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mercoledì 27 febbraio 2019

Elezioni Sardegna, tre “impresentabili” eletti in Regione: sono imputati per droga, riciclaggio e concussione.

Elezioni Sardegna, tre “impresentabili” eletti in Regione: sono imputati per droga, riciclaggio e concussione

Nella lista dei candidati diffusa dall'Antimafia c'erano otto nomi: tre rischiavano la sospensione per la Severino perché condannati in primo grado. Nessuno di questi è stato eletto. Guadagnano un seggio in consiglio regionale tre candidati che non rispettano il Codice di Autoregolamentazione di Palazzo San Macuto. Sono Giovanni Satta e Antonello Peru, del centrodestra, e Gianfranco Ganau del centrosinistra.

Al momento non rischiano la sospensione per la legge Severino ma sono comunque imputati per reati gravi: dal riciclaggio, all’associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga fino alla concussione.  Sono i tre candidati definiti “impresentabili” dalla commissione Antimafia eletti al consiglio regionale della Sardegna. In totale erano otto i nomi contenuti dalla lista diffusa dal presidente Nicola Morra: cinque candidati non risultavano conformi al Codice di Autoregolamentazione di Palazzo San Macuto. “Altri tre candidati – spiegava Morra – hanno riportato sentenze di condanne in primo grado e ove eletti per la legge Severino scatterebbe la sospensione”. Nessuno di questi ultimi è stato eletto. La sospensione, però, potrebbe scattare per i tre candidati che hanno ottenuto l’elezione in consiglio regionale se i processi in cui sono imputati dovessero concludersi con una condanna. Gli “impresentabili” eletti appartengono ai due schieramenti che hanno ottenuto più voti: due sono del centrodestra del governatore Christian Solinas (uno del partito sardo d’Azione e uno di Forza Italia), uno al centrosinistra di Massimo Zedda (eletto col Pd).
GIOVANNI SATTA (Solinas presidente) – Non c’è ancora un elenco ufficiale a causa del ritardo dello spoglio ma secondo la stampa locale ha ottenuto la rielezione in Gallura Giovanni Satta del partito sardo d’Azione di Solinas. È imputato di tre procedimenti: per riciclaggio in concorso con altri al Tribunale di Nuoro, al tribunale di Tempio Pausania per riciclaggio, al tribunale di Cagliari per associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti aggravata dall’ingente quantitativo e dall’essere reato trans nazionale. Per quest’ultima accusa Satta, che figurava nella lista del candidato governatore per il centrodestra scelto da Matteo Salvini, era stato rinviato a giudizio il 20 dicembre 2017. L’indagine, che aveva preso avvio nell’estate del 2013, aveva portato al sequestro di 18 chili di cocaina, 4 chili di eroina e un chilo di marijuana, per un valore, se immessi sul mercato, di circa due milioni di euro. L’organizzazione – secondo l’accusa – garantiva l’approvvigionamento di stupefacenti nelle zone di Olbia e della Costa Smeralda. Satta, eletto in Consiglio regionale nelle fila dell’Uds, poi passato al Partito Sardo d’Azione-La Base, era stato proclamato consigliere regionale nell’aprile 2016 mentre era ancora in carcere a Sassari.  Quando era sindaco di Buddusò, in Gallura, Satta era stato da Luca Carboni, pluripregiudicato ucciso il 19 settembre 2017, che gli aveva telefonato per chiedergli di procurargli dell’esplosivo. Secondo gli inquirenti, Carboni faceva parte del sodalizio criminale che stava progettando tra l’altro il furto a scopo di estorsione della salma di Enzo Ferrari. Il 24 novembre 2018 Satta si trovava insieme a Salvini e ai candidati del centrodestra e del Partito sardo d’azione durante un incontro elettorale a Cagliari durante il quale il ministro dell’Interno annunciava di volere “liste pulite. “Non commento fatti e persone che non conosco”, aveva affermato il vicepremier.

ANTONELLO PERU (Forza Italia) – Imputato di concussione aggravataAntonello Peru era vicepresidente del Consiglio regionale in quota Forza Italia quando il 5 aprile 2016 era stato arrestato insieme ad altre 15 persone nell’ambito del secondo troncone d’inchiesta sugli appalti pilotati, più nota come Sindacopoli che nel 2015 aveva fatto finire in manette 21 persone tra amministratori locali, professionisti e funzionari. Sospeso dalla carica, il 14 novembre 2017 era tornato a ricoprire la poltrona di vicepresidente del Consiglio regionale. È stato rieletto a Sassari.
GIANFRANCO GANAU (Pd) – Presidente del Consiglio regionale uscente, Gianfranco Ganau è stato eletto dal Pd nella circoscrizione di Sassari. È imputato per tentata concussione in concorso. Il dibattimento è in corso. “Lo scorso 7 novembre finalmente – ha detto Ganau dopo la pubblicazione dei nomi degli impresentabili – dopo una lunghissima vicenda giudiziaria che mi ha visto coinvolto come imputato, la Procura di Sassari ha richiesto l’assoluzione per l’accusa di tentata concussione ‘perché il fatto non sussiste’”. Al centro del dibattimento la vicenda legata alla realizzazione di un centro commerciale e all’approvazione del Piano urbanistico comunale, che risale al 2008. Il procedimento era partito dalle accuse di un costruttore, Nicolino Brozzu, che si vide bloccare dal Comune e dalla Regione la pratica edilizia del centro commerciale Tanit, nella zona industriale di Predda Niedda, e decise di ricorrere al Tar. Secondo l’accusa, Ganau avrebbe cercato di convincerlo a ritirare il ricorso, poi respinto, ma il costruttore intanto aveva presentato un esposto in procura.

mercoledì 11 giugno 2014

Livorno, arrestato comandante provinciale della finanza. Indagato il generale Bardi.

Vito Bardi

Per la procura di Napoli il colonnello avrebbe intascato oltre un milione di euro per non compiere controlli su imprenditori napoletani. In manette anche un commercialista.
Dopo Spaziante, altri due ufficiali della Guardia di Finanza finiscono in un’inchiesta per tangenti. Uno, il comandante provinciale di Livorno Fabio Massimo Mendella, è stato arrestato. L’altro, il generale Vito Bardi, comandante in seconda delle fiamme gialle, è indagato. Le indagini sono condotte dalla Procura di Napoli e girano intorno a accertamenti fiscali “pilotati” in alcune aziende della zona. Secondo le accuse un milione di euro in 6 anni è arrivato attraverso un commercialista sui conti di Mendella. Da capire invece il ruolo di Bardi. Certo è che il corpo della Guardia di Finanza subisce un nuovo colpo dopo l’arresto di Emilio Spaziante, generale ora in congedo al centro dell’inchiesta sul Mose che di Bardi è stato il predecessore: Spaziante ha lasciato il corpo nel settembre 2013 e il comandante in seconda è diventato proprio Bardi. 
Il colonnello Mendella è stato arrestato a Livorno dagli agenti della Digos di Napoli. Insieme a lui è finito in carcere anche il commercialista Pietro de Riu, di Napoli. Le ipotesi di reato contestate nell’ordinanza sono di concorso in concussione per induzione e rivelazione di segreto d’ufficio. Dall’indagine emerge che alcuni imprenditori napoletani avrebbero versato oltre un milione di euro tra il 2006 ed il 2012 a De Riu, che faceva da tramite a Mendella, all’epoca responsabile verifiche e accertamenti del Comando provinciale Guardia di Finanza di Napoli. Dal comando di Napoli Mendella era poi stato trasferito a Roma. E per questo anche la holding “Gotha s.p.a.“, oggetto di una verifica pilotata eseguita dall’ufficio coordinato da Mendella, avrebbe trasferito la propria sede legale nella Capitale. Le indagini, ancora in corso, sono state condotte dalla Digos, con il contributo della Direzione centrale di Polizia criminale, del Comando Provinciale e del nucleo di Polizia tributaria della Guardia di Finanza di Roma.
Bardi era stato indagato nel 2011 con le accuse di favoreggiamento e rivelazione di segreto nell’ambito dell’inchiesta sulla cosiddetta P4. L’anno successivo, tuttavia, la sua posizione fu archiviata dal gip su richiesta dello stesso pm Henry John Woodcock. Al centro dell’inchiesta era l’ex deputato del Pdl Alfonso Papa, per il quale ora è in corso il processo. Secondo l’ipotesi accusatoria, l’ex parlamentare riceveva notizie coperte da segreto su indagini in corso e se ne serviva per ricattare alcuni imprenditori dai quali riceveva così denaro o altre utilità. Nell’inchiesta era coinvolto anche l’uomo d’affari Luigi Bisignani che ha patteggiato la pena.

mercoledì 4 giugno 2014

Tangenti per il Mose: arrestati sindaco di Venezia e politici.

Venezia, Giorgio Orsoni e i lavori per il 'Mose' (foto: ANSA)


In manette 35 persone, un centinaio gli indagati. Chiesto l'arresto dell'ex ministro Galan.
Bufera giudiziaria a Venezia, arrestati il sindaco Giorgio Orsoni, posto ai domiciliari, l'assessore regionale Renato Chisso e altre 33 persone, tra cui due ex presidenti del magistrato alle Acque della città lagunare. Le ipotesi di reato a vario titolo sono corruzione, concussione, riciclaggio. Nell'inchiesta su presunti fondi neri accumulati dagli allora vertici di una azienda operante nella costruzione del sistema Mose per la difesa di Venezia dalle acque alte anche una richiesta di arresto per Giarcarlo Galan, ex governatore del Veneto ed ex ministro con Berlusconi e ora deputato.
La cosiddetta inchiesta sul Mose parte da lontano e ha preso avvio da un filone dell'indagine per presunte mazzette relative ad opere autostradali lungo la A4 riguardanti una società presieduta da Lino Brentan. Patteggiata la pena per quella vicenda, Brentan oggi risulta tra gli arrestati per la nuova indagine della Procura di Venezia.
Da quel filone la Guardia di Finanza, coordinata dalla Procura di Venezia, è giunta ai presunti fondi neri creati da Piergiorgio Baita, all'epoca dei fatti ai vertici della Mantovani, la società leader nella realizzazione del Mose e all'interno del concessionario unico Consorzio 'Venezia Nuova' (Cav). Gli inquirenti sono riusciti poi a risalire agli allora vertici della Cav, con l'arresto (ai domiciliari) del presidente Giovanni Mazzacurati e di altre persone. Nei giorni scorsi, nel quadro del filone riguardante l'ex presidente della Mantovani l'invio di uno stralcio del fascicolo al tribunale dei ministri relativo all'ex ministro Altero Matteoli.

mercoledì 8 maggio 2013

Appalti ai Casalesi, arrestato il sindaco di Battipaglia.

 Giovanni Santomauro

Domiciliari per il sindaco di Battipaglia, Giovanni Santomauro. Secondo l'ordinanza dei Pm di Salerno imprese legate alla camorra avrebbero ottenuto con l'intervento del primo cittadino lavori pubblici per 5 milioni.

Il sindaco di Battipaglia (Salerno), Giovanni Santomauro, è stato posto agli arresti domiciliari per appalti banditi dal Comune e ottenuti da ditte legate al clan camorristico dei Casalesi. Nell'operazione scattata all'alba, la Dia di Salerno gli ha notificato un'ordinanza per turbativa d'asta, concussione aggravata e abuso d'ufficio.
Il provvedimento, insieme agli altri in corso di esecuzione e notifica da parte della Dia di Salerno, sono stati emessi dal Gip del Tribunale di Salerno, su richiesta della Dda di Salerno, al termine di indagini condotte dalla Dia salernitana su appalti che ditte legate al clan dei Casalesi hanno ottenuto - secondo l'accusa - in maniera illecita dal Comune di Battipaglia.
Tra le persone finite in carcere vi è Nicola Madonna, imprenditore ritenuto dagli investigatori contiguo al clan dei Casalesi. Secondo i risultati delle indagini, attraverso una ditta intestata a un prestanome avrebbe ottenuto dal sindaco di Battipaglia appalti pubblici per oltre cinque milioni di euro. Madonna - sempre stando all'accusa - avrebbe fatto ricorso a un prestanome perchè il fratello Michelangelo è colpito da un'interdittiva antimafia della Prefettura di Caserta. All'operazione scattata all'alba, denominata Alma, oltre alla Dia di Salerno, Napoli, Firenze e Bologna, partecipano i Carabinieri dei comandi provinciali di Salerno, Caserta, Avellino e l'Aquila.

martedì 18 dicembre 2012

Lombardia, finanza in cliniche e in Regione, indagato presidente commissione Senato.



Indagine sulle convenzioni concesse dal Pirellone ad alcune strutture private.

MILANO - Il presidente della Commissione Sanita' del Senato, Antonio Tomassini (Pdl), e' indagato nell'ambito dell'indagine sulle convenzioni concesse dalla Regione Lombardia ad alcune strutture sanitarie private. A Tomassini, secondo quanto si apprende da fonti qualificate, e' stato inviato un avviso di garanzia.
Sono in corso da parte dei finanzieri del Nucleo di Polizia tributaria di Varese, su delega della Procura della Repubblica, una serie di perquisizioni domiciliari in abitazioni e uffici delle sedi di alcune cliniche convenzionate in provincia di Varese ed acquisizioni di documentazione presso l'assessorato alla sanita' della Regione Lombardia.Si ipotizzano i reati di corruzione e concussione, commessi da imprenditori che gestiscono case di cura a Varese e in Provincia, finalizzati all'ottenimento di convenzioni con la Regione Lombardia per l'attivita' sanitaria.
Anche il direttore generale sanità della Lombardia Carlo Lucchina risulta indagato nell'indagine sulle convenzioni concesse dalla Regione ad alcune cliniche private. La Guardia di Finanza, secondo quanto si apprende, avrebbe effettuato questa mattina una serie di perquisizioni nella sua abitazione e negli uffici di Milano. I reati ipotizzati nei confronti dei diversi indagati sono, a vario titolo, concussione e corruzione.
I provvedimenti emessi dalla Procura di Varese - spiegano i finanzieri - sono destinati a consulenti e persone di fiducia di riferimento di politici che intermediavano tra le cliniche private e gli enti locali, amministratori di fatto delle cliniche interessate e i vertici della sanita' lombarda.
Le indagini scaturiscono, spiega la Guardia di Finanza, da inchieste gia' in corso per i reati di bancarotta fraudolenta continuata, falso, truffa ai danni dello Stato, che vedono al centro un gruppo di aziende, operanti nel settore della sanita', alberghiero ed immobiliare che avevano compiuto operazioni societarie e finanziarie concatenate per sottrarsi ai debiti nei confronti di terzi. Ora sono emersi ulteriori elementi relativi a ''gravi fatti di corruzione e concussione connessi alla concessione di convenzioni ed autorizzazioni''.

lunedì 10 dicembre 2012

Processo Ruby, Boccassini: “B. vuole dilatare i tempi per arrivare a elezioni”.


Ilda Boccassini, il capo della Direzione distrettuale antimafia di Milano


E' il commento in aula del procuratore aggiunto di Milano all'assenza ingiustificata della ragazza marocchina che avrebbe dovuto testimoniare oggi. L'avvocato di Karima ha spiegato di aver ricevuto un sms in cui Karima dice di essere all'estero. Scontro difesa e accusa, l'avvocato Ghedini: "Intollerabile, questa è una aggressione".

Il ritorno in campo di Silvio Berlusconi si riverbera immediatamente sui i suoi processi. E così oggi Ruby, la marocchina ospite delle serate ad alto tasso erotico di Arcore quando era ancora minorenne e invano spacciata per la nipote dell’ex presidente egiziano Hosni Mubarak, non si è presentata in aula per testimoniare. “Questa è una strategia per dilatare i tempi, del processo per arrivare alla campagna elettorale” ha affermato il procuratore aggiunto di MIlano Ilda Boccassini nel corso dell’udienza del processo Ruby che vede il leader del Pdl imputato per concussione e prostituzione minorile. La ragazza oggi non si è presentata a testimoniare senza documentare il motivo dell’assenza. E in aula è stato scontro tra accusa e difesa
”Ho cercato di mettermi in contatto con la ragazza, ma il suo cellulare è staccato e anche quello del suo ragazzo, lei mi ha mandato un sms per dire che è all’estero ma non ho la documentazione di questo viaggio e non so quando tornerà ”ha dichiarato Paola Boccardi, legale di Ruby. L’avvocato ha spiegato così l’assenza ingiustificata della giovane che deve testimoniare nel processo a Silvio Berlusconi, citata dalla difesa dell’ex premier. Il legale ha chiarito che non può dire se la ragazza riuscirà ad essere in aula il 17 dicembreNon è la prima che i testi e la stessa Ruby non si presenta in aula: A causa di concomitanti impegni parlamentari non avevano potuto esser presenti in aula i due ex ministri Maria Stella Gelmini e Mara Carfagna il 31 ottobre scorso.  
La difesa dell’ex premier ha chiesto di citare nuovamente Ruby come teste per il 17 dicembre, ma Boccassini ha chiesto la ‘decadenza’ del teste perché non crede ai motivi dell’assenza: che non è “documentata. Io non credo a quello che ci viene prospettato in udienza, questa è una strategia per dilatare i tempi del processo e arrivare in campagna elettorale”. Ghedini ha ribattuto: “Questo è intollerabile, questa è una aggressione alla difesa”. Boccassini ha aggiunto: “Conosco le strategie della difesa dell’imputato Berlusconi da tempo”. I giudici, dopo essersi ritirati in camera di consiglio per valutare tempi e modi dell’eventuale testimonianza di Ruby, hanno citato nuovamente la teste per l’udienza del 17 e hanno dato disposizioni alla Polizia giudiziaria di cercarla “in tutto il territorio nazionale”. I magistrati hanno quindi respinto la richiesta del Pm di considerare ‘decaduta’ la testimone. Se alla prossima udienza non si presenterà i giudice potranno decidere la misura dell’accompagnamento coatto. L’esame della teste “non è superfluo né irrilevante” affermano i giudici che chiedono alle forze dell’ordine rintracciarla “anche acquisendo notizie dalla famiglia d’origine e dal suo compagno”. L’aggiunto Boccassini ha suggerito di fare accertamenti presso gli uffici di immigrazione di diverse questure italiane: “Se è andata all’estero – è il ragionamento del magistrato – dovrebbe risultare”. La presidente del collegio, Giulia Turri, ha assicurato che il tribunale “non lascerà nulla di intentato” per verificare dove si trova Ruby
“Mi sembra di capire che ci fosse fretta da parte della procura di arrivare alla sentenza prima delle elezioni” ha poi affermato fuori dall’aula Ghedini. In aula Boccassini aveva ipotizzato anche la fissazione di un’udienza prima delle festività natalizie per recuperare quella “persa” oggi, a causa dell’assenza di Ruby. ”E’ la Procura di Milano che ha aperto la campagna elettorale”. A un cronista che gli faceva notare come la campagna elettorale sia sbarcata oggi nel processo sul caso Ruby, Ghedini ha risposto: “La campagna elettorale l’ha aperta la procura, che ha chiesto di fare udienza anche a Natale per arrivare a una sentenza che i pm ritengono possa essere di condanna prima delle elezioni”. Secondo Ghedini dunque, i pm milanesi vogliono “un risultato pre-elettorale”.  A chi gli chiedeva invece se la difesa avanzerà legittimi impedimenti per Berlusconi nel corso della campagna elettorale, Ghedini ha risposto: “Lo valuteremo di volta in volta, comunque noi non abbiamo mai opposto legittimi impedimenti”. Ciò che è grave, secondo Ghedini, “è l’accelerazione prima di una campagna elettorale di un processo che si prescriverà nel 2025, un processo che è andato molto più rapidamente di quelli per gli imputati detenuti”. Secondo lo storico legale dell’ex premier, le frasi pronunciate stamani dal pm Ilda Boccassini riguardo alla presunta strategia dilatoria della difesa per arrivare alle elezioni sono “teorie diffamatorie”.
Già in passato la Procura di Milano aveva lamentato le improvvise e a volte ingiustificate assenze dei testi citati chiedendo quindi che per le udienze fossero chiamati in Tribunale a Milano più testimoni. Eppure poco meno di due mesi fa la ragazza, invano spacciata per la nipotina di Mubarak e oggi madre di una bambina, aveva dichiarato che non vedeva l'ora di dire la verità in aula e cioè che alle feste era la meno disinvolta e che non ha mai avuto rapporti sessuali con l’ex premier. Lo stesso Berlusconi ha sempre negato qualsiasi intimità con la ragazza, anche se diverse testi hanno confermato che le serate ad Arcore era un vero e proprio “puttanaio”

venerdì 5 ottobre 2012

Processo Ruby, Valentini: “Mia l’iniziativa di chiamare la Questura”.


Processo Ruby, Valentini: “Mia l’iniziativa di chiamare la Questura”


E' ripartito così, dopo la pausa estiva, il processo a Berlusconi con una udienza dedicata a uno dei temi più delicati del processo; quello sui presunti rapporti di parentela tra la ragazza e il presidente egiziano, Hosni Mubarak. Il Cavaliere ha sempre dichiarato di essere stato convinto che fosse parente del defunto ex rais egiziano.

“Fu una mia iniziativa contattare la Questura di Milano per capire cosa stesse accadendo. Dissi al Presidente Berlusconi che se voleva potevamo intervenire. Lui mi disse: ‘Sì, digli che c’è una ragazza egiziana senza documenti, vedi se ti puoi informare’”. Lo ha raccontato in aula a Milano, al processo Ruby a carico dell’ex presidente del Consiglio, Valentino Valentini, già consigliere per le relazioni internazionali dell’ex premier e citato oggi dalla difesa come teste. Valentini ha ricordato come la notte tra il 27 e il 28 maggio di due anni fa, mentre l’ex capo del Governo accusato di concussione e prostituzione minorile si trovava a Parigi, fu informato del fermo della giovane. In realtà la marocchina e minorenne era stata denunciata dalla coinquilina per furto. Silvio Berlusconi chiamò gli uffici della polizia e sollecitò il rilascio. Sul posto poi arrivarono la Minetti e altre persone. 
Eravamo sull’aereo in attesa di decollare quando il capo scorta chiamò il capo di gabinetto della Questura di Milano, Pietro Ostuni, e gli spiegò la situazione; a quel punto il presidente Berlusconi fece segno di passargli il telefono. Il presidente disse a Ostuni: ‘Ci risulta che c’è una ragazza egiziana sprovvista di documenti e si offrì di mandare la consigliera regionale Minetti per aiutare la identificazione e alla fine disse: ‘Mi risulta che questa ragazza potrebbe essere nipote del presidente egiziano Mubarak”. Qualche giorno dopo, ha raccontato sempre Valentini, Berlusconi ritornò sulla vicenda e “fece un commento colorito: “Sai – disse – quella lì mi ha raccontato una marea di balle. Durante le udienze un agente ha poi confermato che la ragazza, che doveva essere destinata a una comunità come disposto dal pm dei Minorenni, fu mandata via per le pressioni esercitate da Palazzo Chigi. 
E’ ripartito così, dopo la pausa estiva, il processo a Berlusconi con una udienza dedicata a uno dei temi più delicati del processo; quello sui presunti rapporti di parentela tra Ruby e il presidente egiziano, Hosni Mubarak. Berlusconi ha sempre dichiarato di essere stato convinto che la ragazzina fosse parente del defunto ex rais egiziano e durante vertice bilaterale Italia-Egitto a cena chiese a Mubarak di questa parentela. Informazione risultata totalmente priva di fondamento tanto che il conflitto sollevato dalla Camera contro la Procura di Milano era stato bocciato dalla Consulta. Valentini ha parlato di conversazione“confusa” nata attorno al rapporto di parentela tra Ruby e Mubarak. L’ex consigliere ha ricordato in aula il famoso pranzo istituzionale offerto a Roma il 19 maggio 2010 dall’allora capo del Governo all’ex rais. “Durante il pranzo in una fase più rilassata nella quale Berlusconi disse a Mubarak di avere conosciuto una ragazza egiziana di una famiglia a lui vicina che si chiamava Ruby. Valentini, rispondendo alle domande dell’avvocato Niccolò Ghedini, legale di Berlusconi, ha spiegato che “nacque una conversazione piuttosto confusa, una discussione non ordinata” anche tra i rappresentanti della delegazione egiziana perché anche i membri dell’entourage dicevano la loro sul fatto se la giovane fosse o meno la famosa cantante egiziana. Si parlò di un grado di parentela?, ha chiesto Ghedini “No, ma di una familiarità”.
In aula è stata raccolta anche la testimonianza di Giancarlo Galan: “Ricordo che il nome Ruby a un certo punto venne fatto – dice l’ex presidente del Veneto all’epoca ministro dell’Agricoltura -. Il pranzo durò tre ore, io ero seduto due posti a sinistra rispetto a Berlusconi. Non si trattò di una colazione particolarmente entusiasmante, parlava sempre Berlusconi, l’interprete traduceva e Mubarak non era molto brillante. Ricordo che il nome Ruby a un certo punto venne fatto. Onestamente non prestai grande attenzione al dialogo, da quel che capii parlavano di una bella donna egiziana e l’idea che mi feci era che si trattasse di un’attrice o di una cantante”.  Il pm Ilda Boccassini gli contesta un “palese contrasto” con la deposizione resa agli investigatori il 28 gennaio 2011 quando affermò che Mubarak indicò  Ruby come appartenente alla cerchia familiare del presidente egiziano. “L’idea che mi feci era che potesse essere o una parente, o più probabilmente un’attrice o una cantante che frequentava quella cerchia – ribatte Galan -. Era Berlusconi che aveva introdotto quell’argomento e ho avuto l’impressione che Mubarak la conoscesse”. “Com’è che ricorda solo quello che disse Berlusconi e non la riposta di Mubarak?”, chiede Boccassini. “Ascoltavo con molta piu’ attenzione quello che diceva Berlusconi” la risposta.
Prima di Galan, ha testimoniato il diplomatico Bruno Archi, anch’egli presente al pranzo con Mubarak. Anche lui conferma che si parlo’ di Ruby. Gli chiede Ilda Boccassini: “Ci spiega meglio il contesto della frase di Berlusconi su Ruby, che non capiamo come possa avere suscitato l’interesse dei presenti?”. “Berlusconi aveva chiesto a Mubarak se la ragazza facesse parte della sua cerchia familiare, fu questo a suscitare l’interesse”. “Cosa rispose Mubarak?”. “Rimase incuriosito, ma non capì bene la domanda, c’era molta confusione, eravamo a fine pasto e ci furono anche problemi di interpretariato. Mubarak non rispose ma gli altri iniziarono a interloquire dicendo che conoscevano una famosa cantante di nome Ruby”.
Intanto si saprà entro lunedì prossimo se Berlusconi si farà interrogare. L’avvocato Piero Longo, uno dei legali dell’ex premier, su richiesta del presidente del collegio Giulia Turri, ha assicurato che entro l’8 ottobre scioglierà la riserva e comunicherà se l’ex capo del Governo renderà l’esame. Per le dichiarazioni spontanee invece “il campo è libero” ha detto Longo e si possono fare in qualsiasi momento.