giovedì 10 febbraio 2011

ANCHE LA CONSULTA DICE BASTA.


La Corte Costituzionale risponde alle accuse del Pdl che aveva definito "avanguardia rivoluzionaria" i magistrati: "Denigratorio. Qui non c'è nessun bolscevico". Il premier teme indagini sui party a Tor Crescenza dell'estate del 2010 e vuole una legge sulle intercettazioni. Frattini: "Privacy violata"
E nelle telefonate con Emilio Fede Berlusconi dà i voti alle protagoniste del Bunga bunga

Il presidente del Consiglio e l’intero Pdl alzano il livello dello scontro e paragonano i magistrati milanesi a una specie di associazione sovversiva. Il Cavaliere annuncia che farà “causa allo Stato” e prepara un blitz sulla legge sulle intercettazioni telefoniche (leggi l'articolo). Ma dopo il gelo del Quirinale arriva la smentita di Fabrizio Cicchitto: "E' solo un equivoco, c'è un testo di legge ben avviato". Nel frattempo, sulle accuse alla magistratura, arriva la risposta sdegnata del presidente della Corte Costituzionale Ugo De Siervo: "Offensivo e denigratorio dire che siamo di parte". Ieri i pm di Milano hanno inviato la richiesta di giudizio immediato per Silvio Berlusconi, accusato di concussione e prostituzione minorile (leggi l'articolo). Ma quello che preoccupa più il premier sono le notizie che da giorni rimbalzano nei palazzi della politica e che danno per imminente l'apertura di un nuovo fascicolo da parte della procura di Roma relativa alla primavera-estate del 2010, quando Palazzo Grazioli e il castello di Tor Crescenza sono teatro di feste e cene (leggi l'articolo di Sara Nicoli). Prosegue anche l'inchiesta di Napoli dove la polizia ha perquisito l'abitazione di Sara Tommasi e di altre cinque persone. La soubrette della scuderia di Lele Mora, è uscita distrutta psicologicamente dalla partecipazione a pagamento a festini con politici e imprenditori (leggi l'articolo e ascolta l'audio). Così, per difendersi dal contenuto delle indagini, il ministro degli Esteri Frattini si appella ai diritti umani: "Potremmo ricorrere alla Corte europea dei diritti dell'uomo per denunciare la violazione della privacy del presidente" (leggi l'articolo)



10 febbraio 2011



Definire Silvio scemo è dir poco!

Lui, sicuro che Ruby, già maggiorenne, fosse la nipotina di Mubarak, per evitare un incidente diplomatico, telefona alla questura perchè la rilascino e la fa affidare ad una sua amica, la consigliera Minetti, indagata per istigazione alla prostituzione, che l'affida a sua volta ad una prostituta.

E meno male che Ruby non fosse realmente la nipotina di Mubarak, vi immaginate lo scaldalo e l'incidente diplomatico che si sarebbe verificato se Mubarak avesse saputo che il suo amico Silvio invitava la nipotina ai suoi festini privati in compagna delle sue amiche prostitute?

E che le dava anche del denaro non si sa bene per quale motivo?

Peccato, a questo punto, che Ruby non fosse veramente la nipotina di Mubarak, chissà che si sarebbe inventato l'ingenuone, bambinone, bamboccione Silviuccio!

Definirlo solo scemo è dir poco!

Authority: sanzioni a 7 società elettriche.


Multe per 2,3 milioni a Acea, A2A, Enel, Gelsia, Terna, Iren Mercato e Flyenergia.

(Cattaneo)
(Cattaneo)
MILANO - Ministangata per le società elettriche. L'Autorità per l'energia, a conclusione di procedimenti comprensivi di audizioni, ha irrogato sanzioni per un totale di oltre 2,3 milioni di euro a Acea Distribuzione, A2A Reti Elettriche, Enel Distribuzione, Gelsia Reti e Terna per violazione di norme a tutela della corretta gestione e remunerazione dei servizi di trasmissione, misura e dispacciamento. È quanto comunica la stessa Authority in una nota. Altre due società, Iren Mercato e Flyenergia, sono state invece sanzionate in tema di carente trasparenza delle bollette.

SANZIONI - Le sanzioni, pari a 571 mila euro per Acea Distribuzione, 302 mila euro per A2A Reti Elettriche, 920 mila euro per Enel Distribuzione, 75 mila euro per Gelsia Reti e 420 mila euro per il gestore delle rete di trasmissione nazionale Terna, sono state irrogate al termine di istruttorie formali relative ad infrazioni commesse nel triennio 2005-2007. Il mancato rispetto della regolazione da parte delle società coinvolte ha avuto ricadute negative sul corretto funzionamento del sistema elettrico nazionale e sui venditori a livello economico, con ripercussioni indirette anche sui clienti finali. Nel determinare l'entità delle sanzioni, si legge ancora nella nota, sono state valutate positivamente, il versamento da parte di Terna di circa 13 milioni di euro alla Cassa Conguaglio del settore elettrico e le attività intraprese da Enel Distribuzione per migliorare il trattamento dei dati di misura, il controllo delle anagrafiche e la formazione del bilancio di energia. Sono stati invece chiusi i procedimenti avviati nei confronti di AEM Torino e di ASM Terni poichè, nel corso dell'istruttoria, le società hanno dimostrato l'insussistenza delle analoghe violazioni contestate. Saranno inoltre conclusi a breve altri tre procedimenti nei confronti di altrettanti distributori per le medesime infrazioni. L'Autorità ha anche sanzionato due società di vendita, Iren Mercato e Flyenergia, rispettivamente per un importo di 84 mila euro e di 19 mila euro, per infrazioni relative alla trasparenza delle bollette per clienti domestici e non domestici. L'Autorità ha anche ordinato alle due società la cessazione dei comportamenti lesivi degli interessi dei consumatori. Con questi due provvedimenti risulta concluso il «filone» dei sette procedimenti avviati in tema di violazione di norme riguardanti la trasparenza e comprensibilità delle bollette.

http://www.corriere.it/economia/11_febbraio_09/multe-societa-elettriche_2adab9a0-3471-11e0-89a3-00144f486ba6.shtml


Scuola, dal Nord al Sud i docenti sono uguali Così la Consulta boccia il dl della Gelmini.


Il decreto legge prevedeva l'azzeramento del punteggio se un insegnante si trasferiva da una città all'altra. La Corte Costituzionale ha, invece, rilevato che la proposta del ministro viola l'articolo 3 della Costituzione

Fino a ieri se un’insegnante di Ragusa voleva andare a lavorare a Padova doveva abbandonare tutto il suo punteggio accumulato e ripartire, nella provincia di trasferimento, in coda alle graduatorie. Questo per effetto di un decreto legge (134 del 2009) introdotto dal ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini. Ieri la Consulta lo ha dichiarato illegittimo perché viola l’articolo 3 della Costituzione. In sostanza, i docenti sono uguali in tutto il territorio, come i cittadini. E non possono essere discriminati se dal sud si trasferiscono al nord, dove ci sono più cattedre e quindi maggiori opportunità di lavoro.

Caterina Altamore, insegnante di scuola media, una delle precarie che ha animato lo sciopero della fame davanti a Montecitorio nei mesi scorsi, era colpita proprio da questo decreto: con i suoi 142 punti collezionati in 14 anni a Palermo, è finita dietro a chi aveva 20 punti a Brescia, dove è stata costretta a trasferirsi per mancanza di cattedre nella sua regione e impieghi vacanti in Lombardia. In Sicilia lascia per 9 mesi all’anno un marito, tre figli e tutta la sua carriera pregressa. A settembre, se fosse stata rispettata la graduatoria di merito, lei sarebbe entrata nei 35 posti di ruolo assegnate a Brescia, piazzandosi alla 30esima posizione. Ieri, appena ha ricevuto la notizia, ha chiamato l’avvocato che ha seguito il suo ricorso: “Sono felicissima – ha dichiarato – veniva leso il nostro diritto alla mobilità, con tutti i sacrifici che facciamo per venire a lavorare qui. Per fortuna questo provvedimento dettato dalla Lega è stato valutato per quello che è”.

Nella situazione di Caterina ci sono quasi 25 mila precari in tutta Italia. 15 mila di loro hanno fatto ricorso con l’Anief (l’associazione nazionale degli insegnanti ed educatori in formazione), gli altri singolarmente, e dovranno ora vedere riassegnate le loro posizioni lavorative. “Il ministro Gelmini dovrebbe prendere atto di non essere stata capace di gestire le graduatorie del personale docente, dovrebbe assumersi la responsabilità di aver creato un profondo danno erariale alle casse dello Stato e sanare la posizione dei ricorrenti aventi diritto, senza nulla togliere ai docenti già individuati nei contratti, come da prassi corrente – ha dichiarato il presidente dell’AniefMarcello Pacifico – le regole vanno rispettate”. Di conseguenza nell’aggiornamento delle graduatorie a esaurimento il personale docente avrà diritto al trasferimento e all’inserimento a pettine secondo il proprio punteggio (merito) e non secondo l’anzianità di iscrizione.

“La sentenza della Consulta certifica l’incapacità di un ministro che procede non per atti ma per pasticci – ha affermato Francesca Puglisi, responsabile scuola del Pd – ora che il danno è fatto la Lega, che ha tentato di innescare una guerra tra poveri all’interno delle graduatorie a esaurimento, voti insieme a tutte le opposizioni il rinvio della terza tranche di tagli nella scuola e la stabilizzazione senza costi di centomila precari. Questa è l’unica strada, perché chi lavora con competenza e passione da decenni nella scuola possa continuare a farlo garantendo la continuità didattica che è gran parte della qualità del sistema scolastico”. Già per il Tar Lazio questa disposizione violava gli articoli 24 e 113 della Costituzione. Da qui è partito il ricorso alla Consulta che ha stabilito di non discriminare gli insegnanti del Sud, più numerosi (come dimostrato dai dati del ministero) nei trasferimenti verso il nord. Al contrario di ciò che volevano il Carroccio e la Gelmini.



mercoledì 9 febbraio 2011

L’incredibile caso dell’onorevole fantasma.



gaglione

Silvia Cerami per L’espresso on line

Raggiungerlo al telefono è un’impresa: «Mi scusi sono impegnato, mi richiami tra un’ora, tra due, fra tre». Alla fine risponde il suo assistente. Non quello parlamentare, che all’ufficio della Camera in pochi hanno visto, ma quello della clinica: «Il dottore è molto impegnato, non può proprio rispondere».

Antonio Gaglione, deputato brindisino, eletto nel Pd, transitato nel Gruppo Misto e poi passato con Noi Sud non si può nemmeno definire un voltagabbana, visto che lui non vota né contro né a favore del governo. Semplicemente, a Roma non ci va. Fa visite cardiologiche private a Latiano, in provincia di Brindisi, oppure va in clinica, alla Villa Bianca di Bari, a operare.

Fatto sta che ha appena raggiunto il record assoluto di fancazzismo politico nella storia della Repubblica: oltre il 92 per cento di assenze. Alla modica cifra di 15 mila euro mensili. Oltre al suo stipendio, ci sarebbe da contare quello del portaborse, che non ha assolutamente nulla da fare: altri 4.000 euro al mese, ovviamente a carico della collettività. Ma poco importa, lui si considera «un ottimo politico».


In campagna elettorale Gaglione andava dicendo: «Voglio un partito aperto, che guardi all’esterno, un partito estroverso. Fatto di persone che al mattino pensino a quali sono i problemi del nostro paese e dedichino il tempo che hanno a loro disposizione, ci sono tante cose da fare. Lancio questo appello a tutte le persone di buona volontà». Lui di buona volontà non ne ha avuta moltissima, evidentemente: nessun intervento nelle discussioni in aula o in commissione, nessuna missione, nessuna proposta di legge come primo firmatario (cioè scritta da lui).

Era assente perfino al voto per l’autorizzazione a procedere contro Silvio Berlusconi, per la sfiducia al governo, per la legge di stabilità, per la manovra finanziaria, per lo scudo fiscale. L’ultima volta che si è fatto vedere per un voto chiave era l’estate del 2008: forse si trovava a Roma in vacanza. O più probabilmente per un convegno: a quelli non manca mai, basta cliccare il suo nome su Google per scoprirlo.

A proposito, lo scorso 14 dicembre, quando ogni voto era determinante per la fiducia, improvvisamente Gaglione si materializzò a Montecitorio. Tutti a chiedersi se avrebbe votato sì o no al governo, ma inutilmente: al momento della chiama lui era già fuori. Aveva fatto solo una capatina per salutare e prendere la posta, visto che era già a Roma. Per altri motivi ovviamente: l’avevano appena eletto consigliere nazionale nell’autorevole Società Italiana di Cardiologia.

Tra le sue ultime dichiarazioni, resta memorabile questa, rilasciata quando aveva già raggiunto il primo posto tra gli assenteisti: «Stare in Parlamento è una perdita di tempo e una violenza contro la persona». E poi: «E’ così frustrante fare queste maratone alla Camera». E ancora: «Sono stato poco presente perché l’apporto del singolo parlamentare è diventato marginale».

Poco altro, perché per l’onorevole è una perdita di tempo anche rispondere alle domande dei cronisti: «Che tanto poi i giornali si occupano più di donne che di politica vera. Gli italiani vogliono i fatti». Magari vorrebbero anche vedere lavorare i loro rappresentanti, ma il dottore è molto impegnato.

Da Meris per Giorgio. - Piovono rane - Alessandro Gilioli.i


Ricevo via mail e volentieri pubblico questa lettera che la signora Meris Monari, presente domenica scorsa ad Arcore, ha scritto al presidente Napolitano.

Caro Presidente Napolitano,

mi chiamo Meris Monari, ho 55 anni e ho deciso di scriverLe questa mia per dirLe che io, alla manifestazione di ieri 6 febbraio 2011, ero presente.

Vede Presidente, mi dispiace per come questa manifestazione è stata presentata dalla stampa, sia dai giornali ma soprattutto dai telegiornali: come la manifestazione di un gruppo di delinquenti che si è presentato alla villa di Arcore del Presidente Berlusconi per fare guerriglia con la Polizia.

Avrei voluto che venisse raccontato che le persone presenti erano uomini, donne, ragazzi e ragazze, pensionati, disoccupati e cassa integrati, che hanno speso il loro tempo e il loro denaro per testimoniare il loro dissenso nei confronti di un Presidente del Consiglio che non ci rappresenta e non ci rispetta.

Non ci rappresenta perché da un Presidente del Consiglio ti aspetti che rispetti la Costituzione, che non attacchi tutti i giorni gli altri Organi Istituzionali e che non offenda i cittadini che non la pensano come lui. Noi siamo scesi in piazza semplicemente per chiedere il RISPETTO.

Se mai coloro che hanno scritto sulla manifestazione di ieri fossero stati presenti, avrebbero raccontato di una piazza piena di cittadini – io non sono brava a quantificare i numeri, forse qualche migliaio di persone – che allegramente hanno cantato, ballato, protestato, letto le loro lettere scritte con tanta fatica, che hanno chiesto scusa per la loro ignoranza nello scrivere.

Le assicuro che non mi sono sentita una DELINQUENTE, io mi sentivo una cittadina arrabbiata che chiedeva solamente il rispetto della NOSTRA CARA COSTITUZIONE ed il rispetto per quello che sono.

Ogni giorno da 35 anni mi alzo e vado a lavorare e quando sento parlare delle buste piene di soldi guadagnati allegramente provo profondo disgusto, quando penso che tante persone occupano, senza alcun merito, poltrone retribuite profumatamente, non solo mi indigno, molto di più, mi arrabbio. Se penso che anche solo un centesimo delle mie sudatissime tasse passa nelle mani di persone non meritevoli mi sento veramente disgustata.

Sicuramente gli scontri ci sono stati, ma non per colpa nostra. Noi ce ne stavamo gia andando via e mai, mai e poi mai ci saremmo permessi di fronteggiarci con la Polizia.

Noi, Caro Presidente, prima di tornare a casa abbiamo anche raccolto l’immondizia che era per terra, ci eravamo portati i sacchetti per non lasciare sporcizia nella Citta di Arcore.

Capisco che per dovere Istituzionale Lei abbia chiesto informazioni al Ministro Maroni ed abbia stigmatizzato questi scontri, ma le Istituzioni dovrebbero imparare anche ad ascoltare e parlare con i Cittadini Onesti e a capire esattamente come si sono svolti i fatti. Ad ogni telegiornale viene fatto passare il messaggio che queste manifestazioni siano «intollerabili». Sinceramente io giudico che siano ben altri i comportamenti intollerabili e per quanto mi riguarda, da cittadina onesta e che paga le tasse, continuerà a manifestare perché sia rispettata la COSTITUZIONE ITALIANA.

Le faccio solo una domanda: ma quale futuro e quali insegnamenti stiamo dando ai nostri figli?

Le porgo i miei più cordiali auguri di buona salute

MERIS MONARI



Mora e la droga. “Sono contrario”. Ma nel 1990 fu condannato a tre anni per spaccio.



La storia segreta dell'ex parrucchiere di Bagnolo Po emerge dalla sentenza del tribunale di Verona. Oltre vent'anni fa l'impresario tv fu coinvolto in un giro di cocaina spacciata a cantanti famosi e calciatori.

Lui la droga dice di detestarla. Fa di più e precisa: “Se so che qualcuna delle mie star tocca anche solo una canna, la caccio via. L’ ho già fatto con tre persone. Niente nomi, ma quando ho saputo che facevano certe cose, gli ho detto arrivederci e grazie”. Fa niente poi se una ragazza della sua scuderia ammette: “Ho consumato cocaina all’interno del bagno del privè dell’Hollywood”. Francesca Lodo lo mette a verbale nell’ambito dell’inchiesta milanese di Vallettopoli. Lele Mora però tira dritto. Sull’argomento non transige. “Io sono contrario, l’ho sempre detto, e sempre lo ripeterò”. Oggi, poi, che la cocaina si insinua pericolosamente nel caso Ruby, l’ex parrucchiere di Bagnolo Po e grande amico di Silvio Berlusconi, tiene la linea. “Ad Arcore – racconta – l’unica droga è il divertimento”. Quindi va sereno all’incasso della fiducia illimitata da parte del Cavaliere che addirittura gli presta oltre un milione di euro per far fronte ai debiti della sua Lm Management. Qualcosa, però, non torna. La soubrette Sara Tommasi racconta, infatti, di strane sostanze mixate nei cocktail. “Non sai mai cosa Lele ti mette nel bicchiere”. L’ex partecipante all’Isola dei famosi lo racconta al telefono, aggiungendo particolari a una delle feste organizzate proprio da Mora.

Ombre e sospetti arrivano da ancora più lontano. In questo caso niente bunga bunga o cene ad Arcore. Ma una storia vecchia di oltre vent’anni. Non c’è villa San Martino, ma la Verona di fine anni Ottanta. Quella dei successi calcistici (uno scudetto nel 1984) e dei grandi campioni. Come l’argentino Caniggia. Superstar internazionale alla corte di Osvaldo Bagnoli, mister vecchio stampo, milanese, scorbutico, intransigente. Qualità che producono un’austerità da spogliatoio (Bagnoli diffiderà i suoi calciatori dal frequentare Mora) a cui fa da contraltare una vita mondana spinta all’eccesso. E all’ombra dell’Arena il regista della notte è sempre lui: Dario Mora in arte Lele. Il suo negozio di parruchiere diventa presto il ritrovo di vip, calciatori e belle ragazze. “Un’ attività gaudente – scrivono i giudici - i cui ingredienti tuttavia non erano soltanto le feste e le ragazze facili, ma anche la droga”. Cocaina soprattutto. Un brutto giro sul quale inciampa il futuro impresario televisivo e che gli costerà una condanna a tre anni poi scontata in Appello a un anno e sei mesi. Il tutto riassunto in un capo d’imputazione che pesa come un macigno. Oggi più di ieri. Leggiamo allora la sentenza del tribunale di Verona datata 30 marzo 1990 che Mora condivide con Pietro Bologna, trafficante siciliano (è nato a Capaci il 20 novembre 1953) sposato con Gabriella Mora, sorella di Lele. I due “in esecuzione di un medesimo disegno criminoso hanno più volte acquistato e detenuto e venduto a terzi non modiche quantità di sostanza stupefacente”. Reato commesso a Verona nel mese di dicembre del 1988 e nei primi giorni del 1989.

Il copione prevede protagonisti e comparse: c’è Lele Mora e il trafficante siciliano, calciatori, belle ragazze, cantanti di successo. Non c’è la politica. Ma è solo questione di tempo. Arriverà qualche anno dopo, quando Mora rimarrà folgorato sulla via di Arcore. Nel frattempo il 18 gennaio 1989 “i Carabinieri di Verona segnalavano che, nel corso di una serie di intercettazioni si evidenziava un ampio quanta consistente giro attinente allo spaccio di stupefacenti”. Nel loro italiano indurito i carabinieri citano tra le varie persone intercettate Pietro Bologna, Dario Mora, sua sorella, e il calciatore Paul Claudio Canniggia.

Questo il primo atto che disegna il quadro. Le intercettazioni chiariscono e aggiungono particolari decisivi. Sono decine le telefonate che vengono annotate dai carabinieri. Altrettanti i brogliacci dove viene scritto il nome di Lele Mora. Il 21 dicembre 1988 Lele chiama di mattina presto il cognato trafficante. “Un certo Lele chiede a Bologna se ha niente. Bologna risponde che non ha niente, facendo cosi bestemmiare il Lele che afferma che non si può andare avanti cosi. Bologna spiega che sta attendendo una telefonata e che nonostante non prenda mai niente per telefono sta aspettando quei venti”.

In quel periodo il telefono di Pietro Bologna scotta e non poco. Una settimana prima delle telefonata di Mora, il trafficante parla con Caniggia. “Quest’ultimo si lamenta dicendo di stare male. Bologna attribuisce il malore al fatto che il vino si era alterato stando fuori dal frigo e si offre di portare altre due bottiglie di vino”. Quindi Bologna “ribadisce che non bisogna bere del vino rimasto fuori dal frigo. I due restano d’accordo per vedersi l’indomani, verso mezzogiorno, quando Bologna porterà delle altre bottiglie di vino”. I carabinieri registrano. Scrivono vino, ma sanno che si tratta di droga. Un salto logico ben spiegato dai giudici per i quali “si comprende agevolmente che quel qualcosa di cui i tre sono spesso alla ricerca, non può essere palesato chiaramente”. Da qui parole come dischi, automobili, cioccolatini utilizzate “con assoluta incongruità”.

Le intercettazioni, poi, chiariscono il ruolo di Mora nel traffico di droga. Lui è l’intermediario, ma soprattutto “protagonista di un’intensa attività mondana: si trova in rinomati e lussuosi locali cittadini nelle ore della notte, organizza feste, frequenta famosi personaggi del mondo dello sport e dello spettacolo”. Conclusione: “Muovendosi in questo ambiente si preoccupa di procurare dei piccoli piaceri ai suoi amici e per questo ricorre all’aiuto del cognato”. Non è un caso, allora, che Caniggia e Bologna, parlando di comparvendita di droga si danno appuntamento “alla festa che Mora ha organizzato al ristorante Cambusa”.

Oggi come ieri, Mora si dà molto da fare. La sua filosofia in fondo è sempre la stessa: “Le persone – ha raccontato pochi giorni fa al giornalista Gianluigi Parragone – che mi stanno vicine devono stare bene ed essere serene”. E così’ la notte dell’ultimo dell’anno del 1988 “Patty Pravo parla con lo stesso Dario Mora, il quale le dice di poter disporre di un po’ di E e un po’ di A”. Quindi “le promette che si darà da fare per trovare dei cioccolatini, perché neanche il Bologna li ha reperiti”. Di nuovo quel linguaggio criptico, sul quale, in questo caso, farà luce lo stesso impresario dei vip ammettendo che quella frase serviva a nascondere una richiesta di hashish, fattagli dalla famosa cantante”. E di fumo, l’ex parrucchiere ne parla anche con Gabriella Mora. Il 2 gennaio 1989 le chiede “se può procurare del fumo per fare uno spinello”. In questa vicenda il rapporto tra i due appare chiaro. Lui “le impartisce precise indicazioni sui luoghi dove il Bologna deve recarsi”. Questo è successo. Ma oggi Lele Mora ribadisce che lui con la droga non c’entra nulla.