domenica 17 luglio 2011

Così 200 lettori discutono il decalogo draconiano di Perotti & Zingales, elogi e critiche (anche draconiane). - di Guido De Franceschi



Misure radicali e credibili". I lettori del Sole approvano la cura per l'Italia in 10 punti proposta da Zingales e PerottiMisure radicali e credibili". I lettori del Sole approvano la cura per l'Italia in 10 punti proposta da Zingales e Perotti

Il decalogo redatto per Il Sole 24 Ore da Roberto Perotti e Luigi Zingales, con le misure che secondo i due economisti consentirebbero all'Italia di arrivare subito al pareggio di bilancio, ha sollecitato molta attenzione tra i lettori. E moltissimi tra di loro - quasi 200 - sono intervenuti postando un commento. Tutti concordano sulla necessità – espressa da Perotti e Zingales – «di misure radicali e credibili». Qualcuno sposa tutto il pacchetto proposto nel decalogo, molti fanno invece distinguo, oppure critiche profonde, a quanto proposto dai due economisti.

Tra i lettori-commentatori è molto diffusa la convinzione che ben difficilmente la classe politica utilizzerà potenti diserbanti per bonificare «l'enorme sottobosco al confine tra economia e politica» stigmatizzato nella premessa al decalogo. E al riguardo si registra una perfetta somiglianza tra i partiti che fanno parte dell'attuale maggioranza e quelli che stanno all'opposizione che, nella gran parte dei commenti che analizzano la probabilità che i legislatori adottino provvedimenti per contrarre in modo rigoroso la spesa, sono appaiati sullo stesso gradino della scala della fiducia: quello più basso.

Scrive ad esempio "brown50": «Le proposte dei nostri economisti dovrebbero tenere in considerazione che si rivolgono alla classe politica (…) Come è pensabile che tale fauna umana motivata da tali motivazioni accetti di togliersi la terra da sotto i piedi per il bene comune che per definizione non è di nessuno?». Anche gli evasori fiscali sono bersaglio di molti commenti dei lettori, tra chi chiede l'introduzione di elementi di contrasto di interesse, chi propone sanzioni gravissime per chi non paga le tasse e chi si sbriga a invocare il patibolo. Sui tagli dei costi della politica si esercita un altro gruppo molto numeroso di commentatori online.

La "casta" attira disprezzo e odio profondo in molti lettori, ciascuno dei quali avanza le proprie proposte per disboscare enti, tagliare privilegi, accorpare i comuni, eliminare le province, sgrossare i consigli regionali, segare contributi a partiti e giornali, ridimensionare Camera e Senato (e magari eliminiare il secondo). Sfogliando le decine di commenti si trovano vari altri decaloghi autoprodotti dai lettori che insistono esclusivamente sul taglio dei costi della politica, che nel decalogo originale di Perotti e Zingales si trova al punto 4 (punto 4 che secondo molti lettori è anche troppo timido). Soltanto pochissimi dissentono dall'ipotesi di agire con più vigore anche nel settore "pensioni" (punto 7) e sulla necessità di tagli agli stipendi pubblici più alti (punto 8).

E, tutto sommato, sembrano trovare buona accoglienza anche le proposte di Perotti e Zingales contenute nel punto 5 ("Taglio di sussidi e agevolazioni alle imprese"), nel punto 6 ("Eliminazione dei progetti faraonici ed inutili") e nel punto 10 ("Addizionale Irpef"). Assai più numerose sono invece le critiche dei lettori che dissentono dal punto 9 ("Aumento delle rette universitarie"). In vari commenti si levano proteste per l'incipit della proposta ("L'università oggi è quasi gratuita, ma è frequentata soprattutto dai ricchi"): molti lettori, specie in base a elementi autobiografici, sostengono che l'università non è affatto gratis e contestano l'assunto secondo cui sarebbe frequentata in prevalenza da "ricchi", termine sul quale, peraltro, bisognerebbe mettersi d'accordo preventivamente.

E in ogni caso c'è chi non accetta più alcun intervento nel settore universitario, come "Alessio" che scrive: «L'università è già stata pesantemente (più di qualunque altra istituzione) colpita in questi anni… ora basta». La critica dei lettori-commentatori colpisce però soprattutto i primi tre punti del decalogo, quelli relativi alle privatizzazioni. Qui, salvo non moltissime eccezioni che lodano le proposte al riguardo dei due economisti, nei commenti dei lettori si legge una specie di rivolta. C'è chi è ideologicamente contrario a priori. C'è chi teme monopoli privati come "balam" che scrive: «È difficile credere che le privatizzazioni senza liberalizzare i settori di appartenenza possano servire a qualche cosa». C'è chi fa considerazioni di opportunità come "Cheremule" che attacca il decalogo: «Il Professor Zingales cerca sempre di vendere le aziende quando il mercato è ai minimi. Facciamo il contrario: vendiamo Finmeccanica quando vale 27 euro, anziché 8...». C'è chi elenca i rischi derivanti da un'eventuale proprietà straniera di aziende strategiche come Finmeccanica ed Eni. C'è chi teme sull'identità dei compratori come "Barabba1", che commenta dubbioso: «Mah! La soluzione sono le solite vecchie privatizzazioni che trasferiranno monopoli pubblici ai privati coi risultati che tutti sappiamo? Delle municipalizzate non parliamo. Chissà in che mani, soprattutto a Sud. Brrrrr». E molti corroborano il loro dissenso facendo degli esempi (molto in voga tra i lettori citare tra i precedenti Alitalia, Telecom, Autostrade e, per uscire dai confini patrii, le ferrovie inglesi).

Ma, a parte i non moltissimi che sono d'accordo su privatizzazioni massicce, c'è anche chi sta prudentemente in mezzo, come "dexter914" che scrive: «Non approvo al 100% ma condivido che si potrebbe fare una privatizzazione accurata» e dice la sua opinione anche scendendo nello specifico «la Rai è giusto privatizzarla, tenendo solo un canale, così i politici non ci mettono il ...., anche le municipalizzate altro carrozzone di raccomandati».

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2011-07-14/misure-radicali-credibili-lettori-190631.shtml?uuid=AaR8x8nD

Meningite: In Italia scoperto il vaccino universale. - di Enrico Ferdinandi



Buone notizie dall’Italia, i ricercatori del Novartis Vaccines di Siena, in collaborazione con l’Università di Firenze, stanno portando a termine un progetto che permetterà di sconfiggere la meningite grazie ad un vaccino universale. Lo studio pubblicata sul Science Translational Medicine è davvero sensazionale, questo vaccino universale sarà difatti, secondo l’equipe di ricerca, efficace contro tutti i ceppi del menginococco di tipo B.

Inoltre la proteina creata in laboratorio che permetterà in futuro di curare la meningite potrebbe esser anche usata per prevenire tutte quelle malattie generate dai virus mutanti. Ma il vaccino universale non servirà solo come prevenzione, secondo i ricercatori di Siena sarà in grado di curare anche ci è già infetto. Lo studio è destinato a grandi sviluppi, difatti si presuppone che il vaccino potrebbe essere applicato anche ad altri virus e batteri di sviluppo futuro.
La proteina “chimerica” del vaccino universale è in grado di incorporare le tre varianti antigeniche e produrre anticorpi in grado di contrastare le diverse varianti della meningite.

Rino Rappuoli, responsabile mondiale della Ricerca Novartis Vaccines ha dichiarato che: "La genomica offre potenzialita' sempre maggiori e grazie ad essa siamo stati in grado di mettere a punto strategie altamente innovative nella ricerca di nuovi vaccini. Lo studio descrive attivita' di laboratorio ancora in fase iniziale e ci vorranno ancora anni per lo sviluppo di un nuovo vaccino, ma i risultati raggiunti rappresentano un fondamentale passo verso la messa a punto di nuovi vaccini in grado di proteggere contro patogeni altamente variabili". Questa scoperta è molto importante in quanto la meningite è una delle malattie più difficili da limitare nel contagio. Basti pensare che basta uno starnuto o una goccia di saliva, o essere a contatto con un soggetto infetto anche meno di due metri per esserne infetti. La meningite causa l’infiammazione delle meningi, ovvero le membrane che avvolgono il cervello, e se non curata in tempo quest’infezione può esser letale, o nel migliore dei casi causare disturbi neurologici gravi che portano a ritardi mentali, epilessia, sordità e paralisi.

http://www.2duerighe.com/attualita/1221-meningite-in-italia-scoperto-il-vaccino-universale.html

Stipendi di deputati e senatori Tagli sì, ma ben “ponderati”


La promessa di dimezzare l'indennità dei parlamentari finisce in niente. In Finanziaria passa una norma confusa che lega la retribuzione a quella dei colleghi nei sei "principali" Stati dell'eurozona. E alla Casta resterà qualche euro in più.


"La cena della Casta" nell'illustrazione di Marilena Nardi

Gli annunci all’inizio della settimana erano trionfali. “Dalla prossima legislatura indennità dimezzata per i parlamentari italiani”, titolava il Sole 24 Ore lunedì scorso, spiegando i termini dell’imminente ridimensionamento, almeno per quanto riguarda l’indennità mensile di deputati e senatori. Le cifre erano chiare: la politica italiana costa in tutto 23 miliardi di euro l’anno. Le uscite per gli stipendi degli onorevoli comportano una spesa di 144 milioni. L’adeguamento previsto dalla manovra, al livello medio dei 17 paesi dell’area euro comportava un sostanziale dimezzamento: dagli attuali 11.704 euro (cioé la cifra depurata di rimborsi e contributi vari, che portano a 23mila euro complessivi), i parlamentari italiani sarebbero scesi a 5.339 euro. “Camera e Senato spendono 144 milioni l’anno in indennità – scriveva Il Sole – che diventerebbero 62 milioni una volta raggiunte le indennità europee”. Invece non se ne farà nulla. O meglio, l’intervento della Casta, con il blitz notturno a metà settimana in commissione Bilancio al Senato, ha modificato a tal punto il provvedimento della manovra, da renderlo difficilmente comprensibile. Ma sicuramente molto più “innocuo” per le casse dei parlamentari.

Il relatore Gilberto Pichetto (Pdl) ha previsto un adeguamento alla paga non dei 17 paesi euro, ma dei sei “principali”. I senatori siciliani Fleres e Ferrara hanno invece proposto un altro emendamento che lega gli emolumenti al Pil. Alla fine, come ilfattoquotidiano.it ha avuto modo di accorgersi nel pomeriggio di venerdì, verrà approvato dalla maggioranza un testo che reciterà esattamente queste parole: “Il trattamento economico di titolari di cariche elettive e i vertici di enti e istituzioni non può superare la media, ponderata rispetto al PIL, degli analoghi trattamenti economici percepiti dai titolari di omologhe cariche negli altri sei principali Stati dell’area euro”.

E qui sorgono i dubbi: cosa deve essere ponderato? La retribuzione del parlamentare rispetto al Pil del singolo stato? O il peso del singolo paese nel concorrere a creare la media delle retribuzioni? E il Pil di riferimento è quello nazionale o quello pro-capite? E poi ancora: quali sono i sei principali stati europei? Quelli con più abitanti o quelli con il Pil (Pil pro-capite??) maggiore? Insomma, un guazzabuglio talmente interpretabile da risultare aperto a qualsiasi futura determinazione.

Un gran giuazzabuglio per evitare di sancire semplicemente il dimezzamento annunciato meno di una settimana fa.

Comunque sia, “gli altri sei principali Stati” sono (ammesso che il criterio sia il Pil) Germania,Francia, Spagna, Olanda, Belgio e Austria. E in ogni caso, il calcolo della futura indennità sulla base della “ponderazione” diventa materia per esperti di statistica. Con un’unica certezza: a partire dal 2013, anno dell’entrata in vigore delle nuove norme, si risparmierà molto meno rispetto meno degli 82 milioni di euro previsti.




sabato 16 luglio 2011

La rivolta contro i politici corre sul web E su Facebook spunta la pagina anti-Casta. - di Lorenzo Galeazzi


L'autore dice di essere un ex assistente di un onorevole "licenziato dopo 15 anni di precariato" a Montecitorio e vuole di svelare "pian piano" tutti i privilegi dei parlamentari. Gola profonda o bufala telematica, in Rete sta già spopolando.


Cento nuovi utenti al minuto. Seimila fan in poche ore. E’ la pagina Facebook “I segreti della casta di Montecitorio” curata dal fantomaticoSpidertruman. Le uniche informazioni che l’internauta fornisce sulla sua identità riguardano la sua ex professione, “licenziato dopo 15 anni di precariato in quel palazzo” e il suo scopo “ho deciso di svelare pian piano tutti i segreti della Casta”.

Quale sia il vero nome della gola profonda telematica ancora non è dato saperlo, ma in rete è già una star. Che, per il momento, rimane avvolta dal mistero. L’unico strumento per contattarlo è una casella mail rotellinarotta@libero.it. Non si sa nulla neppure del grado di attendibilità delle notizie che Spidertruman sta diffondendo su Internet, ma basta nominare i tanti privilegi dei parlamentari e il successo su Internet (e non solo) è assicurato. Specie in questi giorni in cui l’approvazione della manovra – pesante per i cittadini, ma quasi indolore per i politici – sta scatenando un putiferio di polemiche. Gli argomenti sono sempre quelli: auto blu, viaggi gratis degli onorevoli e tariffe telefoniche scontatissime per deputati e senatori. Solo per citarne alcuni.

Con chi abbiamo a che fare? Con un nostrano Julian Assange deciso a divulgare i tanti privilegi di cui godono i politici o con qualcuno che si diverte a soffiare sul vento dell’indignazione dei cittadini-contribuenti prendendoli per i fondelli?

Ancora non lo sappiamo. Ma il mix di post che Spidertruman pubblica è intelligente: qualche notizia già uscita (e quindi verificata), magari arricchita da nuovi particolari, insieme ad alcune novità assolute. Come la storia dell’agenzia di viaggi dentro a Montecitorio. “La prima volta che sono andato a fare i biglietti, il funzionario parlamentare adibito all’agenzia (7000 euro al mese) mi ha chiesto il codice millemiglia, che con accortezza il deputato-padrone mi aveva fornito – scrive sulla sua bacheca – Cosa ho scoperto: che lor signori non solo si fanno i viaggi gratis, ma con quei viaggi accumulano punti su punti che poi utilizzano per far viaggiare gratis anche mogli, amici e parenti sui voli Alitalia”.

Questo genere di articoli sono mescolati ad altre notizie che avevano già riempito le cronache dei giornali. Come quella dei furti a Montecitorio, dove c’è una polizza assicurativa che copre qualsiasi ladrocinio, di qualsiasi entità, che avviene dentro il palazzo. “Ogni giorno c’è sempre un deputato che denuncia il furto del suo costosissimo computer portatile”, attacca l’internauta chiedendosi come sia possibile, visti i rigidi controlli di polizia ai portoni, che alla Camera continuino ad agire un manipolo di ladri indisturbati: “Forse perché probabilmente i ladri sono coloro i quali entrano ed escono dall’ingresso principale quando vogliono: i deputati infatti sono gli unici esentati dai controlli”.

Pane per i denti dell’indignazione popolare verso una classe dirigente che mentre vara una finanziaria lacrime e sangue, di notte, al riparo da occhi indiscreti, in commissione Bilancio, boccia tutti i tagli ai costi della politica.

Ma la bufala, soprattutto su Internet, è sempre dietro l’angolo. E anche sul sito di Mark Zuckerber gli esempi non mancano. E’ di qualche giorno fa la notizia del falso profilo della Conad di Pomigliano d’Arco. Sulla wall del supermercato campano c’era un post con scritto che se i clienti, una volta in cassa, avessero gridato “viva Berlusconi” avrebbero ottenuto il 10 per cento di sconto sullo scontrino della spesa. Apriti cielo. “Promozione discriminatoria” ha tuonato il movimento 5 Stelle locale. La notizia è uscita addirittura su Liberazione, ma, tempo di qualche ora, è arrivata la secca smentita della catena di distribuzione. Il profilo era falso ed era stato messo online da qualche burlone telematico.

Ancora più clamoroso è il caso di Tommaso Debenedetti, noto alle cronache come “il genio degli articoli truffa” che per anni aveva piazzato sui giornali del nostro paese interviste ai più grandi autori internazionali, da Gore Vidal a Philip Roth. Tutte rigorosamente inventate. Debenedetti aveva messo in rete i falsi profili di Umberto Eco e Abraham B. Yehoshua e, per restare al semiologo di Alessandria, sulla sua finta bacheca era tutto un proliferare di “Onoratissima professore” e “Grazie mille”. Gente che non poteva credere di annoverare Eco fra i propri amici sul social network.

“Ci sono cascati tutti, giornalisti compresi”, aveva raccontato in un’intervista al Fatto Quotidiano. Ma alla fine qualche errore d’ortografia di troppo ha fatto vacillare la fiducia dei suoi fan.

Poi il finto Eco ha deciso di fare outing proprio dalle colonne del nostro giornale: “Ho voluto svelare il confine fra verità e menzogna”. Alla fine l’avvertimento: “Sono già al lavoro su dei progetti simili. Presto, online, ve ne accorgerete”. Che sia proprio lui lo Spidertruman anti-casta di cui la Rete si è innamorata?




Trani-Gate, per Berlusconi spunta un reato non ministeriale: abuso d’ufficio. - di Marco Lillo




La montagna ha partorito il topolino. Dopo quindici mesi il Tribunale dei ministri ieri ha finalmente statuito che un reato nelle telefonate del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi intercettate a Trani c’è. Solo che – secondo i giudici – il reato non è la concussione ai danni dell’ex commissario AgcomGiancarlo Innocenzi, né le minacce ai danni dell’Autorità Garante delle Comunicazioni per far chiudere Annozero, come ipotizzato a Trani. Per queste due ipotesi di reato, giovedì scorso il Tribunale dei reati ministeriali ha archiviato la posizione del premier con un’ordinanza di sei pagine.

Questo successo per il Cavaliere però potrebbe trasformarsi in un boomerang. L’ordinanza dei tre giudici Eugenio Curatola, Alfredo Maria Sacco e Pier Luigi Balestrieri, infatti, da un lato concede l’archiviazione, ma dall’altro ipotizza l’esistenza di un reato non ministeriale. Il Tribunale dei ministri suggerisce alla Procura di Roma di valutare se non sia il caso di indagare Berlusconi, stavolta assieme a Giancarlo Innocenzi, per un reato diverso: l’abuso di ufficio. Un’accusa magari meno grave, ma molto più rognosa perché solo per i reati ministeriali il presidente del Consiglio può contare sul paracadute dell’autorizzazione a procedere della Camera, mentre per l’abuso comune la magistratura ordinaria può rinviarlo a giudizio e condannarlo senza chiedere il permesso a nessuno.

I fatti sono noti grazie al Fatto Quotidiano che, a partire dal 12 marzo del 2010, ha pubblicato tutte le telefonate del premier con Innocenzi e quelle di Innocenzi con l’allora direttore della Rai Mauro Masi, nelle quali si delinea la strategia per chiudere Annozero e gli altri talk show sgraditi a Berlusconi.

Secondo il Collegio dei reati ministeriali, nessuno è innocente in questa storia: non lo è Berlusconi, ma non lo è nemmeno Innocenzi che invece nella ricostruzione della Procura di Trani era qualificato come vittima (concusso) delle minacce del premier. Per il Tribunale dei ministri, Innocenzi non brigava con Masi perché intimorito da Silvio Berlusconi che, come diceva lui al telefono “mi ha fatto due shampoo ed è incazzato nero”. Il commissario dell’Agcom minacciava di fare il “tupamaru” dentro l’Agcom perché condivideva la linea del boss. Ergo, Innocenzi non è una vittima, ma potrebbe essere invece – se questa impostazione fosse accolta dalla Procura – colpevole di abuso di ufficio assieme al suo Grande capo.

Da quello che trapela, sarebbe più sfumata nell’ordinanza del Tribunale dei ministri, l’analisi della posizione di Mauro Masi, che non è mai stato indagato. Anche se, alla luce dell’ordinanza del Tribunale dei ministri e delle intercettazioni dell’inchiesta P4 (che riguardano sempre il caso Santoro), la Procura di Roma potrebbe rivalutare la sua posizione. Comunque, le dissertazioni giuridiche del Tribunale dei ministri riguardo ai reati non ministeriali non vincolano i pm romani. Sarà il procuratore aggiunto Alberto Caperna, con i suoi due sostituti, a valutare se iscrivere Berlusconi nel registro degli indagati. Se Caperna non ritenesse provato l’abuso d’ufficio, potrebbe spedire tutto in archivio. Si arriverebbe così al paradosso di un’indagine sul premier che finisce in nulla nonostante tre organi diversi (Procure di Roma e Trani più il Collegio dei reati ministeriali) abbiano ravvisato reati a suo carico. Saremmo di fronte a un caso unico di strabismo giudiziario nel quale cinque pm e tre giudici sono bravi a vedere solo i reati di Berlusconi sui quali non hanno competenza. Questo esito della pochade giudiziaria iniziata a Trani nell’autunno del 2009 non era scontato.

Tutti si attendevano che il Tribunale dei ministri – come gli era stato proposto dalla Procura di Roma – chiedesse semplicemente alla Camera l’utilizzazione delle intercettazioni telefoniche a carico del premier per poi procedere contro di lui, e lui soltanto, per concussione e minacce. I fatti erano chiari e le intercettazioni parlavano da sole.

E invece, dopo avere fatto melina per mesi, il Tribunale dei reati ministeriali giovedì improvvisamente si è accorto che il reato non è ministeriale. Forse i tre giudici avranno anche ragione. Forse qualificare Innocenzi come vittima è stato un errore. Forse il reato giusto è l’abuso d’ufficio. Forse non c’è reato ministeriale. Ma certamente potevano dirlo prima senza tenersi per quindici mesi un fascicolo così delicato per il presidente del Consiglio, ma anche per il pluralismo dell’informazione. Anche perché, mentre i giudici di via Triboniano si baloccavano con il codice, il mondo intorno continuava a girare. Il provvedimento pilatesco di giovedì poteva essere scritto quando Annozero era in onda, Masi era ancora alla Rai e Innocenzi era ancora all’Agcom. Ancora un po’ e nemmeno l’ultimo superstite sarebbe stato presente all’indirizzo di Palazzo Chigi. Con l’ordinanza cerchiobottista trasmessa ieri in Procura, il Tribunale dei ministri si libera di una questione probabilmente al di sopra delle forze di un organo strutturalmente inadeguato perché composto da tre giudici estratti a sorte e abituati a occuparsi d’altro che improvvisamente si ritrovano a decidere, nel tempo libero dal loro lavoro ordinario, il destino di un premier.

Ora si ricomincia da capo e tocca alla Procura di Roma decidere se chiedere alla Camera di usare le intercettazioni contro Berlusconi, per accusarlo di un reato non ministeriale. Una cosa è certa: Berlusconi diceva al telefono al fido Innocenzi il 14 novembre del 2009: “Quello che adesso bisogna concertare è che l’azione vostra sia un’azione che consenta… che sia da stimolo alla Rai per dire “chiudiamo tutto”, ma non solo su Santoro, aprite il fuoco su tutte le trasmissioni di questo tipo”. A distanza di un anno e 8 mesi, Santoro è stato convinto a sloggiare, il Tribunale dei ministri è riuscito a trovare il modo per archiviare e intanto gli scherani del sultano continuano a ostacolare le altre trasmissioni sgradite. Il bilancio per il premier è positivo. Per i cittadini che pagano il canone e le tasse e vorrebbero ottenere pluralismo e giustizia, un po’ meno.



Panico a Palazzo, i fantasmi di Tangentopoli tormentano Re Silvio e la sua corte. - di Mario Portanova



L'impunità scricchiola con il caso Papa, Berlusconi chiama alla resistenza contro i magistrati ma Bossi si sfila. Approvata la finanziaria "lacrime e sangue", Tremonti lancia strani messaggi. E se il peggio dovesse ancora arrivare?

Panico a Palazzo, un continuo evocare i vecchi fantasmi, quelli del 1992-1993: le casse dello Stato esangui, l’inchiesta Mani pulite, gli intoccabili in manette, il crollo del sistema, i potenti messi improvvisamente da parte dopo regni decennali. Nei giorni della finanziaria lacrime e sangue e delprimo sì all’arresto del deputato Alfonso Papa, i fantasmi tormentano innanzitutto Silvio Berlusconi: “Stiamo tornando al clima di Tangentopoli, Dobbiamo reagire, impedirlo a tutti i costi”, ha detto il presidente del consiglio ai suoi, in uno sfogo ripreso dalle agenzie di stampa. E’ la “gogna giudiziaria”, ma questa volta i magistrati vanno bloccati prima che sia troppo tardi, per le richieste di arresto già pervenute e per quelle che – secondo i boatos che percorrono il Parlamento – arriveranno a breve. “E’ arrivato il momento di dire basta, non dobbiamo mollare, altrimenti si rischia di fare come nel ’92″.

Dire basta, però, non è facile, se il grande alleato degli ultimi dieci anni si mette di traverso a muso duro: “In galera”, ha sibilato Umberto Bossi a proposito di Papa. La Lega ha già annunciato che voterà a favore del suo arresto, quando il caso arriverà alla Camera, e già oggi l’astensione dei suoi due rappresentanti nella Giunta per le autorizzazioni a procedere è stata determinante. E non è che apra grandi spiragli sull’altro caso caldo, quello di un altro deputato Pdl inseguito da una richiesta di arresto, Marco Milanese.”Poi ci pensiamo, una cosa alla volta”, si è limitato a dire Bossi. Altri fantasmi: il grande tradimento del 1994, quando la Lega fece cadere il primo governo del Cavaliere, il cappio sventolato in Parlamento dal deputato del Carroccio Luca Leoni Orsenigo. Intanto il tribunale del riesame conferma gli arresti domiciliari a Luigi Bisignani. Un simbolo anche lui, inguaiato con la legge tanto nella prima quanto nella seconda Repubblica.

Non poteva mancare, nella rievocazione che semina panico, la scena simbolo di Bettino Craxi all’hotel Raphael di Roma .“Il presidente del Consiglio è a rischio monetine“, dichiara Carmelo Briguglio di Fli, “e poiché è un uomo intelligente, negli ultimi tempi non solo non parla, ma scansa tutte le manifestazioni pubbliche, da Lampedusa ai funerali del nostro militare caduto in Afghanistan. Gli consigliamo sinceramente di lasciare Palazzo Chigi, la protesta contro il governo sta montando nel Paese”. Intanto, come sempre accade in Italia quando la politica si avvita nella spirale dell’inefficacia e del malaffare, si fanno i nomi dei “tecnici” che potrebbero raddrizzare le cose. Il nome che circola è quello di Mario Monti. Un classico.

La prima Repubblica finì con Tangentopoli e con una voragine nei conti pubblici. Con la lira sotto atrtacco della speculazione internazionale, nel luglio del 1992 il presidente del consiglio Giuliano Amato varò una Finanziaria-mostro da 100 mila miliardi di lire, con tanto di prelievo forzoso dai conti correnti degli italiani. Vent’anni dopo, il ministro dell’Economia Giulio Tremonti descrive la prospettiva delle finanze pubbliche con il più celebre dei naufragi: il Titanic. E avverte che “neanche i passeggeri di prima classe si salvarono”. Sfiorato anche lui dalle inchieste giudiziarie, in particolare con il caso Milanese, Tremonti lancia strani messaggi a chi fin dalla discesa in campo l’ha sempre voluto al suo fianco. Alla buvette di Montecitorio, dopo l’approvazione della Finanziaria alla Camera, dice ai cronisti di non aver nulla da dichiarare. Ma butta lì la citazione di due libri diGeorges Simenon, “Tre camere a Manhattan” e “Il Presidente”. La storia, quest’ultima, di un uomo molto ricco e potente, in procinto di diventare, appunto, presidente. Ma siccome è vecchio e malato, viene controllato perché qualcuno lo ritiene pericoloso. Sullo sfondo un gioco di ricatti e documenti compromettenti tra lui e un suo ex collaboratore in carriera.

Le suggestioni si affollano, ma i fatti, in fondo, sono ancora poca cosa rispetto agli anni ribollenti di Tangentopoli. Almeno i fatti di dominio pubblico. Forse, nel Palazzo in preda al panico, ne conoscono e temono di inediti e più gravi.