lunedì 12 settembre 2011

Berlusconi: "Non scappo dai giudici Non è un reato aiutare una famiglia".




Il premier: "Che assurdità, vado a Bruxelles per spiegare la manovra che non avrà aggiustamenti. Per colpa dell'opposizione e dei suoi giornali si è creata confusione"

ROMA - "È un'assurdità" dire che la trasferta a Bruxelles e Strasburgo di domani è stata organizzata per scappare ai magistrati.  Silvio Berlusconi, 1 intervistato da Maurizio Belpietro durante la trasmissione Mattino 5, si difende così dopo la decisione di non lasciarsi interrogare dai giudici che indagano sull'inchiesta Tarantini. 2 "Ho ritenuto di andare a Bruxelles e Strasburgo per spiegare, carte alla mano, la manovra e l'assoluta volontà del governo di raggiungere il pareggio di bilancio", aggiunge, ribadendo di non temere i magistrati napoletani, "non credo sia un reato aiutare "una famiglia con figli piccoli, con un'altra famiglia a carico, passata dall'agiatezza alla miseria", anche "per l'intervento dei magistrati". Il premier ha poi aggiuto di non credere che la manovrà economica avrà degli aggiustamenti: "E'giusta e con mezzi in più, come l'Iva. Avremo saldi sicuri e, per la prima volta, manderemo in pareggio i bilanci dello Stato". Quanto alle critiche sui tagli, il premier sottolinea come invece "ci sono, ai parlamentari abbiamo chiesto un supplemento in più, c'è la soppressione totale delle Province, il dimezzamento del numero dei parlamentari. Quando si fa una manovra come questa si deve badare alla sostanza, quindi era logico concentrarsi su misure di contenuto".


IL VIDEO 3

L'INCHIESTA
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"Grazie al comportamento della nostra opposizione e dei suoi giornali - dice il premier - si è creata intorno alla nostra manovra molta confusione e si sono indotte le autorità e le istituzioni europee a pensare che il governo volesse fare passi indietro rispetto alla manovra che aveva approvato e che insomma noi non fossimo seriamente intenzionati a fare quei sacrifici che ci porteranno al pareggio di bilancio nel 2013".

A quel punto, assicura il Cavaliere, la sua visita a Bruxelles è diventata d'obbligo: "Ho cercato quindi di avere un appuntamento con il presidente del Consiglio dei capi di Stato e di governo Van Rumpuy, con il presidente della Commissione Barroso, con il presidente del Parlamento Buzek, non è stato possibile averlo oggi, è stato possibile averlo per domani e ho ritenuto che fosse urgente che mi recassi a Bruxelles e a Strasburgo per spiegare, carte alla mano, la vera situazione di questa manovra e l'assoluta volontà del nostro governo e della nostra maggioranza di raggiungere il pareggio nel 2013".

Ma a proposito degli incontri in programma a livello europeo, a Berlusconi arriva un segnale di irritazione. Il presidente del Parlamento di Strasburgo, il polacco Jerzy Buzek, fa sapere che quella del premier italiano non è una visita ufficiale, quindi l'incontro potrebbe durare non più di due minuti: una formula di pura cortesia, insomma. Il presidente del parlamento europeo - secondo alcuni deputati - avrebbe anche detto di non conoscere i motivi della visita e di avere già una giornata piena di impegni.
 

http://www.repubblica.it/politica/2011/09/12/news/berlusconi_mattino_5-21540247/?ref=HREC1-2

Francia, scoppio in sito nucleare. ''Incidente chiuso, no contaminazione''.



Foto generica di centrale nucleare


Parigi - (Adnkronos/Ign) - Esplosione in un impianto di trattamento per i rifiuti radioattivi a Codolet, vicino al centro nucleare di Marcoule, nel sud della Francia. Il bilancio è di 1 morto e 4 feriti, uno è in gravi condizioni. L'Autorità per la Sicurezza Nucleare francese: ''Nessuna contaminazione è stata registrata''. Ma il Wwf: il pericolo c'è, serve intervento Ue. Marcoule è stata la prima centrale nucleare francese, oggi è soprattutto sede di impianti di dismissione di scorie nucleari (VIDEO).


Parigi, 12 set. (Adnkronos/Ign) - ''Incidente chiuso e nessuna contaminazione''. Dopo ore di panico, l'Autorità della Sicurezza Nucleare francese (Asn) ha decretato la fine dell'allarme per l'esplosione avvenuta in un impianto di trattamento per i rifiuti radioattivi, nel sud della Francia.


L'incidente, che ha provocato 1 morto e 4 feriti, uno dei quali in gravi condizioni, è avvenuto nella città di Codolet (Gard), in prossimità del centro nucleare di Marcoule, nel sud della Francia. L'installazione è laCentraco, filiale di EDF. L'incendio scoppiato verso le 12.15 è stato spento dai vigili del fuoco luogo dopo circa un'ora. Ma la notizia ha fatto scattare immediatamente l'allarme per una possibile fuga radioattiva.
Nella zona è stata istituita immediatamente un'area di sicurezza. Poco dopo il Commissariato per l'energia atomica (CEA) ha assicurato che non si era verificata nessuna fuoriuscita radioattiva.
In seguito all'incidente l'Autorità per la Sicurezza Nucleare francese, l'Asn, ha attivato a Parigi il suo centro di emergenza, inviando ispettori alla prefettura di Gard e all'impianto. L'esplosione è avvenuta in un ''forno per la fusione del metallo di rifiuti radioattivi a bassa e molto bassa attività''.
Poco dopo le 16 l'Autorità di Sicurezza Nucleare francese ha dichiarato ''chiuso'' l'incidente, sospendendo ''la sua organizzazione di crisi''. ''Nessuna contaminazione è stata registrata - ha detto - I feriti non sono stati contaminati e i prelievi effettuati all'esterno del fabbricato non hanno rilevato alcuna contaminazione''.
Edf, che ha visto il titolo crollare in Borsa, ha avviato un'indagine per determinare le cause esatte dell'incidente all'impianto nucleare di Centraco. Un portavoce del gruppo ha precisato che i rifiuti smaltiti nell'impianto ''sono rifiuti radioattivi a bassa e molto bassa attività e a vita breve come i guanti, metalli usati per le costruzioni...che possono avere potenzialmente tracce di radioattività''. Anche il portavoce di Edf ha confermato che non c'è stata alcuna ''fuoriuscita di radioattività''.
Massima allerta a Torino, che dista poco più di 250 km dalla centrale di Marcoule. Si sta facendo un monitoraggio costante, ha detto il sindaco Piero Fassino. Anche la Protezione civile italiana ha attivato una unità di crisi per monitorare le possibili ripercussioni sull’Italia. Ma, citando una nota dell'Asn, sottolinea che ''si è trattato di un incidente industriale (non nucleare) avvenuto su un sito destinato a lavorare le scorie radioattive prima di avviarle alla fase di stoccaggio".
Le associazione ambientaliste, però, non ci stanno. Il Wwf chiede l'intervento della Ue perché, dice, il pericolo c'è. ''L'impianto nucleare di Marcoule in Francia e' usato per riciclare l'uranio e il plutonio contenuti nelle bombe nucleari e nelle barre di combustibile esaurite e farne MOX (Mixed Oxide Fuel), combustibile usato in impianti nucleari", afferma in una nota Sergio Ulgiati del Comitato scientifico del Wwf Italia.
"Il Mox contiene plutonio e uranio di varia origine (riciclato, impoverito o naturale). Siccome la sua produzione richiede una serie di fasi molto delicate di separazione del plutonio e dell'uranio dal combustibile esaurito o dagli ordigni nucleari smantellati, il rischio di tale lavorazione è evidente, e così pure la possibilità di fuoriuscita di materiale altamente contaminato in atmosfera. Resta pertanto il timore - sottolinea Ulgiati - che l'incidente possa aver coinvolto anche scorie di elevata attivita' e per questa ragione sono necessarie informazioni chiare e dettagliate".



http://www.adnkronos.com/IGN/News/Esteri/Francia-scoppio-in-sito-nucleare-Incidente-chiuso-no-contaminazione_312441537056.html


Strage Ustica, ministeri Difesa e Trasporti condannati a maxi-risarcimento di 100 mln.






Palermo - (Adnkronos) - La decisione del tribunale civile di Palermo, accolte le domande avanzate dai parenti delle vittime. Che ora dicono: ''Vogliamo sapere chi sono gli autori della strage'' in cui trentuno anni fa morirono 81 passeggeri del volo Bologna-Palermo.


Palermo, 12 set. (Adnkronos) - A distanza di 31 anni dalla strage di Ustica in cui morirono 81 passeggeri del volo Bologna-Palermo, il tribunale civile del capoluogo siciliano ha condannato i ministeri della Difesa e dei Trasporti a un maxi-risarcimento di oltre 100 mln di euro per i parenti delle vittime.


I ministeri della Difesa e dei Trasporti sono stati condannati dal Tribunale civile di Palermo perché giudicati responsabili di non avere garantito la sicurezza del voto 'Itavia'. Il giudice Paola Protopisani si è pronunciatoaccogliendo le domande avanzate dai parenti delle 81 vittime della strage. Il tribunale ha inoltre ritenuto i ministeri responsabili dell'occultamento della verità e li ha condannati ad un ulteriore risarcimento dei danni. La sentenza è stata depositata dopo un'istruttoria durata 3 anni.
Secondo i legali delle vittime, gli avvocati Daniele Osnato e Alfredo Galasso "il risultato della vicenda processuale rende giustizia per l'ultratrentennale 'tortura della goccia' che i parenti delle vittime hanno dovuto subire ogni giorno anche a causa dei numerosi e comprovati depistaggi di alcuni soggetti deviati dello Stato". Per i legali "la sentenza apre un nuovo percorso per la ricerca della verità. Fu un missile ad abbattere il volo Itavia".
Gli avvocati auspicano che "chi di dovere avvii ogni opportuna azione nei confronti degli Usa e della Francia affinché sia ammessa finalmente la responsabilità per il grave attentato. Così si ridarebbe dignità e onore a tutto il Paese e alle vittime. Inoltre ci si augura che dopo la caduta del regime di Gheddafi, l'Italia sia informata del contenuto degli archivi dei servizi segreti libici nei quali si ha ragione di ritenere che siano contenuti ulteriori documentazioni rilevanti sul fatto".
Ora i parenti delle vittime chiedono la verità sugli autori della strage. Daria Bonfietti, presidente dell'associazione che raggruppa i familiari delle vittime, giudica fondamentale la decisione di oggi. "Si tratta - afferma - di un importante riconoscimento delle responsabilità da parte dei ministeri della Difesa e dei Trasporti sul nascondimento della verità ed è una affermazione della mancanza di sicurezza".
Detto questo, la presidente dei familiari delle vittime della strage di Ustica si augura che, a questo punto, si possa aggiungere l'ultimo pezzo della verità: "Ora vogliamo sapere chi sono gli autori della strage. E' giunto il momento che il nostro governo si muova nei confronti di quei Paesi a cui sono state rivolte tante rogatorie perché sino ad ora non ha fatto nulla". Quanto alla decisione in sé, Bonfietti sottolinea come con questo risarcimento i giudici civili abbiano "ribadito con forza la tesi sostenuta da sempre dal giudice Rosario Priore, e cioè che in quei cieli ci fu una vera e propria guerra aerea".



http://www.adnkronos.com/IGN/News/Cronaca/Strage-Ustica-ministeri-Difesa-e-Trasporti-condannati-a-maxi-risarcimento-di-100-mln_312441869599.html


Polizia, la denuncia del Consap “Troppi sprechi per i trasferimenti. - di Eleonora Bianchini




Chi fa regolare domanda facendo risparmiare l'erario non è preso in considerazione. Il ministero dell'Interno non fornisce spiegazioni. Il segretario nazionale per il Nord Italia del sindacato: " Si assiste a un valzer di spostamenti decisi dall'amministrazione della pubblica sicurezza” che ha emanato provvedimenti di “vera e propria natura di 'Casta' della sicurezza pubblica”
Trasferimenti d’ufficio di dirigenti della Polizia di Stato che costano migliaia di euro ai contribuenti. Chi invece ha fatto regolare domanda e farebbe risparmiare l’erario non è preso in considerazione. Denaro speso per favorire gli “amici degli amici” e garantire interessanti emolumenti ai prescelti, mentre il ministero dell’Interno non fornisce spiegazioni e il Palazzo studia una manovra che richiederà sacrifici ai cittadini per milioni di euro.

La denuncia arriva dalla Confederazione sindacale autonoma di polizia (Consap) del Piemonte che, come spiega Gian Mario Morello, segretario nazionale per il Nord Italia, ha assistito al “valzer di trasferimenti decisi dall’amministrazione della pubblica sicurezza” che ha emanato provvedimenti di “vera e propria natura di ‘Casta’ della sicurezza pubblica”. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato il trasferimento d’ufficio di Cinzia Ricciardi, dirigente della polizia stradale di Torino, dal capoluogo piemontese alla stradale di Roma. Al suo posto è arrivata direttamente da Catanzaro Dolores Maria Rucci, anche lei dirigente della Polizia di Stato. Entrambi i trasferimenti richiedono “una spesa per le casse dello stato di circa 9mila euro in 24 mesi, come compenso per il trasferimento d’autorità” oltre a un emolumento mensile di 490 euro per due anni, il pagamento nell’alloggio di servizio e il trasloco alla nuova sede di lavoro. Tutto pagato dal ministero dell’Interno. Soldi che potevano essere risparmiati visto che un altro dirigente di Torino aveva inoltrato formale domanda di poter essere assegnato alla stradale locale. Ma non è neppure stato preso in considerazione. Perché? Da Roma tutto tace.

“Dinanzi alle nostre richieste – spiega Morello – al Dipartimento centrale del ministero hanno spiegato che la motivazione era l’esperienza. Tuttavia si tratta solo di una scusa fragile visto che esistono i corsi di aggiornamento per assumere le competenze e, soprattutto, ci sono numerosi precedenti. Ad esempio, in passato ex capi della Criminalpol sono stati trasferiti alla stradale, o altri che provenivano da incarichi precedenti diversi. Insomma, a parità di competenze e giurisprudenza dal Dipartimento centrale preferiscono favorire ‘alcuni’ dirigenti”. Inoltre la spesa sulle spalle dello Stato è gravosa: “Proprio in questo momento in cui nel paese prevalgono le difficoltà economiche e finanziarie, il ministero non prende in considerazione chi ha fatto domanda d’ufficio ed è residente nei pressi del nuovo incarico. Uno spreco che grida vendetta”. Infatti si tratta di decine di migliaia di euro che solo in questo caso potrebbero essere impiegate “per mandare alcune vetture di servizio in riparazione o pagare gli straordinari spesso percepiti con mesi di ritardo. Alcune caserme poi – puntualizza Morello – hanno l’erba alta un metro nei cortili e altri uffici sono in condizioni di degrado”. Eppure lo spreco per i trasferimenti della “casta della polizia” è ormai prassi sul territorio nazionale. “Siamo davanti a una cricca che a parità di competenze preferisce trasferimenti d’ufficio a danno di chi ne ha fatto richiesta, senza scrupoli nei confronti dei contribuenti”.

Un allarme condiviso anche da Giorgio Innocenzi, segretario generale del Consap: “Purtroppo si tratta di una pessima abitudine che c’è al Ministero. Alcuni funzionari usufruiscono di queste agevolazioni mentre altri, se vogliono essere trasferiti, devono presentare la domanda. Non solo: l’aspetto più grave – puntualizza Innocenzi – è che per spostare gli ‘amici degli amici’ segnalati e raccomandati si usano i soldi dei cittadini, oltre a ignorare le graduatorie”. E all’ingiustizia del metodo si somma la complessità della burocrazia che ostacola il percorso di attribuzione delle responsabilità perché, chi ha deciso “si limita a spiegare che si tratta di una scelta del Ministero”. Ma il Consap intende fare chiarezza sui trasferimenti. “Per ora abbiamo presentato una diffida al dipartimento centrale – conclude Innocenzi -, ma se non sortirà alcun effetto, siamo pronti ad andare davanti al giudice”.



domenica 11 settembre 2011

Quanti tentacoli ha la Lega. - di Tommaso Cerno e Luca Piana



Bossi e Calderoli


Su una cosa Umberto Bossi ha ragione: l'acronimo Spqr è superato. Sono Padani Questi Romani, ormai, e sempre più numerose le poltrone che portano il vessillo del Sole delle Alpi. Mentre il Senatùr suona il solito disco contro la capitale ladrona, alzando il dito medio o etichettando come porci i suoi abitanti, il peso politico del Carroccio aumenta in Parlamento. E silenziosa avanza la discesa leghista oltre il Rubicone. Fino al Tevere: consigli di amministrazione, posti chiave in Rai e nei grandi enti pubblici, presidenze e nomine continue allargano la ragnatela verde passando per banche, fondazioni, aeroporti, autostrade, multiutilities, Asl e partecipate milionarie di Comuni e Province.

E' la versione padana del "divide et impera", l'allievo che sta superando perfino i maestri della vecchia Democrazia cristiana. Quella Lega che divide il Paese invocando il federalismo e poi impera grazie a un esercito di parenti, amici, trombati e ripescati. Sono loro, i nuovi boiardi del Carroccio lanciato nella battaglia fra Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi, i veri vincitori. Perché fra i due litiganti, premier e presidente della Camera, entrambi sfiancati dalla bufera mediatica e dalla guerra politica, è l'Umberto che gode.

Il caso Unicredit, la banca decapitata grazie alla rivolta delle Fondazioni azioniste, è solo la punta di un iceberg. Forse il segnale del salto di qualità della "reconquista" leghista, che oggi può contare su una rete da far invidia a De Mita, Craxi e Fanfani. E' tutto annotato a matita nelle agende dei big. Gli uomini nuovi, che tanto nuovi nei metodi non sono. Dal governatore veneto Luca Zaia a quello piemontese Roberto Cota, fino a Roberto Calderoli e Giancarlo Giorgetti, passando per Roberto Maroni.

VOGLIAMO CREDITO. Tra banche e dintorni, il debutto della Lega era stato disastroso, con il dissesto della Credieuronord, che contava fra i soci anche Bossi e la moglie: andò a rotoli fra prestiti allegri e indagini per riciclaggio. A dispetto di questi inizi, sulle banche ora la Lega Nord ha addirittura alzato il tiro. Ha potuto farlo grazie a due fattori: i successi elettorali e la posizione di forza dell'alleato di sempre, il ministro dell'Economia Giulio Tremonti. Quando la posta è importante, quando sono in ballo i colossi pubblici come Eni o Enel, è Tremonti a condurre il gioco. Quando si tratta di poltrone lombarde, il ministro lavora di concerto con Giorgetti, braccio destro di Bossi per le questioni finanziarie. L'hanno fatto per la nomina di Massimo Ponzellini alla presidenza della Popolare di Milano. E si sono ripetuti nella spartizione dei posti nella Fondazione Cariplo, uno dei principali azionisti di Banca Intesa (ha il 4,68 per cento).



Appena si superano i confini della Lombardia, c'è spazio invece per altri padrini politici. Lo ha mostrato Gianna Gancia, presidente della Provincia di Cuneo, compagna di Calderoli. Appena si è liberato un posto nel consiglio generale della Fondazione CariCuneo (socia di un altro big del credito, Ubi Banca), vi ha piazzato una sua collaboratrice, Giovanna Tealdi, bruciando Guido Crosetto, uno dei boss del Pdl nel basso Piemonte. Il caso più eclatante è, però, quello della Fondazione Cariverona protagonista del licenziamento del numero uno di Unicredit, Alessandro Profumo.

OBIETTIVO FIERA. Più che all'interno, i nemici della Lega nella guerra delle poltrone si trovano fra gli alleati. Lo mostra l'assedio al presidente lombardo, Roberto Formigoni, costretto a cedere importanti porzioni di potere in vari settori, un tempo feudo esclusivo del movimento di Comunione e liberazione. I primi siluri al "presidente a vita", come lo chiamano, sono arrivati sulla Fiera di Milano, dove oggi avanza Attilio Fontana, vicepresidente in quota Lega. Dopo le ultime elezioni regionali, poi, i successi leghisti si sono intensificati. A Lombardia Informatica, un colosso da 230 milioni di euro di ricavi, è arrivato come presidente Lorenzo Demartini, ex consigliere regionale con laurea in Scienze delle professioni sanitarie tecniche diagnostiche. Un altro leghista della prima ora, Paolo Besozzi, ha ottenuto la vice presidenza della Milano Serravalle, la società che gestisce l'autostrada per Genova, fulcro di appalti miliardari.



Preliminari, questi, che lasciano intuire come si giocherà la partita delle partite, la sanità, entro l'anno, quando verranno assegnati 45 posti da dirigente tra Asl e Aziende ospedaliere. Tre anni fa, al Carroccio ne andarono circa un quarto, mentre il Pdl - e la componente ciellina in particolare - intascò la maggioranza delle poltrone. Ora c'è la resa dei conti e la Lega che punta al raddoppio. Stesso clima in Piemonte. Cota ha lasciato all'assessore alla Salute, Caterina Ferrero (Pdl), solo l'ordinaria amministrazione, fatta oggi soprattutto dei tagli imposti da Tremonti. Per sé invece, si è tenuto la regia della Città della Salute, come viene chiamato il previsto raddoppio dell'Ospedale Molinette. E si è dotato persino di un consulente ad hoc: Claudio Zanon, un dirigente del reparto di chirurgia della stessa struttura.

LA CARICA DEGLI ZAIA BOYS. Cosette di paese, fanno eco dal Veneto, dove ai vertici delle principali autostrade ci sono due presidenti di quelle province che Bossi sbraita da anni di voler abolire. E che invece sono ormai collaudati nominifici. Attilio Schnek guida la ricca provincia di Vicenza, quella che sui giornali finì più volte perché faceva, da sola, il prodotto interno lordo della Grecia. Caso vuole che sieda anche sulla poltrona più alta della Serenissima, la Brescia-Verona-Vicenza. Stessa sorte al trevigiano Leonardo Muraro, che da impiegato dell'Enel si buttò in politica e che oggi colleziona incarichi (è vicepresidente di Veneto Strade).Va così nel feudo di Zaia, l'ex ministro delle Politiche agricole lanciato da Bossi per strappare il trono di Doge a Giancarlo Galan. E lui non s'è limitato a stravincere. Ha fatto in poche settimane piazza pulita dell'intera corte dogale, piazzando i suoi uomini nei posti di vertice della Regione.

Da quelle parti c'è poi un assessore che fa sul serio. Nicola Cecconato, commercialista e tesoriere della Lega, ha festeggiato da poco la quattordicesima poltrona in contemporanea: è sindaco di Rai Trade e di Veneto Acque, supplente di Coniservizi, presidente del collegio sindacale di Ater Treviso e di AscoTlc, nonché revisore unico di Veneto Infrastrutture Servizi srl e dei comuni di San Biagio e Paese, presidente del collegio di revisori a Mogliano e chi più ne ha più ne metta. Gli è riuscito il gran colpo di strappare il record a un altro leghista, Leonardo Ambrogio Carioni, presidente della provincia di Como, dell'Unione delle province lombarde e di Sviluppo Sistema Fiere. E che se mai gli avanzasse tempo, non si preoccupa: ha pure un posto nel cda della Pedemontana veneta tanto cara a Bossi. 



Che la rete padana funzioni, lo dimostrano perfino i concorsi. A Brescia, la Provincia guidata da Daniele Molgora, padano di nascita e di tessera, cercava otto funzionari a tempo indeterminato. E sei dei vincitori sono, caso vuole, di simpatie leghiste. Si passa da Sara Grumi, figlia di quel Guido assessore al Comune di Gavardo, a Katia Peli, nipote dell'assessore provinciale Aristide, bossiano di ferro. Silvia Ranieri, invece, non ha avuto bisogno di raccomandazioni da parenti. E' direttamente lei la leghista: capogruppo al consiglio di Concesio.

VOGLIA D'AUTONOMIA. 
Il villaggio di Asterix, poi, si chiama Friuli Venezia Giulia. Là, nella terra autonomista dove il Carroccio piazzò il primo governatore della storia d'Italia, Piero Fontanini nel 1993, è ancora costui il luogotenente del Senatùr. E ha le idee chiare. Alla vicepresidenza della ricca concessionaria autostradale Autovie Venete ha sistemato Enzo Bortolotti, il sindaco sospeso dal municipio della piccola Azzano Decimo perché non pagava le multe al suo Comune. Oggi intasca lo stipendio della Spa che sta costruendo la terza corsia sull'A4, un lavoretto da 2 miliardi di euro, se basteranno. Alla Promotur, che promuove i pacchetti turistici è fresco di nomina Stefano Mazzolini, rampante leghista che in curriculum elenca una trombatura alle regionali e una dichiarazione falsa dei titoli di studio quando occupò, per pochi giorni, il vertice dell'Aiat di Tarvisio, a ridosso dei mondiali di sci. Rispunta pure Loreto Mestroni, l'ex assessore all'Ambiente che a un convegno spiegò che forse era meglio costruire due termovalorizzatori, perché così ci sarebbe stato un posto anche per Forza Italia. Oggi è, appunto, al vertice dell'Agenzia per l'energia.



MI MANDA COTA. A Torino un berlusconiano della stazza di Galan non esiste, ma lo scontro Lega-Pdl non è certo meno aspro. L'uomo forte da quelle parti è il governatore Cota, che a spese dei contribuenti piemontesi s'è dotato di ben due portavoce, dal costo complessivo di oltre 200 mila euro l'anno: uno a Torino, uno nella capitale, per avere visibilità in quella "Roma ladrona" che i leghisti contestano, ma solo a parole. Cota si è così dimostrato un vero tattico delle poltrone. Cercando alleanze, come ha scritto il quotidiano on line "Lo Spiffero", persino con l'opposizione, pur di non lasciare spazio agli altri. Ha lasciato al Pdl la presidenza della Finpiemonte, la finanziaria deputata a fare da intermediario per i mutui agevolati. A un suo simpatizzante, Paolo Marchioni, ha invece riservato la guida della Finpiemonte Partecipazioni, la vera macchina da soldi, una holding che possiede ben 33 partecipazioni diverse e che tiene i delicati rapporti con i privati, che spesso figurano come azionisti delle controllate.

BOIARDI DI PADANIA. Pure mamma Rai, da un bel pezzo, si sposa con rito celtico. Senza scomodare il potente vicedirettore generale Antonio Marano, di cui le cronache padane sono zeppe, nell'odiata televisione di Stato spicca un conduttore (e vicedirettore di RaiDue) come Gianluigi Paragone. In squadra anche Milo Infante e il capo del centro produzioni milanese, Massimo Ferrario. Posticini, come ai bei tempi, che segnano il sorgere del sole delle Alpi sempre più presto al mattino.
Non di solo etere vive Bossi, però. Né la lottizzazione si ferma certo a spa locali e aziende sanitarie. E' nei colossi di Stato che il Carroccio entra sempre più a gamba tesa.
Gianfrancesco Tosi, ingegnere meccanico, è il presidente del Centro della Cultura Lombarda istituito dalla Regione, ma è anche seduto nel cda dell'Enel dal 2002. All'Inail c'è invece un altro leghista doc, Mario Fabio Sartori, mentre Zaia, già nella precedente vita da ministro, ha portato Dario Fruscio al vertice dell'Agea, l'agenzia che vigila sull'erogazione dei fondi comunitari per l'agricoltura. Risponde colpo su colpo Giorgetti, il quale ha sistemato quel Dario Galli che, non bastando la presidenza della provincia di Varese, siede anche in Finmeccanica. O ancora lo psicoterapeuta Roberto Cadonati, dottore esperto di dinamiche di coppia, finito nel cda di Cinecittà. Peccato che stavolta la trama sia: poltrone arraffate e cda lottizzati. Un film già visto.

ha collaborato Mariaveronica Orrigoni.


http://espresso.repubblica.it/dettaglio/quanti-tentacoli-ha-la-lega/2135261//2




Le Regioni? Chiuse per ferie. - di Primo Di Nicola








Alla faccia delle polemiche sui privilegi della politica, i consiglieri si sono concessi vacanze da record. Il primato spetta al Trentino: 76 giorni.


A chi spetta il record delle vacanze più lunghe d'Italia? Dopo studenti, maestri e poche altre fortunate categorie, sicuramente ai consiglieri regionali. Alla faccia delle polemiche sui privilegi dei politici che hanno imperversato per tutta l'estate, i consiglieri si sono concesse ferie così lunghe da battere persino deputati e senatori, tradizionalmente indicati come i "fannulloni" della Casta. Provare per credere. L'assemblea di Palazzo Madama ha chiuso i battenti il 3 agosto e li ha riaperti il 5 settembre: in tutto, 32 giorni di vacanza (con l'eccezione dei senatori della commissione Bilancio rientrati in anticipo per esaminare la manovra). Alla Camera i deputati si sono salutati anch'essi il 3 agosto per rivedersi il 6 settembre. E fanno 33 giorni di ferie. Vacanze di tutto riguardo, considerando che con la crisi pochi possono permettersele così lunghe. Eppure il trattamento che si sono riservato i parlamentari impallidisce davanti alle performance degli eletti nelle Regioni. In Trentino Alto Adige, i consiglieri a statuto speciale primatisti in materia si sono concessi 76 giorni di ferie, dal 6 luglio al 20 settembre; in Friuli Venezia Giulia non sono stati da meno: 62 giorni, per due mesi esatti di vacanza, dal 27 luglio al 27 settembre; staccati, ma felicemente terzi in graduatoria i consiglieri della Basilicata, che di giorni di ferie se ne sono concessi 56 spremendo sino in fondo le delizie della bella stagione: si rivedranno infatti il 20 settembre, proprio al finire dell'estate.

Una pacchia, insomma, e al diavolo le insidie della manovra. Il governo taglia le risorse delle Regioni mettendo a rischio i servizi essenziali? Si accomodi pure, i consiglieri hanno altro a cui pensare. Come quelli della Val d'Aosta, in vacanza dal 29 luglio al 21 settembre, cioè la bellezza di 55 giorni; o come gli eletti dell'Emilia Romagna, che di giornate di ferie se ne sono assegnate 51, della Toscana, delle Marche e della Calabria, attestati invece a 49, un solo giorno in più degli abruzzesi forti e gentili che si sono messi in panciolle per 48 giorni. Insomma, davvero niente male, considerando che lo stipendio corre lo stesso. E che stipendio, visto che, conteggiando indennità e rimborsi vari, i consiglieri si portano a casa in alcuni casi anche più di 10 mila euro netti al mese. Sarà per questo che in Abruzzo si sono messi la mano sulla coscienza. Magari pungolati anche dai problemi del post terremoto (gli sfollati a L'Aquila sono ancora circa 30 mila). Sta di fatto che, di fronte alle critiche feroci per la scandalosa lunghezza delle ferie, il presidente dell'assemblea regionale Nazario Pagano (Pdl), con la scusa di un fumoso piano per il Sud da discutere, ha convocato il Consiglio addirittura per il giorno di Ferragosto. Con il risultato di indisporre ancor di più l'opposizione che, attraverso il consigliere Giuseppe Di Pangrazio, ha presentato un'interrogazione per conoscere i costi aggiuntivi per le casse pubbliche provocati dalla convocazione della seduta in un giorno festivo.



E non sono casi isolati. Anche le altre regioni brillano per la tendenza agli ozi estivi prolungati. A cominciare dall'operoso Veneto, dove i consiglieri si sono concessi 47 giorni; dal Piemonte, dove di giornate di ferie se ne sono fatte 46 e dalla Lombardia, dove i giorni di riposo sono stati 44. Con una spiccata corsa al presenzialismo pur di tamponare le accuse di essere fannulloni. Come è accaduto nel feudo lombardo del governatore Roberto Formigoni (secondo l'opposizione il più assenteista alla Regione), dove qualche irriducibile come Aldo Reschigna (Pd) ha cercato di presidiare il territorio anche ad agosto (il 24 era a Stresa per il fondamentale corso di Felicità e cultura dell'anima), imitato in Piemonte dal pidiellino Giampiero Leo, che ha inaugurato l'imperdibile congresso di Esperanto a Villa Gualino, e dal collega Mino Tarrico (Pd) scomodatosi per benedire la 57esima Sagra della Nocciola di Cortemilia.

Ma anche queste spinte all'attivismo riparatore sono servite a poco. La protesta contro i privilegi e gli agi dei politici è montata lo stesso. Come nel caso delle 10 mila firme raccolte dai quotidiani "Alto Adige" e "Trentino" per la riduzione delle indennità dei consiglieri vacanzieri, non solo di quelli regionali ma anche di quelli delle province autonome di Bolzano (61 giorni di ferie) e Trento (per loro addirittura 68). Una iniziativa che ha costretto i presidenti delle tre assemblee a incontrarsi per mettere in calendario i rituali tagli ai costi della politica. Arriveranno mai? Non si sa, nel frattempo i cittadini apprezzerebbero tanto se i loro consiglieri cominciassero a lavorare di più. Magari tagliandosi le ferie per evitare le pause regali che si sono concessi anche in Umbria (43 giorni), Sicilia (41) e Liguria (39). Per non parlare di Puglia, Campania e Lazio (i molisani si sono riuniti anche d'agosto, ma ad ottobre avranno le elezioni), dove i consiglieri sono andati in ferie rispettivamente il 27 luglio, il 4 e il 6 agosto. Ebbene, sino a qualche giorno fa, costoro erano ancora così presi dalle loro lunghe vacanze da non aver trovato neanche il tempo per fissare la data della loro prossima riunione.

 
hanno collaborato: Paolo Cagnan, Cristina Cucciniello, Fabrizio Geremicca, Marco Guzzetti, Mario Lancisi, Thomas Mackinson, Matteo Muzio, Francesco Paolucci, Maurizio Porcu.





http://espresso.repubblica.it/dettaglio/le-regioni-chiuse-per-ferie/2160107



Toghe in Costiera.



Alfonso Papa


Misteri e dubbi sul Centro Studi giuridici presieduto per anni da Caliendo.


E' un'organizzazione dubbia fin dall'origine: quando i carabinieri sono andati a sequestrarne lo statuto, hanno trovato solo copia di quello di un'altra associazione. Un mistero che nemmeno Giacomo Caliendo, presidente per anni dell'Associazione Centro Studi per l'integrazione europea diritti e libertà, ha saputo spiegare. Tra i fondatori il primo nome è quello di Corrado Calabrò, presidente dell'Authority per le comunicazioni, seguito da Giovanni Fargnoli, ex presidente del Tribunale dei ministri, mentre come aderenti sono indicati un centinaio di magistrati e qualche politico, tra cui Franco Frattini. 

Ma Caliendo precisa che il Centro si limitava "all'organizzazione di convegni su temi giuridici di alto livello". Arcangelo Martino, l'imprenditore considerato uno dei pilastri della P3, sostiene che come organizzatore gli venne presentato Carlo Mainetto "persona che mi diceva essere un collaboratore di Dell'Utri". Mainetto non ha il profilo del giurista: è stato produttore di film come "Il brigadiere Pasquale Zagaria ama la mamma e la polizia" ma riesce a raccogliere intorno al suo tavolo folle di giudici.

Ricorda Martino: "Maietto mi propose di partecipare al convegno chiedendomi 6 mila euro, dicendo che era un'iniziativa prestigiosa, riferibile al Pdl. Tutti i convegni del Centro studi giuridici erano coorganizzati da Maietto e Lombardi che si impegnava a chiedere contribuiti a molti dei partecipanti, esclusi i magistrati".

Poderosa la lista dei giudici presenti ai convegni, con i capi di corti e procure ospitati in costiera amalfitana: tra loro Augusta Iannini; Franco Ionta; Alfonso Papa, ora in cella per la P4, e Achille Toro travolto dall'inchiesta sulle grandi opere.



http://espresso.repubblica.it/dettaglio/toghe-in-costiera/2160180