sabato 13 marzo 2010

Il reato si fa Stato - Antonio Padellaro




13 marzo 2010
Dopo aver letto il Fatto molti dicono: sapevamo tutto ma non c’erano le prove. Adesso le prove ci sono. L’inchiesta della Procura di Trani ricostruita da Antonio Massari è un documento nitido e conseguente in ogni suo passaggio sul potere assoluto dell’illegalità in Italia. Il reato che si fa Stato. Davvero esemplare quanto dichiarato dall’onorevole avvocato Longo, luminare dei codici e delle pandette al servizio di Berlusconi che, interpellato sulle pressioni esercitate dal premier per bloccare Annozero, ha così sorriso: se lo avesse fatto davvero sarebbe stato encomiabile visto che è una trasmissione noiosa. È il tono canzonatorio di chi sa che tutto è concesso al suo onnipotente cliente e alla vasta e addomesticata corte di ben retribuiti corifei, legulei e burocrati un tanto al chilo. Sembrava dirci, Longo: nessuno può fermarci e tantomeno un piccolo pm pugliese. Del resto, costoro ti ridono in faccia se provi a denunciare lo scandalo di un’Autorità creata indipendente e a garanzia dei cittadini ma non più tale dopo che un suo membro, per giunta recidivo, viene colto mentre trama con i suoi simili Rai per stroncare trasmissioni e conduttori su mandato del suo vero padrone. E che dire del direttore del Tg1 che rivendica il suo diritto a dire e a fare ciò che più gli aggrada con il piglio del gerarchetto: “Io tirerò diritto”. Lo strapotere arrogante che vanta devianza e impunità non nasce per caso. Ad alcuni leader che oggi a Roma si rivolgono a una piazza come sempre generosa di speranze bisognerebbe chiedere dove diavolo erano quando il piccolo autocrate si sistemava al meglio affari e conflitti d’interesse senza che alcuno nel centrosinistra facesse qualcosa per fermarlo.

Oggi leggeremo sui giornali padronali le solite veline sulla giustizia a orologeria. Si tenterà in tutti i modi di ridicolizzare l’inchiesta e chi l’ha condotta, magari denunciando il colore dei suoi calzini. Lo sanno bene che l’unico vero pericolo può venirgli addosso dai tanti piccoli giudici che fortunatamente non si fanno intimidire. Quelli che scavano nella corruzione delle grandi opere. Quelli che portano alla luce i rapporti tra membri del Parlamento e crimine organizzato. Quelli che non si fanno complici di pasticci sulle liste elettorali. Quelli, infine, che svelano ciò che tanti sapevano ma facevano finta di non vedere.

da Il Fatto Quotidiano del 13 marzo 2010

Masi, l’Agcom e la lettera per fermare Santoro -Antonio Massari

13 marzo 2010
Le minacce di B: se non ci riuscite è una barzelletta, dovreste dimettervi. Il garante: per me ci sei solo tu.

Berlusconi chiede – esplicitamente – ai suo fedelissimi dell’Agcom di elaborare una “strategia” per fermare Santoro. E l’Agcom si attiva. Non soltanto l’Authority: si muovono i vertici della Rai, si attiva l’intervento del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, e viene coinvolto persino un membro del Csm. È di “strategia” che parla anche il direttore generale della Rai, Mauro Masi, quando si confronta con il commissario dell’Agcom, Giancarlo Innocenzi, sul tema Santoro: una “strategia” che il Fatto Quotidiano oggi è in grado di rivelare e che vede il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, costantemente informato, giorno dopo giorno, passo dopo passo, di ogni mossa predisposta o da predisporre. Il fattore scatenante si manifesta nel novembre 2009: s’è sparsa la voce che Santoro intende trasmettere una puntata sul “caso Mills”. Berlusconi è stato informato dal direttore di Libero, Maurizio Belpietro, che a sua volta l’ha saputo da Santoro, che l’ha invitato in trasmissione. E il premier non ci sta: si lamenta pesantemente con Innocenzi. Questa puntata gli risulta insopportabile. Chiede a Innocenzi d’intervenire pubblicamente. Gli suggerisce di esprimersi in maniera dura. Molto dura. Lo sollecita a spingersi fino a criticare l’Authority per cui lavora – l’Agcom – accusandola di immobilismo. Innocenzi annuisce. È talmente consenziente da chiedere , a Berlusconi, il permesso di poter spingere l’acceleratore fino in fondo. Berlusconi non ha titoli per concedere – a un membro dell’Agcom – simili permessi. Ma il permesso viene richiesto. E il permesso viene accordato. Anzi – conclude il premier – fammi sapere la “strategia” che avrai elaborato. Ed ecco il sistema: la “strategia” può ruotare intorno a una “lettera”. Dovrebbe firmarla il capo dell’Agcom, Corrado Calabrò, per poi spedirla al direttore generale della Rai, Mauro Masi. A sua volta, Masi, ricevuta la lettera, potrebbe promuovere dei provvedimenti su Santoro. Serve una “lettera” efficace, però, e a consigliarne il contenuto è proprio Masi. È Masi che indica a Innocenzi la strada maestra per intralciare Santoro e Annozero. Siamo al paradosso: il direttore generale della Rai, che dovrebbe tutelare l’azienda, indica all’Agcom la via per incastrare un giornalista della stessa Rai e uno dei programmi di punta dell’azienda. Tra l’altro, parlando con Innocenzi, è lo stesso Masi che rivendica: la Rai è stata “aggiustata”. Non tutta. Ma quasi. Mettiamo il caso di RaiTre: il direttore Ruffini non c’è più.

Anche
Tg1 e Tg2 stanno dando un messaggio diverso rispetto al passato. Persino ilTg3 sarebbe in qualche modo cambiato. Per Santoro , però – dice Masi – la questione è diversa. Nella prima fase della strategia Innocenzi sceglie una strada: non si possono fare “processi” in tv soprattutto se, questi processi, sono in corso nelle aule dei tribunali. Anche le docufiction – che poi saranno bloccate – rappresentano un problema. Ci sarebbe un preciso precedente giuridico sui processi in tv. Insomma: la via intravista da Innocenzi lascia presumere che, in base a questo indirizzo – e all’opportuna “lettera” scritta da Masi e firmata da Calabrò – si possa placcare Santoro e Annozero “prima” che vada in onda. Berlusconi si fa risentire: Innocenzi garantisce che sta lavorando alla “strategia” e che incontrerà, per metterla a punto, persino un membro del Csm. Ma la strada indicata da Innocenzi – quella sui processi in tv – non è adeguata. È il segretario generale dell’Agcom Viola ad accorgersene: parliamo del braccio destro del presidente Calabrò. La situazione si chiarisce quando Innocenzi richiama Masi: ha una busta. Dentro c’è qualcosa di scritto. Gliela lascia in un posto dove Masi può leggerla. Anche in questo caso, Berlusconi, viene tempestivamente informato. Prima, però, il Cavaliere inonda Innocenzi dei soliti improperi: il presidente Calabrò dovrebbe lasciare il suo posto, insieme con tutta l’Agcom, che dovrebbe dimettersi in blocco, visto che è una sorta di “barzelletta”.

Innocenzi prende la sua dose quotidiana di rimproveri e poi rasserena il presidente del Consiglio: Masi ha una copia della bozza della lettera. E redarguisce Innocenzi: questa “lettera”, per come è stata elaborata, può servire dopo le trasmissioni. Non prima. Insomma: se Santoro non sbaglia – e la trasmissione su
Mills non è ancor andata in onda – non lo si può sanzionare. Non avverrebbe neanche nello Zimbabwe. E quindi: bisogna ricominciare da zero. Masi offre ancora i suoi consigli: la vicenda va inquadrata pensando al passato. Per esempio, la trasmissione sul caso di Patrizia D’Addario, aveva offerto molti spunti. E in effetti – nei suoi primi “consigli” a Innocenzi – Masi aveva chiesto di portargli tutto il materiale che l’Agcom aveva raccolto su Santoro e Annozero nei mesi precedenti. La “strategia” si evolve fino a questo punto: una lettera, debitamente compilata e poi firmata da Calabrò, potrebbe mettere Masi nelle condizioni di dire a Santoro che, se dovesse infrangere le direttive, la Rai potrebbe pagare una multa pari al 3 per cento del suo fatturato.

Calabrò – che non cederà alle pressioni – sembra intenzionato a non scrivere testi di questo tenore. Innocenzi – per intervenire su Calabrò – chiama persino
Gianni Letta, che si dice disponibile a rintracciarlo. Niente da fare. Calabrò non firma. Masi invierà comunque la lettera e il tormentone ricomincerà la settimana successiva. Sempre a ridosso dell’ennesima puntata di Annozero. Berlusconi s’inalbera e Innocenzi sopporta. Esibendo ancora una volta la sua obbedienza al Cavaliere: lo rassicura spiegando che, per lui, “esiste” soltanto una persona. L’ha confidato anche a un suo collega. E quella persona – s’intende – è Silvio Berlusconi.

da Il Fatto Quotidiano del 13 marzo 2010



Dell’Utri e la cricca contro la puntata Stato-mafia - Peter Gomez




13 marzo 2010
Le telefonate con il “vecchio amico Fininvest” dell’Autority per sanzionare il programma di Rai Due.

La parola chiave è "concordare". Si perchè gli esposti all'Agcom contro
Michele Santoro nascevano spesso da una serie di telefonate tra il membro, in teoria indipendente, dell'authority,Giancarlo Innocenzi, e esponenti del Pdl. L'esempio più chiaro di questo devastante conflitto d'interessi - Innocenzi è un ex sottosegretario del centro destra e un ex dipendente Fininvest- gli investigatori delle Fiamme Gialle di Bari se lo ritrovano in mano, anzi nei registratori, all'indomani di una puntata di Annozerodedicata alla trattativa Stato-Mafia e alle deposizioni del pentito Gaspare Spatuzza su Marcello Dell'Utri e il premier. È venerdì 11 dicembre, cinque milioni di telespettatori la sera prima hanno seguito la trasmissione. Di buon mattino il senatore Dell'Utri, a Palermo per un'udienza d'appello del processo in cui è stato condannato in primo grado a 9 anni per concorso esterno in associazione mafiosa, chiama l'ex (?) collega. Il tono tra i due è amichevole, confindenziale. Innocenzi gli chiede quando sarà a Roma perchè vuole discutere con lui le contrommosse. Bisogna infatti che l'imputato presenti un esposto contro il programma. E chiede che l'ex big boss di Publitalia gli dia il numero di "un referente" con "cui concordarlo". Così viene messo in contatto con l'avvocato Fininvest, Andrea Greppo. Innocenzi vuole fare una riunione con il professionista per vedere come impostare il documento. Ha molta fretta. Spiega che non c'è tempo da perdere. Ma Greppo non si occupa direttamente di Dell'Utri. Chi segue il caso è uno dei penalisti del parlamentare, l'avvocato Pietro Federico. Il ricorso sarà concordato con lui. "Stabilite come impostarlo e nel giro di 24 ore verrà depositato", dice Greppo. E infatti il lunedì successivo Federico e Innocenzi si sentono e decidono di incontrarsi alla galleria Colonna. La scena è surreale: Innocenzi, che di fatto è un giudice, stabilisce con una delle controparti cosa scrivere e come scrivere in un documento su cui lui stesso sarà poi chiamato a pronunciarsi. La cronaca dice comunque che Dell'Utri finisce per sparare alto. Il suo esposto sarà indirizzato non solo all'Agcom, ma anche al garante per la privacy e, per conoscenza, alla Corte dei Conti. Lo scenario che però si apre davanti agli occhi degli investigatori è chiarissimo.

Gli esposti devono essere presentati a getto continuo in modo che la Rai abbia tra le mani qualche argomento fondato per arrivare a impedire la messa in onda di
Annozero. Che questo sia il vero obbiettivo degli uomini del premier, i quali hanno preparato una sorta di piano, emerge da decine e decine d'intercettazioni, molte delle quali dedicate al secondo grande obbiettivo della lobby: bloccare prima di tutto le docufiction. E visto che non si può prendersela solo con Annozero i controlli e le disposizioni vengono estesi pure ad altri programmi. Il direttore generale della Rai, Mauro Masi, (non indagato a Trani) fa parte pienamente della partita, anche se Innocenzi e suoi amici lo accusano spesso di essere troppo timido. Un'accusa grave. Soprattutto perché Silvio Berlusconi in persona ha chiesto ai suoi di fare di tutto per fermare Santoro. Mercoledì 9 dicembre anzi Innocenzi e il premier hanno fatto il punto della situazione. Il membro dell'authority ha spiegato per telefono al proprietario di Mediaset di aver preparato, assieme a altri quattro colleghi, un ricorso urgente contro la trasmissione più vista di Raidue, ma di aver problemi anche con il presidente dell'autorità di garanzia, Corrado Calabrò, che ha "annacquato" tutto.

Giovedì 10 dicembre, a un paio d'ore dalla messa in onda della puntata su Spatuzza, Masi, da buon soldato, chiama comunque Innocenzi. Questa volta sembra sul piede di guerra. "Ho inviato una nuova diffida a Santoro annunciando che lo sospendo", spiega. Innocenzi invece illustra le mosse decise con gli altri 4 coleghi, e le difficoltà incontrate negli uffici del garante. Masi sembra disperato: "Ma alora Giancarlo che ci sta a fare l'autorità?", dice, "ancora una volta grazie al mitico Calabrò non abbiamo niente in mano". Così alla fine è Masi a intervenire. Non può fermare Santoro, ma almeno riesce a bloccare le
docufiction. Il consiglio di amministrazione dell'azienda è d'accordo. Ma per Innocenzi anche questo è un problema. "Ci hanno fatto fare una figura di cacca, perchè noi siamo rimasti a temporeggiare per mesi" gli dice per telefono una altro membro dell'authority, il professor Stefano Mannoni, già collaboratore de Il Giornale e de Il Foglio. E lui, un po' sconsolato, risponde "Esatto".

da Il Fatto Quotidiano del 13 marzo 2010



venerdì 12 marzo 2010

Protezione civile Connection - Luigi De Magistris

Le indagini espletate dalla Procura della Repubblica di Firenze evidenziano le nuove forme di corruzione. Fatti gravi, inquietanti, diffusi, ma non certamente nuovi. Il sistema criminale è il medesimo di quello ricostruito anche in recenti inchieste giudiziarie. Coincidono contesti, nomi, società. Un sistema criminale che ruota, soprattutto, intorno alla gestione del denaro pubblico. Sodalizi criminali che gestiscono finanziamenti europei, statali e regionali. Gruppi di potere criminale in grado di condizionare ogni settore destinatario di sovvenzioni pubbliche: sanità, ambiente, trasporti, infrastrutture, lavori pubblici, formazione, informatica. Tutto, senza che venga lasciato uno spicchio alla rapacità del crimine dei colletti bianchi. Controllano e depredano i fondi destinati per superare l´emergenza ambientale: per smaltire i rifiuti, per depurare le acque, per garantire l’acqua quale bene pubblico, per la lotta alle ecomafie. Arraffano i soldi destinati alle calamità naturali: per i terremoti, per le alluvioni, per i disastri ambientali. Si arricchiscono sulla salute dei cittadini. Prendono soldi mentre la gente si impoverisce e/o muore.

Roba da far accapponare la pelle. Si foraggiano politici corrotti e prenditori di soldi pubblici, si alimenta illecitamente la stessa attività politica. È un sistema collaudatosi nel corso degli anni e realizzato insieme da una fetta consistente della classe politica - in modo assolutamente trasversale -, da imprenditori che si sono arricchiti attraverso un rapporto illecito preferenziale con la politica che poi, a loro volta, finanziano e rafforzano con il voto, dalla mafia imprenditrice ed istituzionale che partecipa alla ripartizione della torta pubblica , da pezzi di ceti istituzionali, anche deputati ai controlli di garanzia e di legalità. Nei luoghi della gestione illecita del potere partecipano anche magistrati, funzionari pubblici, rappresentanti delle forze dell’ordine e della sicurezza. Nella ripartizione della torta mettono loro prestanome. Nel mercimonio delle pubbliche funzioni operano direttamente. Ne ottengono potere, incarichi, prestigio, partecipazione alla gestione di fatti politici ed istituzionali ad altissimo livello.

Non é, quindi, un caso che, nelle carte delle inchieste di Firenze e Perugia, si rinvengono nominativi di persone coinvolte anche nelle inchieste
Why Not ePoseidone da me dirette, o in quelle condotte dal pm Woodcock, quando prestava servizio a Potenza. Imprenditori, monsignori, magistrati, personale dei servizi. Un sistema criminale - corrotto e mafioso - che opera con il collante di servizi segreti (deviati?) e di massonerie deviate.

Nelle ultime inchieste un ruolo inquietante l’hanno svolto alcuni magistrati. Uno per tutti, il procuratore aggiunto di Roma dottor
Toro, ovviamente addetto alla sezione reati contro la pubblica amministrazione. Un gerarca della correntocrazia. Magistrato il cui nome comparve al disonore della cronaca per la vicenda criminale dei furbetti del quartierino. Magistrato il cui nome emergeva nelle indagini - con intercettazioni dal contenuto imbarazzante sul piano morale, ma utili per far carriera in magistratura - effettuate dal dottor Woodcock nei confronti del dottorBarbieri (altro magistrato in servizio tra la Procura di Roma ed il ministero della Giustizia, un altro correntocrate). Magistrato, sempre il Toro, il cui nome compare, unitamente ad altri - tra cui il dottor Nebbioso, anche lui nelle carte dell´inchiesta di Firenze ed anche lui Caronte tra gli uffici romani ed il Ministero della Giustizia - nell´inchiesta Why Not. Magistrato che, poi, si é occupato incredibilmente - anzi ovviamente - di indagare su Why Not e su alcuni protagonisti di quella straordinaria inchiesta (bloccata con ogni mezzo illegale e con un dispiego di forze istituzionali senza precedenti).

Come scrisse
Domenico Starnone, normale devianza. I deviati siamo noi, gli altri sono i normali, i normalizzatori, i conformisti, quelli che prevengono le raccomandazioni del potere prima ancora di riceverle. Potrei continuare ancora, ma molte cose sono nelle stanze segrete di uffici giudiziari che spero ricostruiranno la verità. La questione morale non appartiene solo alla politica. E sarebbe anche interessante comprendere perché il Toro si é dimesso così velocemente e che cosa é avvenuto quando i magistrati romani, ai più alti vertici, sono venuti al corrente degli sviluppi clamorosi ai quali stava conducendo l’indagine di Firenze. E´ la Procura di Perugia, adesso, l´Ufficio che ha il compito più delicato. Quello di capire fino in fondo che cosa é avvenuto ai vertici del più importante ufficio giudiziario d´Italia. E materiale, recente e meno recente, é immane. La luce deve diradare le nebbie, il fresco profumo di libertà deve eliminare il puzzo del compromesso morale.

da
il Fatto Quotidiano del 12 marzo

http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578&id_blogdoc=2454612&yy=2010&mm=03&dd=12&title=protezione_civile_connection


Così Berlusconi ordinò: "Chiudete Annozero" - Antonio Massaro




12 marzo 2010

L’indagine di Trani coinvolge il premier, Innocenzi (Agcom) e il direttore del Tg1. Santoro nel mirino: “Chiudere tutto”

Silvio Berlusconi voleva "chiudere" Annozero. Un membro dell'Agcom – dopo aver parlato con il premier - sollecitava esposti contro Michele Santoro. Il direttore del Tg1 Augusto Minzolini – al telefono con il capo del governo – annunciava d'aver preparato speciali da mandare in onda sui giudici politicizzati. E le loro telefonate sono finite in un fascicolo esplosivo. Berlusconi, Minzolini e il commissario dell'Agcom Giancarlo Innocenzi: sono stati intercettati per settimane dalla Guardia di Finanza di Bari, mentre discutevano della tv pubblica delle sue trasmissioni. E nel procedimento aperto dalla procura di Trani - per quanto risulta a Il Fatto Quotidiano – risulterebbero ora indagati. Lo scenario da “mani sulla Rai” vien fuori da un'inchiesta partita da lontano. L'indagine .- condotta dal pm Michele Ruggiero – in origine riguardava alcune carte di credito dellaAmerican Express. È stata una “banale” inchiesta sui tassi d'usura, partita oltre un anno fa, ad alzare il velo sui reali rapporti tra Berlusconi, il direttore generale della Rai Mauro Masi (che non risulta tra gli indagati), il direttore del Tg1 e l'Agcom. Quelle carte di credito, in gergo, le chiamavano “revolving card”. Sono marchiateAmerican Express e, secondo l'ipotesi accusatoria, praticano tassi usurai sui debiti in mora. In altre parole: il cliente, che non restituisce il debito nei tempi previsti, rischia di pagare cifre altissime d'interessi. E così Ruggiero indaga. Per mesi e mesi. Sin dagli inizi del 2009.

Fino a quando una traccia lo porta su un'altra pista. Il pm e la polizia giudiziaria scoprono che qualcuno – probabilmente millantando – è certo di poter circoscrivere la portata dello scandalo: qualcuno avrebbe le conoscenze giuste, all'interno dell'
Agcom, che è Garante anche per i consumatori. Qualcuno vanta – sempre millantando – di avere le chiavi giuste persino al Tg1: è convinto di poter bloccare i servizi giornalistici sull'argomento, intervendo sul suo direttore, Augusto Minzolini. Le telefonate s'intrecciano. I sospetti crescono. L'inchiesta fa un salto. E la sorte è bizzarra: Minzolini, il servizio sulle carte di credito revolving, lo manderà in onda. Ma nel frattempo, la Guardia di Finanza scopre la rete di rapporti che gravano sull'Agcom e sulla Rai. Telefonata dopo telefonata si percepisce il peso di Berlusconi sulle loro condotte. Gli investigatori si accorgono che il presidente del Consiglio è ciclicamente in contatto con il direttore del Tg1. La procura ascolta in diretta le pressioni del premier sull'Agcom. Registra la fibrillazione per ogni puntata di Annozero. Sente in diretta le lamentele del premier: il cavaliere non ne può più. Vuole che Annozero e altri “pollai” - come pubblicamente li chiama lui - siano chiusi. E l'Agcom deve fare qualcosa. Berlusconi al telefono è esplicito: quando compulsa Innocenzi - che dovrebbe garantire lo Stato, in tema di comunicazione - parla di chiusura. E Innocenzi non soltanto lo asseconda. Ma cerca di trovare un modo: per sanzionare Santoro e la sua redazione servono degli esposti. E quindi: si cerca qualcuno che li firmi.

I ruoli si capovolgono: è l'
Agcom che cerca qualcuno disposto a firmare l'esposto contro Santoro. Innocenzi è persino disposto, in un caso, a fornire, all'avvocato di un politico, la consulenza dei propri funzionari. La catena si rovescia: un membro dell'Agcom (che svolge un ruolo pubblico), intende offrire le competenze dei propri funzionari (pagati con soldi pubblici), a vantaggio di un politico, per poter poi sanzionare Santoro (giornalista del servizio pubblico). In qualche caso si cerca persino di compulsare, perchè presenti un esposto, un generale dei Carabinieri. L’immagine di Berlusconi che emerge dall’indagine è quella di un capo di governo allergico a ogni forma di critica e libertà d’opinione. Si lamenta persino della presenza del direttore di Repubblica, Ezio Mauro, a Parla con me: Serena Dandini, peraltro, è recidiva. Ha da poco invitato, come sottolinea il premier, anche il fondatore di Repubblica, Eugenio Scalfari. Il premier si scompone: nello studio della Dandini, due giornalisti (del calibro di Mauro e Scalfari), l'hanno attaccato. Chiede se - e come - l'Agcom possa intervenire. Innocenzi ci ragiona. Sopporta telefonate quotidiane. Berlusconi incalza Innocenzi, ripetutamente, fino al punto di dirgli che l'intera Agcom, visto che non riesce a fermare Santoro, dovrebbe dimettersi.

Il premier intercettato dimostra di non distinguere tra il ruolo dell'Agcom e il suo ruolo di capo del Governo. Pare che l'Autorità garante debba agire a sua personale garanzia. Gli sfugge anche che, l'Agcom, può intervenire soltanto dopo, la trasmissione di
Annozero. Non prima. E infatti – dopo aver raccolto lo sfogo telefonico di Innocenzi sulle lamentele di Berlusconi – un giorno, il dg della RaiMauro Masi, è costretto ad ammettere: certe pressioni non si ascoltano neanche nello Zimbabwe.

Il parossismo, però, si raggiunge a fine anno. Quando Santoro manda in onda due puntate che faranno audience da record e toccano da vicino il premier. La prima: quella sul processo all'avvocato inglese
Mills, all'epoca indagato per corruzione, reato oggi prescritto. La seconda: quella sulla trattativa tra Stato e Cosa Nostra, dove Santoro si soffermerà sulle deposizioni di Spatuzza, in merito ai rapporti tra la mafia e la nascita di Forza Italia. Non si devono fare, in tv, i processi che si svolgono nelle aule dei tribunali, tuona Berlusconi con il solito Innocenzi. Secondo il premier – si sfoga Innocenzi con Masi – si potrebbe dire a Santoro che non può parlare del processo Mills in tv. Non è così che funziona, ribadice Masi. Non funziona così neanche nello Zimbabwe. Comunque Masi non risparmia le diffide.

Per il presidente della Rai non mancano le occasioni di minacciare la sospensione di Santoro e della sua trasmissione. A ridosso della trasmissione su Spatuzza, al telefono di Innocenzi, si presenta anche
Marcello Dell'Utri. Tutt'altra musica, invece, quando il premier parla con Minzolini, che Berlusconi chiama direttorissimo. Sulle vicende palermitane, Minzolini fa sapere di essere pronto a intervenire, se altri dovessero giocare brutti scherzi. E il giorno dopo, puntuale, arriva il suo editoriale sul Tg1: Spatuzza dice “balle”. Tutte queste telefonate, confluite ora in un autonomo fascicolo, rispetto a quello di partenza, dovranno essere valutate sotto il profilo giudizario. Se esistono dei reati, dovranno essere vagliati, e se costituiscono delle prove, avranno un peso nel procedimento. È tutto da vedersi e da verificare, ovviamente, ma è un fatto che queste telefonate sono “prove” di regime. Dimostrano la impercettibile differenza tra i ruoli del controllato e del controllore, del pubblico e del privato.

Le parole di Berlusconi che, mentre è capo del Governo e capo di
Mediaset, parla da capo anche a chi non dovrebbe, Giancarlo Innocenzi, dimostrano che viene meno la separazione tra i due poteri. Altrettanto si può dire delle parole deferenti di Innocenzi che anziché declinare gli inviti esibisce telefonicamente la propria obbedienza e rassicura Berlusconi: presto sarà aperto lo scontro con Santoro. Dietro le affermazioni sembra delinearsi un piano. È soltanto un'impressione. Ma il premier sostiene che queste trasmissioni debbano essere chiuse, sì, su stimolo dell'Agcom, ma su azione della Rai. Tre mesi dopo questi dialoghi, assistiamo alla sospensione di Annozero, Ballarò, Porta a porta e Ultima parola proprio per mano della par condicio Rai, nell'intero ultimo mese di campagna elettorale. E quindi: la notizia di cronaca giudiziaria è che Berlusconi, Innocenzi e Minzolini, sono coinvolti in un'indagine.

La notizia più interessante, però, è un'altra: il “regime” è stato trascritto. In migliaia di pagine. Trasuda dai brogliacci delle intercettazioni telefoniche. Parla le parole del “presidente”. Il territorio di conquista è la Rai: il conflitto d'interesse del
premier Silvio Berlusconi – grazie a questi atti d'indagine - è oggi un fatto “provato”. Non è più discutibile.

Da il Fatto Quotidiano del 12 marzo



giovedì 11 marzo 2010

La Torta dell 'Expo 2015 - Intervista a Gianni Barbacetto

Telekom Serbia e quell’assegno alla moglie di Bocchino - Marco Lillo

11 marzo 2010

Telekom Serbia si conferma sempre più croce e delizia per Italo Bocchino e sua moglie. Il vicepresidente del gruppo del Pdl alla Camera e Gabriella Buontempo, in passato sono riusciti a salvare il giornale di lui (Il Roma) e la casa di produzione cinematografica di lei (Goodtime) grazie ai fondi di Loris Bassini, l’uomo chiave del rientro in Italia dei 22 miliardi della "mediazione" incassata dal conte Gianni Vitali per l’affare da 900 miliardi di lire del 1997. Ora i coniugi Bocchino sono nel mirino del loro ex salvatore. L’ufficiale giudiziario il 5 novembre scorso ha bussato alla porta dell’appartamento intestato a Bocchino, in Corso Vittorio, a Roma, per tentare un pignoramento presso terzi. L’appartamento appartiene al deputato ma la moglie ne è usufruttuaria e proprio contro di lei Bassini ha messo in moto la giustizia. Il finanziere vanta un credito di 800 mila euro verso la società di produzione Goodtime Sas di Gabriella Buontempo, figlia di Eugenio, imprenditore napoletano celebre per la sua latitanza nel 1993.
Il credito ha una storia tutta particolare. Bassini, 55 anni nato a Predappio, è l’uomo che ha fatto girare sui conti della sua fiduciaria a San Marino i 22 miliardi di lire percepiti dal conte Vitali per il suo intervento sui serbi che portò
Telecom Italia a realizzare l’acquisizione nel 1997. Su quella vendita e sui miliardi volati verso l’Italia a margine dell’operazione, centinaia di giornalisti, parlamentari e magistrati hanno indagato per anni alla ricerca delle inesistenti mazzette del centrosinistra. Nel 2003 la maggioranza di Silvio Berlusconi, uscì dall’angolo mediatico delle leggi ad personam, proprio armando una canea in commissione parlamentare Telekom con i documenti portati da un certo Antonio Volpe.

Su quei falsi bonifici intestati a “Mortad e Ranoc” e sulle dichiarazioni farneticanti del "superteste",
Igor Marini, il Parlamento ha lavorato a vuoto per un anno. Italo Bocchino allora ha giocato due ruoli in questa partita. Nel 2001 lui e sua moglie hanno chiesto e ottenuto da Bassini (rispettivamente come anticipazione su crediti del Roma verso la presidenza del consiglio e come finanziamento alla Goodtime) poco più di 4 miliardi di vecchie lire.
Nel 2003, quando la commissione parlamentare cercava la verità e Bocchino ne era membro, invece di indicare la pista che passava dalla finanziaria del suo compagno di serate romane e di affari finanziari, il deputato di
An cominciò a brigare con una serie di strani consulenti e faccendieri in contatto con truffatori della peggior risma legati da una catena che porterà poi le carte in commissione.
Oggi Loris Bassini, reduce da processi e arresti per truffa e bancarotta, dice: "Bocchino ha sempre saputo del mio coinvolgimento nella vicenda
Telekom. Sapeva che i soldi della Finbroker provenivano dalla mediazione del conte Vitali perTelekom Serbia".
Bocchino al
Fatto replica: "Nel 2001 non sapevo nulla. Bassini mente. Solo quando ho letto il suo nome sui giornali ho saputo che aveva a che fare con Telekom. Quanto al credito vantato, per ora il giudice non gli ha permesso di incassare con decreto ingiuntivo. Ora aspettiamo la pronuncia nel merito. Bassini ha prestato i soldi alla sua compagna, Silvana Spina, che era socia di mia moglie. Non può vantare nulla dalla mia famiglia".

Sul punto, molto delicato, della conoscenza da parte di Bocchino della provenienza dei fondi prestati al Roma, i pm di Torino non hanno creduto al vicepresidente del Pdl. La Procura nel 2004 in un suo provvedimento cita un fax spedito da Bocchino dopo le prime notizie di stampa a Silvana Spina nel quale il deputato contesta alla socia della moglie di non avere mai detto nulla sulla provenienza dei fondi.
Ebbene, per i pm, quel fax era concordato. Nel marzo del 2004 alla Procura di Torino giunse una lettera anonima che è agli atti nella quale si legge: "Rizzo (amico di Bocchino e di Antonio Volpe che teneva i contatti con entrambi e si interessava della questione Telekom Ndr) voleva depistare
Finbroker di cui aveva parlato il conte Vitali e temeva accertamenti della Commissione perché i soldi di Vitali non li ha presi solo Bassini ma anche Rizzo e i suoi amici di An, che temono la verità perché ne uscirebbero distrutti politicamente. Chi sa molto al riguardo è Silvana Spina".
Ovviamente si tratta di una lettera anonima che non è stata riscontrata dai magistrati. Ma chi l’ha scritta conosceva bene i fatti.

da il Fatto Quotidiano dell'11 marzo

http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578&id_blogdoc=2453965&yy=2010&mm=03&dd=11&title=telekom_serbia_e_quellassegno