Basta assistere alla reazione scomposta del viceministro Paolo Romani alla notizia del semaforo verde per la tv terrestre che la Commissione europea ha dato martedì a Sky per capire che, nello scenario televisivo italiano, è successo qualcosa d’importante.Una decisione che Romani, viceministro allo Sviluppo economico con delega alle comunicazioni, definisce “ingiusta, grave”. Di più, un “regalo al monopolista delle pay tv”.
Se fino a oggi Mediaset ha regnato indisturbata nel nuovo mondo del digitale terrestre, ora potrebbe trovarsi a confronto con un concorrente vero. E Sky Italia, che oggi controlla il 99,8 per cento del satellite e l’86 per cento delle pay tv, ha sia i capitali che l’intenzione di andare alla conquista del digitale terrestre.
Messaggio politico.
“In Italia manca il pluralismo dell’informazione: è questo il messaggio politico che ha voluto lanciare la Commissione europea con la sua scelta”, sostiene il professore Francesco Siliato,esperto di media. E spiega: “Data la scarsità di nuovi soggetti, e visto che chi aveva l’analogico terrestre – cioè Rai e Mediaset – era avvantaggiato nel passaggio al digitale, l’Europa ha deciso di dare il via libera a Sky con un anno di anticipo sul previsto. In altri paesi come la Francia, dove i nuovi soggetti ci sono davvero, questa eccezione non sarebbe stata fatta”.
Ora Sky potrà partecipare alla gara per l’assegnazione delle frequenze tv: in palio ci sono cinque multiplex, ognuno dei quali corrisponde a circa sei canali standard oppure a tre in alta definizione. Il colosso di Rupert Murdoch potrebbe aggiudicarsene uno: “Se ciò avvenisse, sarebbe estremamente importante per Sky – dice Siliato – per due motivi. Il primo è che avrebbe una vetrina in chiaro per esporre tutte le offerte satellitari. Manderebbe in onda di certo SkyTg24 e Sky Sport Tg, attirando verso la pay tv nuovi clienti perché, va ricordato, gli abbonamenti costituiscono il 92 per cento degli introiti di Sky, mentre gli incassi pubblicitari solo l’8 per cento”. E proprio gli abbonamenti hanno permesso a Sky di diventare la seconda azienda televisiva in Italia dopo la Rai: nel 2009 i ricavi sono stati 2,711 miliardi di euro (di cui solo 223 di pubblicità) mentre quelli di Mediaset 2,506 miliardi, quasi tutti dovuti alla vendita degli spot.
“Il secondo aspetto riguarda gli ascolti. Se Sky si aggiudicherà il multiplex – prosegue Siliato – ci saranno cinque o sei ‘nano share’ in più. Ogni canale nel digitale terrestre ha uno share compreso fra lo 0 e il 2 per cento. Ipotizziamo che i nuovi canali di Sky raccolgano 0,5 punti di share ciascuno: eroderebbero in totale 2,5 punti alle televisioni generaliste, e non sono pochi”. Questo, spiega il professore, non inciderà tanto sui ricavi pubblicitari, il cui restringimento c’è ma è fisiologico, dovuto soprattutto alla crisi. Costituirebbe invece “un incremento dell’influenza politica di Sky”.
Dello stesso avviso è il deputato del Partito democratico Paolo Gentiloni, ex ministro delle Telecomunicazioni, che spiega al Fatto: “La rabbia di Romani ? Dipende dal fatto che fino a ora Mediaset non ha mai avuto un vero concorrente. La proliferazione di canali nel ddt non corrisponde infatti a una moltiplicazione degli editori, anzi. Tolte le tv locali e Telecom, che si autolimita, ed escludendo ovviamente la Rai, non resta nessuno. Se Rupert Murdoch decidesse di investire, avrebbe le spalle abbastanza larghe per diventare protagonista anche nel digitale”.
Il beauty contest.
Restano i dubbi sulle modalità di svolgimento dell’asta che assegnerà le frequenze. A partire dai tempi: se per Siliato il ministero cercherà di allungarli il più possibile per allontanare l’eventuale ingresso di Sky nel ddt, Gentiloni ha notizie fresche: “L’ho chiesto proprio ieri aCorrado Calabrò (il presidente dell’Agcom, ndr), e mi ha risposto che entro ottobre l’Authority stabilirà le regole per la gara. Poi toccherà al ministero dello Sviluppo. E la faccenda diventa paradossale: se entro settembre non verrà nominato un nuovo ministro, spetterà a Berlusconidecidere se assegnare le frequenze a se stesso o ai suoi nemici. Ma depone già male il fatto che non vincerà il miglior offerente: sarà una scelta discrezionale che, nel paese del conflitto d’interessi, non farà dormire sonni tranquilli agli australiani”.
Da Il Fatto Quotidiano del 22 luglio 2010
Se fino a oggi Mediaset ha regnato indisturbata nel nuovo mondo del digitale terrestre, ora potrebbe trovarsi a confronto con un concorrente vero. E Sky Italia, che oggi controlla il 99,8 per cento del satellite e l’86 per cento delle pay tv, ha sia i capitali che l’intenzione di andare alla conquista del digitale terrestre.
Messaggio politico.
“In Italia manca il pluralismo dell’informazione: è questo il messaggio politico che ha voluto lanciare la Commissione europea con la sua scelta”, sostiene il professore Francesco Siliato,esperto di media. E spiega: “Data la scarsità di nuovi soggetti, e visto che chi aveva l’analogico terrestre – cioè Rai e Mediaset – era avvantaggiato nel passaggio al digitale, l’Europa ha deciso di dare il via libera a Sky con un anno di anticipo sul previsto. In altri paesi come la Francia, dove i nuovi soggetti ci sono davvero, questa eccezione non sarebbe stata fatta”.
Ora Sky potrà partecipare alla gara per l’assegnazione delle frequenze tv: in palio ci sono cinque multiplex, ognuno dei quali corrisponde a circa sei canali standard oppure a tre in alta definizione. Il colosso di Rupert Murdoch potrebbe aggiudicarsene uno: “Se ciò avvenisse, sarebbe estremamente importante per Sky – dice Siliato – per due motivi. Il primo è che avrebbe una vetrina in chiaro per esporre tutte le offerte satellitari. Manderebbe in onda di certo SkyTg24 e Sky Sport Tg, attirando verso la pay tv nuovi clienti perché, va ricordato, gli abbonamenti costituiscono il 92 per cento degli introiti di Sky, mentre gli incassi pubblicitari solo l’8 per cento”. E proprio gli abbonamenti hanno permesso a Sky di diventare la seconda azienda televisiva in Italia dopo la Rai: nel 2009 i ricavi sono stati 2,711 miliardi di euro (di cui solo 223 di pubblicità) mentre quelli di Mediaset 2,506 miliardi, quasi tutti dovuti alla vendita degli spot.
“Il secondo aspetto riguarda gli ascolti. Se Sky si aggiudicherà il multiplex – prosegue Siliato – ci saranno cinque o sei ‘nano share’ in più. Ogni canale nel digitale terrestre ha uno share compreso fra lo 0 e il 2 per cento. Ipotizziamo che i nuovi canali di Sky raccolgano 0,5 punti di share ciascuno: eroderebbero in totale 2,5 punti alle televisioni generaliste, e non sono pochi”. Questo, spiega il professore, non inciderà tanto sui ricavi pubblicitari, il cui restringimento c’è ma è fisiologico, dovuto soprattutto alla crisi. Costituirebbe invece “un incremento dell’influenza politica di Sky”.
Dello stesso avviso è il deputato del Partito democratico Paolo Gentiloni, ex ministro delle Telecomunicazioni, che spiega al Fatto: “La rabbia di Romani ? Dipende dal fatto che fino a ora Mediaset non ha mai avuto un vero concorrente. La proliferazione di canali nel ddt non corrisponde infatti a una moltiplicazione degli editori, anzi. Tolte le tv locali e Telecom, che si autolimita, ed escludendo ovviamente la Rai, non resta nessuno. Se Rupert Murdoch decidesse di investire, avrebbe le spalle abbastanza larghe per diventare protagonista anche nel digitale”.
Il beauty contest.
Restano i dubbi sulle modalità di svolgimento dell’asta che assegnerà le frequenze. A partire dai tempi: se per Siliato il ministero cercherà di allungarli il più possibile per allontanare l’eventuale ingresso di Sky nel ddt, Gentiloni ha notizie fresche: “L’ho chiesto proprio ieri aCorrado Calabrò (il presidente dell’Agcom, ndr), e mi ha risposto che entro ottobre l’Authority stabilirà le regole per la gara. Poi toccherà al ministero dello Sviluppo. E la faccenda diventa paradossale: se entro settembre non verrà nominato un nuovo ministro, spetterà a Berlusconidecidere se assegnare le frequenze a se stesso o ai suoi nemici. Ma depone già male il fatto che non vincerà il miglior offerente: sarà una scelta discrezionale che, nel paese del conflitto d’interessi, non farà dormire sonni tranquilli agli australiani”.
Da Il Fatto Quotidiano del 22 luglio 2010
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