giovedì 10 novembre 2011

Governo di larghe intese, Monti prende quota Berlusconi ammorbidito nello sfascio del Pdl.

Improvvisa accelerazione verso la svolta: legge di stabilità approvata in settimana, Napolitano nomina l'economista senatore a vita. Il partito fondato dal premier si spacca tra elezioni subito e governo, sempre meno tecnico e sempre più politico. Nasce il gruppo parlamentare dei delusi, promosso da Antonione.

Mario Monti
Il Popolo della libertà è in frantumi, mentre il presidente della Repubblica dà un segnale forte con la nomina a senatore a vita di Mario Monti, in pole position per la guida di un esecutivo tecnico. I tempi delle decisioni cruciali per Silvio Berlusconi si assottigliano, data l’accelerata impressa al cammino parlamentare del decreto sviluppo, che dovrebbe essere approvato da Senato e Camera entro domenica, con conseguenti dimissioni del premier (qui la cronaca ora per ora della giornata politica). Le ultime indiscrezioni da Palazzo Grazioli dicono che Berlusconi, di fronte al precipitare degli eventi dopo una giornata drammatica sul fronte dei mercati finanziari, stia pensando di ammorbidire la sua posizione, finora nettamente contraria a un nuovo esecutivo non benedetto dagli elettori. Una scelta che però provocherebbe una rottura con la Lega e una bella fetta di colonnelli del Pdl, determinati a perseguire la via delle urne.

Il tutto succede in uno scenario che vede gli uomini di punta del partito creato Berlusconi nettamente divisi. La frattura principale è tra chi, dopo le dimissioni del premier, punta a elezioni immediate e chi preferirebbe un governo tecnico o comunque di transizione. Per sostenere questa ipotesi, il “deluso” del Pdl Roberto Antonione annuncia l’immediata costituzione di un gruppo autonomo alla Camera. La parola del Capo, insomma, non è più oro.

IL PROSSIMO PREMIER. L’improvvisa nomina dell’economista Mario Monti a senatore a vita assomiglia a una pre-investitura da parte del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e un segnale forte ai mercati. Del resto il nome dell’ex commissario europeo alla concorrenza era già in vetta al “borsino”. Un nome che a Berlusconi non va giù (dopo averlo mandato alla Commissione europea nel 1994, nel 2004 non lo confermò preferendogli Rocco Buttiglione agli affari sociali, che però fu bocciato dal parlamento di Strasburgo) . Già rettore della Bocconi, consigliere economico di diversi ministri “laici” nei primi anni Novanta, editorialista del Corriere della Sera, reputato affidabile e inflessibile dalla comunità finanziaria internazionale, potrà sedere sulla poltrona più alta di palazzo Chigi con una copertura politica in più data dal seggio senatoriale.

Si parla ancora comunque di Giuliano Amato, più gradito al Cavaliere e dato anche come possibile vicepremier di Monti, e di Lamberto Dini. Mentre Gianni Letta, più volte citato come successore gradito al Cavaliere, secondo gli ultimi rumour potrebbe conservare il posto di sottosegretario alla presidenza del consiglio.

Si registra un paradosso intorno al nome di Angelino Alfano. Il maggior sostenitore del segretario del Pdl sembra essere in questo momento il segretario della Lega nord, Umberto Bossi, che lo vedrebbe come una continuità dell’attuale alleanza di governo. Alfano è silurato persino dal suo capogruppo alla Camera, Fabrizio Cicchitto: “Io lo auspico, ma la situazione di stallo che viviamo non lo rende al momento plausibile”. Una candidatura che dopo l’ascesa di Monti sembra comunque tramontata.

ELEZIONI O GOVERNO DI LARGHE INTESE. Fino agli ultimi sviluppi della serata, la linea di Berlusconi è stata quella delle elezioni subito dopo le dimissioni. Ma all’interno del Pdl non è condivisa. Sarebbero una cinquantina i parlamentari pronti a dar man forte a un nuovo esecutivo. Sono Claudio Scajola e Beppe Pisanu i trascinatori del fronte favorevole al governo tecnico. “Le elezioni anticipate non sono auspicabili”, chiarisce l’ex ministro Scajola, in passato un pilastro della macchina elettorale di Forza Italia. Non si può lasciare il Paese “senza pienezza di poteri per tre mesi”, perché sarebbe “pericoloso per i mercati”. E’ dunque “necessario fare un governo nell’ambito del centrodestra, anche recuperando quanto si e’ rotto”.

Pisanu, già ministro dell’Interno pioniere di Forza Italia, si dice “contrario, anzi contrarissimo” all’ipotesi di elezioni anticipate”. Se si verificassero, ha affermato conversando con alcuni senatori, “esco dal gruppo, dal Pdl, da tutto”, perché gli indici finanziari italiani degli ultimi tempi “sono da default”. Pisanu sta perciò lavorando a un documento che chiede un governo di larghe intese.

Stessa posizione per parlamentari importanti come Giuliano Cazzola e Luigi Vitali, ma anche per il governatore lombardo Roberto Formigoni: “Chiedo al presidente Berlusconi di esplorare tutte le possibilità, nessuna esclusa, perchè l’Italia possa avere dopo le sue dimissioni un governo con una maggioranza larga e forte che riporti sotto controllo la situazione economica”. Perché “andare a elezioni anticipate nelle attuali condizioni drammatiche per l’economia sarebbe un grave danno per l’Italia”. E neanche un fedelissimo del premier come il vicepresidente della Camera Maurizio Lupi si sente di escludere un governo di emergenza nazionale “ampiamente condiviso”. Nell’area della (ex) maggioranza, sono favorevoli a un governo di transizione anche Gianfranco Miccichè(un altro ex berlusconiano di ferro) e i 7 deputati di Grande Sud.

Restano fedeli alla linea “elezioni subito” diversi colonnelli, con gli ex di An in prima fila: La RussaGasparriMatteoliRonchiSacconi, BrunettaGelmini, che propongono la candidatura del segretario del Pdl Angelino Alfano a guidare una coalizione di centrodestra che includa tutte le forze popolari schierate nel Ppe. “Mai al governo con il Pd”, proclama intanto Gianfranco Rotondi. Elezioni subito anche per il portavoce del partito Daniele Capezzone. Per il ministro della Difesa Ignazio La Russa, andare al voto a febbraio è “l’ipotesi più naturale e più convincente, oltre che più facile a verificarsi”.

TRANSFUGHI. Sarebbero già otto i deputati (“scontenti” pidiellini e del gruppo Misto) pronti a formare, entro la settimana o al massimo all’inizio della prossima, una nuova compagine parlamentare, magari con il sostegno del Terzo polo (a loro si aggiungerebbero i deputati di Api, Mpa, Libdem, attualmente al Misto). Ma l’ipotesi di un altro gruppo autonomo, formato solo da pidiellini, sarebbe in contemporanea al vaglio anche di altri parlamentari, tra cui alcuni vicini aClaudio Scajola. Al Senato Beppe Pisanu sta lavorando a un documento, con le firme di un gruppo di senatori pidiellini, per dire un no chiaro alle elezioni.

A dar voce a questa ipotesi è Roberto Antonione, che aveva già rotto con Berlusconi in occasione del voto sul rendiconto dello Stato che ha sancito la mancanza di una maggioranza alla Camera: “Domani – dice Antonione – abbiamo intenzione di formalizzare la nascita del gruppo”. Della formazione faranno parte Giustina DestroFabio Gava e Giancarlo Pittelli, a cui si unirebbero Santo VersaceCalogero ManninoLuciano Sardelli e quattro deputati dell’Mpa. La costituzione di un gruppo permetterà ai delusi del Pdl di essere convocati come formazione autonoma dal presidente della Repubblica nelle consultazioni che saranno avviate subito dopo le dimissioni di Berlusconi.

L’ipotesi di un nuovo gruppo ha già attirato gli strali del sottosegretario Guido Crosetto.
IL CAPO. Silvio Berlusconi è ancora intenzionato a percorrere la strada delle urne, ma in queste ore sta valutando tutti i sommovimenti interni al Pdl. Viene descritto come deluso e amareggiato nel corso delle riunioni con i fedelissimi a Palazzo Grazioli, ma intento a valutare altre strade. Soprattutto dopo la nomina a senatore di Monti, si sarebbe fatto più insistente il pressing su di lui per fargli accettare un governo tecnico, o meglio di “unità nazionale”: in altre parole, sempre meno tecnico e sempre più politico. Il pressing starebbe funzionando, magari con una contropartita: la promessa di Monti di non candidarsi alle successive elezioni, a maggior ragione dopo l’investitura senatoriale.

Il maxi-emendamento al Senato giallo sulla modifica all'Articolo 18.






Il documento depositato al Senato da Tremonti secondo l'Idv rende i licenziamenti più facili. Bossi annuncia il suo no, ma dal ministero smentiscono: "Mai detta una cosa simile". Ritoccata a 67 anni l'età per la pensione di vecchiaia, aumentano le accise sui carburanti, mobilità per gli statali.


ROMA - Dopo i ripetuti rinvi e aggiustamenti è arrivato finalmente al Senato il maxi-emendamento alla Legge di Stabilità con le misure richieste dall'Europa e dalla Bce per fare fronte alla crisi del debito e rimettere in moto la crescita. Per qualche ora si sparge la notizia che nel provvedimento c'è anche la modifica dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori per consentire licenziamenti più facili, ma quanto riferito dal senatore Elio Lannutti (Idv) dopo aver ascoltato l'illustrazione del testo in Commissione Bilancio è un evidente abbaglio, come precisa il sottosegretario al Tesoro, Antonio Gentile: "Il ministro Tremonti - afferma - nell'illustrare il maxi-emendamento non ha mai parlato, né accennato, ad una eventuale modifica né dell'art. 8 né dell'art. 18, che sarebbe stata inserita nel testo del decreto presentato al Senato. Il ministro Tremonti ha detto l'esatto contrario. In Commissione ha sostenuto che non saranno apportate modifiche ai due articoli in questione".

Tra le misure incentivi al part time. Le misure contenute nel testo - 25 articoli, 23 Pagine e 10 punti - sono la liberalizzazione degli ordini professionali con l'eliminazione delle tariffe minime dei professionisti, ulteriori privatizzazioni, dismissioni di immobili e terreni agricoli e costituzione di una società veicolo dove immettere i beni, fondo di ricerca, semplificazioni normative, detassazione delle imprese costruttrici. Tra le cessioni, a partire dal primo gennaio 2012, anche 

quelle che l'Anas dovrà trasferire a Fintecna. Lo prevede l'emendamento del governo al ddl stabilità. Il trasferimento sarà fatto "al valore netto contabile risultante al momento della cessione".

Contratto per le donne. Sempre in materia di lavoro c'è la nascita del contratto di inserimento per le donne nelle aree territoriali in cui è più accentuata la differenza di genere nel tasso di disoccupazione e una misura per rendere più facile il ricorso al contratto di lavoro part-time, agevolando l'utilizzo delle clausole flessibili (relative alla variazione della collocazione temporale della prestazione lavorativa) ed elastiche (relative alla variazione in aumento della durata della prestazione stessa), che potranno nuovamente essere liberamente stabilite dalle parti individuali, nel rispetto di quanto eventualmente stabilito dalla contrattazione collettiva.

Mobilità per gli statali. Se in un'amministrazione i dipendenti Pubblici verranno ritenuti in soprannumero o si rilevino comunque eccedenze di personale gli statali potranno essere posti in mobilità. Se però, prevede sempre il maxiemendamento, questi non potranno essere ricollocati scatterà una sorta di cassa integrazione della durata massima di due anni con una retribuzione dell'80%. 

Età pensionabile sale a 67 anni. Nel maxiemendamento anche un ritocco dell'età pensionabile. L'età minima di accesso alla pensione di vecchiaia viene fissata a 67 anni a decorrere dal 2026. Fino ad oggi la soglia di vecchiaia è fissata a 65 anni e sarebbe dovuta salire di due anni a regime in modo indotto solo per l'effetto dell'aggancio all'aspettativa di vita e delle finestre mobili. 

Più liberalizzazioni. In arrivo poi una spinta alla privatizzazione dei servizi pubblici locali. Obiettivo della misura è quello di "realizzare un sistema liberalizzato dei servizi pubblici locali di rilevanza economica attraverso la piena concorrenza nel mercato e di perseguire gli obiettivi di liberalizzazione e privatizzazione dei medesimi servizi". Non solo, se gli enti locali non daranno attuazione alle misure, sarà il governo ad esercitare il "potere sostitutivo" per liberalizzare i servizi.

Bonus fiscale ai benzinai. Nel provvedimento pure la definizione di "aree di interesse strategico nazionale" per le zone ed i siti del comune di Chiomonte individuati per la realizzazione del tunnel della linea ferroviaria Torino-Lione, mentre è introdotto lo stop ai contributi per i primi tre anni di contratto di apprendistato e il bonus fiscale per i gestori di impianti di distribuzione carburanti diventa strutturale, come promesso dal governo l'ultima volta giusto ieri, passo che ha depotenziato lo sciopero dei benzinai. Allo stesso modo defiscalizzazione in arrivo per realizzare nuove autostrade. Sempre in materia di carburanti il maxiemendamento prevede nuovi aumenti nel 2012 delle accise sulla benzina e sul gasolio con le aliquote che sono rispettivamente fissate "a 614,20 euro e a 473,20 per mille litri di prodotto; a decorrere dal primo gennaio 2013 a 614,70 euro e a 473,70 per mille litri di prodotto". Nell'articolato anche una riduzione dei tagli all'editoria (come aveva chiesto Giorgio Napolitano 1), con un sostegno in più di 19,5 milioni di euro per il 2012, di 16,2 milioni per il 2013 e di 12,9 milioni per il 2014.

Riduzione debito enti locali. Ulteriori misure è la nascita di una sola zona a burocrazia zero su tutto il territorio nazionale per tutto il 2013 in via sperimentale. Inoltre "ai fini della tutela dell'unità economica della Repubblica, a decorrere dall'anno 2013, gli enti territoriali riducono l'entità del debito pubblico". Il maxiemendamento del governo rimanda quindi ad un decreto non regolamentare del ministero dell'Economia con le modalità di attuazione della norma. Il decreto dovrà stabilire "distintamente per regioni, province e comuni, la differenza percentuale, rispetto al debito medio pro capite, oltre la quale i singoli enti territoriali hanno l'obbligo di procedere alla riduzione del debito; la percentuale annua di riduzione del debito; le modalità con le quali può essere raggiunto l'obiettivo di riduzione del debito. A tal fine si considera equivalente alla riduzione il trasferimento di immobili ai fondi o alle società costituiti dallo stato per la dismissione degli immobili pubblici".

Tasse ridotte in Abruzzo. Per quanto riguarda i contribuenti Abruzzesi colpiti dal terremoto del 6 aprile 2009, l'ammontare dovuto per ciascun tributo o contributo, "ovvero per ciascun carico iscritto a ruolo, oggetto delle sospensioni, al netto dei versamenti già eseguiti è ridotto al 40%".

Via gli emendamenti. Per garantire al provvedimento una corsia preferenziale in grado di favorirne il varo, con le conseguenti successive dimissioni di Silvio Berlusconi, il gruppo del Pd si era deciso a ritirare la maggior parte degli emendamenti. Mossa che ha spinto il Pdl a fare altrettanto. "L'iniziativa del gruppo del Pd di questa mattina di ritirare tutti gli emendamenti ad eccezione di circa dieci, ha prodotto il primo risultato. Il PdL ha comunicato il ritiro di tutti gli emendamenti, così come la Lega e Coesione Nazionale. Italia dei Valori ne ha lasciati tredici, il Terzo polo si è riservato di ritirarli dopo aver visionato il maxi-emendamento. Si stanno dunque determinando le condizioni per chiudere in Commissione nella giornata di domani", spiega il senatore democratico Giovanni Legnini.

Bersani annuncia il no. Ad ogni modo, precisa il segretario Pierluigi Bersani, il Pd voterà contro "se le cose stanno come le abbiamo lette fin qui". Non mi risulta - precisa - ci sia una modifica dell'articolo 18 ma se c'è ne discutiamo, perché non possono farci bere tutto". Ad ogni modo, aggiunge, "non metteremo alcun ostacolo perché si chiuda questa fase, perché non c'è tempo: non ci sono settimane, e forse neppure giorni". 

Bossi si smarca. "E annuncia il suo voto contro il maxiemendamento anche Umberto Bossi. "Se ci sono articolo 18 e riforma delle pensioni diremo di no", affema a caldo il leader della Lega, ma la notizia come detto si rivlerà poi infondata.

Si vota entro il weekend. La conferenza dei capigruppo di Palazzo Madama ha infatti messo in calendario la discussione e la votazione del ddl stabilità per dopodomani, venerdì 11, alle 10.30. L'ok definitivo al provvedimento potrebbe arrivare quindi da Montecitorio il giorno successivo, sabato pomeriggio.

"Ciao Silvio, ora hai più tempo per il Bunga Bunga".

Il quotidiano austriaco freepress "Heute" dedica la  sua copertina a Silvio Berlusconi. Questa è l'immagine dell'Italia nel mondo, oggi

Arriva dall'Austria, e più precisamente da Vienna, la copertina del freepress "Heute", una copertina interamente dedicata al premier italiano Silvio Berlusconi. Il giornale austriaco titola: "Ciao Silvio, ora hai più tempo per il Bunga Bunga", facendo riferimento alle dimissioni imminenti del Presidente del Consiglio. L'immagine dell'Italia all'estero, oggi, è questa. (Guarda la foto ingrandita

http://www.cadoinpiedi.it/2011/11/09/ciao_silvio_ora_hai_piu_tempo_per_il_bunga_bunga_-_foto.html

mercoledì 9 novembre 2011

“Sì, grazie a Ledda, Scajola arrivò a Berlusconi”. - di Marco Lillo

Mario Valducci, presidente della commissione trasporti della Camera, uno dei fondatori di Forza Italia dice: "Fu l'ex latitante a portarlo dentro Forza Italia". Il 'garante' era un pluricondannato (anche stupro) con il quale il premier parlava spesso: trovate 20 chiamate.

Non aveva tutti i torti Mario Ledda quando, dagli arresti domiciliari, scriveva nel 2001 lettere piene di risentimento all’allora ministro dell’interno che si era dimenticato di lui. Il Fatto ha raccontato domenica scorsa la storia dell’estorsione subita da Claudio Scajola nel 2001, quando era al Viminale, da parte di un pregiudicato agli arresti per violenza carnale che aveva avuto un ruolo nel 1995-6 nell’ascesa di Scajola.

LEDDA non mentiva quando diceva di conoscere Silvio Berlusconi. Questo sardo trapiantato a Milano nonostante il suo curriculum criminale di tutto rispetto ha chiamato i numeri riservati del Cavaliere una ventina di volte nell’arco di pochi mesi a cavallo tra il 1995 e il 1996. Scajola, nell’intervista al Fatto pubblicata domenica scorsa lo ha negato con tutte le sue forze, ma sono in tanti a ricordare il ruolo chiave li Ledda nell’ingresso trionfale dell’ex sindaco Dc di Imperia nel partito. Il Fatto ha sentito un testimone d’eccezione: Mario Valducci, 52 anni, presidente della commissione trasporti della Camera, uno dei fondatori di Forza Italia insieme a Silvio Berlusconi, al generale Luigi Caligaris e a pochi altri. Alla fine del 1995 quando Scajola entra in Forza Italia, Valducci è vicecoordinatore nazionale di Fi. “Sì ricordo che la segnalazione per l’ingresso di Scajola in Forza Italia arrivò da Mario Ledda”, dice Valducci senza imbarazzo, “Berlusconi mi chiamò e mi presentò Ledda per segnalarmi la possibile di favorire tramite Ledda l’entrata di Scajola in Forza Italia. Sul territorio però c’era qualche difficoltà ad accettarlo e quindi”, continua Valducci, “andai a Imperia e lì incontrai Scajola con Ledda e con il suo amico Pietro Isnardi e con l’altro imprenditore della città, Carli”. Anche Pietro Isnardi, imprenditore dell’olio e amico fraterno di Scajola, ricorda il ruolo di Ledda: “il mio responsabile commerciale aveva conosciuto in montagna questo Ledda. Mi disse che voleva che gli presentassi Scajola per favorire il suo ingresso in Forza Italia. Era un tipo bizzarro, girava con un’Alfa Romeo 164 e aveva 5 telefonini, si dava molte arie. Ma poi abbiamo scoperto che raccontava un sacco di balle e l’ho fatto anche arrestare per un’estorsione in Francia”.

IN REALTÀ, nei tabulati dei vecchi procedimenti siciliani sono depositate le tracce di una ventina di conversazioni tra Ledda e Berlusconi in quel periodo. Tra settembre del 1995 e il gennaio del 1996, risultano ben 15 telefonate dal telefono fisso milanese di Ledda alle utenze di Silvio Berlusconi a Roma nel palazzo di via dell’Anima. In un caso Ledda, il 25 novembre del 1995 contatta il Cavaliere sul suo numero personale di Macherio. Sono numerose anche le chiamate tra il cellulare di Ledda e i numeri delle ville del Cavaliere. Insomma non bisogna stupirsi se Ledda, quando in carcere legge sul libro di Bruno Vespa e sull’Espresso che sarebbe stato l’industriale Carli l’artefice dell’incontro Berlusconi-Scajola si infuria e prende carta e penna. Il 2 maggio del 2001 scrive a Scajola: “Claudio non dimenticare mai che Berlusconi – solo mio tramite e con molto sacrificio, tu e il presidente lo sapete bene, – ha trovato in te l’asso (…) non ho proprio gradito le falsità riportate nel libro di Bruno Vespa – Scontro Finale – e quelle sull’intervista apparsa su L’esrpesso n. 10 firmata Guido Quaranta… farò un chiarimento pubblico sulla verità reale di come è avvenuto il tuo ingresso in Forza Italia e chi ti ha portato sul piatto d’oro Berlusconi. Ciò per fare chiarezza una volta per sempre sui nostri rapporti. Se però vuoi darmi tu chiarimenti su queste false notizie, ma in tempi molto ragionevoli, si potranno evitare – lavando in casa i… (panni ndr) – azioni che per me non hanno lo scopo di creare disturbo”.

NELLE LETTERE recapitate a Scajola e ai suoi collaboratori da Ledda, dalla compagna Maria Diliberto e dall’avvocato Giuseppe Arcadu (tutti morti) ci sono larvate minacce ben più gravi di quella di rivelare la verità sull’ingresso in Forza Italia. Si parla dell’aiuto dato da Scajola a Ledda durante la sua latitanza in Francia. Circostanze negate da Scajola, che al Fatto ha detto di ricordare a malapena il nome del pregiudicato “ma si chiamava Ledda o Leddu?”, ci ha risposto l’ex ministro. Talvolta è meglio rimuovere: Ledda (non Leddu) aveva un curriculum criminale negli archivi di polizia lungo due pagine. La condanna definitiva per violenza carnale gli costò il mandato di cattura nel giugno 1997, al quale sfuggì riparando in Francia. Ma la sua storia inizia nel 1969 con la prima condanna per ricorso abusivo al credito. Nel 1977 finisce in carcere e viene condannato per truffa. Nel 1982 è condannato per atti di libidine violenta ed è segnalato per appropriazione indebita, nel 1991 è arrestato ancora per violenza privata e per la violenza carnale. Nel marzo 1994 commette una truffa e un millantato credito che gli costano una condanna a 2 anni e nove mesi nel 2000. Nel frattempo parlava con Berlusconi e preparava l’ascesa di Scajola. Forza Italia.

BENIGNI COMMENTA LE DIMISSIONI DI BERLUSCONI AL PARLAMENTO EUROPEO.




Bruxelles, 9 nov. (TMNews) - "Purtroppo, mi è venuta addosso in Italia una persona che ha deciso di fare un passo indietro; mi avevano detto: 'non ti preoccupare non si muove', e invece, proprio quando c'ero dietro...". Così Roberto Benigni, con gesso alla caviglia e stampelle a seguito di un incidente, ha esordito, questa sera a Bruxelles, il suo intervento alle celebrazioni per il 150.mo anniversario dell'Unità d'Italia al Parlamento europeo, culminato con la lettura del XXVI Canto dell'Inferno di Dante.

Continuando a scherzare sul proprio incidente Benigni ha continuato: "E' un periodo di cadute, in Italia cadono molte persone".Poi, dopo aver fatto riferimento alle presenze di sottosegretari, ministri, europarlamentari ed accademici nell'Emiciclo del Parlamento europeo dove si svolgeva la manifestazione, l'artista ha aggiunto: "Non vedo il presidente del Consiglio: l'ultima cosa che ho sentito dire prima di venire qui è che la maggioranza è solida, non è che è successo qualcosa?". Quindi, con un riferimento alla situazione politica belga, ha aggiunto: "Siamo senza governo, è il modello belga: 15 mesi senza governo, e tutto è andato su, ma guarda, hanno tutte le fortune".

Benigni ha fatto anche altri due riferimenti al Belgio: la prima al piatto nazionale, cozze e patatine fritte, la seconda al piccolo monumento del bambino che fa pipì, il Manneken-Pis. Ho mangiato cozze e patatine fritte, meno male, da un po' di tempo mangiavo solo scatolette di tonno: nei ristoranti in Italia non si può entrare, sono pienissimi". Quindi, guardandosi in giro, Benigni ha chiesto: "C'è la maggioranza? Non è che ci sono traditori fra di voi, qualcuno che è andato in bagno, un Manneken-Pis?".

Infine, poco prima di attaccare con la 'lectura Dantis', l'attore si è lanciato in un vertiginoso excursus storico delle glorie della cultura e della storia italiana, dopo aver affermato, con riferimento all'attuale gravissima crisi economica: "E' un momento straordinario per l'Italia, ma non di speranza, è un paese che non ha neanche bisogno di speranza perché è un paese straordinariamente sano, il paese del miracolo permanente, da secoli". Fra le altre cose, Benigni ha ricordato che è l'Italia ad aver "inventato le banche", che sono ora al centro della crisi finanziaria, "ma chi va a chiedere ora i soldi (prestati dalle banche italiane, ndr) a Edoardo I d'Inghilterra, che non ce li ha mai ridati?".


http://www.youtube.com/watch?v=NHKJm_k7hdo

Dell'Utri: non paghi? Ti mando i boss. - di Monica Centofante



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Ma per i giudici non e' una minaccia.

Sì è vero: Marcello Dell’Utri ha “mobilitato due mafiosi” del calibro di Michele Buffa e Vincenzo Virga, capo del mandamento di Trapani, per “convincere” l’imprenditore e medico Vincenzo Garraffa, all’epoca dei fatti presidente della Pallacanestro Trapani, a restituire dei soldi in contanti e in nero nell’ambito di una sponsorizzazione ottenuta grazie a Publitalia.
Ma che il senatore abbia inviato i due boss per “incutere timore” al Garraffa e indurlo a versare una somma che non era tenuto a pagare questo no, non è provato. Più plausibile, certo, che i due esponenti di Cosa Nostra, indossati per l’occorrenza i panni degli agenti di recupero crediti, avessero tentato un’”interposizione mediatoria… effettivamente volta … ad aggarbare la vertenza insorta tra la persona offesa e Publitalia”. Perché i due personaggi furono scelti da Dell’Utri, come mediatori, “non tanto o solo in ragione della loro mafiosità”, ci mancherebbe, quanto “per la loro intensa precedente e coeva frequentazione ‘amicale’ con il Garraffa”.
Verrebbe da sorridere se i virgolettati non fossero stralci delle motivazioni della sentenza con cui la Corte d’Appello di Milano, lo scorso 20 maggio, ha assolto il senatore del Pdl e il boss Vincenzo Virga dall’accusa di tentata estorsione con l’aggravante mafiosa. Una sentenza che giunge al termine di un travagliato iter giudiziario (quattro processi tra primo e secondo grado e due annullamenti in Cassazione) e contro la quale la procura generale di Milano ha già annunciato che si appellerà alla Suprema Corte. E lo farà certamente la parte civile, Vincenzo Garraffa, assistito dall'avvocato Giuseppe Culicchia.
La vicenda in questione risale al 1991 quando Garraffa ottiene, attraverso Publitalia, guidata all’epoca da Dell’Utri, una sponsorizzazione per la società di pallacanestro da parte della “Birra Messina”, appartenente al gruppo “Dreher-Heineken”. Il contratto, secondo la ricostruzione dell’accusa, prevede un versamento di 1.500 milioni di vecchie lire in favore della squadra sportiva, ma, dopo la firma, al presidente della Pallacanestro Trapani viene chiesto di restituire, a titolo di intermediazione, 750 milioni, la metà dell’intero importo mentre gli viene negata la sua richiesta di ricevere regolare fattura. La pretesa è illecita e Garraffa si oppone, ma Marcello Dell’Utri lo manda a chiamare: “I siciliani prima pagano e poi discutono” gli dice, confermandogli che non avrebbe mai rilasciato fatture a fronte della provvigione richiesta. E in seguito all’ennesimo diniego del Garraffa aggiunge: “Ci pensi, perché abbiamo uomini e mezzi per convincerla a pagare”. Qualche mese più tardi presso il nosocomio di Trapani dove svolgeva l’attività di primario, Garraffa riceve la visita di Vincenzo Virga e Michele Buffa. Ed è il primo, mandato da “amici” a chiedergli la possibilità di porre fine alla questione insorta con Publitalia. Per “amici”, dirà poco dopo rispondendo a una domanda del medico, si intende Marcello Dell’Utri.
A leggerla così sembrerebbe proprio una minaccia, e nemmeno troppo velata. Ma la Corte d’Appello sembra più che sicura: “Il quadro probatorio acquisito (...) non consente di considerare raggiunta la prova, aldilà di ogni ragionevole dubbio, che la visita incriminata fosse finalizzata ed idonea ad incutere timore e a coartare la volontà” dell'imprenditore “per indurlo al pagamento ingiusto”.
Se lo dice lei.