sabato 8 gennaio 2011

Futuro zero.


Pd e Pdl uniti da elettori sempre più vecchi, Bersani precipita tra lavoratori e disoccupati

Il segretario del Pd Bersani insieme ai militanti

Due partiti per vecchi. Un sondaggio riservato, commissionato dal segretario del Pd Pier LuigiBersani a una multinazionale del settore, conferma che il suo partito (stimato attorno al 25% del voto totale) vale il 30-32% tra gli ultracinquantacinquenni e poco più del 20% nelle fasce più giovani. Il Pdl, quotato al 29%, raccoglierebbe il 35,5% tra gli ultrasessantacinquenni. Anche la Lega va mediocremente tra i giovani, che sembrano attratti dalla sinistra-sinistra di Vendola e dagli altri leader corsari: Di Pietro, Fini, Casini. Tutti vanno meglio tra gli under 35.
Dal punto di vista di Bersani, lo scenario politico deve risultare vagamente schizofrenico. Da una parte c’è l’ex segretario Walter Veltroni che chiede il congresso anticipato del Pd e discetta di “fallimento della linea tutti contro Berlusconi”, in un tripudio di liti su politica delle alleanze e primarie sì/primarie no. Dall’altra parte c’è lo stato maggiore del Pdl che va a caccia di parlamentari all’asta per puntellare la maggioranza, mentre alcune teste d’uovo progettano “nuovi predellini”.

Questa abbagliante sagra del politichese natalizio ostacola la visuale su un dato strutturale della politica. I due maggiori partiti, Pdl e Pd, hanno fatto finalmente il vero “inciucio”, hanno trovato il grande accordo: insieme si stanno allontanando da interi pezzi della società italiana, ai quali risultano (ciascuno a suo modo) incomprensibili.

Se infatti Silvio Berlusconi è il leader più amato dalle casalinghe (il 40% delle quali scelgono Pdl), i pensionati sono attratti in egual misura da Pd e Pdl, che li attraggono per il 32 e rotti per cento ciascuno. Se in Italia votassero solo i pensionati, Pdl e Pd metterebbero insieme il 65% dei voti, anziché il 53,6% generale rilevato dallo stesso sondaggio.
Ciò significa che il consenso dei due partiti maggiori crolla in altre categorie. Innanzitutto il massiccio appoggio raccolto dai due partiti maggiori tra anziani e pensionati significa che Pdl e Pd vanno male tra chi lavora. Il partito di Bersani, se votasse solo chi ha un lavoro, prenderebbe il 22%. Il Pdl non andrebbe oltre il 26%. La Lega salirebbe al 14% (contro un dato generale dell’11,5%).

In particolare, il Pdl non riesce a catturare l’attenzione degli impiegati e degli insegnanti (24%) e degli studenti (20%). Il Pd è in crisi verticale tra i lavoratori autonomi, l’unico gruppo sociale in cui Pdl e Lega Nord raccolgono la maggioranza assoluta dei consensi: il partito di Bersani qui non va oltre il 14%. Ma soffre anche tra gli operai, i disoccupati e le casalinghe, tre categorie nelle quali il consenso del Pd è sotto il 20%. Gli operai ormai sembrano persi. Votano a sinistra (Pd, Idv, Pdci, Prc, Vendola) per il 35%, a destra (Pdl+Lega) per il 46%. I dati consegnati a Bersani confermano che il Pd è un partito che piace al pubblico impiego, cioè ai cosiddetti garantiti. E poco a chi se la passa male e tra essi, come abbiamo visto, ai disoccupati.
Quest’ultimo dato va letto insieme a quello sui livelli culturali. Infatti il Pd è anche il partito dei laureati. Se in Italia votassero solo i cittadini dotati di laurea, paradossalmente verrebbero esclusi dal voto alcuni influenti boss del Pd (a cominciare da Veltroni e D’Alema che risultano sprovvisti), ma Bersani, con la sua laurea in Filosofia, stravincerebbe le elezioni con il 28% dei voti e un’eventuale alleanza Pd-Di Pietro-Vendola-Prc-Pdci andrebbe trionfalmente al governo con quasi il 52% dei voti (35% tra gli operai, ricordiamo).

Lo scenario rimane teorico, visto che in Italia vige per ora il suffragio universale. Ma illumina un tema drammatico per entrambi i maggiori partiti. Per il Pdl, l’incapacità di risultare convincente per chiunque abbia qualche buona lettura alle spalle (tra i laureati, il partito di Berlusconi e la Lega non vanno oltre il 27%, contro un consenso generale che supera il 40%).
Per il Pd c’è un aspetto ancora più grave: i laureati sono pochi, come relativamente pochi sono gli studenti. Il dato forse più allarmante per Bersani è proprio questo. Il consenso del 26% tra gli studenti e del 22% tra gli under 25 indica una forbice pericolosa. Basta confrontare il dato con quello raccolto dai tre partiti di sinistra-sinistra, che tra gli under 25 vedono aumentare il loro voto del 50%, dall’8 al 12%.

Dunque, il Pd non sa parlare ai giovani che non possono studiare, agli operai, ai disoccupati, alle partite Iva, ai precari, alle casalinghe. Insomma, non sa più parlare a quella che una volta si chiamava la povera gente, quella che affidava alla sinistra un sogno di riscatto.

da Il Fatto Quotidiano del 7 gennaio 2011



Wikileaks e la guerra Usa all’informazione.




Il dipartimento della giustizia americana ha ordinato a Twitter di fornirgli tutti i dati e le informazioni in suo possesso in relazione ad una serie di accounts facenti capo a Julian Assange,Brigitta Jònsdottir (la parlamentare islandese promotrice della Icelandic Modern Media Initiative), Bradley Manning (il soldato accusato di aver comunicato a Wikileaks le informazioni trafugate dagli archivi del Pentagono) ed altri attivisti di Wikileaks.

L’ordine, stando a quanto si apprende, sarebbe stato trasmesso a Twitter il 14 dicembre scorso con esplicita richiesta di non informare neppure i titolari degli account oggetto di investigazione dell’ordine stesso. Successivamente, tuttavia, il 5 gennaio, la consegna del segreto verso i titolari degli account sarebbe stata revocata e questi ultimi sarebbero stati, quindi, informati dell’indagine in corso. Stando a quanto si legge nell’ordine di acquisizione delle informazioni presso Twitter, i dati e le informazioni richieste risulterebbero necessari nell’ambito di un procedimento penale attualmente pendente.

Il Dipartimento della Giustizia statunitense, dopo settimane di attesa e minacce indirette, sembrerebbe, dunque, aver rotto ogni indugio ed essere ora intenzionato a trascinare Julian Assange e quanti lo hanno sin qui supportato, sul banco degli imputati, anche se non è dato sapere quale sia esattamente il reato contestatogli. Si tratta, tuttavia, presumibilmente di cospirazione in danno degli Stati Uniti d’America. Siamo ad un passo da un’autenticadichiarazione di guerra all’informazione del XXI secolo.

Il dipartimento della Giustizia Usa, quello del presidente Barack Obama che aveva manifestato l’intenzione di dar vita alla più trasparente amministrazione nella storia degli Stati Uniti d’America, chiede ad un fornitore di servizi di comunicazione elettroniche di fornirgli dati ed informazioni relativi all’attività online svolta da una parlamentare di un paese straniero.
Si tratta, come ha già annotato il ministro dell’Interno islandese di un fatto gravissimo, soprattutto se si considera che il crimine per il quale si procede consiste, nella sostanza – in attesa di conoscere la contestazione formale – nell’aver contribuito alla diffusione di informazioni di indubbia rilevanza per l’opinione pubblica, ma classificate come segrete dalla stessa amministrazione procedente.

E’ difficile – peraltro senza conoscere regole e riti del diritto statunitense – prevedere come andrà a finire e, soprattutto, capire se l’amministrazione Usa sta “solo” mostrando i muscoli e cercando goffamente di fare terra bruciata attorno a Julian Assange o, piuttosto, crede davvero di poterportare alla sbarra Wikileaks ed addirittura la parlamentare islandese, rea, per quanto sin qui noto, di aver proposto un disegno di legge volto a trasformare l’Islanda in un “paradiso dell’informazione”.

E’, però, fuor di dubbio che soffia vento di guerra dagli Usa e che la guerra in questione, quella che potrebbe scoppiare nelle prossime ore, sarebbe uno dei conflitti più “immateriali” della storia dell’uomo ma, ad un tempo più devastanti: si tratterebbe, infatti, di una guerra a colpi di informazioni contro l’informazione. Troppo difficile, stando seduti da questa parte dell’oceano, capire chi ha ragione e chi ha torto a norma di legge e, persino, se ed in che misura sia il diritto americano a dover essere utilizzato per dirimere il conflitto ma, è egualmente difficile non trovare miope e donchisciottesca la reazione statunitense.

Julian Assange e Wikileaks non sono che la punta dell’iceberg di un universo dell’informazione che, ormai, si è fatto largo nell’oceano della Rete. Metterli a tacere – ammesso che ciò sia possibile – non varrà a tornare indietro nel tempo ed a restituire al segreto di stato l’impenetrabilità di ieri. E’ facile prevedere che il posto di Wikileaks e dei suoi verrà presto preso da altri che, magari, questa volta, agiranno con il volto coperto sotto un passamontagna digitale e sfrutteranno le leggi, non lontane a venire, di un paese che, come l’Islanda, scelga di ergersi a paradiso della libertà di informazione e di sfidare, così, le leggi americane, proprio come, sino a ieri, molti paesi costituiti da pugni di sabbia nell’oceano, hanno sfidato i regimi tributari delle nazioni più ricche e potenti.

E’ un peccato che tanta miopia politica – sfortunatamente diffusa nella gerontocrazia di Palazzo – abbia colpito anche l’amministrazione di Barack Obama, quella che si era candidata ad essere la più trasparente della storia e la protettrice degli informatori ed oggi, per uno strano scherzo del destino, si trova a combattere una guerra contro un “eccesso di trasparenza” o, piuttosto, contro un “abuso dei media e della libertà di espressione”.




Houston, abbiamo un problema: l’agenzia spaziale.


La sede era prevista per il 1999. Sarà pronta (forse) tra un anno. Niente appalto pubblico: i lavori furono secretati dall'ingegnere Angelo Balducci della "cricca". Il costo stimato era di 24 miliardi di lire, ora con le ultime modifiche sarà di 90 milioni di euro

Il progetto della nuova sede dell'Agenzia spaziale italiana nel quartiere romano di Tor Vergata

Doveva costare poco più di 24 miliardi di lire, secondo le previsioni della fine del ’99, e invece gli ultimi calcoli parlano di circa 90 milioni di euro. Doveva sorgere al quartiere Flaminio, riusando le strutture dell’ex Caserma Montello, e invece è stata costruita ex novo a Tor Vergata. Doveva servire per 250 dipendenti, e invece è stata faraonicamente dimensionata su 450, un valore che mai il ministero dell’Economia ha riconosciuto accettabile. Ma in cantiere ti confidano che a conti fatti ce ne staranno 100 in più. Poteva e doveva essere costruita con un pubblico appalto, e invece i lavori sono stati secretati da Angelo Balducci, l’ingegnere a capo della “cricca” delle opere pubbliche. È un altro duro colpo alle coronarie già così provate del cittadino-contribuente la storia della nuova sede dell’Asi, l’Agenzia Spaziale Italiana, l’ente pubblico (e feudo riconosciuto e conclamato degli ex An) incaricato di promuovere e sviluppare progetti nazionali e internazionali in campo aerospaziale.

Il palazzo non è ancora pronto, i lavori sono in ritardo di oltre un anno e bisognerà attendere almeno la fine del 2011, per l’ultimazione, ma già spicca maestoso, con la sua grande facciata a vetro semicircolare, davanti al cubo anonimo che ospita la facoltà di Ingegneria di Tor Vergata. A realizzare l’opera è la Sac, Società appalti e costruzioni di Claudio (padre) ed Emiliano Cerasi, quest’ultimo vicepresidente dei costruttori romani, grande collettore di opere pubbliche della capitale (dal Parco della Musica al Maxxi), considerato vicino al Pd. La Sac, poco dopo, avrebbe poi vinto anche la gara per la costruzione del nuovo teatro di Firenze, su cui si è sviluppata la ben nota indagine della magistratura fiorentina.

Invece di una normale procedura di affidamento, per la sede Asi venne imposta la segretezza (art. 33 della legge 104 del 1999) come se si stesse costruendo un’opera militare necessaria alla difesa della nazione, e non la sede di un ente di ricerca. Vero che dentro debbono essere anche custoditi alcuni documenti vincolati a segreto militare: quelli, ad esempio, del sistema civile-militareCosmo-Skymed, con quattro satelliti in orbita polare che controllano il globo 24 ore su 24. Ma le necessità logistiche non investono certo la sede intera: si limitano a pochi locali, meno di dieci, quelli allo scopo destinati nella sistemazione attuale dell’Asi, che si articola su due distinti palazzi, a via di Villa Grazioli e a viale Liegi. È bastato però questo espediente per secretare la gara su una costruzione che sviluppa in tutto ben 130 mila metri cubi. Vennero riservatamente invitate dieci aziende, con la formula del massimo ribasso. Vittoria della Sac con un punto di vantaggio sullaTodini, nell’agosto del 2005. A siglare una convenzione con il Provveditorato del Lazio per la realizzazione della nuova sede (dalla progettazione alla stazione appaltante al collaudo) era stato l’allora presidente dell’Asi, Sergio Vetrella, oggi senatore del Pdl e assessore della nuova Giunta della Regione Campania, sempre per lo stesso partito.

Il progetto precedente e poi abbandonato, quello della Caserma Montello, era invece diMassimiliano Fuksas, vincitore di una gara europea, poi liquidato con una parcella di circa 4 miliardi di lire e con un successivo indennizzo di 550 mila euro, pur di chiudere il contenzioso. I lavori della nuova sede, invece, sarebbero dovuti costare inizialmente 43 milioni di euro, ma sono poi saliti, a forza di modifiche e integrazioni, a 89 milioni e mezzo di euro, secondo l’ultima ricognizione che comprende le opere infrastrutturali. Sembra prevista una sala convegni da 600 posti, un asilo nido con scuola materna per i dipendenti, mensa da 300 posti, una sala fitness, parcheggi interrati, un sovrappasso. Nel 2007 Vetrella se n’è andato, e al suo posto, prima come commissario poi come presidente, è subentrato Enrico Saggese, compagno di scuola diGasparri e missino doc.

Intanto, nell’attesa che i 240 attuali dipendenti romani vadano a disperdersi in un palazzo che ne conterrebbe due volte e mezzo, sta esplodendo anche all’Asi il bubbone delle consulenze facili, dei favori agli “amici e sodali di partito” con un ispettore di finanza che da più di un mese scartabella documenti e analizza posizioni. Fra le più critiche, quella di Antonio Menè, funzionario della Camera distaccato all’Asi, come la legge prevede, per fare il segretario del Consiglio di amministrazione. Non previsto è invece che al suo lauto stipendio di 18 mila euro lordi al mese, si aggiunga un cadeau Asi di circa 65 mila euro. Una robusta indennità anche per l’avvocato dello Stato Pierluigi Di Palma, che ha pure fatto distaccare sua moglie, dal ministero delle Infrastrutture. Se i risultati dell’inchiesta non saranno secretati, come la gara per la nuova sede, ne vedremo delle belle.

da Il Fatto Quotidiano dell’ 8 gennaio 2011

Allegati

    Lavori in corso. Cubi di cemento e tubi davanti al cantiere romano dell’Asi


Povera Patria


Sprechi e ritardi per il 150° dell'Unità d'Italia. Bossi: "Niente da festeggiare"

Data di consegna lavori: 16 marzo 2011. Il cartello affisso sul ponteggio che imprigiona il monumento equestre ad Anita Garibaldi sul colle Gianicolo è l’ennesima offesa del governo Berlusconi alla memoria di chi nel 1861 fece l’Italia e purtroppo oggi si trova ad essere celebrato da quel che resta degli italiani.

L’altro ieri Umberto Bossi ha chiarito cosa pensa delle celebrazioni del 150esimo: “Non c’è niente da festeggiare”, ha detto il ministro delle riforme, “l’Italia è divisa in due. Chi sente che è una cosa positiva la festeggia, gli altri no”. Per vedere l’altra metà bisogna salire sul colle che vide nascere e morire la Repubblica romana. Il 150esimo è arrivato all’improvviso sul Gianicolo e l’Italia di Bossi e Berlusconi si è presentata all’appuntamento con la storia con ritardo e sciatteria . Il 9 febbraio il parco del Gianicolo, secondo il programma delle celebrazioni tuttora pubblicato sul sito di Palazzo Chigi, doveva essere inaugurato in pompa magna. Quel giorno fu proclamata nel 1849 la Repubblica romana.

E invece dopo avere sperperato mezzo miliardo di euro in opere che poco o nulla hanno a che fare con il Risorgimento sotto la guida di funzionari integerrimi come Angelo Balducci, Fabio De Santis e Mauro della Giovampaola, il governo Berlusconi si è ricordato all’ultimo momento che c’era un signore di nome Giuseppe Garibaldi, affiancato da una compagna di nome Anita, e da un gruppo di commilitoni, detti i mille, che più di 150 anni fa da queste parti avevano lottato e talvolta erano morti per la Patria. Incredibile a dirsi i cantieri dei restauri dei monumenti equestri dedicati all’eroe dei due mondi e ad Anita e gli 83 busti dei garibaldini, sono stati aperti il 3 dicembre scorso. Ovviamente l’inaugurazione del 9 febbraio salterà e la data della consegna lavori, come dice il cartello scritto a penna, è slittata al 16 marzo, 24 ore prima della festa che vedrà al suo centro proprio il parco del Gianicolo.

Il capo della Struttura di missione per le celebrazioni di Italia 150, Giancarlo Bravi, ne fa una questione filosofica: “Non è un ritardo ma una scelta. Volevamo far coincidere la consegna dei lavori con l’inaugurazione”. I restauratori all’opera sono meno entusiasti dell’appalto espresso: “se avessimo avuto la possibilità di lavorare con più calma sarebbe stato meglio”, spiega il titolare di una delle imprese che preferisce restare anonimo, “purtroppo l’incarico è arrivato all’ultimo momento. Per far prima la Presidenza del Consiglio ha creato tre appalti per tre società diverse. Consegneremo nell’ultimo giorno utile”.

I fondi per il programma di restaurazione dei “luoghi della memoria” come statue, ossari e luoghi di eventi chiave del Risorgimento, sono arrivati solo alla fine del 2010. Molto dopo la realizzazione delle grandi opere che nulla hanno a che fare con i garibaldini ma che interessavano ai politici di destra e sinistra.

Se oggi un turista arrivasse in Italia per veder come il nostro Paese celebra gli eroi che lo crearono resterebbe basito. Mentre le tombe dei garibaldini sono abbandonate nell’incuria e il monumento al condottiero in piazza Garibaldi a Napoli è ricoperto dalle scritte e circondato dall’immondizia, è stata realizzata ad Imperia con i soldi delle celebrazioni la pista ciclabile da 12 milioni di euro cara a Claudio Scajola. Per dare una patina di patriottismo alle pedalate dell’ex ministro nel suo feudo gli uomini della presidenza hanno rintracciato un passaggio da queste parti del genovese Mazzini. Mentre per giustificare la spesa di 31 milioni di euro per l’auditorium da 700 posti a Isernia (22 mila abitanti) sono tornati utili i fantasmi di sette garibaldini, uccisi in Molise.

Molte opere non saranno terminate in tempo. Il capo della struttura di missione Giancarlo Bravi sta lavorando bene ma deve scontrarsi con la programmazione insensata del Governo Prodi e con l’attuazione sprecona e – secondo i pm – corrotta dei funzionari nell’era Berlusconi. Il bilancio è desolante: il progetto faraonico del palazzo del cinema di Venezia, caro a Massimo Cacciari, non sarà realizzato e l’amianto trovato nell’area imporrà una bonifica aggiuntiva di 10 milioni di euro. Forse l’auditorium di Firenze da 236 milioni, dal quale parte l’inchiesta sulla cricca, dovrebbe essere inaugurato a dicembre con un concerto. Ma il maestro Zubin Metha si esibirà in uno “stralcio” dell’opera (da 156 milioni) senza la mirabolante macchina scenica che arriverà dopo il 150esimo. Anche l’auditorium di Isernia, caro all’ex ministro delle infrastrutture Antonio Di Pietro, non sarà terminato. Per far contento il sindaco la struttura guidata da Bravi consegnerà uno stralcio e forse si potrà tenere la messa in scena del Nabucco a dicembre. Poi il cantiere riaprirà, se arriveranno altri dieci milioni di euro dopo i 31 milioni già spesi.

Stavolta i soldi e il tempo non sono scuse valide. La struttura di missione della presidenza del Consiglio è stata creata nel 2007. Per accelerare le procedure e saltare i controlli il governo Prodi concesse la corsia preferenziale dei grandi eventi, usata dai funzionari amici di Diego Anemoneper fare i propri affari personali. Il gruppo Anemone ha vinto l’appalto dell’allargamento dell’aeroporto di Perugia. Una delle ragioni per le quali il primo capo della struttura di missione di Italia 150 Angelo Balducci è stato arrestato è proprio la messa a disposizione da parte del consorzio dell’aeroporto (composto anche dalla società Redim 2002 della moglie di Diego Anemone) di un’automobile Bmw.

Anche gli avvocati Edgardo Azzopardi e Camillo Toro, rispettivamente amico e figlio del procuratore Achille Toro, coinvolto con loro nella fuga di notizie che indusse la Procura di Firenze ad accelerare gli arresti, hanno ricevuto consulenze dalle imprese esecutrici dei cantieri di Italia 150. Mauro della Giovampaola, che prese il posto di Angelo Balducci al vertice della struttura di missione, quando arrivò a Venezia per la posa della prima pietra del palazzo del cinema, si vide recapitare in stanza al Gritti una escort dal solito Anemone. E lo stesso destino toccò in sorte a Fabio De Santis, commissario per la realizzazione dell’auditorium di Firenze. Non ci vuole molto a capire perché le opere faraoniche sono state privilegiate. Il povero Garibaldi e le restauratrici che stanno lavorando al freddo di gennaio per chiudere i lavori in tempo, non avevano escort da offrire. Così l’eroe dei due mondi si ritrova allo scoccare del 150esimo ingabbiato e persino imbustato come una merendina. Mentre i Garibaldini sono stati incappucciati con buste dell’immondizia. Se fosse ancora in carne e ossa e non inchiodato alla sua sella di bronzo, l’eroe dei due mondi scenderebbe dal cavallo e correrebbe dalla sua Anita per inveire contro il secondo tradimento dei suoi connazionali. Ancora una volta sul Gianicolo. Nel 1849 proprio per la delusione patita dai romani che lo lasciarono solo a combattere scrisse alla bella creola che aveva lasciato il marito nel Rio Grande per seguirlo scusandosi del carattere dei connazionali. A vedere le zampe del cavallo di Anita corrose dall’incuria e sostenute dai tubi Innocenti , Garibaldi scriverebbe di nuovo “tu donna forte e generosa con che disprezzo guarderai questa ermafrodita generazione di italiani: questi miei paesani ch’io ho cercato di nobilitare tante volte e che sì poco lo meritavano”.

(ha collaborato Damiano Zito)

Nella foto la prima bandiera italiana, così come è esposta al museo del Risorgimento di Torino.




venerdì 7 gennaio 2011

Muovi Palermo


Una festa creata da cittadini, il movimento "Muovi Palermo", per i cittadini, senza interventi della politica e senza finanziamenti pubblici.

Faenza, il giallo delle tortore che cadono dal cielo.















Che sia davvero vicina la fine del mondo? Milioni di uccelli cadono, morti, dal cielo: dagli Stati Uniti alla Svezia e ora anche in Italia, a Faenza. Massimo Bolognesi del Wwf ci accompagna nel punto in cui, da domenica scorsa, stormi di tortore precipitano giù, senza vita. Siamo a un chilometro scarso dal centro storico. «Solo noi - ci dice Bolognesi - ne abbiamo raccolte quattrocento. Ma le tortore morte sono sicuramente molte di più: migliaia. Perché muoiono? Non lo sappiamo. Per il momento è un mistero».

Qui a fianco c’è una grande azienda che lavora le farine animali e vegetali, le vinacce e alcune fonti di energia rinnovabile. Inquinamento? Sarebbe troppo semplice, e soprattutto poco logico: l’azienda c’è da tempo, le sue lavorazioni sono sempre le stesse, ma la morìa di uccelli è solo di questi giorni. E poi non è detto che le tortore si siano «ammalate» qui: potrebbero aver contratto il morbo altrove ed essere venute da queste parti per il congedo.

Massimo Bolognesi è una delle «guardie giurate volontarie» che periodicamente svolgono controlli di questo tipo.

Dice che la strage sta avvenendo nel disinteresse generale delle autorità: «Non abbiamo nemmeno avvisato la Provincia perché secondo noi la Provincia non è competente in materia. Pensiamo che sia una questione sanitaria, e quindi abbiamo avvisato l’Asl. Sa che cosa ci ha risposto? Prendiamo quattro tortore per farle analizzare. Ma delle carcasse non hanno voluto interessarsi. Eppure mi pare che un minimo di prevenzione per la popolazione sarebbe opportuno. Alcuni uccelli morti li hanno trovati anche in centro città: e se fosse un’epidemia contagiosa per l’uomo? Quanto a quelli dell’Arpa, l’agenzia regionale per la protezione dell’ambiente, hanno fatto spallucce: muoiono perché mangiano troppo, ci hanno risposto».

Se la strage sia dovuta a un’indigestione collettiva oppure ad altro, lo diranno le analisi. Diciamo che se si accertasse che gli ingordi volatili se la sono cercata abbuffandosi per le feste di Natale, saremmo tutti più tranquilli. A patto che un analogo risultato lo dessero le analisi che si attendono dagli Usa: dove la misteriosa epidemia ha già scatenato una psicosi di massa. Migliaia di merli sono piovuti giù stecchiti in Arkansas, in Louisiana, in Kentucky. Qui una donna ha addirittura trovato dozzine di uccelli morti dentro casa: una scena terribile, degna del celeberrimo film di Hitchcock.

E se il grande regista inglese utilizzò proprio gli uccelli per simboleggiare le nostre più ancestrali paure, un motivo ci sarà. In fondo dal cielo ci attendiamo tutto il bene e tutto il male possibile: la salvezza o un’eterna punizione. Così negli States profeti, astrologi, cartomanti e ciarlatani vari si sono scatenati assicurando che la strage di uccelli è un segno preciso che l’Altissimo ci sta inviando. Una specie di ultima chiamata prima del redde rationem. Non bastavano i Maya, insomma, a dirci che il 21 dicembre del 2012 il nostro tempo sarà scaduto. Adesso ci si mettono i telepredicatori americani. La setta cristiana di Harold Camping, da una radio californiana seguita da milioni di ascoltatori, assicura che «siamo agli sgoccioli» e fissa date ancora più vicine di quella stabilita dai Maya: il 21 maggio prossimo ci sarà il giorno del giudizio, e il 21 ottobre, quando la Terra prenderà fuoco, la fine del mondo. Non è chiaro se nei cinque mesi che intercorrono tra il giudizio e la fine ci sarà tempo per ricorrere alla Cassazione dell’Onnipotente; ma forse non è un caso che tutto avverrà dopo la decisione della nostra Corte Costituzionale sul legittimo impedimento.

C’è poco da scherzare, comunque, visto che un recente sondaggio del Pew Research Center ci ha informato che il 41 per cento degli americani si dice convinto che la Parusia, cioè il ritorno di Cristo giudice sulla Terra, avverrà entro il 2050. La percentuale sale se si considerano gli americani (bianchi) fedeli delle chiese evangeliche: 58 per cento.

Ci si consola pensando che Harold Camping aveva già predetto la fine del mondo per il 1994, mentre di quell’anno almeno noi italiani ricordiamo solo la finale dei mondiali persa ai rigori con il Brasile e la discesa in campo di Berlusconi. Il credente un po’ più serio sa, poi, che Gesù ci ha detto che «nessuno sa né il giorno né l’ora», e che il giudizio arriverà inatteso e imprevisto come un ladro che entra in casa di notte. Chiunque abbia fissato una data per l’Apocalisse, finora è stato smentito dai fatti. I Testimoni di Geova hanno annunciato la fine, ovviamente toppando, più di una volta. E il 31 dicembre del Mille la grande attesa di dotti e chierici nei conventi e nei monasteri (la gente comune non sapeva neppure in che anno era) si concluse con un brindisi di mezzanotte.

Tuttavia il valore simbolico di ogni segno che viene dal cielo è enorme. Dal cielo cadde la manna, ma anche sventure e punizioni. Di animali morti che piovono giù si parla in molti testi antichi, compresa la Bibbia: una delle piaghe d’Egitto fu una pioggia di rane, pidocchi, mosconi e cavallette. In America c’è chi sostiene che gli uccelli morti sono da collegare a quanto scritto dall’apostolo Giovanni nel Libro dell’Apocalisse, cioè della Rivelazione: è il libro che chiude il Nuovo Testamento.

Ma in fondo per preoccuparsi non occorre agitare lo spauracchio della fine del mondo. E’ sufficiente pensare che la strage di animali di questi ultimi giorni potrebbe essere, più «semplicemente», l’effetto di una colossale epidemia, o dell’inquinamento che ci siamo procurati con le nostre mani, senza scomodare Iddio. Abbiamo detto dei merli caduti negli Stati Uniti. Ma ci sono da aggiungere i corvi volati giù morti a Göteborg, in Svezia. E, oltre agli uccelli, i pesci: martedì scorso hanno trovato due milioni di carcasse nella baia di Chesapeake, nel Maryland. Altri centomila pesci sono andati a morire sulle sponde dell’Arkansas River.

«Io credo che la causa della morte di queste tortore - ci dice Massimo Bolognesi parlando del caso della sua Faenza - sia da ricercare fra una di queste: o un inquinamento temporaneo prodotto da qualche azienda; o l’aviaria o qualche altra malattia; oppure ancora l’avvelenamento. Qualcuno potrebbe averle avvelenate perché le tortore mangiano grandi quantità di sementi». Viene da aggiungere: speriamo. La paura della fine del mondo è tale che anche l’inquinamento, una pandemia o la cattiveria umana sarebbero buone notizie.




La permalosità di mr. B.


Vista la quantità di cause intentate da B, deve essere il più permaloso d'Italia

ha querelato la Gabanelli per il Report su Antigua (in totale la Gabanelli ha cause per 150 milioni di €)

Di Pietro per aver parlato male di lui in campagna elettorale (ridicolo!)

tutti i libri che rivelano l'origine dei suoi soldi

Repubblica (per un milione di €) per avergli fatto le 10 domande a cui non ha mai dato risposta (è la prima volta al mondo che un premier querela un giornale per avergli fatto delle domande)

El Pais per le foto di Zappadu

l'Unità per 2 milioni

e Il fatto Quotidiano

L'independent per il suo dossier su di lui
che lo disegnava come un padrino della mafia

The Economist per aver scritto che non era adatto a governare l’Italia

l giornalista britannico David Lane per il suo libro "L’ombra di Berlusconi", che esplora le origini della sua fortuna e fa notare che alcuni dei suoi collaboratori sono stati indagati per rapporti con la mafia

Alxander Stille, docente alla Columbia University e autore di molti accurati libri sull’Italia

Diciamo che B perde tutte queste cause ma intanto rompe le balle, costringe gli avversari politici a faticose difese, fa loro perdere soldi e tempo
e appare sulla stampa come una vittima
L'apripista che gli ha dato l'idea di usare l'arma della querela è stato il solito D'Alema che querelò Forattini. La differenza sta nel fatto che B è l'uomo più potente e ricco d'Italia, uno che controlla anche i media dell'opposizione. E' immorale che chi ha una tale posizione di forza assoluta usi anche la querela. Per fare un es. Andreotti non ha mai querelato nessuno. Il punto non è vincere una causa, quanto intimidire i giornalisti e gli organi d’informazione con la prospettiva di un lungo e dispendioso processo. "Portarne a processo 1 per modificare il comportamento di altri 100" (come ha detto Stille). La sua squadra di avvocati è un minaccioso modello attraverso il quale B intend eintimidire la stampa.

Viviana Vivarelli.