martedì 7 dicembre 2010

Il tentativo di golpe e il documento americano che salvò Valerio Borghese

Questa notte del sette dicembre, la notte dell'Immacolata, ricorre un anniversario che visto i tempi va assolutamente ricordato. Ricapitolerò brevemente il famoso golpe Borghese per poi arrivare a farvi vedere un documento in cui si accerta che gli USA salvarono Borghese dai partigiani. Proprio in prospettiva di attuare piani di lungo periodo.

La notte tra il 7 e l'8 dicembre del 1970, il principe Julio Valerio Borghese (ex comandante della X Mas nella Repubblica Sociale Italiana, e leader dell'organizzazione neofascista Fronte Nazionale) guida un tentativo di colpo di Stato, definito in codice operazione "Tora Tora".

Secondo un documento classificato "Segreto" che verrà trovato anni dopo nell'abitazione del giornalista piduista Carmine Pecorelli dopo il suo omicidio, la pianificazione del progetto eversivo prevede l'occupazione da parte dei congiurati dei seguenti obiettivi: ministeri degli Interni, Esteri e Difesa, Comando generale dell'Arma dei Carabinieri, Questura di Roma, Camera dei deputati, Senato della Repubblica, sedi Rai-TV di via Teulada e via del Babuini, Centro radio-collegamenti del ministero egli Interni con sede a Monterotondo, Centro radio ripetitori del ministero degli Interni con sede ad Anzio, Centrale Elettrica di Nazzano (Roma).

Il progetto inoltre prevede l'eliminazione fisica del capo della Polizia Angelo Vicari, e la cattura del Presidente Giuseppe Saragat.

In base a quanto riferiranno alcuni congiurati, l'occupazione di tale obiettivi dovrebbe essere accompagnata da gravi disordini artatamente provocati in vari punti della Capitale, così da determinare il decisivo e previsto intervento dei reparti militari.

Il Golpe inoltre era aiutato anche dalla 'ndrangheta che mise a disposizione numerose armi e anche la mafia fu avvertita di ciò che stessero progettando. La CIA ovviamente sapeva tutto, tanto è vero che il pentito Riina disse che in America gli avessero chiesto quando arrivasse il Golpe in Italia.

Inoltre, e questa sarà mia premura di ulteriori approfondimenti, c'era anche il coinvolgimento del regime dei Colonnelli Greci e molti estremisti di destra si addestrarono nei loro campi e inoltre, tra i congiurati del Golpe Borghese, era coinvolto anche il generale capo dei servizi segreti Vito Miceli che si apprestava a fare numerosi viaggi in Grecia.

L'eroe solitario Panagulis, durante la sua prigionia e anche dopo, stava indagando sul legame tra la Rosa dei Venti e i regimi dei Colonnelli. Da ricordare che i cinque anarchici calabresi (una era tedesca) prima di morire in un incidente (in realtà furono ammazzati) stavano indagando sulla strage di Gioia Tauro e scoprirono il coinvolgimento di Borghese.

Avevano previsto che ci sarebbe stato un golpe da parte sua con l'ausilio dei Servizi Segreti. La loro macchina fu speronata da un autista che lavorava in un'azienda di Borghese.

Il colpo di Stato non fu mai attuato, ci fu un dietrofront. Ma in realtà lo scopo era proprio quello. La svolta autoritaria, tramite altri attentati, ci fu ugualmente.

Le indagini della Magistratura appurarono che Borghese per sottrarsi dal mandato di cattura si rifugiò nella Spagna di Francisco Franco e costituì una formazione chiamata "Gruppo di Salute Pubblica". Questo gruppo sarà la costante ogni volta ci si imbatte sulla Rosa dei Venti, il "golpe Bianco" di Sogno e sulla organizzazione paramilitare "Gladio".

In quel periodo Panagulis fece dei viaggi in Spagna. Che avesse scoperto qualcosa? Sappiamo che morirà anche lui in un incidente in Grecia. In realtà fu ammazzato da un mercenario greco che faceva viaggi anche in Italia. Ma questa è un' altra storia.

Sapete, care teste di capra, che quando la giudice Clementina Forleo conduceva l'inchiesta sulle scalate bancarie e ricevette numerose minacce, tra cui l'uccisione dei genitori sempre in un incidente, come si firmava l'organizzazione? Esattamente "Gruppo di Salute Pubblica". Vedete come i servizi segreti "deviati" non utilizzano a caso dei nomi?

Bene, dopo questa panoramica, ecco il documento scovato dal bravo ricercatore storico Giuseppe Casarubbea. Potete visionare altri importanti documenti sul suo Blog che reputo più interessante di Wikileaks per le informazioni documentali che riporta.

Copio e incollo la traduzione e ringraziamo gli USA per tutto quello che ci ha fatto, compreso salvare Borghese:

Destinatario: colonnello Earl B. Nichols, quartier generale delle forze americane.

Oggetto: Valerio Borghese

Data: 6 novembre 1945

Lei ricorderà le accuse rivolte al comandante Borghese. Le sue attività di sabotaggio e di spionaggio, guidate da ambizioni politiche nella fase del dopo armistizio, sono state da lui totalmente sconfessate nel corso del recente interrogatorio ad opera dello Csdic. Di conseguenza, questa unità si ritiene ora più motivata a salvaguardare il soggetto perché possa essere utilizzato nelle attività di spionaggio navale di lungo periodo.

Tre mesi fa, il ministro italiano della Marina Militare ha inviato una lettera alla sotto – commissione navale alleata: chiedeva che il soggetto venisse temporaneamente collocato a sua disposizione per essere interrogato appena su questioni di carattere amministrativo. Il 3 novembre il soggetto è stato consegnato alle autorità navali italiane, a Forte Boccea. Una lettera della sotto – commissione navale alleata affermava che Borghese sarebbe dovuto tornare sotto custodia alleata nel caso fosse stato processato e ritenuto innocente. In mani alleate, il soggetto gode dello status di prigioniero di guerra; ma in mani italiane la sua posizione diventa precaria, giacché egli verrà processato da un tribunale civile come un fascista qualsiasi. Non vi è dubbio che il suo processo farà rumore.

Per noi sarà semplice chiederne il rinvio, se il Suo comando vorrà inviare una lettera al ministro italiano chiedendo che Borghese sia riconsegnato agli Alleati subito dopo il previsto interrogatorio. Potremo così consultarci con Washington sul futuro sfruttamento delle superiori conoscenze di Borghese nell’ambito delle armi navali segrete e delle tattiche di guerra sottomarina. In tal modo, eserciteremo i nostri regolari diritti militari senza interferire con la politica italiana.

A causa della rapida azione che ha portato alla traduzione di Borghese a Forte Boccea, diventa purtroppo essenziale che una lettera del Suo comando arrivi quanto prima al ministero italiano della marina militare.

Il sottoscritto è fortemente convinto che Borghese diverrà di grande interesse per lo spionaggio navale americano. Con deferenza, chiedo quindi che tale azione di “sospensione” venga attuata nell’immediato. La pausa ci permetterà di discutere a Washington le possibilità di impiego del soggetto.

James Angleton (Sci)


Non è finita, perché quando inizialmente ho detto "Visto i tempi" voi subito pensate a Berlusconi. Sbagliato. Ascoltate questo proclama e fate finta che non sia Borghese, che non sia un colpo di stato, che dietro non sapete che c'è la mafia e la massoneria. Ascoltate che parole sentite di ripristino della legalità e ripristino dell'economia e moralità. Poi, se volte, riflettete.

http://www.agoravox.it/Il-tentativo-di-golpe-e-il.html


Wikileaks, Assange in tribunale Respinta richiesta di cauzione



La corte di Westminster ha confermato la custodia del giornalista australiano: starà in carcere fino al 14 dicembre. Due le accuse, molestie sessuali e stupro

Julian Assange, il fondatore di Wikileaks, arrestato questa mattina dalla polizia britannica, non esce su cauzione e resta in custodia cautelare nel carcere di Londra fino al 14 dicembre. Lo ha deciso il tribunale di Westminster. Il giudice distrettuale Howard Riddle ha respinto la cauzione giudicando Assange a rischio di fuga. Il capo di Wikileaks è arrivato a bordo di un’auto dai vetri oscurati mentreMark Stephens, il legale britannico che lo rappresenta è entrato in tribunale passando davanti alle decine di giornalisti presenti all’ingresso. Il legale ha riferito che il fondatore di Wikileaks “sta bene” e che la consegna a Scotland Yard si è svolta “in modi molto cordiali”. “La polizia ha verificato la sua identità e lo ha portato in tribunale”, ha aggiunto Stephens. Assange, che sta ricevendo assistenza legale dal consolato australiano, non acconsente a tornare in Svezia: lo ha detto lo stesso capo di Wikileaks al giudice Caroline Tubbs. Fuori dal tribunale si è radunata una folla di sostenitori del gruppo Justice for Assange. Al termine dell’udienza, il giornalista australiano si è rifiutato di dare a Scotland Yard il suo indirizzo, le impronte digitali e di sottoporsi all’esame del Dna.

Gli avvocati di Julian Assange avevano offerto di pagare 180mila sterline per rimettere in libertà su cauzione il capo di Wikileaks: “Pensavano che sarebbe bastato. Non è stato cosi”, ha riferito Channel 4 su Twitter. ”A Julian Assange è stata negata la cauzione, questo è un vero peccato – ha dichiarato l’avvocato del fondatore di Wikileaks – Presto presenteremo una nuova richiesta di libertà su cauzione. Ci troviamo nella strana posizione di non aver visto ancora nessuna prova. Wikileaks continuerà nelle sue operazioni”. Ci saranno “molte altre persone” che si presenteranno per garantire che “Julian Assange è innocente”, ha detto il legale, ribadendo che il processo “ha motivazioni politiche” e che sono “in molti a pensarlo”.

Gli agenti della Unità estradizioni londinese lo hanno bloccato alle 9.30 di questa mattina “su appuntamento” in un commissariato della capitale britannica per conto delle autorità svedesi con l’accusa di stupro. Prima di consegnarsi alla polizia di Londra, Julian Assange ha registrato un messaggio in video che la sua organizzazione Wikileaks diffonderà in giornata. ”Abbiamo agito senza paura, per l’interesse pubblico”, ha spiegato Assange in un articolo pubblicato dopo l’arresto sul quotidiano The Australian. In tribunale testimoniano a favore di Julian Assange il regista Ken Loach e la ex fidanzata di Hugh Grant Jemima Kahn. A favore di Assange parla anche il giornalista australianoJohn Pilger, celebre inviato in Vietnam e autore di un documentario, “Year Zero”, che nel 1979 ha portato alla ribalta le atrocità dei Khmer Rossi in Cambogia.

Il portavoce di Wikileaks ha detto che l’arresto di Julian Assange è un attacco alla libertà dei media ma non fermerà il gruppo nella sua missione: “Wikileaks è operativa. Continuiamo come prima sugli stessi binari. Ogni sviluppo su Assange non cambia i piani per la pubblicazione dei documenti oggi e nei prossimi giorni”, ha detto il portavoce Kristinn Hrafnsson precisando che le operazioni saranno coordinate da un gruppo di persone a Londra e in altre sedi”.

Secondo fonti anonime, il 39enne australiano avrebbe negoziato il suo rilascio su cauzione (per un importo tra le 100mila e le 200mila sterline). Sei persone dovrebbero essere chiamate a garantire per l’australiano, che ha messo in subbuglio il mondo della diplomazia mondiale. Il legale di Assange, Mark Stephens, non ha voluto confermare: “Non ho concluso alcun accordo con la polizia per il momento”. Stephens aveva dichiarato lunedì di essere in contatto con la polizia britannica per organizzare un incontro su base volontaria del suo assistito, che si trova molto probabilmente in Inghilterra. “La richiesta e’ di interrogare Assange”, aveva spiegato l’avvocato, che si era detto preoccupato per una possibile estradizione di Assange verso gli Stati Uniti.

Nel frattempo, Stoccolma ha precisato i quattro capi di accusa formulati nei confronti di Assange. Come ha reso noto Gemma Lindfield, la prima presunta vittima, identificata come “Miss A”, sarebbe stata vittima di “costrizione illecita” lo scorso 14 agosto, quando Assange avrebbe usato il peso del suo corpo per tenerla sdraiata. Secondo le accuse, Assange non avrebbe usato il preservativo mentre “Miss A” aveva “espresso il desiderio” di usarne uno. La donna sarebbe poi stata nuovamente “molestata in modo deliberato” quattro giorni dopo. Inoltre Il 17 agosto, Assange avrebbe avuto un rapporto sessuale sempre senza preservativo con una seconda donna, “Miss W”, mentre era addormentata nella sua casa di Stoccolma.

Pirati informatici hanno attaccato Paypal e Postfinance. “La banca svizzera (PostFinance) che ha chiuso il conto a Assange è stata tirata giù oggi con un Ddos attack (negazione del servizio, lo stesso lanciato in più occasioni contro i domini di Wikileaks in questi giorni)”, recita un annuncio del gruppo su Twitter. Qualche ora prima, un altro assalto informatico era stato lanciato contro PayPal, sempre dal gruppo, denominato Operation Payback, operazione “resa dei conti”. Le due società non hanno confermato la notizia.

Su Twitter, il gruppo aveva annunciato con anticipo “l’ora X” invitando i membri a “fare fuoco” al momento convenuto. Operation Payback è un gruppo hacker di “difensori della pirateria informatica” nato per rispondere ai tentativi di oscurare Torrent e altri programmi di condivisione dei file in rete messi in atto da “hacker pagati dalle aziende” per tutelare il copyright.

E intanto Wikileaks non smette di creare polemiche. Il ministero degli Esteri russo ha espresso “stupore” per le nuove rivelazioni sull’esistenza di un piano Nato per proteggere i tre paesi baltici, Lettonia, Estonia e Lituania, da possibili azioni aggressive di Mosca . “Simili pubblicazioni provocano una serie di interrogativi e stupore”. “I fatti – spiega una fonte del ministero – dimostrano che la Russia non solo non sta aumentando la sua presenza militare ai confini con i paesi baltici menzionati ma anzi sta riducendo gli armamenti pesanti dislocati nella regione di Kaliningrad e sta anche tagliando il suo potenziale militare alle frontiere occidentali”. “Abbiamo sempre espresso perplessità – conclude – quando i caccia dei paesi Nato stavano pattugliando i paesi baltici sottolineando che la Nato avrebbe, invece, dovuto esprimere il proprio potenziale per affrontare le minacce reali, come quelle terroristiche dell’area. Non quelle false”.

Un gruppo di intellettuali, fra cui Noam Chomsky, ha firmato una lettera in favore di Assange, diretta al premier australiano, Julia Gillard. Chomsky, docente di linguistica al Mit (Massachusetts Institute of Technology), molto critico con la politica estera statunitense, si è unito a un gruppo di decine di esponenti del mondo intellettuale australiano (scrittori, giornalisti e avvocati). I firmatari si dicono “gravemente preoccupati” per la sicurezza del 39enne australiano e chiedono al governo di affermare pubblicamente l’impegno a tutelare la libertà di comunicazione e i diritti fondamentali di Assange. La lettera aperta chiede anche al premier di fornire sostegno ad Assange e di “compiere tutto quanto in suo potere per garantire che vengano rispettati i diritti fondamentali” del fondatore di Wikileaks nei procedimenti giudiziari che lo riguardano.

Tra le prime reazioni quella del ministro Franco Frattini che ha detto: “Era ora, l’accerchiamento internazionale per fortuna ha avuto successo”. L’arresto di Julian Assange è “una buona notizia”: questo il commento del segretario alla Difesa americano, Robert Gates. A margine di un incontro con le truppe americane in Afghanistan, Gates ha appreso dai giornalisti dell’arresto del fondatore di Wikileaks: “Non lo sapevo, ma mi sembra una buona notizia”, ha commentato il capo del Pentagono.




5 dicembre 2010. Beppe Grillo al presidio Clarea


Servi sciocchi. - di Massimo Fini.



Che Silvio Berlusconi fosse “fatuo, vanesio, incapace, politicamente e fisicamente debole” e soprattutto “inutile” non c'era bisogno che ce lo venissero a spiegare gli americani, lo avevamo capito persino noi. Non è questa la cosa saliente. Ciò che è grave è che di fronte a questi insulti sanguinosi rivolti al nostro presidente del Consiglio, il governo italiano non solo non abbia emesso un vagito, un raglio, non abbia fatto una piega, ma si sia affrettato a dichiarare per bocca del ministro degli Esteri, Franco Frattini, e del ministro della Difesa, Ignazio La Russa, che “i nostri rapporti con gli Stati Uniti sono ottimi”, mentre lo stesso Berlusconi, a capo un po' chino, accettava la classica e ipocrita pacca sulla spalla di una livida Hillary Clinton che lo gratificava come “il miglior amico dell'America”. Servi, inguaribilmente servi, eternamente servi. Obbedienti a ogni desiderata degli americani, pronti a fargli da "palo" consentendogli di usare una delle tante basi che hanno nel nostro Paese per bombardare una grande capitale europea come Belgrado, una guerra contro l'Europa, per soprammercato l'Europa cristiana (governo D'Alema); a tenere 4000 militari in Afghanistan (governi Prodi e Berlusconi) nella guerra più stupida, più inutile, più vile e più infame che ci sia mai stato dato di vedere (il 40% dei ricoverati negli ospedali afghani sono bambini e non li hanno colpiti i Talebani ma i bombardieri americani); allineati sulla politica aggressiva degli Usa nei confronti dell'Iran di cui l'Italia è il primo partner commerciale europeo (governo Berlusconi). Siamo gli "utili idioti" degli americani e loro, mentre pubblicamente ci danno amichevoli pacche, sotto sotto ci disprezzano, che è la giusta sorte cui vanno incontro tutti i servi sciocchi. Ma la questione non riguarda semplicemente l'Italia, riguarda l'Europa. È da quel dì che la "vecchia Europa", come la definì spregiativamente Donald Rumsfeld, avrebbe dovuto prendere le distanze dall'"amico americano". Dal 1989. Prima l'alleanza sperequata con gli Stati Uniti era obbligata, perché solo gli americani avevano il deterrente atomico necessario per dissuadere l'"orso russo" dal tentare avventure militari in Europa Ovest. Questa difesa ci è costata un pedaggio pesantissimo. La Nato è stata lo strumento con cui gli Stati Uniti hanno tenuto soggiogata l'Europa, militarmente, politicamente, economicamente e alla fine anche culturalmente. Impedendo con ogni mezzo al Vecchio continente di sottrarsi a questo giogo. Quando a metà degli anni '80 Germania e Francia tentarono di costituire un primo nucleo di esercito europeo dovettero rinunciarvi per diktat Usa. Ma ora questo pedaggio non ha più senso. Gli interessi americani non solo non coincidono più con i nostri, ma vi si oppongono. E l'unica cosa seria di questi dossier riservati riguardanti l'Italia è l'inquietudine americana per l'unica cosa seria che, più o meno consciamente, ha fatto Berlusconi in politica estera: il legame con Putin. Perché la Russia è indispensabile per un'Europa indipendente, anche se bisogna "turarsi il naso" davanti al genocidio ceceno. Il nemico dell'Europa non sta più in Europa. Il nemico sta Oltreatlantico. Adesso c'è la caccia all'uomo, a Julian Assange, con un pretesto qualsiasi. Non sappiamo chi sia Assange e cosa voglia, quel che è certo è che ha svelato gli "arcana imperii" e, fra le altre cose, ha dato il colpo definitivo alla credibilità delle democrazie le cui classi dirigenti ingannano l'ignaro cittadino facendo ogni giorno, ogni ora, sottobanco, l'opposto di ciò che affermano pubblicamente.


Tratto da:
Il Fatto Quotidiano

lunedì 6 dicembre 2010

"Dopo le Holding del mistero, "salta" un altro tappo: la Banca Rasini L'istituto di "famiglia" passato al setaccio"




La nostra inchiesta sul mistero Berlusconi continua a procedere. Innanzitutto una notizia scivolata via dalla grande stampa nazionale - e mi pare ovvio... - soltanto alcuni giorni fa: la Procura di Palermo ha ordinato il sequestro dell'intero archivio della Banca Rasini.Ah, Cavaliere, che dolori in arrivo...Come più volte abbiamo scritto, la sede principale dove vennero custoditi alcuni dei capitali all'origine dei "grandi affari" berlusconiani è proprio questo istituto di credito siculo-meneghino, fondato a metà dagli anni Cinquanta da una strano miscuglio di persone: esponenti della nobile famiglia milanese dei Rasini, ed esponenti della più disgraziata periferia palermitana ad altissimo tasso mafioso: gli Azzaretto di Misilmeri. Per quasi vent'anni, e per tutto il primo periodo d'attività di Silvio Berlusconi, la Rasini ha rappresentato un punto fermo, un faro imprescindibile per le avventure professionali del futuro Cavaliere. Alla Rasini, voluto sia dagli Azzaretto sia dai Rasini, ha lavorato fino alla pensione Luigi Berlusconi, padre di Silvio. E non ebbe un ruolo marginale, anzi. Fu procuratore con potere di firma di tutto questo clan di strani banchieri, questa confraternita tenebrosa di uomini e interessi la cui natura diventerà tragicamente chiara nel 1983, il 15 febbraio, il giorno dell'operazione "San Valentino", grande retata della polizia milanese contro le cosche di Cosa Nostra annidate in città. Diversi degli arrestati, Luigi Monti, Antonio Virgilio, Robertino Enea e per loro conto il clan Fidanzati, il clan Bono, Carmelo Gaeta e i relativi referenti palermitani, ovvero Pippo Calò, Totò Riina e Bernardo Provenzano, erano correntisti multimilardari della Banca Rasini.Non solo questa "clientela" affezionata al riciclaggio finì in galera, anche il direttore generale della Rasini, tal Vecchione, in seguito subirà una condanna a 4 anni di carcere. Naturalmente, ripensando a tali vicende, non può che sorgere un interrogativo presto risolto: chi volle che tutta questa marmaglia operasse nella banca di Piazza dei Mercanti numero 8? Proprio Giuseppe e Dario Azzaretto, padre e figlio. Ora capite l'importanza del decreto di sequestro dell'archivio di questo istituto di credito presso la Banca Popolare di Lodi, che ha assorbito la Rasini qualche anno fa? È assolutamente basilare per poter ricostruire l'epopea di mister Forza Italia, ma anche altre vicende che apparentemente "sembrerebbero scollegate" dalla storia di Berlusconi. Infatti non finisce qui l'importanza della notizia dell'acquisizione di questa documentazione. La Rasini, dopo lo scandalo di mafia del 1983, venne ceduta dagli Azzaretto... indovinate a chi? L'avete già letto nella nostra inchiesta sull'Imi-Sir: a Nino Rovelli, il grande elemosiniere, colui che diede 2 miliardi a Giulio Andreotti, denaro di cui scrisse Mino Pecorelli (il famoso articolo: "Gli assegni del Presidente" che non venne mai pubblicato) costandogli la vita. Proprio un bell'ambientino, eh, quello della Rasini di berlusconiana memoria, non trovate? Tuttavia, per meglio capire fino a dove si spinse la ragnatela infame di questa banca, è necessario ricordare che Giuseppe Azzaretto sposò... la nipote di Papa Pacelli. Mancava giusto giusto questo tassello per completare il quadro. È fuori di dubbio che tale signora possedesse diverse e apprezzate qualità, non ultime le relazioni personali e perfino di parentela con importanti personaggi del Vaticano, ad iniziare dal Papa. Certo che ne fece di "carriera" quell'uomo, Giuseppe Azzaretto, partito da una delle frazioni più povere e miserabili di Palermo, e ritrovatosi nel volgere di pochi anni al vertice di una banca a Milano - da lui fondata - e perfino maritato con una damigella la cui famiglia era tra le meglio introdotte nei gangli del potere millenario della Roma dei Papi. C'è ancora molto da scoprire, come si vede. Se la Banca Rasini venisse davvero scoperchiata fino in fondo, sono convinto che una parte della storia d'Italia andrebbe riscritta, e sarebbero le pagine peggiori. Della storia più recente della Rasini - il lettore ricorderà anche questo - abbiamo scritto anche altro. Ad esempio abbiamo raccolto la testimonianza della baronessa Maria Giuseppina Cordopatri, che fu correntista di questo istituto di credito. La baronessa ha reso noto che il vero dominus della banca non era il clan Azzaretto sic et simpliciter, bensì un certo Giulio Andreotti. Non è notizia da poco, se si pensa che Nino Rovelli rileverà questa banca benché in vita sua non avesse mai operato nel settore. Per conto di chi Rovelli gestirà la Rasini fino all'arrivo della Banca Popolare di Lodi? Bella domanda.In ogni caso, come si diceva all'inizio, la nostra inchiesta sta avanzando. Nei prossimi giorni saremo in grado di approfondire in maniera circostanziata il ruolo e l'azione delle due società fiduciarie della Banca Nazionale del Lavoro, Saf e Servizio Italia, che tanto hanno avuto a che fare con la costruzione del Gruppo Fininvest all'epoca in cui il vero "burattinaio" si chiamava Licio Gelli. Eh sì, proprio lui, che nell'anno 1978 - quando vennero fondate 32 delle 38 Holding Italiane - annotò fra gli iscritti alla sua loggia infame anche Silvio Berlusconi, il piduista n° 1816, entrato nel cerchio infernale gelliano... esattamente lo stesso anno in cui nascono dal nulla (con l'uso del solito schermo di prestanome) le holding casseforti del suo futuro impero. Accidenti, che coincidenza, anzi: che pista investigativa.Su un altro versante, saremo presto nelle condizioni di svelare i rapporti fra alcune di queste Holding Italiane "occulte" e inquietanti personaggi palermitani, così pure saremo in grado di disegnare la "mappa" di intrecci societari fra queste Holding segrete e altri rami della pianta berlusconiana, ad esempio Mediaset.Mala tempora currunt, signor Berlusconi. Se n'è accorto? A proposito, Cavaliere: rammenta l'illustrissimo signor Aldrighetti e quel famoso aumento di capitale di 52 e passa miliardi? A presto.

Tratto da "LA PADANIA" 30 settembre 1998 articolo di MAX PARISI

http://www.lapadania.com/1998/settembre/30/300998p10a2.htm


Provenzano for President - Marco Travaglio


domenica 5 dicembre 2010

Mastella, ora la casta lo salva dal processo. - di Marco Travaglio.


Le accuse: concussione,associazione a delinquere, truffa e peculato. Ma il Senato unito, meno l’Idv, ha detto “no”

Ricordate il processo a Clemente Mastella e famiglia (moglie, consuocero, cognato e mezza Udeur) per le lottizzazioni nelle Asl e negli enti pubblici della Campania, il mercato illegale degli appalti, la gestione allegra dei fondi pubblici al giornale Il Campanile con appartamenti romani incorporati? Bene, anzi male: il Parlamento ha deciso di abolirlo. Non Mastella: il processo. Venerdì, alla chetichella come si usa in questi casi, il Senato della Repubblica ha approvato per alzata di mano la proposta della giunta per le autorizzazioni a procedere di sollevare un conflitto di attribuzioni fra poteri dello Stato dinanzi alla Consulta contro i giudici di Napoli che osano processare l’ex ministro della Giustizia del centrosinistra, ora eurodeputato di centrodestra, senza chiedere il permesso al Parlamento. Tutti d’accordo (Pdl, Lega, Udc, Pd), tranne l’Idv. Motivo: i reati contestati a Mastella nell’udienza preliminare in corso da mesi a Napoli sarebbero stati commessi nell’esercizio delle funzioni di Guardasigilli, dunque di natura ministeriale, dunque sottoposti alla giurisdizione del Tribunale dei ministri di Napoli, ma solo previa autorizzazione a procedere del Senato. I difensori di Mastella, nell’udienza di sabato, hanno subito chiesto al gip di sospendere tutto fino a quando la Corte costituzionale non si sarà pronunciata (fra un anno o due, visti i tempi biblici della Consulta). Se il gip dovesse accogliere l’istanza di rinvio sine die, il processo morirebbe lì, con prescrizione assicurata. E non solo per Mastella, ma anche per i suoi 50 coimputati, che hanno immediatamente fatto propria la richiesta dell’ex ministro, ritenendosi attratti per contagio dalla sua speciale immunità, peraltro sconosciuta alle leggi.

La vicenda è talmente intricata che, se non se ne illustrano bene i passaggi, si rischia di non afferrare appieno la portata dello scandalo. L’inchiesta è quella avviata quattro anni fa dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere, che nel gennaio 2008 fece arrestare fra gli altri la signora Mastella, Sandrina Lonardo, il consuocero dei coniugi, Carlo Camilleri e un bel pezzo di Udeur campana per vari e gravissimi reati, poi notificò un avviso di garanzia all’allora ministro della Giustizia, che colse la palla al balzo per rovesciare il governo Prodi, passando armi e bagagli al centrodestra. Intanto, per competenza, il fascicolo fu trasmesso a Napoli, dove il pm Francesco Curcio proseguì le indagini, scoprì altri reati e lo scorso anno chiese i rinvii a giudizio sui quali, fra breve, dovrebbe pronunciarsi il gip Eduardo De Gregorio.

Le accuse: concussione,associazione a delinquere, truffa e peculato. Ma il Senato unito, meno l’Idv, ha detto “no”

Mastella è accusato di ben nove episodi delittuosi: quattro concussioni, tre abusi d’ufficio, un’associazione per delinquere e un caso di truffa, peculato e appropriazione indebita.

1) Concussione: in combutta col consuocero Camilleri, leader dell’Udeur beneventana e con due assessori regionali, Mastella avrebbe costretto il governatore Antonio Bassolino ad “assicurare loro la nomina a Commissario dell’Area sviluppo industriale (Asi) di Benevento di una persona liberamente designata dal Mastella” per “compensare la mancata attribuzione al suo gruppo politico della carica di presidente dello Iacp di Benevento”; per coartare la volontà di Bassolino, i due assessori presero a disertare le riunioni di giunta e Mastella ad “attaccarlo strumentalmente sulla gestione dei rifiuti”.

2) Tentata concussione: Mastella e la moglie Sandrina (presidente del Consiglio regionale) avrebbero perpetrato una “costante intimidazione” e “denigrazione” contro Luigi Annunziata, direttore generale dell’ospedale San Sebastiano di Caserta per cacciarlo dal suo incarico, visto che rifiutava di “procacciare favori, appalti, posti, incarichi dirigenziali e primariati a membri dell’Udeur”.

3) Abuso d’ufficio e rivelazione di segreti d’ufficio: Mastella avrebbe “istigato” il presidente della III sezione del Tar Campania, Ugo De Maio, ad aggiustare una causa in camera di consiglio per favorire un suo protetto e svantaggiare un’altra persona.

4) Abuso d’ufficio: Mastella, assieme al solito Camilleri, avrebbe istigato un suo assessore regionale a favorire un suo raccomandato ai vertici della comunità montana del Taburno.

5) Concussione: Mastella avrebbe costretto il sindaco di Cerreto Sannita a nominare un amico dell’Udeur ad assessore ai Lavori pubblici e ad assegnare il progetto dell’area industriale allo studio ingegneristico del consuocero Camilleri, minacciando in caso contrario “il congelamento dei finanziamenti regionali destinati al Piano di insediamento produttivo di Cerreto”.

6) Abuso d’ufficio: Mastella, assieme al consuocero, al cognato Pasquale Giuditta e ad altri, avrebbe chiesto e ottenuto l’assunzione indebita all’Arpac di ben 158 raccomandati suoi e dell’Udeur, in barba alle regole sulle competenze professionali, “per coltivare interessi di natura politico clientelare”.

7) Tentata concussione: Mastella & C. avrebbero intimato al direttore generale dell’ospedale pediatrico Santobono di Napoli di nominare primario un loro amico a scopo esclusivamente “clientelare”; e, quando quello rifiutò, fu investito da un’interpellanza dell’Udeur in Consiglio regionale che lo dipingeva come un incapace e dunque costituiva una minaccia di “rimozione dall’incarico”.

Associazione per delinquere: Mastella, la moglie Sandra e altri avrebbero dato vita a “un’associazione per delinquere, operante prevalentemente nella regione Campania, finalizzata alla commissione di una serie indeterminata di delitti contro la Pubblica amministrazione e, soprattutto, all’acquisizione del controllo delle attività pubbliche di concorso e gare pubbliche bandite dagli Enti territoriali campani, attraverso la realizzazione di reati di falsità ideologica, turbata libertà degli incanti, corruzioni, abuso di ufficio e rilevazioni del segreto di ufficio… essendo capi e promotori del sodalizio Mastella Clemente, Camilleri Carlo e Lonardo Alessandrina”.

9) Peculato, truffa e appropriazione indebita: Mastella, “al fine di procurare ingiusto vantaggio patrimoniale ai suoi congiunti Mastella Elio e Mastella Pellegrino” (i figli, che “attraverso lo schermo societario costituito dalla società Campanile srl, senza averne titolo, acquistavano dalla Scip a prezzo più basso di quello di mercato, l’immobile in Roma Largo Arenula già di proprietà dell’Inail, utilizzando anche fondi pubblici destinati al sostentamento dell’editoria”), “si appropriava indebitamente dell’intero capitale sociale del detentore del logo della testata Il Campanile Nuovo” e sarebbe riuscito persino a truffare l’Inail.
Tutti questi reati, secondo la Procura di Napoli, Mastella li avrebbe commessi “agendo in qualità di Segretario Nazionale del partito politico Udeur”. Dunque, mai come ministro. Del resto, alcuni gli vengono contestati “fino al luglio 2009”, quando non era più ministro da un anno e mezzo. E altri prima che lo diventasse. Che dice la legge sui reati commessi da un ministro? La risposta è nell’articolo 96 della Costituzione e nella legge costituzionale 1/1989 (che abolì la Commissione Inquirente), ma anche nella costante giurisprudenza della Cassazione: spetta al pm, titolare dell’azione penale, decidere se il reato commesso da chi fa il ministro è di natura “ministeriale” o ordinaria. Nel primo caso, il fascicolo passa al Tribunale dei ministri (una sezione ad hoc del Tribunale distrettuale), che però può procedere solo dopo aver avuto l’autorizzazione della Camera di appartenenza. Nel secondo, si va avanti come in un normale processo. Ma, fatta la legge, trovato l’inganno.

Le accuse: concussione,associazione a delinquere, truffa e peculato. Ma il Senato unito, meno l’Idv, ha detto “no”

Il 30 luglio scorso, la Camera (tutti d’accordo, tranne l’Idv) si costituisce in giudizio dinanzi alla Consulta contro i giudici di Livorno che stanno processando il ministro Altero Matteoli (Pdl) per favoreggiamento del prefetto: l’accusa è di averlo avvertito nel 2004 delle indagini e delle intercettazioni a suo carico per una brutta storia di abusi edilizi all’isola d’Elba. Il caso Matteoli è un unicum: la Procura aveva ritenuto che il reato Matteoli l’avesse commesso in quanto (nel 2004) ministro dell’Ambiente, dunque che fosse di natura ministeriale. Ma il Tribunale dei ministri giudicò diversamente: derubricò il reato da ministeriale a comune e restituì il fascicolo al Tribunale ordinario. La Camera però decise che, prima di farlo, il Tribunale dei ministri dovesse informarla. E sollevò un conflitto di attribuzioni alla Consulta, che le diede ragione con una sentenza controversa (l’illustre consesso si spaccò a metà e il relatore si dimise per protesta): il Tribunale, prima di riprendere il processo, avrebbe dovuto chiedere il permesso a Montecitorio. A quel punto la Camera, senza che nessuno gliel’avesse chiesta, negò l’autorizzazione a procedere contro Matteoli. Il Tribunale di Livorno sollevò a sua volta un conflitto alla Consulta contro la Camera per quell’obbrobrio giuridico. E il 30 luglio scorso la Camera si costituì in giudizio contro i giudici. Spalancando la strada al ritorno all’immunità automatica, almeno per i ministri, senza neppure cambiare la legge o la Costituzione. Venerdì 19 novembre, infatti, il Senato ha trascinato alla Consulta anche il Tribunale di Livorno per salvare Mastella e i suoi cari. Richiamandosi al precedente di Matteoli che, per quanto scandaloso, precedente non è perché è un caso totalmente diverso.

Per Matteoli la Procura (poi smentita dal Tribunale dei ministri) aveva ritenuto il reato “ministeriale”. Per Mastella nessuno ha mai ventilato un’ipotesi tanto assurda: né la Procura di Napoli, né tantomeno Mastella, che in due anni di indagini e udienza non ha mai eccepito nulla del genere. Del resto, basta leggere i capi d’imputazione: tutti fatti che, comunque li si voglia giudicare, riguardano Mastella come leader dell’Udeur, non certo come ministro della Giustizia. I ministri della Giustizia non si occupano di Asl, Arpac, Aisi, comunità montane, assessori in piccoli comuni, giornali e alloggi di partito. Dunque non c’è motivo per cui la Procura o il Gip debbano investire il Tribunale dei ministri o il Senato. Tutto fila liscio fino all’11 ottobre, quando nella fase finale della discussione in udienza preliminare, la difesa Mastella scopre all’improvviso la competenza del Tribunale dei ministri, invocando il precedente fasullo di Matteoli e sostenendo la ministerialità dei reati. Il Gip ovviamente risponde picche. A quel punto il Senato entra a piedi giunti nel processo e, col voto-inciucio di venerdì, tenta di mandarlo in fumo, denunciando i giudici di Napoli alla Consulta e sostenendo che spetta al Parlamento e non ai magistrati stabilire la ministerialità o meno dei reati commessi da ministri ed ex ministri.

Il paradosso tragicomico è che, secondo la legge costituzionale 1/1989, il Parlamento “può negare l’autorizzazione a procedere” solo se il ministro inquisito “ha agito per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell’esercizio della funzione di governo”. Ecco: forse lottizzare gli enti pubblici piazzando parenti e raccomandati, concutere pubblici ufficiali, pilotare appalti a fini clientelari, intascare soldi del finanziamento pubblico all’editoria o truffare l’Inail sono condotte tipiche di un ministro della Giustizia e vanno tutelate perché finalizzate a un “preminente interesse pubblico”. Nel qual caso, bloccare il processo a Mastella è poco: bisogna erigergli un monumento equestre.