giovedì 10 febbraio 2011

"Attacchi a Consulta gravemente offensivi" De Siervo: non decidiamo su base politica.



ll presidente della Corte Costituzionale nel corso dell'annuale conferenza stampa sottolinea l'imparzialità dei giudici e i rigidi criteri in base ai quali i 15 membri vengono nominati. "Troppe leggi parziali"

ROMA - È "denigratorio per la Corte Costituzionale e gravemente offensivo" continuare a sostenere che i 15 giudici della Consulta "giudicherebbero sulla base di loro asserite appartenenze politiche". Lo ha detto il presidente della Corte, Ugo De Siervo, nel corso dell'annuale conferenza stampa. "La più larga libertà di confronto fra tutti i giudici e l'integrale collegialità delle determinazioni" - sottolinea De Siervo - fanno sì che "le decisioni che vengono infine adottate (all'unanimità o con maggioranze che sono di volta in volta diverse) rappresentano il punto di arrivo di un organo sicuramente imparziale".

De Siervo ha ricordato che i "giudici costituzionali sono appositamente scelti da organi diversi, fra i più rappresentativi delle nostre istituzioni (Presidente della Repubblica, Parlamento, supreme magistrature), ed entro categorie professionali particolarmente qualificate, in modo da garantire (per quanto possono le norme giuridiche) la loro più larga indipendenza di giudizio". Inoltre - aggiunge - i giudici "entrano in carica dopo aver giurato di osservare la Costituzione e le leggi".

Attacchi selvaggi. "Devo registrare che purtroppo in molte occasioni la Corte Costituzionale deve operare molto più faticosamente, perché c'è un clima eccessivo, attacchi selvaggi, tentativi di denigrazione dei singoli giudici". Ugo De Siervo, rispondendo a una domanda dei giornalisti ha colto l'occasione per rivolgersi alla stampa: "Pregherei anche i mezzi d'informazione - ha detto - di non esasperare i toni. Anche chi deve fare delle critiche, può farlo con un linguaggio meno esasperato".

Nessun bolscevico. Continuando a fare riferimento alle accuse rivolte ai giudici di essere di parte, De Siervo ha aggiunto: "Di bolscevichi qui non ce ne è nessuno. Molti di noi erano assai moderati e ora ci ritroviamo ribattezzati... Non siamo bolscevichi e - aggiunge - penso di poterlo dire per tutti" gli altri giudici "anche se c'è libertà di idee. Sono accuse esagerate e un po' nevrotiche".

Contributo all'unità del Paese. "In un contesto difficile, ma nel quale opportunamente si celebrano i centocinquant'anni di vita unitaria del nostro Stato, posso garantire che la Corte cercherà di continuare a dare" il proprio "concreto contributo all'unità sostanziale del nostro Paese". De Siervo cita e fa propria una frase di Adone Zoli, il ministro della Giustizia che nel 1953 sottoscrisse le leggi che permisero il funzionamento della Consulta: "Bisogna essere consapevoli - affermò Zoli - i giudici costituzionali sono 'quindici persone alle quali è affidato l'avvenire del nostro Paese, perché nella tutela della Costituzione è l'avvenire pacifico del nostro Paese". E poi l'annuncio: "Il 17 marzo apriremo il palazzo della Consulta a tutti i cittadini per dire che la nostra istituzione è aperta e festeggia i 150 anni dell'Unità nazionale".

Sempre più leggi parziali. "La notevole diffusione di interventi legislativi parziali, se non provvisori (si rifletta anche solo su ciò che producono i numerosi decreti legislativi di tipo correttivo) pesa non poco su chi deve giudicare della legittimità costituzionale delle leggi", ha aggiunto De Siervo. "Se negli anni trascorsi - ha continuato - sono state adottate sentenze importanti sui decreti legge, nel 2010 non poche sentenze della Corte si sono dovute riferire all'applicazione più o meno corretta dell'articolo 76 della Costituzione, che disciplina appunto la delega legislativa o hanno dovuto faticosamente ricostruire determinate situazioni normative in quasi continua trasformazione nel tempo".

Forte conflittualità Stato-Regioni. Sull'attività della Corte Costituzionale ha una "particolare ricaduta" il "forte accrescimento della conflittualità fra Stato e Regioni" che si manifesta principalmente nell'aumento dei ricorsi in via principale. De Siervo rileva che tale fenomeno "dopo una fase di temporanea attenuazione nel 2007-2008, ha ripreso ed anzi si è ulteriormente sviluppato". Le previsioni per il futuro non lasciano sperare meglio, ha osservato De Siervo, poichè nel 2010 "sono pervenuti ben 123 nuovi ricorsi in via Principale". Per il presidente della Consulta, "la soluzione del problema sta in una organica politica di attuazione costituzionale che riduca la conflittualità: questo compito spetta quindi al Parlamento e al Governo", ha precisato.

Riduzione dell'arretrato. Secondo il presidente della corte Costituzionale si registra "una drastica diminuzione dell'arretrato, ormai ridotto a livelli del tutto fisiologici" al lavoro della Consulta. Il presidente ha voluto anche rilevare i "tempi brevi", ossia "meno di un anno", in cui "la Corte ha adempiuto al suo compito di giudicare su questioni che pure spesso sono complesse".

Caso Ruby: "Clima surriscaldato, non rispondo". Non sono mancate domande sul caso Ruby e sulle pressioni del governo sulla procura di Milano. Ma Ugo De Siervo preferito non rispondere. "A chi spetta decidere quale sia la natura del reato di cui è accusato il presidente del Consiglio?", è stata la domanda. Il presidente della Consulta: "Non le rispondo. Noi siamo giudici e giudichiamo su questioni che ci vengono poste. In questo contesto eccezionalmente surriscaldato la Corte non può fare neanche una lezione astratta" sulla questione perché "verrebbe inevitabilmente letta come se avessimo dato ragione all'avvocato della parte x o y". De Siervo, poi, ha parlato dei tempi su un possibile ricorso per conflitto di attribuzione tra il Parlamento e la Procura di Milano, titolare dell'inchiesta sul caso Ruby: ''Sui conflitti di attribuzione in genere la Corte decide in un anno. Nell'ipotesi in cui dovesse arrivare un'eventuale conflitto di attribuzione di questo tipo, la decisione potrebbe arrivare forse nel giro di qualche mese, di certo non in qualche giorno''. Poi ha aggiunto di non voler più rispondere a domande su questo argomento.

Legittimità delle perquisizioni.
"Le perquisizioni o sono perquisizioni o sono buffetti sulle guance. Sgradevolezze, certo... Ma su questo io non voglio esprimermi anche perché è ipotizzabile che qualcuno su questa materia possa ricorrere alla Consulta", ha risposto il presidente della Corte a una domanda sulla legittimità delle perquisizioni.



ANCHE LA CONSULTA DICE BASTA.


La Corte Costituzionale risponde alle accuse del Pdl che aveva definito "avanguardia rivoluzionaria" i magistrati: "Denigratorio. Qui non c'è nessun bolscevico". Il premier teme indagini sui party a Tor Crescenza dell'estate del 2010 e vuole una legge sulle intercettazioni. Frattini: "Privacy violata"
E nelle telefonate con Emilio Fede Berlusconi dà i voti alle protagoniste del Bunga bunga

Il presidente del Consiglio e l’intero Pdl alzano il livello dello scontro e paragonano i magistrati milanesi a una specie di associazione sovversiva. Il Cavaliere annuncia che farà “causa allo Stato” e prepara un blitz sulla legge sulle intercettazioni telefoniche (leggi l'articolo). Ma dopo il gelo del Quirinale arriva la smentita di Fabrizio Cicchitto: "E' solo un equivoco, c'è un testo di legge ben avviato". Nel frattempo, sulle accuse alla magistratura, arriva la risposta sdegnata del presidente della Corte Costituzionale Ugo De Siervo: "Offensivo e denigratorio dire che siamo di parte". Ieri i pm di Milano hanno inviato la richiesta di giudizio immediato per Silvio Berlusconi, accusato di concussione e prostituzione minorile (leggi l'articolo). Ma quello che preoccupa più il premier sono le notizie che da giorni rimbalzano nei palazzi della politica e che danno per imminente l'apertura di un nuovo fascicolo da parte della procura di Roma relativa alla primavera-estate del 2010, quando Palazzo Grazioli e il castello di Tor Crescenza sono teatro di feste e cene (leggi l'articolo di Sara Nicoli). Prosegue anche l'inchiesta di Napoli dove la polizia ha perquisito l'abitazione di Sara Tommasi e di altre cinque persone. La soubrette della scuderia di Lele Mora, è uscita distrutta psicologicamente dalla partecipazione a pagamento a festini con politici e imprenditori (leggi l'articolo e ascolta l'audio). Così, per difendersi dal contenuto delle indagini, il ministro degli Esteri Frattini si appella ai diritti umani: "Potremmo ricorrere alla Corte europea dei diritti dell'uomo per denunciare la violazione della privacy del presidente" (leggi l'articolo)



10 febbraio 2011



Definire Silvio scemo è dir poco!

Lui, sicuro che Ruby, già maggiorenne, fosse la nipotina di Mubarak, per evitare un incidente diplomatico, telefona alla questura perchè la rilascino e la fa affidare ad una sua amica, la consigliera Minetti, indagata per istigazione alla prostituzione, che l'affida a sua volta ad una prostituta.

E meno male che Ruby non fosse realmente la nipotina di Mubarak, vi immaginate lo scaldalo e l'incidente diplomatico che si sarebbe verificato se Mubarak avesse saputo che il suo amico Silvio invitava la nipotina ai suoi festini privati in compagna delle sue amiche prostitute?

E che le dava anche del denaro non si sa bene per quale motivo?

Peccato, a questo punto, che Ruby non fosse veramente la nipotina di Mubarak, chissà che si sarebbe inventato l'ingenuone, bambinone, bamboccione Silviuccio!

Definirlo solo scemo è dir poco!

Authority: sanzioni a 7 società elettriche.


Multe per 2,3 milioni a Acea, A2A, Enel, Gelsia, Terna, Iren Mercato e Flyenergia.

(Cattaneo)
(Cattaneo)
MILANO - Ministangata per le società elettriche. L'Autorità per l'energia, a conclusione di procedimenti comprensivi di audizioni, ha irrogato sanzioni per un totale di oltre 2,3 milioni di euro a Acea Distribuzione, A2A Reti Elettriche, Enel Distribuzione, Gelsia Reti e Terna per violazione di norme a tutela della corretta gestione e remunerazione dei servizi di trasmissione, misura e dispacciamento. È quanto comunica la stessa Authority in una nota. Altre due società, Iren Mercato e Flyenergia, sono state invece sanzionate in tema di carente trasparenza delle bollette.

SANZIONI - Le sanzioni, pari a 571 mila euro per Acea Distribuzione, 302 mila euro per A2A Reti Elettriche, 920 mila euro per Enel Distribuzione, 75 mila euro per Gelsia Reti e 420 mila euro per il gestore delle rete di trasmissione nazionale Terna, sono state irrogate al termine di istruttorie formali relative ad infrazioni commesse nel triennio 2005-2007. Il mancato rispetto della regolazione da parte delle società coinvolte ha avuto ricadute negative sul corretto funzionamento del sistema elettrico nazionale e sui venditori a livello economico, con ripercussioni indirette anche sui clienti finali. Nel determinare l'entità delle sanzioni, si legge ancora nella nota, sono state valutate positivamente, il versamento da parte di Terna di circa 13 milioni di euro alla Cassa Conguaglio del settore elettrico e le attività intraprese da Enel Distribuzione per migliorare il trattamento dei dati di misura, il controllo delle anagrafiche e la formazione del bilancio di energia. Sono stati invece chiusi i procedimenti avviati nei confronti di AEM Torino e di ASM Terni poichè, nel corso dell'istruttoria, le società hanno dimostrato l'insussistenza delle analoghe violazioni contestate. Saranno inoltre conclusi a breve altri tre procedimenti nei confronti di altrettanti distributori per le medesime infrazioni. L'Autorità ha anche sanzionato due società di vendita, Iren Mercato e Flyenergia, rispettivamente per un importo di 84 mila euro e di 19 mila euro, per infrazioni relative alla trasparenza delle bollette per clienti domestici e non domestici. L'Autorità ha anche ordinato alle due società la cessazione dei comportamenti lesivi degli interessi dei consumatori. Con questi due provvedimenti risulta concluso il «filone» dei sette procedimenti avviati in tema di violazione di norme riguardanti la trasparenza e comprensibilità delle bollette.

http://www.corriere.it/economia/11_febbraio_09/multe-societa-elettriche_2adab9a0-3471-11e0-89a3-00144f486ba6.shtml


Scuola, dal Nord al Sud i docenti sono uguali Così la Consulta boccia il dl della Gelmini.


Il decreto legge prevedeva l'azzeramento del punteggio se un insegnante si trasferiva da una città all'altra. La Corte Costituzionale ha, invece, rilevato che la proposta del ministro viola l'articolo 3 della Costituzione

Fino a ieri se un’insegnante di Ragusa voleva andare a lavorare a Padova doveva abbandonare tutto il suo punteggio accumulato e ripartire, nella provincia di trasferimento, in coda alle graduatorie. Questo per effetto di un decreto legge (134 del 2009) introdotto dal ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini. Ieri la Consulta lo ha dichiarato illegittimo perché viola l’articolo 3 della Costituzione. In sostanza, i docenti sono uguali in tutto il territorio, come i cittadini. E non possono essere discriminati se dal sud si trasferiscono al nord, dove ci sono più cattedre e quindi maggiori opportunità di lavoro.

Caterina Altamore, insegnante di scuola media, una delle precarie che ha animato lo sciopero della fame davanti a Montecitorio nei mesi scorsi, era colpita proprio da questo decreto: con i suoi 142 punti collezionati in 14 anni a Palermo, è finita dietro a chi aveva 20 punti a Brescia, dove è stata costretta a trasferirsi per mancanza di cattedre nella sua regione e impieghi vacanti in Lombardia. In Sicilia lascia per 9 mesi all’anno un marito, tre figli e tutta la sua carriera pregressa. A settembre, se fosse stata rispettata la graduatoria di merito, lei sarebbe entrata nei 35 posti di ruolo assegnate a Brescia, piazzandosi alla 30esima posizione. Ieri, appena ha ricevuto la notizia, ha chiamato l’avvocato che ha seguito il suo ricorso: “Sono felicissima – ha dichiarato – veniva leso il nostro diritto alla mobilità, con tutti i sacrifici che facciamo per venire a lavorare qui. Per fortuna questo provvedimento dettato dalla Lega è stato valutato per quello che è”.

Nella situazione di Caterina ci sono quasi 25 mila precari in tutta Italia. 15 mila di loro hanno fatto ricorso con l’Anief (l’associazione nazionale degli insegnanti ed educatori in formazione), gli altri singolarmente, e dovranno ora vedere riassegnate le loro posizioni lavorative. “Il ministro Gelmini dovrebbe prendere atto di non essere stata capace di gestire le graduatorie del personale docente, dovrebbe assumersi la responsabilità di aver creato un profondo danno erariale alle casse dello Stato e sanare la posizione dei ricorrenti aventi diritto, senza nulla togliere ai docenti già individuati nei contratti, come da prassi corrente – ha dichiarato il presidente dell’AniefMarcello Pacifico – le regole vanno rispettate”. Di conseguenza nell’aggiornamento delle graduatorie a esaurimento il personale docente avrà diritto al trasferimento e all’inserimento a pettine secondo il proprio punteggio (merito) e non secondo l’anzianità di iscrizione.

“La sentenza della Consulta certifica l’incapacità di un ministro che procede non per atti ma per pasticci – ha affermato Francesca Puglisi, responsabile scuola del Pd – ora che il danno è fatto la Lega, che ha tentato di innescare una guerra tra poveri all’interno delle graduatorie a esaurimento, voti insieme a tutte le opposizioni il rinvio della terza tranche di tagli nella scuola e la stabilizzazione senza costi di centomila precari. Questa è l’unica strada, perché chi lavora con competenza e passione da decenni nella scuola possa continuare a farlo garantendo la continuità didattica che è gran parte della qualità del sistema scolastico”. Già per il Tar Lazio questa disposizione violava gli articoli 24 e 113 della Costituzione. Da qui è partito il ricorso alla Consulta che ha stabilito di non discriminare gli insegnanti del Sud, più numerosi (come dimostrato dai dati del ministero) nei trasferimenti verso il nord. Al contrario di ciò che volevano il Carroccio e la Gelmini.



mercoledì 9 febbraio 2011

L’incredibile caso dell’onorevole fantasma.



gaglione

Silvia Cerami per L’espresso on line

Raggiungerlo al telefono è un’impresa: «Mi scusi sono impegnato, mi richiami tra un’ora, tra due, fra tre». Alla fine risponde il suo assistente. Non quello parlamentare, che all’ufficio della Camera in pochi hanno visto, ma quello della clinica: «Il dottore è molto impegnato, non può proprio rispondere».

Antonio Gaglione, deputato brindisino, eletto nel Pd, transitato nel Gruppo Misto e poi passato con Noi Sud non si può nemmeno definire un voltagabbana, visto che lui non vota né contro né a favore del governo. Semplicemente, a Roma non ci va. Fa visite cardiologiche private a Latiano, in provincia di Brindisi, oppure va in clinica, alla Villa Bianca di Bari, a operare.

Fatto sta che ha appena raggiunto il record assoluto di fancazzismo politico nella storia della Repubblica: oltre il 92 per cento di assenze. Alla modica cifra di 15 mila euro mensili. Oltre al suo stipendio, ci sarebbe da contare quello del portaborse, che non ha assolutamente nulla da fare: altri 4.000 euro al mese, ovviamente a carico della collettività. Ma poco importa, lui si considera «un ottimo politico».


In campagna elettorale Gaglione andava dicendo: «Voglio un partito aperto, che guardi all’esterno, un partito estroverso. Fatto di persone che al mattino pensino a quali sono i problemi del nostro paese e dedichino il tempo che hanno a loro disposizione, ci sono tante cose da fare. Lancio questo appello a tutte le persone di buona volontà». Lui di buona volontà non ne ha avuta moltissima, evidentemente: nessun intervento nelle discussioni in aula o in commissione, nessuna missione, nessuna proposta di legge come primo firmatario (cioè scritta da lui).

Era assente perfino al voto per l’autorizzazione a procedere contro Silvio Berlusconi, per la sfiducia al governo, per la legge di stabilità, per la manovra finanziaria, per lo scudo fiscale. L’ultima volta che si è fatto vedere per un voto chiave era l’estate del 2008: forse si trovava a Roma in vacanza. O più probabilmente per un convegno: a quelli non manca mai, basta cliccare il suo nome su Google per scoprirlo.

A proposito, lo scorso 14 dicembre, quando ogni voto era determinante per la fiducia, improvvisamente Gaglione si materializzò a Montecitorio. Tutti a chiedersi se avrebbe votato sì o no al governo, ma inutilmente: al momento della chiama lui era già fuori. Aveva fatto solo una capatina per salutare e prendere la posta, visto che era già a Roma. Per altri motivi ovviamente: l’avevano appena eletto consigliere nazionale nell’autorevole Società Italiana di Cardiologia.

Tra le sue ultime dichiarazioni, resta memorabile questa, rilasciata quando aveva già raggiunto il primo posto tra gli assenteisti: «Stare in Parlamento è una perdita di tempo e una violenza contro la persona». E poi: «E’ così frustrante fare queste maratone alla Camera». E ancora: «Sono stato poco presente perché l’apporto del singolo parlamentare è diventato marginale».

Poco altro, perché per l’onorevole è una perdita di tempo anche rispondere alle domande dei cronisti: «Che tanto poi i giornali si occupano più di donne che di politica vera. Gli italiani vogliono i fatti». Magari vorrebbero anche vedere lavorare i loro rappresentanti, ma il dottore è molto impegnato.

Da Meris per Giorgio. - Piovono rane - Alessandro Gilioli.i


Ricevo via mail e volentieri pubblico questa lettera che la signora Meris Monari, presente domenica scorsa ad Arcore, ha scritto al presidente Napolitano.

Caro Presidente Napolitano,

mi chiamo Meris Monari, ho 55 anni e ho deciso di scriverLe questa mia per dirLe che io, alla manifestazione di ieri 6 febbraio 2011, ero presente.

Vede Presidente, mi dispiace per come questa manifestazione è stata presentata dalla stampa, sia dai giornali ma soprattutto dai telegiornali: come la manifestazione di un gruppo di delinquenti che si è presentato alla villa di Arcore del Presidente Berlusconi per fare guerriglia con la Polizia.

Avrei voluto che venisse raccontato che le persone presenti erano uomini, donne, ragazzi e ragazze, pensionati, disoccupati e cassa integrati, che hanno speso il loro tempo e il loro denaro per testimoniare il loro dissenso nei confronti di un Presidente del Consiglio che non ci rappresenta e non ci rispetta.

Non ci rappresenta perché da un Presidente del Consiglio ti aspetti che rispetti la Costituzione, che non attacchi tutti i giorni gli altri Organi Istituzionali e che non offenda i cittadini che non la pensano come lui. Noi siamo scesi in piazza semplicemente per chiedere il RISPETTO.

Se mai coloro che hanno scritto sulla manifestazione di ieri fossero stati presenti, avrebbero raccontato di una piazza piena di cittadini – io non sono brava a quantificare i numeri, forse qualche migliaio di persone – che allegramente hanno cantato, ballato, protestato, letto le loro lettere scritte con tanta fatica, che hanno chiesto scusa per la loro ignoranza nello scrivere.

Le assicuro che non mi sono sentita una DELINQUENTE, io mi sentivo una cittadina arrabbiata che chiedeva solamente il rispetto della NOSTRA CARA COSTITUZIONE ed il rispetto per quello che sono.

Ogni giorno da 35 anni mi alzo e vado a lavorare e quando sento parlare delle buste piene di soldi guadagnati allegramente provo profondo disgusto, quando penso che tante persone occupano, senza alcun merito, poltrone retribuite profumatamente, non solo mi indigno, molto di più, mi arrabbio. Se penso che anche solo un centesimo delle mie sudatissime tasse passa nelle mani di persone non meritevoli mi sento veramente disgustata.

Sicuramente gli scontri ci sono stati, ma non per colpa nostra. Noi ce ne stavamo gia andando via e mai, mai e poi mai ci saremmo permessi di fronteggiarci con la Polizia.

Noi, Caro Presidente, prima di tornare a casa abbiamo anche raccolto l’immondizia che era per terra, ci eravamo portati i sacchetti per non lasciare sporcizia nella Citta di Arcore.

Capisco che per dovere Istituzionale Lei abbia chiesto informazioni al Ministro Maroni ed abbia stigmatizzato questi scontri, ma le Istituzioni dovrebbero imparare anche ad ascoltare e parlare con i Cittadini Onesti e a capire esattamente come si sono svolti i fatti. Ad ogni telegiornale viene fatto passare il messaggio che queste manifestazioni siano «intollerabili». Sinceramente io giudico che siano ben altri i comportamenti intollerabili e per quanto mi riguarda, da cittadina onesta e che paga le tasse, continuerà a manifestare perché sia rispettata la COSTITUZIONE ITALIANA.

Le faccio solo una domanda: ma quale futuro e quali insegnamenti stiamo dando ai nostri figli?

Le porgo i miei più cordiali auguri di buona salute

MERIS MONARI