venerdì 5 agosto 2011

Default Italia: 98 Giorni al Fallimento – L’Italia Risponde alla Crisi con la Supercazzola.


Come previsto, i mercati se ne sono fottuti del discorso Silvio Berlusconi che, se possibile, ha peggiorato la situazione. Chi si aspettava misure immediate, stravolgimenti, un agosto di lavoro massacrante, si è ritrovato un insipido discorsetto sul nulla al quale hanno resistito svegli solo gli schiavetti plaudenti di sua eminenza il presidente del consiglio Silvio “Groggy” Berlusconi.

Per nulla impressionato, il mercato, che siccome non fa come vorrebbe Berlusconi è sbagliato, perde in questo momento un ricco 2,63%. Questa storia che tutto quello che non va come dice lui è sbagliato è il sintomo più evidente della definitiva senescenza di Berlusconi che, arrivato a questo punto, se un giorno decide di fare una passeggiata e scoppia a piovere, sarà capace di dire che Dio non gestisce correttamente la meteorologia.

Comunque, se voi aveste dei crediti di miliardi e miliardi on un paese di fancazzisti interessati solo alla figa e e alle partite di pallone, con tre o quattro ministri coinvolti in indagini giudiziarie, un’economia stagnante, un parlamento chiuso per ferie nel pieno di una crisi finanziaria di portata internazionale e un presidente del consiglio con una mano sulla pompetta, l’altra infilata nel panciotto e col tricorno in testa, stareste tranquilli? Io no.


Le parti sociali mentre spiegano ai creditori (in casco bianco) come l’Italia affronterà la crisi.

Ma guarda, per fortuna che arrivano le “parti sociali”. E chi cazzo sono le parti sociali? I Sindacati, Confindustria, ecc. Azz, attenzione al portafoglio che questi non scherzano. Fanno finta di bisticciare, ma alla fine sono sempre d’accordo. E, infatti, ecco che alla fine parla solo la Marcegaglia (giusto per far capire chi comanda tra le “parti sociali”) e parte la supercazzola. Eccovela, leggetevela da voi che sono arrivato a metà e mi è venuto sonno. A settembre diremo, faremo, vedremo, le privatizzazioni, le liberalizzazioni, la riduzione dei costi e della burocrazia e bla, bla, bla e ancora bla.

Nel frattempo, fuori dalla porta ci sono i creditori con i BTP italiani in mano che chiacchierano tra loro e si chiedono: “ma non sono le stesse cazzate che dicono da vent’anni a questa parte? Non è il caso di chiamare l’agenzia di riscossione crediti di Muhamed “The BIg Drill” Mutombo e fargli scassare il mazzo e cacciare i denari?”. Secondo me sì.

Bastava dire che avremmo fatto due o tre cose subito, no a settembre, e farle veramente, per farci tirare un po’ il fiato. Invece sono tanto attaccati ai cazzi loro che tutti hanno paura di fare la prima mossa. Stronzi. A che serve una classe dirigente se si limita a magnare non dirige?

Ce la vogliamo far venire questa cazzo di malattia o dobbiamo trovarci Muhamed “The Big Drill” Mutombo nel salotto? Nel caso, bidet con acqua gelata e pasta di fissan. E’ l’unica, ve lo dice un esperto.

http://www.mentecritica.net/default-italia-98-giorni-al-fallimento-litalia-risponde-alla-crisi-con-la-supercazzola/informazione/cronache-italiane/dellefragilicose/20759/


Liste indagati.


La lista degli indagati (o condannati) del PD.


Vedi anche:

- ECCO LA LISTA DEGLI INDAGATI/CONDANNATI IN PARLAMENTO

- L'elenco in ordine alfabetico di tutti gli indagati e condannati del PDL




Tratto dal film "La Primavera di Michelangelo" , 1991 .


Prima che sia tardi. - di EZIO MAURO


Prima che sia tardi

L'UNICA COSA che conta adesso è salvare il Paese. Siamo dentro una tempesta finanziaria che investe tutto il mondo e rivela la fragilità dell'economia occidentale, convinta solo dieci anni fa che questo sarebbe stato il secolo della sua egemonia. Adesso il rischio è che la crisi dell'Occidente intacchi la stessa democrazia, se si rivela strumento inefficace di regolazione del sistema.

Non c'è dunque tempo da perdere. Soprattutto per l'Italia, dopo l'allarme lanciato ieri congiuntamente dalle Borse, dagli spread, dalla Bce con Trichet e dalla Ue con Barroso.

Siamo noi nell'occhio del ciclone, perché portiamo nella crisi mondiale il fardello del nostro debito pubblico, il ritardo nelle riforme, la paralisi del governo e la polverizzazione della leadership. Dunque l'inconsistenza totale della politica che non sa governare, non sa rinnovarsi, è incapace di parlare al Paese e ai mercati.

La politica è però l'unica leva che può contrastare la crisi, senza politica le democrazie vanno a fondo. Noi abbiamo dato da tempo un giudizio molto negativo su Berlusconi e sul suo governo, che è purtroppo confermato dai fatti. Ma oggi il problema non è più politico, non è più di destra o sinistra, non è nemmeno più Berlusconi.

Il problema è la salvezza dell'Italia. Lo ripete ogni giorno Napolitano, lo hanno capito Bersani, Casini e le parti sociali. Serve uno sforzo straordinario e congiunto per anticipare ad oggi i sacrifici previsti per il 2012, per varare un piano di riforme straordinario, per dimezzare i parlamentari, per cambiare la legge elettorale, per aggredire i costi della politica.

Berlusconi avrebbe dovuto mettere tecnicamente il suo governo al servizio del Parlamento per questa operazione straordinaria. Ma il premier è ormai una miscela esplosiva di ideologia e di impotenza, spaventa i mercati e sa proporre solo volgarità istituzionali, come l'invito incredibile a investire nelle sue aziende. Deve prendere atto, col suo partito, che non ha più il consenso, che non riesce a governare e soprattutto che danneggia il Paese. Si faccia da parte, consentendo al Parlamento e al Quirinale di organizzare un governo di salvezza nazionale. Prima che sia troppo tardi e nell'esclusivo interesse dell'Italia.

giovedì 4 agosto 2011

Missile libico sparato contro nave italiana Tripoli conferma: obiettivo era Bersagliere.


(Difesa)

Tripoli - (Adnkronos) - Il portavoce di Gheddafi parla di segnale per attestate che il " nostro esercito è ancora molto forte". Il ministro della Difesa La Russa, il quale ieri aveva escluso che la fregata fosse l'obiettivo del missile lanciato dalla Libiae aveva ipotizzato un errore di lancio della contraerea: le loro parole appaiono, in tutta evidenza, mera propaganda.

Tripoli, 4 ago. - (Adnkronos/Aki) - Il governo libico ha confermato questa mattina alla Cnn che che il missile sparato ieri e caduto nei pressi di una nave italiana al largo delle coste della Libia era proprio diretto a colpire la Bersagliere.

Il portavoce del governo libico Moussa Ibrahim ha confermato alla Cnn che il missile è stato lanciato ieri da truppe fedeli a Muammar Gheddafi. Un segnale, quello di ieri, per attestare come ''il nostro esercito ha capacità sorprendenti che non abbiamo ancora usato'', ha detto Ibrahim.

Il ministro della Difesa Ignazio La Russa, che ieri aveva escluso che la fregata fosse l'obiettivo del missile sparato da Tripoli e aveva ipotizzato un errore di lancio della contraerea: ''Prendo atto di quello che dice il governo libico ma in ogni caso le loro parole appaiono, in tutta evidenza, mera propaganda'', dice all'ADNKRONOS.

''Prima di esprimere un'opinione - spiega La Russa - ho ascoltato i nostri vertici militari e mi sono rigorosamente attenuto alla loro valutazione''. ''A Gheddafi - fa notare ancora il ministro della Difesa - conviene sostenere una sua capacità di offesa verso la nave italiana ma a me sembra insuperabile quello che mi hanno detto i nostri esperti. La distanza di 2 km tra la caduta del razzo e la nave 'Bersagliere', risulta incompatibile con le affermazioni propagandistiche di Gheddafi''.

''In ogni caso - rimarca La Russa - non va sottovalutata alcuna minaccia. Perciò ho raccomandato ai nostri militari di tenere alta la guardia. Peraltro in ogni missione si corrono pericoli, penso a quello che quotidiamente avviene in Afghanistan dove ogni giorno è una concreta minaccia ai nostri soldati''. ''Ai militari impegnati in Libia - conclude il ministro della Difesa - va quindi tutta la mia vicinanza e il mio plauso''.

"Fanno un po' di propaganda", dice anche il ministro degli Esteri, Franco Frattini. "Lasciamogliela fare - prosegue - apprendiamo anche che hanno fatto un'alleanza con gli islamisti radicali dopo che per sei mesi ci hanno raccontato che i ribelli erano con gli islamisti radicali", dice ancora il ministro che conclude: "Hanno questo strumento di propaganda, non ci preoccupiamo più di tanto".




Nel laboratorio Sardegna il Pdl va in frantumi. - di Emiliano Liuzzi




Il Popolo delle libertà perde l'ennesimo pezzo di casa Berlusconi, quello sardo, ghiotta porzione elettorale che il premier. Il governatore Cappellacci, sostenuto da Beppe Pisanu, riconsegna la tessera ad Alfano. Causa della frattura: la privatizzazione della Tirrenia

Come in una mischia dove l’obiettivo è dimostrare chi ringhia più forte e l’unica regola è quella che non ci sono regole, il Popolo delle libertà perde l’ennesimo pezzo di casa Berlusconi, quello dellaSardegna, ghiotta porzione elettorale che il premier, già dieci anni fa, aveva ribattezzato “il laboratorio del centrodestra” e che oggi amplifica quello che avviene in tutte le sedi con toni sussurrati e che si traduce col verbo ricollocarsi prima che frani la montagna.

I protagonisti della casa del ricollocamento si chiamano Beppe Pisanu e Ugo Cappellacci, governatore della Regione, prodotto cresciuto dal nulla nelle mani del premier, meritevole, soprattutto, di essere figlio di uno dei tanti commercialisti della galassia B., tanto da meritarsi la poltrona più importante della Sardegna. Due protagonisti e una guerriglia che si chiama Tirrenia, l’ultima compagnia di navigazione battente bandiera statale e privatizzata da Altero Matteoli che, escludendo dal tavolo proprio la Sardegna, ha provocato – e sapeva bene che sarebbe accaduto o comunque è difficile ipotizzare il contrario – un terremoto senza precedenti. Risultato finale è stato che Cappellacci, seguito da una ventina di consiglieri regionali, ha restituito ieri nelle mani di Angelino Alfano la tessera del Pdl (virtualmente, il partito di Berlusconi non ha mai stampato tessere) e cerca, assieme a Pisanu, di mettere in piedi qualcosa che dovrebbe portare il nome di partito dei sardi, o giù di lì, lasciando a piedi Berlusconi che della Sardegna aveva fatto la sede di un governo balneare.

Parola d’ordine: ricollocarsi. Non è un mistero che Matteoli, orgogliosamente ex missino, in questo governo ci stia stretto da un pezzo. Più di una volta, nei corridoi, ha sussurrato la necessità di ripartire senza più contare su Berlusconi e il berlusconismo. E il suo rinnovamento non passava, e non passa certo, per il partito in mano ad Angelino Alfano. Così, alla prima occasione, Matteoli ha fatto capire di che pasta è fatto. Pasta nera, come la polvere da sparo che ha sganciato su villa La Certosa. Un piano neppure troppo macchinoso: escludere, con un colpo di mano, la Regione Sardegna dalla cordata che si è impossessata della Tirrenia, e affidarla a un trio di armatori che si chiamano GianluigiAponte, Manuel Grimaldi e Vincenzo Onorato, che di sardo non hanno nulla se non già le navi che portano su e giù i turisti dall’isola. Lasciando spazi aperti a una battaglia, dal punto di vista legale, che si preannuncia infinita e rischia di mettere a rischio una delle ultime grandi privatizzazioni. La Sardegna, intesa come Regione, secondo l’interpretazione della flotta di avvocati già al lavoro, aveva pieno diritto di entrare nell’azionariato; secondo Matteoli, che a fare la guerra ha inviato l’amministratore straordinario della compagnia Giancarlo D’Andrea, assolutamente no. Se la vedranno in tribunale e all’Antitrust dell’Ue.

L’effetto Matteoli e le mire di Pisanu. Per ora la mossa ha avuto l’effetto di sgretolare il centrodestra nel laboratorio Sardegna. Cappellacci è riuscito a portare dalla sua parte un gruppo consistente di ex berlusconiani sardi, ma soprattutto si è coperto le spalle grazie a Pisanu, vecchio navigante democristiano che non ha bisogno di nessun bollettino meteorologico per capire da che parte soffierà il vento. “Non possiamo permettere che una parte del governo remi contro la Sardegna”, ha detto al termine di una lunga riunione col giovane Alfano il grande manovratore e alleato inaspettato di Cappellacci.

La partita Tirrenia e il tracollo del turismo sardo. Le trattative andavano avanti da mesi. E Cappellacci, il governatore sardo, a quel tavolo c’era stato sempre a pieno titolo, anche e soprattutto in virtù delle leggi che tutelano l’autonomia e lo statuto speciale della Sardegna. La Regione aveva tutti gli interessi per entrare nell’azionariato e far sentire il suo peso. Un’esigenza dovuta alla sopravvivenza: l’unica industria rimasta è quella del turismo e quest’anno, grazie agli aumenti dei signori Grimaldi e Onorato, giustificati, la stagione chiuderà con un meno 30 per cento.

L’obiettivo del governatore sardo. L’obiettivo di Cappellacci è rimanere dov’è, sulla poltrona di governatore e giocarsi la prossima partita elettorale. Matteoli, con la mossa Tirrenia (ma ci sono altre partite aperte in Sardegna come quella delle entrate e dei fondi per le grandi opere, come l’arteria Sassari-Olbia) lo ha messo con le spalle al muro e l’unica via d’uscita era quella di mettersi contro il governo. “Una scelta meditata e lucida”, ha detto Cappellacci nel riconsegnare (sempre virtualmente) la tessera del partito ad Alfano. “Abbiamo ricevuto rassicurazioni da lui e da Matteoli”, ha detto, ma è determinato a ottenere quello che chiede e dei tavoli, visto che la Tirrenia è ormai in mani private, se ne fa di poco. In un’intervista due giorni fa alla Nuova Sardegna se l’è presa anche col suo diretto superiore, Berlusconi: “Se è così legato alla Sardegna come dice è arrivato il momento di dimostrarlo coi fatti. A partire da una nuova convenzione con la Tirrenia”.

La posizione degli armatori. Vincenzo Onorato, presidente della Moby Lines, pezzo forte della cordata che ha rilevato Tirrenia e denominata Compagnia italiana di navigazione, non è tipo da preoccuparsi di fronte a scogli difficili: “Cappellacci ha sbagliato tutto”, dice, “ma soprattutto non ha capito una cosa e cioè che la convenzione tra Stato e Cin è blindatissima, soprattutto su tariffe, rotte e frequenze. L’acquirente non può toccare nulla. Per otto anni ci sono limiti che non devono preoccupare. Abbiamo contro tutti, emigrati, camionisti, industriali, amministratori e sindacati? E’ il frutto di una campagna demagogica. Se le tariffe dei traghetti sono aumentate è perché il prezzo dei carburanti è aumentato”.

Renato Soru: il grande assente è tornato a fare capolino. Il predecessore di Cappellacci, proprietario di Tiscali ed editore dell’Unità, l’uomo che dovrebbe essere sulla carta il principale oppositore del governo sardo, si è rivisto adesso. Giusto in questi giorni, perché nei mesi scorsi non ha fatto un’opposizione memorabile. La prima cosa che ha fatto in fretta e furia e in vista delle elezioni, è stata quella di mettere in piedi un altro quotidiano regionale (sfida difficile quella al duopolio Nuova Sardegna e Unione Sarda) e affidarlo nelle mani di un solido professionista come Giovanni Maria Bellu, ex condirettore dell’Unità firmata Concita De Gregorio. Una manovra, quella dell’apertura di Sardegna 24, che secondo i detrattori di uno degli uomini più ricchi dell’isola, avrebbe uno scopo elettorale. Ma soprattutto, dopo due anni di assenza, si è deciso a ristabilire buoni rapporti col Pd della Sardegna e aspettare le elezioni. Cappellacci, nel 2009, ha vinto perché Berlusconi gli ha tirato la volata. Oggi, col Pdl a pezzi e il suo leader sul viale del tramonto, ha capito che, se dovesse essere lui il candidato, forse può rimediare alla batosta presa due anni e mezzo fa.



Di Pietro: In Italia c'è una crisi nella crisi, e si chiama Silvio Berlusconi.



Roma, 3 agosto 2011: l'intervento con cui Antonio Di Pietro risponde a Silvio Berlusconi sullo stato della crisi in Italia. E con cui si appella a Napolitano perchè sciolga le Camere e mandi il paese al voto, mentre annuncia un altro referendum dopo i successi di giugno: per abrogare la legge elettorale Porcellum.