Il Referendum viene alla fine di una vertenza aziendale nella quale l’editore cercava di eliminare drasticamente antichi “privilegi”, ritenute conquiste invece per il CDR del giornale, in virtù di una drastica rivisitazione del costo del lavoro, della riduzione di spese con prepensionamenti e avvio di nuove assunzioni di giovani, ma con stipendi meno onerosi per il gruppo e, soprattutto, senza alcune “prebende” di prestigio, di cui gli attuali giornalisti possono usufruire (come l’auto aziendale). Saranno le organizzazioni sindacali interne, di Milano e Roma e la stessa FNSI ad analizzare i risvolti di questa iniziativa e di come i giornalisti dovrebbero orientarsi. Certo è che il Referendum, se dovesse passare, come dall’interno del quotidiano più importante d’Italia fanno trapelare autorevoli colleghi, per De Bortoli sarebbe una vittoria molto importante, vista l’attuale situazione critica nella quale si è venuta a trovare la sua direzione, dopo il caso Marchionne-Mirafiori e l’affaire “Bunga Bunga”.
Gli articoli approfonditi sugli stipendi e i bonus dell’amministratore delegato della FIAT, Sergio Marchionne, usciti dalla penna indagatrice di Massimo Mucchetti (il maggiore esperto di bilanci, editorialista economico, già inviso a Marco Tronchetti Provera, tanto che il suo computer fu “spiato” dai “servizi segreti privati speciali” nell’ambito dell’affaireTelecom Italia) hanno creato vistosi malumori nell’entourage dei “padroni delle ferriere”. Pruriti censori sono fuoriusciti, a quanto sembra, da alcuni ambienti della FIAT e di altri soci “pesanti” che controllano la maggioranza azionaria della RCS. De Bortoli ne è uscito indebolito agli occhi della proprietà. Altra fonte di disagi per il direttore sono stati gli articoli di cronaca puntigliosi sui vizi “privati” del Sultano di Arcore, anche se alle ricostruzioni dettagliate e puntuali, spesso hanno fatto da contraltare commenti, editoriali, pareri, interviste che in qualche modo prendevano le difese del Califfo di Palazzo Grazioli. Il cosiddetto “cerchiobottismo” comunque del Corriere ha perso lo smalto di un tempo ed anche alcuni editorialisti più “equilibristi”, alla luce delle rovine fumose del regime berlusconiano, hanno iniziato a prendere le distanze.
C’è poi il calo delle vendite rispetto a Repubblica e la voglia di un folto gruppo di azionisti pro-Berlusconi di entrare nel pacchetto di controllo e dirigere così il cambiamento di linea politico-editoriale del Corriere. Per ora nel CDA della RCS, stando ai si dice, sono volati scambi duri e perentori tra le opposte fazioni. Ma sta di fatto che alcuni soci come i Ligresti, Pierluigi Toti , Benetton e Giuseppe Rotelli ( patron delle cliniche private e maggiore azionista privato, dopo Mediobanca e prima di FIAT, con bel l’11% delle azioni), oltre a Tronchetti Provera (Toti, Rotelli e Benetton non fanno parte del patto di sindacato, mentre Ligresti sì, rappresentato dalla figlia Jonella) vorrebbero far cambiare aria all’attuale direzione. Insomma, nelle prossime settimane, al di là di come andrà il Referendum proposto da De Bortoli, le fazioni “pro-berlusconi” affileranno le lame per scompaginare l’attuale assetto di potere, in vista anche delle probabili elezioni anticipate, proprio per riportare il quotidiano di Via Solferino nell’alveo della destra berlusconiana. Anche le tiepide posizioni di indipendenza di quanti negli anni passati si fecero “corifei” del regime del Sultano non saranno più tollerate. Il rischio è che si ritorni al Corriere dell’epoca di Bruno Tassan Din , quando a dettare la linea editoriale erano gli uomini della loggia segreta massonica P2 di Licio Gelli.
Sommovimenti carsici tra i poteri forti, dunque, mentre la CONFINDUSTRIA si indebolisce sempre più con l’uscita di Marchionne. Certo, la FIAT, mal vista dai grandi gruppi ex-pubblici gestiti da uomini messi da Berlusconi, come l’ENI e l’ENEL, ora si trova in difficoltà nella spartizione del potere confindustriale e nella decisione della linea politica. La presidente Emma Marcegaglia sta ricercando una sua linea autonoma, fuori dall’accerchiamento berlusconiano, tirando fuori le ultime unghie e lanciando segnali critici al governo, accusato di essere assente nell’affrontare la crisi economica. Parte di Federmeccanica , impensierita per la svolta FIAT, che ha chiesto di uscire dall’associazione di categoria e di disdire di fatto i contratti nazionali collettivi di lavoro, si trova in difficoltà proprio all’interno delle fabbriche per il potere sindacale accresciuto della FIOM.
La crisi economica affrontata senza idee e strategie, come invece hanno fatto nel resto d’Europa i governi conservatori delle maggiori nazioni competitor dell’Italia, specie la Germania che è ripartita alla grande, sta anche distogliendo gli interessi editoriali degli industriali verso la corazzata mediatica del Sole 24 ore. La società editrice si trova per il secondo anno consecutivo in perdita e il Sole non ha più l’appeal di un tempo, come quando lo dirigeva proprio De Bortoli. C’è in vista il cambio di formato editoriale, ma anche dello stesso direttore Gianni Riotta, ormai poco gradito da gran parte della redazione. In periodo di vacche magre, gli imprenditori già devono sobbarcarsi i costi esosi dell’appartenenza al “club lobbistico” della Confindustria, pagando quote territoriali e di categoria non certo lievi, e quindi trovano ancor più dispendiosi abbonamenti al Sole e a tutti i servizi specializzati che la casa editrice offre, sia stampati sia WEB. E così si spiega, da una parte la riduzione dei proventi e l’aumento delle spese, e dall’altra il tentativo di cambiare la linea politica del giornale, per farlo rientrare nei canoni filo-governativi.
Ecco quindi che il panorama potrebbe cambiare a breve ed influenzare la battaglia politica mediatica. Molto importante per Berlusconi, che se ha dalla sua parte quasi tutto il panorama TV, tranne Raitre e TG3, oltre il TG de La7, nella carta stampata non si sente così “amato e venerato” come vorrebbe. Insieme ai magistrati, sono proprio quest’ultimi settori della carta stampata che sfuggono al suo ferreo controllo e, in vista dell’acuirsi della crisi economica, dei suoi guai giudiziari e delle probabili elezioni anticipate, ecco che l’imperativo categorico per la “Real Casa di Arcore” è di impadronirsi del controllo di alcuni quotidiani autorevoli come il Corriere e il Sole, senza indulgere a clemenze alcune, “senza fare prigionieri”, come a suo tempo declamavano i pretoriani del Sultano, quando si impadronirono delle leve di comando della RAI.