venerdì 12 agosto 2011

Cerchi lavoro? Prima paga il colloquio

La Alessandro Proto Consulting: «è una scelta strategica per operare una prima scrematura tra i candidati»

MILANO - Formazione economica con specializzazione in ambito commerciale, età massima 30 anni, forte motivazione e 100 euro da consegnare cash al primo incontro. Il colloquio di lavoro potrebbe diventare un lusso per pochi. Se fino a poco tempo fa il must del candidato ideale era un curriculum impeccabile, accompagnato da tailleur e ottima presenza, oggi l'importante è non dimenticare il portafogli a casa.

IL CASO - Almeno per la Alessandro Proto Consulting, la società milanese di consulenza finanziaria e immobiliare, che ha lanciato la bizzarra proposta: far pagare il colloquio di lavoro agli aspiranti candidati. Una scelta che potrebbe scatenare polemiche fra i precari. "Non la metterei in questi termini, non sono contro i precari - spiega Alessandro Proto, presidente della società -. E' solo una scelta strategica per una prima scrematura mirata fra le tante proposte di collaborazione. In media ricevo 10-15 curriculum al giorno, contatto ragazzi dal profilo brillante ma che scopro poco ambiziosi durante il colloquio, per nulla intraprendenti o addirittura impreparati sulla mission della società. Così ho deciso di cambiare strada mettendo tutti alla prova fin dal primo step". La figura ricercata è quella di un consulente commerciale che si occupi delle trattative contrattuali. In ballo ci sono contratti di collaborazione da 1500 euro al mese, più un variabile del 20-30% sulle trattative concluse. "Non voglio gente iperqualificata con tanto di master nelle migliori università europee. Offriamo corsi di formazione in azienda e l'esperienza arriva anche con la pratica sul campo. Voglio, però, ragazzi che dimostrino fin dal primo incontro che tengono davvero a questo lavoro e sono disposti a tutto per averlo. Più che un'iniziativa commerciale, la mia è una vera e propria provocazione" continua Proto. La risposta dei candidati? "Positiva, direi: su dieci ragazzi contattati, cinque hanno accettato di pagare il colloquio, tre sono stati assunti". Non resta che augurare buona fortuna agli aspiranti collaboratori. Con un consiglio: ricordatevi di chiedere la ricevuta a fine colloquio.

Concetta Desando

http://www.corriere.it/economia/11_agosto_11/proto-consulting-colloqui-pagamento_86e318f2-c42a-11e0-9d94-686c787ab248.shtml


Guzzanti, evangelista della gomena. by Simplicissimus


Il gamal in aramaico, la lingua del Nuovo testamento, è una corda spessa che si usava per ormeggiare le navi alla banchina. Ma, secondo molti studiosi è anche una parola polisemica e può significare pure cammello, dunque a un traduttore non troppo esperto potrebbe essere accaduto di interpretare male. Oppure è stato San Girolamo a sbagliare la sua traduzione dal greco al latino confondendokamelos, ovvero cammello con kamilos ovvero gomena. Non è certo l’unico fra gli errori di traduzione che si sono susseguiti nel tempo e che hanno creato buona parte della dottrina della chiesa, anzi diciamo che a parte la bizzaria del cammello questo qui pro quo è davvero veniale, non cambia il significato della celebre frase: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco vada in paradiso. Difficile, anzi impossibile, che una gomena da nave possa entrare nella cruna di un ago.

Ma certo gli evangelisti Matteo e Luca non potevano pensare che duemila anni dopo, in Italia, un piccolo lestofante della scrittura, riducesse una gomena a un filo e quindi aprisse le porte di Pietro al suo corrotto padrone e ai suoi adoratori. No, un canapo, una gomena non entra nella cruna dell’ago, così come Guzzanti che difende i ricchi e calpesta i poveri, può entrare solo nel miserabile orticello dei vecchi ignoranti e un po’ rimbambiti che pur di avere ancora addosso un po’ di attenzione sono disposti a dire qualsiasi cosa, anche a ricostruire la storia come se fosse la commissione Mitrokhin.

Dunque per Guzzanti padre, qualsiasi patrimoniale è un’offesa alla ricchezza che invece è un segno della benevolenza divina. Perciò il povero dovrebbe vergognarsi della sua condizione piuttosto che contestare al ricco. E per avallare queste teorie da guerra dei trent’anni, per compiacere il suo principe e dare attuazione alle celebre risoluzione del trattato di Augusta, cuius regio eius religio, non si perita di farci sapere che conosce il nome di Max Weber, ma anche di non averne letto nulla o peggio ancora di non averci capito un’amata gomena. Perciò lo cita a sostegno della sua tesi non arrivando a capire che Weber era lontanissimo dalle formulazioni arcaiche e fanatiche di Calvino e che semplicemente ipotizzava come lo spirito lo spirito del capitalismo possa avere qualcosa a che con un’etica di un lavoro che è premio a stesso. Infatti la caratteristica del capitalista è quella non di essere ricco, ma di investire ciò che guadagna nella sua impresa. Solo in questo senso il profitto ha un significato economico e anche etico.

Esattamente il contrario di quanto fanno e pensano i ricchi italiani che avrebbero dei grandi problemi sia col Vangelo che con Calvino e ne hanno pochissimi invece con la Guardia di finanza. Ma a parte questo, Weber e il concetto di beruf non hanno niente a che vedere con le tassazioni che sono invece il contributo che ognuno deve alla società della quale fa parte e che infatti lo stesso Calvino non si sognò minimamente di contestare. Per il resto nessuno, come invece balbetta Guzzanti, a cui il caldo e se stesso fanno decisamente male, pretende che non spenda i soldi come vuole. O forse questa sparata sulle tasse e sui ricchi ha qualcosa a che vedere con le recenti vicende familiari?

Ora i pensieri espressi da Guzzanti dovrebbero fargli venire un dubbio se malauguratamente non fosse Guzzanti: com’è che un giornalista di cui ancora si rammemora la cialtroneria, un politico che si è prestato alla buffonata Mitrokin e che ora naviga assieme a Scilipoti, uno che spaccia stronzate come se piovesse non si sa per superficialità, malafede o ignoranza, ma probabilmente per tutte e tre le cose, è nel novero di quella esigua parte di italiani che guadagnano più di 400 mila euro? E’ un errore della benevolenza di Dio? Oppure Guzzanti è la piaga che dobbiamo sopportare per non aver saputo riconoscere la fatua imbecillità di chi abbiamo eletto?

http://ilsimplicissimus2.wordpress.com/2011/08/12/guzzanti-evangelista-della-gomena/


Crisi, Berlusconi: "aggrediremo anche i costi della politica".



(Teleborsa) - Roma, 12 ago - Silvio Berlusconi ha incontrato gli enti locali e in questa sede ha annunciato una manovra da "20 miliardi aggiuntivi nel 2012 e e 25 miliardi nel 2013". Nella manovra bis i tagli riguarderanno per più di 9 miliardi i trasferimenti verso regioni, province e comuni e neanche a dirlo gli enti locali insorgono, mentre il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano è tornato ad augurarsi decisioni rapide e un confronto aperto. Il premier dal canto suo ha sottolineato come per la Banca Centrale europea il pareggio di bilancio nel 2013 non fosse "congruo" quindi è stata anticipata la manovra per sopperire alle mancanze e trovare risorse aggiuntive. Il premier, che non ha perso occasione per sottolineare come questa pesante eredità al Governo attuale sia il retaggio di anni precedenti, ha aggiunto: "aggrediremo anche i costi della politica" con "14-15 misure". Vi saranno, infatti, "tagli ai ministeri per 6 miliardi nel 2012 e per 2,5 nel 2013". Berlusconi ha anche confermato che ci sarà una "imposta di solidarietà".


http://finanza.repubblica.it/News_Dettaglio.aspx?code=661&dt=2011-08-12&src=TLB




Pensioni da favola per ex consiglieri (e congiunti) della Regione Puglia. - di MASSIMILIANO SCAGLIARINI


BARI - Per ogni dieci euro versati a consiglieri e assessori in carica, ogni mese la Regione ne spende 11 destinati a chi da via Capruzzi ci è già passato e magari ha già lasciato questa terra. Proprio così: il costo degli «ex» è talmente alto da aver superato quello dei politici in carica. Se ai palazzi della politica pugliese si applicassero i normali parametri della previdenza sociale, che valgono per chi dopo trent'anni di lavoro in fabbrica porta a casa 800 euro di pensione, l'allarme sarebbe dovuto scattare già da più di un anno. Invece niente: la Regione continua a garantire alla sua Casta uno dei più sontuosi trattamenti d'Italia.

Qualche numero, giusto per capire. Ogni mese le casse del Consiglio regionale devono pagare l'indennità di mandato e il rimborso spese a 70 consiglieri più il governatore Vendola e sei assessori esterni: di sola indennità (perché poi c'è anche il rimborso spese, che non è tassabile) sono 830mila euro al mese. Ci sono poi, sempre ogni mese, 134 vitalizi diretti agli ex consiglieri e 39 assegni di reversibilità che costano altri 937mila euro. In totale, appunto, i consiglieri in carica costano 10 milioni di euro l'anno, gli ex invece 11,2 milioni. Un'assurdità, come qualunque attuario potrebbe spiegare: perché quel 25% di «stipendio» cui i consiglieri rinunciano ogni mese proprio per costruirsi la loro speciale «pensione» copre solo una piccola parte della spesa. Che, dunque, per il resto grava sulle tasche dei cittadini.

Il consiglio regionale della Puglia costa 44 milioni di euro l'anno, di cui circa 32-33 finiscono a vario titolo nelle tasche dei politici: il resto sono stipendi, affitti e spese vive. Sarebbe populistico notare che quei 30 milioni equivalgono, centesimo più centesimo meno, al costo di due dei tanti piccoli ospedali chiusi a gennaio per rispettare le forche del piano di rientro. Ma non è superfluo osservare che il costo abnorme dei vitalizi, e in particolare degli assegni agli ex, è figlio legittimo di una legge regionale del 2003 (la numero 8) che tutti dicono – a parole – di voler cambiare ma che nessuno tocca. Per forza: è la più generosa d'Italia. Bastano 5 anni tra i banchi di via Capruzzi per maturare, al compimento dei 60 anni, il diritto ad un vitalizio pari al 40% dell’indennità mensile del consigliere (che a sua volta ammonta all'80% dell'indennità dei parlamentari e che per il 2011 è pari a 11.190,88 euro lordi). Con due legislature, la percentuale sale al 65% e l’età richiesta scende di 5 anni. Con 15 anni di «servizio» si arriva a un vitalizio dell'80%.

Ma queste cifre vengono poi rivalutate annualmente in base a un complicato meccanismo (nei fatti è una doppia rivalutazione), e dunque con tre legislature si può arrivare a 10.383 euro mensili: è il caso ad esempio dell'ex vicepresidente Sandro Frisullo. Ma Mario De Cristofaro, il «padre» di questa legge (nonché pure lui beneficiario dei 10.383 euro mensili), ha pensato a tutto e a tutti: basti dire che la Puglia è l'unica Regione italiana a riconoscere il diritto di una indennità ai consiglieri arrestati. Non hai raggiunto l'età minima per portare a casa l'assegno? Nessuna paura: in determinati casi si può scendere fino a 50 anni, rinunciando ad alcuni punti percentuali (che poi verranno riassorbiti). Non sei arrivato ai 5 anni minimi di servizio da consigliere regionale? Tranquillo: puoi versare volontariamente i contributi, come stanno facendo alcuni ex assessori tecnici della giunta Vendola-uno. Fermo restando che bastano 6 mesi e un giorno per fare un anno. Il vitalizio è ovviamente reversibile (al 65%), e dunque contribuisce a rendere più lieve il dramma del trapasso. È il caso di una novantina di famiglie pugliesi: l'assegno che una volta spettava ai loro cari congiunti, peraltro, si trasmette a tutti gli «aventi diritto», quindi anche ai figli. E visto che tecnicamente non si tratta di una pensione, è pure cumulabile con qualunque altro reddito: per un gesto di pudore è stato proibito soltanto il cumulo con l'indennità di parlamentare nazionale o europeo, ma non con il relativo vitalizio. Un ex consigliere regionale che è anche ex parlamentare, insomma, potrà tranquillamente sommare entrambi gli assegni oltre che la sua pensione «civile». Alla fine della legislatura parlamentare ne vedremo delle belle.



giovedì 11 agosto 2011

La procura di Napoli: “Berlusconi ricattato da chi comprava senatori”. - di Marco Lillo


I pm: i segreti sulle mosse contro Prodi usati per far carriera nel Pdl. Indagati i vertici del partito in Campania, il coordinatore Nicola Cosentino e l'ex assessore Ernesto Sica.


Silvio Berlusconi è stato ricattato da Ernesto Sica, un politico della periferia campana con il quale aveva comprato i senatori della sinistra alla fine del 2007 per far cadere il Governo Prodi. È questa l’ipotesi sulla quale da ottobre del 2010 lavora in gran segreto la Procura di Napoli. Il Fatto Quotidiano è in grado di rivelare che il pubblico ministero Alessandro Milita ha appena notificato agli indagati la richiesta di proroga per le indagini che si annunciano lunghe e delicate. Ernesto Sica, 40 anni, ex assessore e sindaco Pdl di Pontecagnano, insieme a Nicola Cosentino, coordinatore del Pdl in Campania, sono indagati per concorso in estorsione e minacce a corpo dello Stato. Quest’ultimo reato, previsto dall’articolo 338 del codice penale è stato contestato di recente nell’ indagine della Procura di Trani contro Berlusconi per le pressioni sull’Agcom al fine di far chiudere Annozero. Berlusconi non è indagato ma nelle carte della Procura il suo ruolo è ambiguo.

Da un lato infatti i pm lo descrivono come una vittima del ricatto esercitato da Sica nei primi cinque mesi del 2009, conclusosi con la sua nomina ad assessore. Dall’altro il Cavaliere è descritto come un premier ricattabile da un sindaco di periferia perché due anni prima lo aveva scelto come complice nella compravendita dei senatori. Il premier ha molto da temere dall’inchiesta napoletana.

Una volta terminate le indagini sul “ricattatore” Sica in quel di Napoli, non si può escludere che le carte sul “ricattato” Berlusconi siano trasmesse a Roma per valutare la sussistenza di eventuali reati. Anche perché Berlusconi proprio per l’istigazione alla corruzione di altri senatori del centrosinistra è già stato indagato e prosciolto nel 2007-2008. Proprio per paura che Sica riaprisse quel capitolo chiuso con una denuncia sull’attività comune di “corruzione”, il premier fece nominare il sindaco di Pontecagnano, in provincia di Salerno, celebre per la festa della pizza, assessore all’avvocatura della Regione Campania. Sica, per arrivare fino alla poltrona di Governatore della Campania, cercava di fermare la corsa del rivale Stefano Caldoro veicolando notizie false su fantomatiche frequentazioni di transessuali. Ma mentre preparava il suo dossier per far fuori Caldoro, al telefono il 27 gennaio del 2010, insieme all’amico Arcangelo Martinoparlava di un piano B, che sarebbe entrato in azione “se questo dovesse mantenere quella posizione”. L’ “analisi B”, come la chiamava Martino, per l’accusa è proprio il ricatto a Berlusconi.

L’inchiesta è soprannominata scherzosamente dagli investigatori partenopei, per differenziarla da quella di Henry John Woodcock e Francesco Curcio, la “P3 bis”. Il nome discende dalla sua origine. L’indagine avviata da Milita (inizialmente insieme al collega Giuseppe Narducci, oggi assessore alla legalità di De Magistris) parte dalle carte dell’inchiesta romana sulla P3, appena conclusa dai pm Giancarlo Capaldo e Rodolfo Sabelli. Mentre a Roma però i pm contestano a Cosentino e Sica la diffamazione e la violenza privata per il dossier fasulli contro il rivale Caldoro, la Procura di Napoli ipotizza reati più gravi: l’estorsione, punita con la reclusione fino a dieci anni, e le minacce a corpo dello Stato, punite fino a sette anni. Se Roma vede il bicchiere mezzo vuoto (Sica non è riuscito a diventare presidente), Napoli lo vede mezzo pieno: la sua nomina ad assessore della giunta campana non è piovuta dal cielo, per il pm Milita, ma è stata ottenuta grazie al ricatto su Caldoro e Berlusconi. Ecco perché la compravendita dei senatori del 2007 non interessa Capaldo mentre è il presupposto logico dell’indagine per minacce a Napoli. Il reato, secondo la Procura di Napoli, si consuma il 19 maggio del 2009. Quel giorno l’azione intimidatoria e ricattatoria di Sica viene portata a termine anche grazie a Cosentino che si fa ambasciatore delle sue richieste.

Per l’accusa, “la nomina di Sica è stata imposta a Caldoro” ed è figlia dei colloqui di Sica stesso con Denis Verdini e Silvio Berlusconi. I vertici nazionali del partito erano terrorizzati, secondo l’accusa, dalla minaccia di Sica di rivelare i suoi trascorsi con Berlusconi e cercavano disperatamente di procurarsi una copia della denuncia che il sindaco di Pontecagnano voleva presentare. Sica fu imposto a Caldoro dal vertice del Pdl di Roma per “l’elevata capacità ricattatoria”. Ecco perché a Napoli è stato contestato a Cosentino e Sica il reato di minaccia al corpo amministrativo. Se a Trani la “vittima” era l’Agcom, qui è la Regione Campania. L’intimidazione di Sica di rivelare quello sapeva su Berlusconi e Caldoro ha prodotto per la Procura una coartazione della volontà prima dei vertici del Pdl e poi del presidente Caldoro che non fu libero di scegliere l’assessore e si ritrovò una serpe in seno fino al giorno delle dimissioni di Sica (dopo l’esplosione dello scandalo P3) il 16 luglio del 2010. L’inchiesta, affidata da Milita ai Carabinieri del Reparto operativo di Napoli, muove da un’intercettazione e da due verbali. L’intercettazione è del 23 gennaio del 2009. Quel giorno Sica incontra Verdini a Viareggio e gli chiede senza successo la candidatura a presidente della Campania. All’uscita chiama Martino infuriato: “Sappia il presidente che non mi fermo. Io racconterò da agosto 2007 fino ad oggi quello che è successo”.

Per spiegare il senso di quella frase è stato sentito due volte Arcangelo Martino. Nel primo verbale del 17 settembre, depositato nell’inchiesta P4, ha detto al pm: “ Sica affermava di essere creditore di Berlusconi, affermando di avergli “dato una mano” per la caduta del Governo Prodi avendo, a suo dire, agito per convincere tre Senatori della maggioranza nel passare con l’opposizione”. Il secondo verbale invece è ancora segreto.


Gli uomini d'oro del Vaticano il finanziere nella cappella Sistina. - di FERRUCCIO PINOTTI e UDO GÜMPEL


Gli uomini d'oro del Vaticano il finanziere nella cappella Sistina


Dopo Balducci, un altro Gentiluomo di sua Santità al centro di una rete di affari opachi: è Herbert Batliner, benefattore della Chiesa. Il club più esclusivo del mondo, quello dei gentiluomini di Sua Santità, nasconde molti misteri sui rapporti tra conti off-shore e Vaticano.


NELLE SEGRETE stanze della finanza vaticana più "oscura" non c'è solo il caso di Angelo Balducci, figura chiave del sistema Anemone e degli affari sporchi con la politica: se si scava più a fondo si scopre che il club più esclusivo del mondo, quello dei Gentiluomini di sua Santità, nasconde altre inquietanti verità, che portano a chiedersi come mai Ratzinger, a distanza ormai di cinque anni dall'inizio del suo pontificato, non abbia fatto pulizia negli oscuri meandri della finanza off-shore che prospera all'ombra dello Ior, dell'Apsa (Amministrazione Patrimonio Sede Apostolica), di Propaganda Fide e di molte società partecipate dal Vaticano. Raztinger, infatti, ha portato alla guida dello Ior un banchiere dell'Opus Dei, Ettore Gotti Tedeschi, inquisito (e poi prosciolto) per il caso Parmalat e molto legato a Gianmario Roveraro, centrale nella quotazione di Parmalat e ucciso poi da strani killer, e il Vaticano sta coprendo una serie di situazioni ancora più strane, che hanno radici lontane ma che presentano analogie col caso Balducci.

Per parlarne bisogna illuminare una figura molto legata con San Pietro, il "re" della finanza off-shore in Liechtenstein, Herbert Batliner, un anziano professionista, classe 1928, a sua a volta figlio d'arte. Batliner è il massimo esperto di fiduciarie off-shore, ma anche l'uomo nell'ombra della finanza vaticana. Per avere una fotografia nitida da cui partire per raccontare questa strana storia bisogna fissare una data, il 9 settembre 2006.

Una giornata importante, per papa Ratzinger e per Herbert Batliner, presidente di una fondazione con sede in Liechtenstein, la Peter Kaiser Gedächtnisstiftung, che ha come scopo statutario la difesa dei valori cristiani in Europa. Quel giorno lo "gnomo degli gnomi" avrebbe incontrato papa Ratzinger, a Ratisbona, in Baviera, per regalargli un prezioso organo a canne del valore di 730mila euro destinato proprio alla chiesa di Ratisbona.
Era una giornata di gloria che l'avvocato di Vaduz attendeva da tempo, dopo gli anni difficili e le intricate vicende che ne avevano infangato il nome. Per decenni Herbert Batliner, nominato gentiluomo di Sua Santità già da Giovanni Paolo II, aveva operato dietro le quinte, silenziosamente, per il bene dell'Europa cristiana.

Ma poi era stato qualificato da un rapporto del Servizio segreto tedesco Bnd e da Der Spiegel come il "re dei fiduciari", la "centrale del lavaggio di denaro sporco", "l'amico di evasori e gangster". Eppure Herbert Batliner - pochi lo sanno - era e resta un autentico uomo di fiducia del Vaticano da oltre 30 anni. E per questo, quel 9 settembre 2006, era venuto a Ratisbona, per donare quel prezioso organo a Benedetto XVI. Mentre Batliner compiva questa buona azione, tuttavia, qualcuno si stava interessando a lui. Era il Dipartimento 35 della Procura di Bochum, fiore all'occhiello dello stato tedesco nella lotta all'evasione fiscale. Lì, a Bochum, il nome di Batliner era scritto a caratteri cubitali su più di 400 fascicoli aperti a partire dal 2000, ovvero l'anno in cui un dipendente "infedele" del noto avvocato aveva consegnato al fisco tedesco un cd-rom pieno di dati segreti dello studio Batliner.

In quel momento si aprì un mondo fino a quel momento completamente sconosciuto, per gli 007 del fisco tedesco. Gli 007 arrivarono a definire il "sistema Batliner" come un meccanismo perfetto che per anni aveva sottratto al fisco tedesco almeno 250 milioni di euro di imponibile. Ed era certo una stima per difetto. Il ruolo di Batliner risultò subito centrale: creava di persona le società paravento, le Anstalt, le Stiftung; e poi le gestiva a nome di clienti di tutto il mondo che cercavano l'anonimato assoluto in Liechtenstein. Il 9 settembre 2006, chi osservò Batliner muoversi nella "Piccola Cappella" di Ratisbona potè notare in lui un certo nervosismo. Ogni tanto il notissimo professionista girava la testa, come per accertarsi se qualcuno lo aspettasse fuori, per capire se la polizia in divisa e gli agenti in borghese si trovavano lì per proteggere il Papa, e non per occuparsi di lui. Le sue paure non erano infondate. Era infatti un vero miracolo che Herbert Batliner potesse incontrare papa Ratzinger: in quel momento, pur risiedendo in Lichtenstein, era formalmente ricercato in Germania.

Com'era riuscito Batliner a ottenere di incontrare personalmente Papa Ratzinger? Dopo mesi di serrate trattative e grazie alla "moral suasion" degli ambienti vaticani, la Procura di Bochum aveva ceduto a forti pressioni, garantendo al gentiluomo del Papa un "salvacondotto" per quell'incontro e consentendogli un percorso dal confine austriaco-tedesco fino a Ratisbona e ritorno. La motivazione ufficiale, che poi si è rivelata risibile, era che Batliner era gravemente malato. Solo grazie a questo artificio fu evitato lo scandalo dell'arresto in chiesa di un gentiluomo del Papa: appena un anno dopo, nell'estate del 2007, Batliner ammetteva le sue colpe e scendeva a patti con lo Stato tedesco, accettando il pagamento di una sanzione di due milioni di euro.

Il salvacondotto concesso a Batliner per l'incontro con Benedetto XVI destò un vero scandalo in Germania. E ci fu chi ironizzò sulla vicenda accostandola alla storia del predicatore medioevale Tetzel che, durante il papato di Giulio II, vendeva lettere di indulgenza papale per la remissione dei peccati in cambio di denaro che serviva a finanziare la costruzione della basilica di San Pietro: una protesta che aveva segnato nel 1517 l'inizio della Riforma, guidata da Martin Lutero. La cattiva fama di Batliner superò in seguito i confini della Germania e del Liechtenstein. E nel 1999 il Presidente della repubblica austriaca Thomas Klestil rifiutò un assegno di beneficenza di 56 mila franchi perché proveniente proprio da Batliner. Tre anni dopo, la Suprema Corte del Liechtenstein confermò, in una sentenza, che Batliner già nel 1990 era il fiduciario dell'ecuadoriano Hugo Reyes Torres, indicato come boss della droga, nel frattempo condannato. Per conto del barone della droga, segnala The Independent, Batliner avrebbe riciclato 15 milioni di euro.

Il gentiluomo di sua santità, il "più noto e discusso fiduciario del Liechtenstein", come lo definisce il settimanale svizzero Weltwoche, sponsor dell'Hockey Club di Davos, forte di un patrimonio stimato in 200 milioni di euro, era diventato noto per la prima volta in Germania all'inizio degli anni Novanta nell'ambito dello scandalo delle casse nere della Democrazia Cristiana tedesca, la Cdu. Un ammanco di oltre 8 milioni di euro. "Appropriazione indebita personale", si giustificò il capo della Cdu dell'Assia Roland Koch, pesantemente coinvolto nella vicenda. Una vicenda che vide Batliner in un ruolo senz'altro centrale, ma di cui le reali implicazioni restano ancora nebulose dato che il Lichtenstein non collabora con le amministrazioni giudiziarie degli altri Paesi, tranne nei casi di omicidio o traffico di droga. Batliner era l'uomo giusto per queste operazioni. Chi cercava un rifugio sicuro per il proprio denaro si rivolgeva a lui, il decano dei fiduciari. Il commento che una volta l'avvocato rilasciò in merito alle pesanti accuse rivoltegli resta lapidario: "Non sono un padre confessore, che deve interrogare i suoi clienti per scoprire se questi rispettano o meno le leggi dei loro rispettivi Paesi d'origine".

L'incontro a Ratisbona fu per Herbert Batliner senz'altro uno dei momenti più alti della sua vita. Le cronache dell'incontro ci restituiscono l'atmosfera. L'organo comincia a suonare. L'organista intona un brano di Bach. Herbert Batliner è raggiante e sembra abbia esclamato: "Se gli angeli suonano per Dio, scelgono Bach. Se suonano per se stessi, scelgono Mozart". Ma quell'organo non era il primo che il benefattore del Liechtenstein avrebbe regalato alla Chiesa cattolica: il 14 dicembre 2002 il Cardinale Angelo Sodano, Segretario di Stato e Vice Decano del Collegio Cardinalizio, presiedeva il rito di benedizione del nuovo organo della Cappella Sistina, regalato anche in questo caso dallo stesso Batliner. Il maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie, monsignor Piero Marini, si rivolgeva direttamente al benefattore affermando solennemente: "Il nostro ringraziamento va al Prof. Dott. Herbert Batliner, Presidente della Fondazione Gedächnisstiftung Peter Kaiser e Gentiluomo di Sua Santità".

L'avvocato di Vaduz, questo è certo, godeva della massima fiducia dei Papi: già nel 1998 Giovanni Paolo II lo aveva nominato Gentiluomo di Sua Santità, il più alto rango che un laico può raggiungere in Vaticano. La prima onorificenza papale, la croce "Komturkreuz des Päpstlichen Silberordens mit Stern", gli però era stata conferita già nel lontano 1970. Nel 1993 seguì il "segno d'oro" della diocesi di Innsbruck, per meriti speciali. Alla nomina di Gentiluomo di Sua Santità si aggiungeva, nel 2001, anche la Gran Croce dell'Ordine Papale di San Gregorio: Herbert Batliner era ed è uno dei laici più decorati in Vaticano.

Dal 1994, inoltre, Batliner è Presidente del Consiglio della Fondazione della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali. È curioso ciò che scriveva l'1 gennaio 1994 papa Giovanni Paolo II nel documento di nomina: "I membri dell'Accademia sono scelti dal Pontefice in base alla loro competenza e alla loro integrità morale". A questo punto s'impongono alcune domande: in base a quale competenza "morale" è stato scelto il re dei fiduciari vaticani nel Lichtenstein? Dal 1990 era noto il coinvolgimento di Batliner nello scandalo delle casse nere dei democristiani tedeschi; dal 2000 in poi il suo nome era associato al più grande scandalo di evasione fiscale in Germania. È difficile decifrare i motivi di un comportamento "ad alto rischio di vergogna" come il rapporto strettissimo e inspiegabile del Vaticano con Herbert Batliner, di vago sapore nibelunghiano.

Tra l'altro, i suoi guai legali sono proseguiti anche in seguito. Nel gennaio 2009 il tribunale del Liechtenstein si è dovuto occupare del vecchio "tesoro" dei democristiani tedeschi dell'Assia nella fondazione Alma Mater, gestita da Batliner. Oltre ai sei milioni di marchi spariti dai conti, restano ancora aperte alcune domande degli inquirenti: quanti soldi neri giacevano ancora sui conti dell'Alma Mater e chi esattamente aveva versato i soldi? Ufficialmente, come intestataria della società, figurava una vedova di nome Christa Buwert. Ma nel processo davanti alla Corte del Lichtenstein si sono scoperti fatti sorprendenti: per esempio che Batliner, fiduciario della fondazione, nel 1998 avrebbe effettuato un versamento di 10 milioni di franchi svizzeri da questi fondi ai propri conti personali. Un anno dopo quel versamento Batliner riceveva dalla vedova (nel frattempo ammalatasi di demenza senile) 1,2 milioni di franchi per comperare un quadro. La Corte del Liechtenstein, su istanza dell'avvocato d'ufficio della vedova, ha però costretto Batliner a restituire quei soldi. Batliner si è lamentato di questa sentenza, perché il "quadro aveva un alto valore emozionale, fatto di ricordi".

Batliner è l'uomo chiave anche in una strana, piccola banca italiana: la Banca Rasini, l'istituto di credito che finanziò gli inizi di Silvio Berlusconi e che era diretto dal padre Luigi. Batliner era infatti l'uomo che gestiva e rappresentava tre misteriose società che erano azioniste forti della Rasini: si tratta della Wootz Anstalt di Eschen, della Brittener Anstalt di Mauren e della Manlands Financiere S. A. di Schaan, tutte situate del Liechtenstein. Batliner ne era rappresentante legale insieme a un altro "gnomo" della finanza vaticana, Alex Wiederkehr. Wiederkehr è anch'egli membro dell'inner circle della finanza vaticana e fa parte di una nota famiglia di gnomi svizzeri. Insieme a Wiederkehr, Batliner era una figura chiave nella Banca Rasini, coinvolta nel blitz di San Valentino del 14 febbraio 1983 che portò all'arresto di molti mafiosi di stanza a Milano; una banca indicata dallo stesso Sindona come la banca della mafia a Milano. La riprova che Batliner fosse l'uomo della finanza vaticana nella Rasini viene anche dal fatto che altri importanti azionisti della Rasini, gli Azzaretto, erano fiduciari della finanza vaticana sin dai tempi di Papa Pacelli, come recentemente ammesso da Dario Azzaretto in una intervista a chi scrive.

Un "dettaglio" altrettanto interessante e inquietante è che Batliner, gentiluomo del Papa e longa manus del Vaticano nella Banca Rasini, è anche coinvolto nella vicenda del tesoro nascosto della Fiat. Batliner è infatti il fondatore della Prokuration Anstalt, che a sua volta controlla il First Advisory Group, il quale ha materialmente costituito il Trust Alkyone, la principale cassaforte offshore destinata a raccogliere il patrimonio estero dell'avvocato Agnelli. E nel consiglio di amministrazione di Alkyone compaiono la moglie dell'avvocato Batliner, Angelica Moosleithner, Ivan Ackermann e Norbert Maxer della Prokuration Anstalt. Nel 2001 venivano inoltre nominati, accanto ai consiglieri di amministrazione, i protettori del Trust: Gianluigi Gabetti, Franzo Grande Stevens e, naturalmente, Gianni Agnelli.

Oggi Herbert Batliner si divide tra la sua clientela "top" e i campi da hockey di Davos. Nonostante sia stato accusato di essere l'uomo del riciclaggio dei fondi neri della politica ed abbia riconosciuto di essere uno dei maggiori esperti di evasione fiscale, Ratzinger non fa nulla per rimuoverlo. Dopo l'esplosione del caso Balducci-Anemone, il Vaticano ha dichiarato formalmente che i gentiluomini di sua santità sono "professionisti di indubbia moralità e qualora si dimostri il contrario le dimissioni dall'incarico sono doverose". Eppure, se si entra nella fornitissima libreria del Vaticano situata accanto a piazza San Pietro e si acquista il gigantesco Annuario Pontificio, si scopre, a pagina 1822, che Herbert Batliner è sempre lì, nel cuore dell'organigramma del potere vaticano, come presidente del Consiglio della Fondazione per la Promozione delle Scienze Sociali. I vecchi amici non si abbandonano mai.


AVVERTIRE TREMONTI CHE LA MERKEL STA PER ANNUNCIARE UN ACCORDO STORICO CON QUELLO SVIZZERO.


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Avvertire Tremonti che, mentre lui incontra il Senatur e il Trota a Gemonio, il governo tedesco sta per annunciare un accordo storico con quello svizzero: dopo mesi di trattative durissime, le banche elvetiche si apprestano a versare a Berlino la bellezza di due miliardi di franchi svizzeri (1,8 miliardi di euro) in cambio di un accordo che chiude ogni possibilità che i tedeschi, come gli statunitensi, denuncino le banche svizzere per aver aiutato i propri cittadini ad evadere il fisco germanico.

BANCHE SVIZZERE UBSBANCHE SVIZZERE UBS

Inoltre si procederà d'ora in avanti ad una ritenuta da parte delle banche elvetiche del 26% sugli interessi dei conti svizzeri detenuti da cittadini tedeschi. In cambio Berna potrà mantenere il segreto bancario. Stesso accordo sta per firmarlo il governo di Londra. Roma non ha neppure cominciato a trattare. Sono più comodi i condoni periodici?




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