mercoledì 5 maggio 2010

Il braccio Violante della legge - Marco Travaglio



4 maggio 2010
Non fai in tempo a elogiare un politico che quello si dà subito da fare per smentirti. Ci era piaciuta la reazione cazzuta diBersani, incalzato ad Annozero. Soprattutto quando aveva detto che “la nostra Costituzione è la migliore del mondo” e, salvo qualche aggiornamento, il Pd intende difenderla con le unghie e coi denti così com’è. Si sperava che il segretario Pd avvertisse subito della svolta i due responsabili del partito per le riforme – Andrea Orlando (Giustizia) e Luciano Violante (istituzioni) – affinché riponessero dialoghi e tavoli finalizzati a “riforme condivise” e si preparassero alla pugna. Invece apprendiamo da Repubblica che Orlando insiste sulla linea tracciata nel memorabile articolo pubblicato sul Foglio di Giuliano Ferrara (forse nella speranza che non lo leggesse nessuno) dal titolo “Caro Cav, il Pd ti offre giustizia”.

Lì, accanto a idee condivisibili come la soppressione dei piccoli tribunali, si leggono autentiche perle di berlusconismo in salsa piddina: almeno tre sintomi della sindrome di Stoccolma, anzi di Arcore, che da anni porta il centrosinistra a subire l’agenda berlusconiana che non punta a riformare la Giustizia per farla funzionare, ma a riformare i magistrati per limitarne l’indipendenza. Primo: “Ridefinire l’obbligatorietà dell’azione penale… individuando le priorità” dei reati da perseguire e da ignorare. Secondo: “Riforma del sistema elettorale del Csm che diluisca il peso delle correnti della magistratura associata”, accompagnata da “una sezione disciplinare distinta” per i magistrati, che finirebbero nelle mani di un organo esterno. Terzo: “Rafforzare la distinzione dei ruoli tra magistrati dell’accusa e giudici” e “i limiti temporali di permanenza nei diversi uffici”, e addirittura “limitare l’elettorato passivo dei magistrati, in particolare di quelli che hanno svolto attività requirenti” (cioè: non si rendono ineleggibili i delinquenti, ma i pm).

Nemmeno una parola sull’abrogazione delle leggi vergogna (
ex Cirielli sulla prescrizione breve, depenalizzazione sostanziale del falso in bilancio e dell’abuso d’ufficio) o sulla necessità di ratificare la Convenzione europea anti-corruzione firmata 11 anni fa dall’Italia e mai tradotta in legge, che punisce il “traffico d’influenze” (il pappa e ciccia gelatinoso, con scambi di soldi e favori, come nel caso della Protezione civile e di casa Scajola). Oltre a richiedere modifiche costituzionali, e dunque uno snaturamento di quella che Bersani definisce giustamente la Costituzione più bella del mondo, le proposte di Orlando ricalcano quelle avanzate a suo tempo dall’anima nera del Pd in materia: Violante. E offrono una sponda formidabile alle porcherie targate Al Fano e Al Nano, proprio mentre i finiani se ne smarcano.

Perdipiù sono follia pura: se si ritiene che i magistrati non possano o non debbano perseguire tutti i reati previsti dal Codice penale, tanto vale depenalizzare quelli in esubero, anziché metterli in coda alle “priorità”. Che senso ha mantenerli come delitti e dire ai cittadini “questo è vietato, ma se lo fai ti perdoniamo”? Oltretutto le “priorità”, essendo una scelta politica, le dovrebbe indicare il governo o il Parlamento, così la politica darebbe ordini alle procure in barba alla separazione dei poteri e all’indipendenza della magistratura sancite dalla Costituzione più bella del mondo. Altrettanto pericoloso il via libera a toccare il
Csm: siccome il Pd è minoranza, aprire quel vaso di Pandora consente alla maggioranza di riempirlo come gli pare, aumentandovi i membri politici a scapito dei togati (come peraltro proposto a suo tempo da quel genio di Violante).

A questo punto, delle due l’una: o il piccolo Orlando non ha visto Bersani ad Annozero; o l’ha visto, ma non l’ha capito. Bersani dovrebbe fargli un riassunto, magari con l’ausilio di qualche disegnino. In caso contrario, dovremo dedurne che Bersani pensa di riformare con
Berlusconi la miglior Costituzione del mondo, per trasformarla nella peggiore.

da il Fatto Quotidiano del 4 maggio


martedì 4 maggio 2010

Palazzo Lunardi - Marco Lillo



4 maggio 2010

Coincidenze: maxi affare comprando da Propaganda Fide, stesso notaio del collega ministro, stesso periodo d’acquisto

C’è un palazzetto nel cuore di Roma che attira l’attenzione della Procura di Perugia. Si trova in via dei Prefetti, a cinquanta metri dalla Camera dei deputati e oggi appartiene alla famiglia
Lunardi. Lo stabile è stato comprato dai Lunardi nel 2004 da un ente religioso nel quale era influente consigliere Angelo Balducci e se n’è interessato - come architetto - proprioAngelo Zampolini, l’uomo che ha portato gli assegni di casa Scajola.

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Scajola si è dimesso - Luca Telese



4 maggio 2010

Se Scajola scappa dalla conferenza stampa senza rispondere.

Alla fine il ministro si è dimesso: “Mi devo difendere. E per difendermi non posso continuare a fare il ministro”. Ma io vi chiedo scusa. Solo allora, alla fine della conferenza stampa di
Scajola mi sono accorto che stavo urlando: “Ministro, risponda alle domande! Un ministro non può andarsene senza rispondere! Ministrooo!!!”. Niente da fare: Scajola è scappato via con la bocca cucita, si è volatilizzato nei corridoi, circondato, protetto e inseguito da un codazzo di commessi e di collaboratori, ufficiostampisti. Vi chiedo scusa perché ripensandoci ho avuto un senso di rimpianto e di impotenza: avrei potuto essere più greve, beffardo, ironico. Forse avrei ottenuto una reazione dall'uomo di Imperia, quello di “Ho dato io l'ordine di sparare a Genova”, quello del volo “ad personam” Albenga-Roma (a spese dell'Alitalia), quello di Marco Biagi “il rompicoglioni” che voleva la scorta e si è fatto persino ammazzare dalle Brigate Rosse. Vi chiedo scusa perché noi giornalisti italiani siamo ancora abituati ai codici della buona educazione: di solito ascoltiamo cosa dicono i politici, e poi facciamo le domande. Non immaginiamo che esista l'ipotesi della fuga immediata dell'interessato.

Invece, di fronte al cipiglietto corrucciato di Scajola, alla sua patetica lamentela sulla “campagna mediatica senza precedenti che mi ha colpito” (evidentemente si è scordato del caso
Marrazzo), di fronte al ridicolo fervorino per il “lavoro indefesso” svolto al ministero, non sono riuscito a produrre in diretta l'unica verosimile risposta che Scajola meritava: una pernacchia. Oppure un sonoro “Mi faccia il piacere!”, alla Totò. Non mi è venuto. Non siamo tarati per questo. Non ci spetta la parte dei pubblici accusatori e io credo che sia giusto non farlo. Il nostro lavoro è fare delle domande, cercare delle notizie, provare ad ottenere delle risposte. Eppure, quando si abbassa la soglia di decenza pubblica, quando sono i politici a far venire meno la soglia del rispetto, forse dovremmo prendere delle contromisure, fare delle eccezioni. Quando il ministro Scajola, con aria indignata dice: “Un ministro non può sopportare di abitare in una casa pagata da altri”, è difficile prenderlo sul serio (cosa si immagina di fronte a tanta sofferenza? Commossa solidarietà?). Quando il ministro aggiunge che “Se dovessi acclarare di abitare in una casa che è stata in parte pagata da altri senza saperne il motivo, il tornaconto e l'interesse, i miei legali avvierebbero immediatamente le operazioni necessarie per l'annullamento del contratto!”. Insomma, la linea è questa: Scajola si sente una povera vittima, perseguitata dai perfidi giornalisti, e ora, forse, ha scoperto un terribile raggiro. Lui pensava di comprare una piccola casetta da seicentomila euro, e un terrificante complotto, per impedire la sua solare carriera da statista, ha portato una scaltra cricca a regalargli novecentomila euro a sua insaputa (che insopportabile violenza). Un collega giornalista, Mattia Feltri, alla fine della conferenza stampa ha commentato: “Correva un grande rischio. E ha preferito passare per imbecille piuttosto che per ladro. Dopotutto è peggio”. Battuta meravigliosa, che però non sottoscrivo. Ho l'impressione che il rischio non sia stato sventato.



LEGGI:
Da Anemone a Zampolini, il cast delle "Case sporche"

Imperia, sul porto l’ombra Balducci-“Sciaboletta” di Pino Giglioli

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Intervista al maresciallo Vincenzo Lo Zito




Il partito della corruzione è il primo partito italiano.

Strefania Petyx e il sistema dei progettini. Commentate e denunciate anche voi!




Voti di scambio a Palermo.
Ecco perché a Palermo vincono sempre i peggiori.
Ecco perché la città, diventata un luogo fatiscente in completo abbandono, vanta un debito pubblico stratosferico!

La Rai e i super appalti - Carlo Tecce



4 maggio 2010
Milioni per le produzioni esterne. Su tutte Endemol e Magnolia

Centinaia di milioni transitano per la Rai. E poi scappano via, distribuiti tra appalti, consulenze e produzioni esterne. Le serie televisive a puntate, girate in Tunisia o in Marocco, assorbono la parte più cospicua della torta: 208 milioni di euro per l'anno in corso, 21 società coinvolte, 31 titoli di
fiction da inserire nei palinsesti. Per partecipare alla maratona occorre un capitale di 10 mila euro, un indirizzo, un numero telefonico e una sede. Anche se i maratoneti sono i soliti: noti perché multinazionali, parenti o amici di mamma Rai. Politica e servizio pubblico.

Scoprire le carte fa irritare: il deputato
Italo Bocchino perché la moglieGabriella Buontempo lavora (da molto) con Goodtime per la Rai, Marco Bassetti perché la sua Endemol (30 per cento di Mediaset dal 2007) – secondo il medesimo Bocchino – domina la spartizione di viale Mazzini. Un intreccio dove pochi perdono e molti guadagnano. Endemol ha usufruito di un contratto particolare che prevede il minimo garantito: la Rai paga in anticipo, la società offre programmi e fiction. Soltanto nel 2006-07, nei mesi dell'operazione con la berlusconiana Mediaset, la Endemol ha incassato 45 milioni. La collaborazione è trasversale: inizia la mattina con Verdetto Finale (all'interno di Unomattina), prosegue all'ora di pranzo con la Prova del cuoco e chiude la giornata con Donna Detective.

Tre nomi per fare un esempio. Un veloce esempio. Non può lamentarsi la
Magnoliadi Giorgio Gori: l'Isola dei Famosi, l'Eredità e X-Factor valgono 30 milioni di euro. Il podio dei migliori (e più proficui) è completato da Bibì Ballandi: tratta grandi nomi e grandi capitali, da Gigi D'Alessio a Milly Carlucci (Ballando con le stelle) per un giro d'affari di 20 milioni. Scoperto l'appalto alla suocera diGianfranco Fini, la mamma della Tulliani che confezionava Per Capirti, a viale Mazzini – appena pronunci la parolina politica – avvicinano le mani alla bocca: silenzio. E poi fanno scivolare: "Guardate la Ldm, in ascesa come un razzo". La Ldm spazia da I raccomandati e Butta la luna, s'infila con scioltezza nei campi aperti con la stessa disinvoltura del capo Piero Di Lorenzo, professionista e imprenditore romano, consulente (Beretta-Di Lorenzo&partners), immobiliarista (Edilnord 2000).

Fonti qualificate ripercorrono la carriera in Rai della
Ldm: "Nasce da una costola di Alleanza nazionale, più vicina a Gasparri che a Fini, cresce nella Forza Italia che sarà Pdl". Il senatore Gasparri è deciso: "Non mettiamo voci su mia moglie. Infondate. Ha solo collaborato alla stesura di un libro, non c'entra nulla con la Rai". Conosce Di Lorenzo? "Certo, come tanti altri. Anche lei". Eppure c'è un legame tra la galassia Pdl e la Ldm. Il filo conduttore è Laura Tecce, spalla di Amadeus nel contenitore Cuore di Mamma (70 puntate su RaiDue). La Tecce è rientrata a viale Mazzini con una doppia esperienza: da giornalista a SkyTg24 e da ufficio stampa diScajola al ministero dello Sviluppo economico. Per una suggestiva coincidenza, ieri nelle stanze della direzione risorse televisive – lì dove passano e ripassano i contratti – girava una lettera del direttore Liofredi (RaiDue) che chiedeva l'ingaggio per un autore-regista di Cuore di Mamma per l'anno prossimo.

Postilla: il programma ha un cattivo rapporto con l'audience, non esiste il palinsesto per il 2011. Appena varcò il portone di Montecitorio, forse a malincuore, Luca Barbareschi lasciò le quote della Casanova che prepara due fiction da 6 milioni di euro. Sigle storiche: la Lux della famiglia Bernabei, oggi gestita da Matilde, moglie di Giovanni Minoli. La Ciaoragazzi di Claudia Mori. La Einstein di Luca Josi, l'ultimo discepolo di Craxi. Appalti e subappalti: il 45 per cento dei programmi viene affidato a minuscole società. Parafrasando un consigliere di amministrazione: "Nei rivoli sguazza la fuffa".

Da
il Fatto Quotidiano del 4 maggio

http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578&id_blogdoc=2483717&yy=2010&mm=05&dd=04&title=la_rai_e_i_super_appalti


Scajola si è dimesso - Marco Lillo



3 maggio 2010

ULTIM'ORA: il ministro ha letto un comunicato di 30 righe e non ha risposto alle domande dei giornalisti. La sua linea difensiva: forse mi hanno fatto un regalo a mia insaputa

Scajola, troppe bugie per 80 assegni, di Marco Lillo (03/05/10): "Il ministroClaudio Scajola sta pensando di dimettersi. Comunque si concluda questa vicenda, il caso Scajola sta diventando un buon test del rapporto tra politica e verità. Mai come in questo caso si è toccata con mano la distanza tra la prima e la seconda. Nemmeno di fronte all'evidenza i politici italiani accettano una verità che urta con i loro affari personali e politici. Scajola forse si dimetterà o forse resterà al suo posto. Non è questo il punto.

Il punto è che continua a negare la realtà con interviste a tutta pagina senza che nessuno gli ricordi i limiti della decenza. Scajola nega non solo di avere pagato un milione e 700 mila euro un appartamento con vista sul Colosseo per il quale ha dichiarato al fisco 610 mila euro. Ma nega persino che le venditrici, le sorelle Papa, abbiano dichiarato il contrario agli inquirenti. In una delle tante interviste concesse sabato scorso nel disperato tentativo di sostenere una tesi smentita da tre testimoni (l'architetto
Angelo Zampolini e le sorelle Papa), Scajola sostiene che quello sarebbe il prezzo comune per un simile gioiellino e nega nell'ordine: 1) di avere pagato 1,7 milioni; 2) di avere versato 200 mila euro in contanti come acconto; 3) di avere ricevuto 80 assegni per complessivi 900 mila euro dall'architetto Zampolini per pagare la casa.

Per il ministro quella massa di soldi di dubbia provenienza monetizzati in contanti e assegni circolari (per complessivi 1,1 milioni) non sarebbe mai esistita. Per gli inquirenti invece queste somme sono state la contropartita dell'appartamento insieme ai 600 mila euro versati da Scajola in assegni circolari provenienti dal mutuo acceso con il Banco di Napoli e al bonifico di 10 mila euro proveniente dal conto del ministro. Ciascuna signora Papa ha dichiarato di avere ricevuto 100 mila euro in contanti più 750 mila in assegni circolari (450 mila provenienti dai conti di Zampolini e 300 mila provenienti dal mutuo di Scajola) mentre per Scajola gli assegni di Zampolini e il contante in questa storia non esistono. Qualcuno mente.

Ai quotidiani che chiedevano se avesse fatto un versamento di 200 mila euro in contanti, come dichiarato dalle venditrici, Scajola ha risposto: “assolutamente no. E comunque io non ho letto queste dichiarazioni delle sorelle Papa. Ho visto solo i resoconti giornalistici, tra l’altro contraddittori. Ad esempio sulla posizione del notaio, che secondo un giornale confermerebbe quanto sostenuto dalle sorelle Papa, mentre secondo un’altra testata lo negherebbe".

Mentre a chi gli chiedeva perché l'architetto di
Diego Anemone, Angelo Zampolini, avesse consegnato 80 assegni al ministro per permettergli di comprare, Scajola ha risposto: "Ho appreso dell’esistenza di questi ottanta assegni dai quotidiani di questi giorni. Prima non ne sapevo nulla, e ora continuo a non capire perché sarebbero stati versati a mia insaputa. Io so solo come ho comprato l’appartamento, in quale data e a quale prezzo. Se poi è successo qualcos’altro, non è di mia conoscenza". Per Scajola, l'apparamento è stato pagato "esclusivamente la somma pattuita al momento del rogito: 610mila euro, reperiti quasi tutti attraverso un mutuo acceso con il Banco di Napoli. Si tratta di un ammezzato in uno stabile degli anni Sessanta, in condizioni non ottimali".

Chiunque conosce il mercato immobiliare romano sa dove sta la verità. Ma, visto che il ministro si ostina a negare persino che le dichiarazioni delle sorelle Papa esistano, a beneficio dei lettori, pubblichiamo qui sotto l'informativa della Guardia di Finanza di Roma nella quale sono riportati i contenuti delle dichiarazioni e gli accertamenti effettuati dal Nucleo Polizia Tributaria".



Gli accertamenti della polizia giudiziaria sulla compravendita immobiliare del ministro (Pdf, 4.29 Mb)

LEGGI

Nomine, mattoni e pale eoliche: il "sistema-Sciaboletta"di Pino Giglioli

La difesa sul "Giornale" (e al Tg1): "Non mi faccio beccare come su Biagi"

http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578&id_blogdoc=2483376&title=2483376