lunedì 31 ottobre 2011

Variante di valico, c’è un paese che frana. La Procura indaga per disastro colposo (video)




E' una delle grandi opere sulle spalle della quale il governo Berlusconi vorrebbe salvare la faccia. Ma rischia di diventare un boomerang. Gli smottamenti non si fermano, alcune case sono state evacuate. E i magistrati potrebbero mettere i sigilli ai cantieri.

Disastro colposo contro ignoti. È questo il reato ipotizzato dalla Procura di Bologna, che indaga sugli scavi per realizzare la Variante di valicodella Bologna e Firenze che stanno facendo franare il paesino di Ripoli-Santa Maria Maddalena, frazione di San Benedetto Val di Sambro. I residenti avevano presentato un esposto per i danni alle case, causati dagli smottamenti del terreno per i lavori della doppia galleria e ora, dopo che nelle ultime settimane i movimenti si sono fatti più consistenti, la magistratura si muove spedita. Il fascicolo, aperto ai primi giorni di maggio, era solo conoscitivo. Poi, dieci giorni fa, la svolta: per la Procura il reato è un altro.

Non si tratta quindi di danneggiamento, reato perseguibile solo a titolo di dolo, né di attentato alla sicurezza dei trasporti, come era trapelato la scorsa settimana. Il pubblico ministero Morena Plazzi e i carabinieri hanno già sentito alcune persone e stanno acquisendo la documentazione per valutare i profili tecnici dell’opera. Questo probabilmente porterà poi all’affidamento di una perizia che dovrà accertare le cause della frana, e di conseguenza trovare le eventuali soluzioni e, se ci saranno, i possibili rimedi.
Questo paese di 400 abitanti, che da decenni convive anche con i disagi di avere l’Autostrada del sole a monte e la Direttissima ferroviaria a valle, da qualche mese è costretto a sopportare anche gli sgomberi delle case e lo spauracchio di una frana da 2 milioni di metri cubi di terra. Per ora di abitazioni ne sono state sgomberate sette, ma si teme, ogni giorno che passa, che nuove famiglie saranno costrette a lasciare la casa dove magari da decenni hanno vissuto i loro padri o forse anche i loro nonni.

Mano mano che gli scavi delle due gallerie gemelle vengono avanti, infatti, è come se venisse tolta alla frana la terra sotto i piedi, e lei piano piano scivola giù proprio verso la ferrovia che passa lì sotto. La scorsa settimana il consigliere regionale Andrea Defranceschi del Movimento 5 stelle, aveva per primo dato voce alle paure dei cittadini. “Nelle settimane precedenti la frana si muoveva di un centimetro al mese. Ora invece, secondo le rilevazioni degli inclinometri, un centimetro è stato lo spostamento negli ultimi 12 giorni”, aveva detto il consigliere grillino.

La scorsa settimana era arrivata al sindaco di San Benedetto Val di Sambro, Gianluca Stefanini, la lettera dell’assessorato alla Protezione Civile della Regione Emilia Romagna che si diceva molto preoccupata riguardo alle ultime rilevazioni sulla stabilità della valle. “L’analisi dei monitoraggi evidenzia una stretta dipendenza tra l’avanzamento della galleria e gli spostamenti. Nel periodo di agosto la sospensione dei lavori ha prodotto un rallentamento degli spostamenti significativo misurato in molti punti di monitoraggio. Con la ripresa dei lavori – scriveva ancora la nota dei tecnici della Protezione civile regionale – la velocità degli spostamenti è ripresa con entità simile al periodo pre-Agosto”. Il ragionamento poi terminava con una frase raggelante: “Le incognite sul comportamento complessivo della massa mobilizzata restano alte”. E anche se nei giorni successivi a quella lettera la Regione ha cercato di tranquillizzare, dicendo che è tutto “sotto controllo”, quella missiva di dieci giorni fa ha segnalato che qualcosa di grosso sta succedendo.

Intanto, alle accuse di immobilismo rivoltegli dai cittadini, il sindaco Gianluca Stefanini ribatte: “Da gennaio, appena la prima casa era stata lesionata, chiesi e ottenni l’utilizzo di sistemi di scavo diversi. Da allora sono riuscito a mettere il paese sotto controllo praticamente al 100 %”. Già, ma di questo passo con l’avanzamento dei lavori si potrebbe arrivare a svuotare per precauzione il paese? “I lavori della Variante io non li posso bloccare, ci vuole un motivo forte e anche la lettera della Regione non mi chiedeva il blocco. Senza un motivazione forte fare un’ordinanza è inutile, i lavori riprenderebbero dopo poco. Peraltro al momento i lavori nella canna nord del tunnel sono fermi per accertamenti”, spiega Stefanini.

I rapporti tra il primo cittadino e i residenti della piccola frazione, guidati dal combattivo Dino Ricci(un geometra in pensione che costruiva strade), si sono deteriorati. Venerdì sera, durante un fuori-onda di una diretta con l’emittente locale è-tv, il sindaco aveva apostrofato i suoi concittadini: “Se io blocco i lavori, vi mandano a vivere nei container e poi magari viene la polizia a manganellarvi come in Val di Susa”. Il sindaco spiega questa sua reazione. “Devo stare calmo, non devo perdere le staffe, perché devo tutelare queste persone, anche se il peso per lo stress che stanno subendo e per l’abbandono delle case si sente e si trasmette anche a noi”. I cittadini dal canto loro non ci stanno a passare per un fronte del No,per i “No Tav” dell’appennino: “Noi la variante non vogliamo bloccarla, vogliamo solo cambiare il tragitto di questo tunnel di 4 chilometri”.

Intanto, come riportato dalla pagina bolognese de la Repubblica, anche il prefetto di Bologna,Angelo Tranfaglia, chiederà chiarimenti ad Autostrade, Anas e a tutti i soggetti interessati. Insomma tutti sembrano muoversi, finalmente. Speriamo che, al contrario, la frana, si fermi un po’.

di David Marceddu e  Nicola Lillo.

Un'azienda del premier nel poker online Mondadori, conflitto di interessi.

L'azienda (privata) presieduta da Aldo Ricci che rappresenta la Sogei (pubblica) in un'altra società.

ROMA - Alla ricerca di nuovi business con un mercato editoriale sempre più asfittico, la Mondadori si è gettata dunque a capofitto nel lussureggiante mondo dei giochi via internet: poker online, casinò virtuali...
La notizia non è nuova. Era contenuta in un comunicato stampa della casa editrice del 28 giugno scorso. Titolo dell' Ansa di quel giorno: «Mondadori: nasce Glaming, nuova società per giochi online». La cosa però, in quell'occasione, non ha avuto il risalto che invece sarebbe stato logico aspettarsi per tutta una serie di circostanze che questa sera svela un servizio di Sigfrido Ranucci per Report , la trasmissione di inchieste televisive di Milena Gabanelli che va in onda la domenica su Rai Tre.
Glaming è controllata al 70% dalla Mondadori e al 30% da un altro soggetto, la Fun Gaming, il cui capitale è a sua volta custodito in due scatole: Buel srl (51%) e Entertainment and gaming invest (49%). Per quanto riguarda la seconda, è inutile affannarsi a cercare di scoprire il proprietario. Le quote sono infatti custodite in una fiduciaria. La Buel è invece di proprietà di una vecchia conoscenza del mondo della televisione come Marco Bassetti. Il quale, incidentalmente consorte del sottosegretario agli Esteri Stefania Craxi, si ritrova ora in società con il premier Silvio Berlusconi, ossia il proprietario della Mondadori, in un business molto appetitoso, a giudicare dal bombardamento di spot che pubblicizzano sul piccolo schermo questo genere di divertimento.
E fin qui, in questa Italia, non ci sarebbe forse niente di strano. A meno di non voler passare per moralisti sollevando una questione di opportunità per un presidente del Consiglio nel ritrovarsi azionista di una società che opera nel settore dei giochi d'azzardo, sia pure virtuali. Del resto, perché mai scandalizzarsi se perfino le Poste italiane sono in quel business? Il fatto è, tuttavia, che per entrare in questa attività è necessaria una concessione. E quella concessione la può dare soltanto l'amministrazione dei Monopoli di Stato. Ovvero un organismo, affidato all'ex capo dell'agenzia delle entrate Raffaele Ferrara, che dipende dal governo presieduto dal Cavaliere. In qualunque altro Paese al mondo questo sarebbe un classico episodio di conflitto d'interessi. Ma qui chi ci fa caso?
La Glaming viene costituita il 21 aprile del 2011 sulla base di un progetto che il consiglio di amministrazione della Mondadori discute il 25 novembre del 2010: a quella riunione, dettaglio, è presente in videoconferenza anche un consigliere che ha un ruolo importante nel governo Berlusconi. Cioè il direttore generale del ministero dei Beni culturali Mario Resca.
Dallo scorso mese di settembre la Gamling è finalmente nell'elenco dei soggetti aggiudicatari dei giochi online pubblicato sul sito dei Monopoli. Il servizio di Report non manca di far notare come a luglio proprio la Mondadori di Berlusconi abbia dovuto pagare a Carlo De Benedetti un risarcimento danni di 564 milioni di euro, sottolineando pure la forte crescita dell'indebitamento della casa editrice. «La ciambella di salvataggio», conclude Ranucci, «potrebbe venire proprio dai giochi».
Ma in questa storia l'ombra del conflitto d'interessi è dietro ogni angolo e assume aspetti molteplici e imprevedibili. Si scopre, per esempio, che il presidente della Glaming risponde al nome di Aldo Ricci. Chi è costui? Per due volte è stato l'amministratore delegato della Sogei, la società pubblica che gestisce l'anagrafe tributaria: già protagonista di un doppio giro di valzer ai vertici di quella struttura (nominato da Giulio Tremonti, rimosso con liquidazione milionaria da Vincenzo Visco e rinominato da Tremonti) che ha coinvolto anche altri soggetti ed è costato all'erario, come ha segnalato la Corte dei conti in un suo rapporto, più di 11 milioni di euro. Rapporto, in seguito finito all'attenzione dei magistrati, nel quale erano contenuti anche alcuni particolari riguardanti la prima gestione Ricci.
Una inchiesta interna voluta da Visco aveva infatti rivelato che il 90% degli appalti della Sogei erano stati frazionati sotto i 200 mila euro, e che le gare europee erano limitate al 15%.
Un paio d'anni fa Ricci, il cui ritorno alla Sogei era stato sponsorizzato da Marco Milanese (l'ex braccio destro di Tremonti messo sotto inchiesta dalla magistratura che ne aveva perfino richiesto l'arresto) viene sostituito con soddisfazione del direttore dell'Agenzia delle entrate Attilio Befera. Ma riesce a rimanere ancora nell'orbita della Sogei. Attualmente figura ancora come consigliere di amministrazione di Geo Web, società controllata dal consiglio dei geometri di cui la Sogei ha il 40%.
Riassumiamo. Ex responsabile di un pezzo cruciale dell'amministrazione finanziaria, Ricci è ora presidente di una società privata (di cui sono azionisti il premier e il marito del sottosegretario agli Esteri) titolare di una concessione per gestire giochi online rilasciata dalla stessa amministrazione finanziaria che Ricci continua a rappresentare in un'altra società. E tutto questo può essere considerato normale?
Sergio Rizzo

Glaming, la Mondadori di Berlusconi entra nel business del gioco d’azzardo




Una nuova concessionaria per il gioco d’azzardo online. Ma non una concessionaria qualunque, nella torta del ricco mercato del gioco in Internet ora c’è anche la Mondadori di Marina Berlusconi con la sua Glaming. Questo il tema della puntata di Report, in onda questa sera su Rai Tre. Nell’inchiesta di Sigfrido Ranucci la ricostruzione dell’ennesimo caso di conflitto di interessi nella vicenda politica e imprenditoriale del premier. Già perché per operare nel mercato dei giochi, che in Italia a fine 2011 varrà circa 70 miliardi di euro, serve una concessione. E a dare le concessioni sono i Monopoli dello Stato, che a loro volta dipendono dal governo.

Insomma, l’esecutivo del presidente del Consiglio, attraverso l’amministrazione dei Monopoli, concede l’autorizzazione ad operare ad una società che di fatto appartiene al 70% al premier stesso. L’altro 30%, racconta Report, è controllato dalla Fun Gaming. Quest’ultima, a sua volta è per 49% inserita in una fiduciaria, mentre il restante 51% appartiene a Marco Bassetti, marito diStefania Craxi, che al governo siede come sottosegretario agli Esteri.

Ma i profili del conflitto di interessi non finiscono qui. Quando il cda di Mondadori discute la nascita di Gamling, nel novembre del 2010, tra i consiglieri presenti – in videoconferenza – c’è ancheMario Resca, ex numero uno di McDonald’s e attuale direttore generale del ministero dei beni culturali. Per non dire di Aldo Ricci, che di Glaming è presidente. Ricci è già stato, per due volte, amministratore delegato della Sogei, società pubblica che gestisce l’anagrafe tributaria. Voluto daTremonti è stato rimosso da Visco e poi richiamato dallo stesso Tremonti.



http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/10/30/glaming-la-mondadori-di-berlusconi-entra-nel-business-del-gioco-dazzardo/167433/

domenica 30 ottobre 2011

Complotto contro Woodcock, alti magistrati sotto inchiesta. - di Massimo Martinelli

John Henry Woodcock



Per l'accusa il pm napoletano spiato per poterlo diffamare
La procura di Catanzaro interrogherà quattro toghe di Potenza.


ROMA - C’è un’altra inchiesta che potrebbe appestare l’aria nel palazzo di giustizia di Napoli, dove stanno per arrivare gli ispettore del ministero della Giustizia per verificare il rispetto delle procedure nell’indagine sulla P4. E il nuovo caso potrebbe persino convincere il Guardasigilli a modificare la composizione della task force inviata all’ombra del Vesuvio per fare le pulci ai pm Woodcock e Curcio. Il motivo è ben spiegato nell’invito a comparire che ieri la procura di Catanzaro ha mandato a quattro alti magistrati di Potenza, indagati per aver cercato di architettare una campagna denigratoria nei confronti di Henry John Woodcock, ai tempi in cui era pm a Potenza. E adesso, a distanza di anni, l’inchiesta di Catanzaro ha evidenziato che alcuni di quei personaggi avevano rapporti con esponenti di spicco dello steso ispettorato di via Arenula che sta per accendere i riflettori sull’ufficio del pm Woodcock a Napoli. 

I quattro indagati sfileranno in procura, a Catanzaro, già nei prossimi giorni. Proprio mentre gli ispettori del Guardasigilli arrivano a Napoli e il gip partenopeo si prepara a restituire la libertà a Luigi Bisignani, imputato di spicco nell’indagine sulla presunta loggia P4 condotta da Curcio e Woodcock. E’ una settimana delicatissima, dunque, quella che sta per cominciare nel quadrilatero giudiziario di Roma, Napoli, Catanzaro e Potenza. Soprattutto dopo che procuratore aggiunto del capoluogo calabrese, Giuseppe Borrelli, ed il suo sostituto Simona Rossi hanno inviato gli avvisi a comparire per l’ex procuratore generale di Potenza, Vincenzo Tufano (che è ora in pensione), i sostituti procuratori generali Gaetano Bonomi e Modestino Roca e l’ex sostituto procuratore della Repubblica Claudia De Luca (ora in servizio nella stessa procura di Napoli). Sono loro, secondo l’ipotesi accusatoria, i quattro magistrati che avrebbero ottenuto e utilizzato illecitamente i tabulati del telefonino di Woodcock per veicolare la falsa informazione che il magistrato fornisse informazioni riservate alla conduttrice della trasmissione Rai «Chi l’ha visto?», Federica Sciarelli. I contatti tra i due, inevitabilnmente, c’erano; ma solo perchè il magistrato e la giornalista erano compagni nella vita. 

Per mettere in piedi la manovra che doveva delegittimare Woodcock,
 i quattro magistrati - sostiene la procura di Catanzaro - si sarebbero avvalsi della collaborazione di un ex agente del Sisde, Nicola Cervone; di tre ufficiali di polizia giudiziaria, di un imprenditore e di un autista della Procura generale di Potenza. Ai quali, a vario titolo, vengono contestati i reati di associazione a delinquere, violazione della legge sulle società segrete, corruzione in atti giudiziari e abuso d’ufficio.

Sulla vicenda è intervenuto anche Luigi de Magistris,
 sindaco di Napoli ed ex pm a Catanzaro: «E’ incredibile che ancora una volta compaiano le stesse persone che hanno contribuito a togliermi le funzioni di pm e a trasferirmi da Catanzaro. Mi auguro - ha aggiunto - che sia venuto il momento di ricostruire il grumo di interessi che, in particolare a Roma, è fatto da pezzi di politica, magistratura e istituzioni».


Ponte sullo Stretto, 400 milioni e neanche una pietra. - di Giuseppe Cordasco



Il progetto del Ponte sullo stretto di Messina (Credits: ANSA)
Il progetto del Ponte sullo stretto di Messina (Credits: ANSA)



Ci risiamo. Il Ponte sullo Stretto di Messina non si farà più. O forse si farà ma più in là. Insomma, ancora non è chiaro. Quello che è certo, però, è che ieri è stata approvata una mozione parlamentare proposta dall’Idv e sostenuta dal governo che impegna l’esecutivo stesso a stanziare fondi a favore del trasporto pubblico locale, sottraendoli anche dai finanziamenti per il ponte.
Di quanto stiamo parlando? “Circa 1,8 miliardi di euro” spiega l’economista Guido Signorino dell’Università di Messina. “La disponibilità reale però dovrebbe essere inferiore, perché gli ultimi 470 milioni erano stati stanziati nel 2009, ma saranno disponibili solo nel 2012. Quindi in definitiva al momento parliamo di un fondo pari a circa 1,3 miliardi di euro”.
Più complicato invece è sapere quanto è stato finora realmente speso, e pesa già sulle tasche dei cittadini. “Alcune fonti hanno parlato di più di 400 milioni di euro” spiega Signorino. “La Società Stretto di Messina però, che è la concessionaria del Ponte, si è affrettata a precisare che al momento risultano spesi circa 270 milioni. Probabilmente la verità sta nel mezzo”.
Come questi soldi siano stati spesi (o sprecati), è ancora più curioso. E qui la storia ci viene in aiuto.
All’inizio degli anni ’90 viene presentato il progetto da parte della Società Stretto di Messina,  nata nel lontano 1971 e che tra i propri soci ha tutti enti pubblici: l’Anas, che controlla il pacchetto di maggioranza, e poi Ferrovie, la Regione Sicilia e la Regione Calabria. Alla fine degli anni ‘90 un consulente esterno esprime dubbi sulla fattibilità, così il progetto preliminare viene rivisto e ripresentato nel 2002.
Nel 2003 il Governo l’approva e lancia una gara d’appalto che nel 2005 si conclude con la vittoria di un raggruppamento guidato da Impregilo a capo del Consorzio Eurolink che ne realizza la progettazione definitiva e sarà chiamato all’esecuzione dell’opera. “I soldi spesi” spiega Signorino “sono serviti dunque per la progettazione preliminare, per la gara d’appalto, per tutte le consulenze tecniche, per la progettazione definitiva e naturalmente per tenere in vita la Società Stretto di Messina, che al momento occupa una cinquantina di dipendenti”.
Tutto, quindi, tranne posare una pietra. In vent’anni. Ora tutto si blocca di nuovo e per i fondi stanziati Signorino immagina nuove interessanti utilizzi: “L’economia insegna che le grandi infrastrutture non sono mai un volano per la crescita. Meglio investire quei soldi in piccole opere che di solito hanno effetti occupazionali maggiori. In questo senso è un bene volerli destinare al trasporto pubblico locale, ma si potrebbe spenderli anche per progetti di prevenzione territoriale, visto che le zone di Messina e Reggio Calabria sono a grande rischio idrogeologico e sismico” conclude Signorino.

Sacconi: “Ho paura per chi mi sta vicino. Mi auguro non si arrivi all’omicidio”.




Il ministro del Welfare risponde a Fini che ieri aveva parlato di tensione sociale causata dall'introduzione delle nuove norme sul lavoro: "Vedo una sequenza dalla violenza verbale, alla violenza spontanea, alla violenza organizzata e temo per le persone non protette che mi stanno accanto". Intanto il senatore Pd Ichino scrive una lettera su 'Libero' rivolta a Berlusconi: "Cambiamo insieme l'articolo 18".

Allarme terrorismo? Il ministro del Welfare,Maurizio Sacconi, dice di temere per l’incolumità fisica di chi gli sta vicino e non è protetto: “Ho paura, ma non per me perché sono protetto – ha detto intervistato da Maria Latella su Sky – ho paura per persone potrebbero non essere protette e proprio per questo diventare bersaglio della violenza politica che, nel nostro paese non si è del tutto estinta”.

“Oggi – ha aggiunto Sacconi – vedo una sequenza dalla violenza verbale, alla violenza spontanea, alla violenza organizzata che mi auguro non arrivi ancora una volta anche all’omicidio come è accaduto, l’ultima volta dieci anni fa proprio con il povero Marco Biagi(definito un ‘rompicoglioni’ dall’allora ministro dell’Interno Claudio Scajola, ndr) nel contesto di una discussione per molti aspetti simile a quella di oggi. Perché – ha ricordato il ministro – già allora parlavamo non di licenziamenti facili – termine che è assolutamente falso – ma, piuttosto, di come incoraggiare le imprese a intraprendere, ad assumere, ad ampliarsi, a crescere anche attraverso l’idea che se poi le cose non andassero bene, se poi le cose si rivelassero difficili, le imprese, come hanno fatto il passo in avanti dovrebbero fare magari anche un mezzo passo indietro”.

Anche il presidente della Camera Gianfranco Finiintervenuto ieri a Firenze al congresso regionale di Fli, ha parlato di “tensione sociale” alimentato, secondo Fini da quella “libertà di licenziare” che il governo Berlusconi vorrebbe introdurre: “Se si tende soltanto a favorire la possibilità di licenziare, corriamo il rischio di veder moltiplicare il tasso di disoccupazione che da qualche anno a questa parte sta crescendo e che riguarda in particolare un’area del Paese”, ha affermato il presidente della Camera. “Mi auguro che il governo non sia così irresponsabile da non confrontarsi con le parti sociali e con le categorie economiche, per tutelare non solo le imprese ma anche per farle crescere e competere”. In caso contrario, “si rischia un autunno caldo che ci farebbe tornare indietro”.

Senza citarlo, Sacconi risponde a Fini: “Licenziamenti facili – ha sottolineato il ministro del Welfare – è un termine assolutamente falso”. Si tratta di norme, ha spiegato, su “come incoraggiare le imprese a intraprendere, ad assumere, ad ampliarsi, a crescere anche attraverso l’idea che se poi le cose non andassero bene, se poi le cose si rivelassero difficili, le imprese, come hanno fatto il passo in avanti dovrebbero fare magari anche un mezzo passo indietro”. Sacconi ha tenuto a precisare che ci saranno ” protezioni per i lavoratori perché nella nostra cultura c’è una solida consuetudine a dare protezione per i lavoratori più che in altri Paesi”. Insomma, parlare di “licenziamenti facili” per Sacconi significa fare disinformazione e quindi alimentare un clima di tensione sociale.

A lanciare un salvagente a Berlusconi sul tema dei licenziamenti è oggi il senatore Pd Pietro Ichino con una lettera – “Cambiamo insieme l’art. 18″ – al direttore Maurizio Belpietro dalle pagine di “Libero. “L’articolo 18 è superato. Il governo vuole riprendere il mio disegno di legge? Se fa sul serio è giusto appoggiarlo”, scrive il giuslavorista. “Oggi la metà dei lavoratori non è protetta: ci vogliono nuove garanzie”, spiega ancora il senatore del Pd che due anni fa ha presentato in Senato un disegno di legge insieme ad oltre cinquanta senatori dell’opposizione. “La proposta di Ichino è molto interessante. Noi abbiamo le stesse idee”, risponde da Sky Sacconi: “Proseguiamo su questa strada e non su quella dello scontro imboccata dai sindacati”.

Rinvio a giudizio per i 24 imputati dell'inchiesta Iblis. - di Andrea Turco



testata i Quaderni de L'Ora


Oggi comincia il processo abbreviato per gli altri 28. I procedimenti sono stati disposti dal Gip di Catania Alfredo Gari. Nell'inchiesta sono coinvolti politici, imprenditori e mafiosi.





Rinviati a giudizio tutti e 24 gli imputati della inchiesta Iblis, che indaga sui presunti rapporti tra mafia, politica  e imprenditori. Tra le persone implicate nel procedimento, come riporta il quotidiano La Sicilia, c’è anche l’ex sindaco di Palagonia ed ex deputato regionale del PidFausto Fagone, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Un imputato, Alfio Castro, ha patteggiato la pena. 

Gli altri saranno giudicati con il processo alternativo del rito abbreviato, che comincia stamane davanti il Gip di CataniaAlfredo Gari. Tra loro ci sono il consigliere della provincia di Catania del Pid, Antonino Sangiorgi; l’ex assessore del comune di RamaccaGiuseppe Tomasello, e il consigliere Francesco Ilardi; il deputato regionale ai tempi del Pdl Sicilia e adesso Gruppo mistoGiovanni Cristaudo. Dall’inchiesta Iblis è stata da poco stralciata la posizione del presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo, e di suo fratello Angelo, deputato nazionale Mpa, per i quali la Procura di Catania ha disposto la citazione a giudizio per reato elettorale.

Il procedimento tratta anche il duplice omicidio di Angelo Santapaola e Nicola Sedici, per il quale è stato rinviato a giudizio il capo provinciale di Cosa Nostra, Enzo Aiello, in qualità di mandante, e per questo il processo si terrà davanti la Corte d’assise.



http://www.iquadernidelora.it/articolo.php?id=681