi ha chiamato Joe, abituato a lavorare a 1500 metri di quota su strade a rischio slavina, e mi ha detto che la notte pensava all'emergenza in Abruzzo, non ci ho pensato due volte". Il primo di tre convogli è partito il 21 all'alba, sta rientrando in queste ore in Svizzera. 
"Ci siamo organizzati in poche ore. Abbiamo utilizzato tutti mezzi di scorta, per non lasciare sguarnito il nostro territorio - racconta Cau che dalla sua azienda ha coordinato le operazioni - alle 12 di giovedì 19 eravamo pronti con 11 persone e quattro veicoli (due camion, uno per trasporto eccezionale che ha portato una fresa per sgombero neve più grande, un furgone della protezione civile locale e un fuoristrada con spazzaneve), ma abbiamo atteso il pomeriggio del 20 per avere il via libera dalla dogana, dopo un'ordinanza del Comune di Castelli che autorizzava il nostro ingresso in Italia per aiuti a seguito di calamità naturale. 
Siamo partiti alle 5 del 21, arrivati alle 18 a Isola del Gran Sasso, un'ora dopo eravamo operativi". "Sul posto ci siamo resi conto che l'emergenza era stata determinata dalla disorganizzazione - osserva Cau - solo nella notte fra lunedì e martedì, sempre per tempi burocratici, è potuto partire il secondo convoglio che ha operato con frese cingolate a Pietracamela e Prati di Tivo e, completato lo sgombero della neve, dovrebbe ripartire domani; il terzo convoglio è all'opera da stamattina". Quale sarebbe stato il costo di un'operazione simile, se ci fosse stato un committente? La stima è circa 30mila euro, considerando le spese vive, l'ammortamento dei mezzi e le giornate di lavoro. Domattina partiranno dalla valle locarnese due furgoni con cibo per animali. Era già pronto il quarto convoglio. "Non servirà - fa sapere Cau - mi hanno chiamato da Arsita che era sotto 4 metri di neve ma ora pare la situazione sia migliorata". "L'operazione - comunica Danilo a tutti i suoi sostenitori su Facebook - invece di circa due giorni si è conclusa in mezza giornata. Quindi l'intervento volge verso la conclusione e Joe e banda sono già in viaggio verso il Ticino. Grazie veramente a tutti per questo successo, anche quelli che non sono partiti, ma che si sono messi a disposizione!". (ANSA)

Ora ci divertiamo. - Marco Travaglio

Virginia Raggi Marra

Evviva evviva! 
Da 23 anni, da quando B. scese in campo, martelliamo la classe politica perché proibisca duramente per legge i conflitti d’interessi. E ora scopriamo che non c’è bisogno di leggi: il conflitto d’interessi è già severamente punito. E sul piano penale. È infatti per non aver impedito il conflitto d’interessi di Raffaele Marra, capo del Personale che seguiva i concorsi e le promozioni dei dirigenti comunali, compreso il fratello Renato, che Virginia Raggi è indagata con lui per abuso d’ufficio: lui per aver violato il Codice deontologico dei dipendenti comunali, lei il Regolamento di Roma Capitale. Abuso che, per l’accusa, si trascina dietro anche un falso: infatti la sindaca dichiarò all’Anticorruzione di aver deciso in totale autonomia di promuovere Renato Marra da dirigente dei vigili (fascia 1) a capo della Direzione Turismo (fascia 3), per risarcirlo della rinuncia alla sua vera aspirazione – il comando della Polizia municipale (fascia 5) – ed evitare un suo ricorso al Tar per l’ingiusta esclusione. E questa sarebbe una bugia, perché Raffaele avrebbe avuto un ruolo attivo nella nomina di Renato.
Al momento, cos’abbia fatto davvero Raffaele e dunque se la sindaca abbia abusato del suo ufficio e mentito oppure no, non lo sa nessuno. La Raggi ripete di aver deciso la promozione di Renato con l’assessore al Commercio Meloni, che aveva apprezzato il lavoro del dirigente nei blitz contro l’abusivismo commerciale. Vedremo se, nell’interrogatorio del 30 gennaio, riuscirà a convincere i pm. Nella famosa chat del quartetto Raggi-Frongia-Romeo-Raffaele Marra, non c’è nulla che confermi né smentisca la versione della sindaca. Che, a quanto risulta, si limitò a chiedere al suo capo del Personale quali fossero le procedure previste dalla legge e quale aumento di stipendio comportasse la promozione del fratello. In ogni caso, quando l’Anac di Cantone ha girato il rapporto alla Procura di Roma, questa non poteva far altro che aprire un fascicolo, iscrivere la Raggi (e Marra) sul registro e convocarla con invito a comparire per interrogarla. Ma il risultato è che, per la prima volta a memoria d’uomo, almeno su un politico di peso, il conflitto d’interessi innesca un processo penale. Splendida notizia: se il nuovo rito capitolino dovesse contagiare le altre Procure, si salverebbero in pochi. Resta il rammarico che la nuova giurisprudenza, inaugurata in esclusiva mondiale da Raggi e Marra, sia stata scoperta solo ora. Bastava un mese di anticipo, e la stessa Procura avrebbe faticato a chiedere l’archiviazione per Gianluca Gemelli.
Cioè il compagno lobbista della ministra Federica Guidi, che reclamava e otteneva emendamenti à la carte dal governo dell’amata. Anzi, in base al lodo Raggi-Marra, avrebbe dovuto indagare pure l’ex ministra. E pure Maria Elena Boschi, per tutti i Consigli dei ministri cui ha partecipato per discutere di banche, fra cui l’Etruria già vicepresieduta da suo padre. Se poi, Dio non voglia, il vento di Roma dovesse soffiare fino a Milano, il sindaco Sala – oltreché per le false dichiarazioni con ville e società dimenticate e per il taroccamento della principale gara d’appalto di Expo – verrebbe ipso facto inquisito per aver promosso assessore al Bilancio non il parente di un collaboratore, ma direttamente il suo socio in affari. Idem l’ex ministra Cancellieri, per le telefonate – ritenute non penalmente rilevanti perché “solo” in conflitto d’interessi – in cui perorava la scarcerazione della figlia di Ligresti, datore di lavoro di suo figlio. Quella di Napoli dovrebbe procedere a pie’ fermo su Vincenzo De Luca, governatore della Campania che tratta i fondi regionali al Comune di Salerno con l’assessore al Bilancio Roberto De Luca, suo figlio. E quella di Bologna dovrebbe rivedere il caso dell’ex governatore Vasco Errani, ora commissario al terremoto, la cui giunta finanziò con un milione la coop del fratello per una cantina sociale mai nata. Ma dovrebbe mobilitarsi, e alla svelta, anche la Procura di Firenze, per i possibili conflitti d’interessi fra papà Renzi e il premier Renzi e fra l’allora sindaco Matteo e l’amico Marco Carrai, che mentre gli metteva a disposizione un appartamento gratis in centro città, ne veniva nominato capo di Firenze Parcheggi e Aeroporti Firenze.
Siccome, poi, nel caso Raggi-Marra c’è di mezzo l’Anac, la Procura di Roma ha l’occasione di proseguirne l’opera occupandosi dell’ad Rai Antonio Campo Dall’Orto, a proposito degli 11 dirigenti esterni ingaggiati a peso d’oro senza job posting fra gli interni: a cominciare da quel capolavoro di conflitto d’interessi chiamato Genséric Cantournet, nuovo capo della Security fatto selezionare da Cdo a una società di provata indipendenza: quella di suo padre. Ma, volendo, ci sarebbe pure la spiacevole vicenda di Alessandro Alfano, fratello del ministro Angelino, assunto come dirigente dalle Poste e pagato 200 mila euro l’anno per non firmare un solo atto. Per non parlare di B., che dal 1994 al 2011 legiferò e decretò decine di volte per i suoi processi e le sue aziende: prima che scatti la prescrizione, si fa in tempo a dargli l’ergastolo. E noi che, malfidati, eravamo rassegnati a considerare queste vicende eticamente imbarazzanti, ma penalmente irrilevanti per vuoto normativo. Ora che invece il conflitto d’interessi diventa reato per Raggi e Marra, siccome la legge è uguale per tutti, ci divertiremo un mondo. O no?
Ps. Ieri, c.v.d., la Consulta ha stabilito che Renzi e la sua maggioranza (la stessa di Gentiloni) non hanno violato un codice deontologico o un regolamento comunale: hanno calpestato la Costituzione due volte in una sola legge. Chissà oggi lo sdegno dei giornaloni e dei telegiornaloni. 

O no?