Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
venerdì 2 dicembre 2011
Accordo su Termini, lo stabilimento Fiat passa a Dr Motors.
L'imprenditore Massimo Di Risio
Di Risio si è impegnato a riassumere da tutti i 926 lavoratori rimasti della Fiat entro la fine del 2013, ovvero del periodo coperto dalla cassa.
ROMA. Lo stabilimento Fiat di Termini Imerese passa alla Dr Motor di Massimo Di Risio. E' quanto sanciscono i due accordi firmati oggi al ministero dello Sviluppo economico tra tutti le parti coinvolte. Così, dopo 41 anni il Lingotto lascia il sito siciliano, avviando come ultimo atto la cassa integrazione straordinaria per tutti i 1.566 dipendenti. E a Termini arriva la molisana Dr, che diventa il "secondo produttore italiano di automobili". Con oggi si chiude una partita complessa, iniziata nel 2009 quando l'ad della Fiat aveva annunciato la chiusura dello stabilimento, e proseguita con una lunga serie di incontri, di proteste da parte dei lavoratori, fino a raggiungere la formalizzazione delle intese messe a punto nelle ultime settimane.
Oltre sette ore di riunioni per mettere nero su bianco sia l'abbandono di Fiat sia l'insediamento di Dr. La giornata si è divisa in due round. Il primo tavolo ha visto protagonista il Lingotto, con la definizione dell'intesa è passata per il superamento di due nodi: uno formale, l'attribuzione della responsabilità ai sindacati di quelli che venivano definiti licenziamenti e non mobilità incentivate finalizzate ai pensionamenti; e l'altro sostanziale, impedire, attraverso una clausola di salvaguardia, che le nuove regole sulle pensioni potessero compromettere l'accordo. Il resto dell'intesa non ha fatto altro che ribadire quanto sancito sabato scorso, ovvero l'accompagnamento alla pensione per 640 lavoratori (22.850 l'incentivo previsto per ciascuno nei quattro anni di mobilità). Il pomeriggio, invece, è stato dedicato al Dr, con i metalmeccanici della Cgil che hanno sciolto la riserva e sottoscritto il testo insieme alle altre organizzazioni sindacali, gli enti locali e il ministero. Di Risio si è impegnato a riassumere da Fiat tutti i 926 lavoratori rimasti della Fiat entro la fine del 2013, ovvero del periodo coperto dalla cassa. In cambio l'impianto finora del Lingotto diventerà proprietà di Di Risio.
Il combinato disposto delle due intese chiude così la vertenza aperta al ministero dello Sviluppo economico su Termini Imerese e seguita da Invitalia. Anche se adesso, spiega lo
stesso advisor del ministero, inizieranno gli incontri con le altre quattro aziende che sono impegnate nella riqualificazione del polo industriale palermitano (Biogen, Lima group, Newcoop e Medstudios) I sindacati sono usciti dal dicastero di via Veneto piuttosto soddisfatti. Il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini, ha sottolineato come il risultato di oggi sia il frutto "dell'impegno e delle lotte dei lavoratori". Secondo il segretario generale della Uil, Rocco Palombella, lo stabilimento ha dopo stasera l'opportunità di "rivivere". Sulla stessa linea il segretario nazionale della Fim, Bruno Vitali, che ha definito "buono l'accordo raggiunto" e ha spiegato come il congelamento dei requisiti pensionistici varrà per tutti i lavoratori interessati da accordi sulla mobilità firmati prima dell'arrivo della riforma. Il segretario nazionale dell'Ugl Metalmeccanici, Antonio D'Analfo, ha voluto ricordare il faticoso percorso compiuto: "Oggi abbiamo trovato la quadra di una trattativa complessa, raggiungendo un obiettivo non scontato", ovvero, ha sottolineato il leader della Fismic,
Roberto Di Maulo, "la salvaguardia dei lavoratori". Positivi anche i commenti dei numeri uno di Cgil, Susanna Camusso, Cisl, Raffaele Bonanni, del governatore della Sicilia, Raffaele Lombardo, mentre più scettico è sembrato il segretario generale della Uil, Luigi Anegeletti: "Non è stata una vittoria. Lo sarebbe stata solo se avessimo fatto un accordo
simile a quello di Pomigliano". Un grazie a tutti arriva da Di Risio che sottolinea come sia nata "una nuova Dr", ora non più "assemblatore" ma "costruttore di automobili totalmente Made in Italy, di fatto il secondo costruttore italiano di automobili in grado di dare nuovo impulso al mondo del lavoro in Italia".
http://www.gds.it/gds/sezioni/economia/dettaglio/articolo/gdsid/180324/
Esami fantasma all’Università di Palermo, 32 indagati.
L'inchiesta, avviata un anno fa della Procura di Palermo, ipotizza i reati di falso, frode informatica e corruzione. Coinvolti tre impiegati dell'ateneo e alcuni laureati tra i quali anche Alessandro Alfano, fratello del segretario del Pdl.
PALERMO. Sono 32 le persone indagate per lo scandalo degli esami fantasma dell'Università di Palermo. L'inchiesta, avviata un anno fa della Procura di Palermo, ipotizza i reati di falso, frode informatica e corruzione. Nell'indagine - come pubblicano oggi alcuni quotidiani - sono coinvolti tre impiegati dell'ateneo e alcuni laureati tra i quali figura anche Alessandro Alfano, 36 anni, fratello dell'ex Guardasigilli e attuale segretario nazionale del Pdl Angelino Alfano.
Secondo i magistrati alcuni studenti, con l'aiuto di dipendenti infedeli degli uffici amministrativi, avrebbero fatto figurare nel loro libretto universitario esami in realtà mai sostenuti. La vicenda venne alla luce nel settembre del 2010 in seguito a una denuncia del rettore Roberto Lagalla che segnalò il caso di una laureanda scoperta poco prima della discussione della tesi: controlli incrociati evidenziarono infatti che la studentessa non aveva superato alcuni esami. Le indagini si concentrarono sopratutto sulla facoltà di Economia e Commercio. Un'impiegata era stata immediatamente licenziata, altri due sospesi. Adesso sono emersi i nomi di tutti gli indagati compreso quello di Alessandro Alfano, che attualmente ricopre la carica di segretario generale della Camera di Commercio di Trapani e di Unioncamere Sicilia. I suoi legali, gli avvocati Grazia Volo e Nino Caleca, hanno smentito qualsiasi irregolarità: "Il nostro cliente ha sostenuto tutti gli esami e ha fiducia in un rapido accertamento della verità".
http://www.gds.it/gds/sezioni/cronache/dettaglio/articolo/gdsid/180404/
Finmeccanica: Orsi presidente, Guarguaglini se ne va con 4 milioni di buonuscita.
Il cda del gruppo pubblico travolto dall'inchiesta della Procura di Roma dà tutte le deleghe all'amministratore delegato. Quanto sarà la "buonauscita" del top manager inquisito? Il consigliere Catanzaro a ilfattoquotidiano.it: "Stiamo facendo i conti". Di Pietro: "Toppa peggiore del buco"
Pierfrancesco Guarguaglini si è dimesso e Giuseppe Orsi è il nuovo presidente di Finmeccanica. A deciderlo è stato il consiglio di amministrazione del gruppo. Per Orsi, l’incarico di presidente va ad aggiungersi a quello di amministratore delegato ricoperto dal 4 maggio scorso. A Guarguaglini, a quanto si apprende, Finmeccanica elargirà una buonauscita di quattro milioni di euro.
La decisione è arrivata in seguito all’inchiesta della Procura di Roma dalla quale emerge un sistema di appalti pilotati, fondi neri e finanziamenti illeciti ai partiti in seno al colosso pubblico controllato dal ministero dell’Economia. Lo stesso Guarguaglini è indagato e da diverse settimane piovevano su di lui richieste di dimissioni. Sulla sua buonauscita ”stiamo facendo i conti”, aveva detto a ilfattoquotidiano.it il consigliere d’amministrazione Giovanni Catanzaro uscendo dal cda. Le indiscrezioni parlano di una cifra di 4 milioni di euro come “premio” a Guarguaglini da parte del gruppo pubblico per la decisione di farsi da parte.
VIDEO: IL CONSIGLIERE DI FINMECCANICA GIOVANNI CATANZARO DOPO IL CDA
Nel pomeriggio il ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera aveva annunciato novità “a breve” riguardo al vertice di Finmeccanica. Il cda di Finmeccanica, spiega un comunicato dell’azienda, ”ha concentrato le deleghe sulla gestione sociale in capo all’amministratore delegato Giuseppe Orsi e, preso atto delle conseguenti dimissioni di Pier Francesco Guarguaglini dalla carica di presidente, ha nominato lo stesso Orsi presidente e amministratore delegato”. Nel Cda è stato anche cooptato il direttore generale Alessandro Pansa che mantiene comunque la carica manageriale.
Guarguaglini, nato a Castagneto Carducci nel 1937, esce di scena dopo un decennio che lo ha visto signore incontrato della holding dell’aerospazio e difesa. E tale sarebbe rimasto se Finmeccanica non fosse stata travolta dalle inchieste giudiziarie, che hanno riguardato anche sua moglie Marina Grossi, ad di Selex Sistemi Integrati. Ma non c’è solo la questione giudiziaria. Dopo una lunga serie di esercizi in utile, Finmeccanica chiuderà il 2011 con pesanti perdite. Guarguaglini era diventato numero uno di Finmeccanica nell’aprile del 2002 con l’incarico di presidente e amministratore delegato, insieme a Roberto Testore, nominato amministratore delegato e direttore generale.
TUTTI GLI UOMINI DI FINMECCANICA: L’INFOGRAFICA DEL FATTO.IT (CLICCA)
La nomina di Orsi sblocca la situazione, ma non accontenta tutti: “La pezza è peggiore del buco perché Orsi, che mantiene il doppio incarico, è il massimo della rappresentazione spartitoria dei partiti nelle aziende pubbliche”, affermano il presidente dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, e il responsabile welfare e lavoro del partito, Maurizio Zipponi. “Orsi è stato esplicitamente indicato dalla Lega nell’ultima spartizione della torta tra Berlusconi e il Carroccio. Quella stessa Lega che oggi dice di stare all’opposizione del governo Monti ma rimane attaccata alle poltrone. L’Idv chiederà formalmente al governo di azzerare il Cda e rinnovare l’azienda Finmeccanica per ridarle dignità e trasparenza”.
La decisione è arrivata in seguito all’inchiesta della Procura di Roma dalla quale emerge un sistema di appalti pilotati, fondi neri e finanziamenti illeciti ai partiti in seno al colosso pubblico controllato dal ministero dell’Economia. Lo stesso Guarguaglini è indagato e da diverse settimane piovevano su di lui richieste di dimissioni. Sulla sua buonauscita ”stiamo facendo i conti”, aveva detto a ilfattoquotidiano.it il consigliere d’amministrazione Giovanni Catanzaro uscendo dal cda. Le indiscrezioni parlano di una cifra di 4 milioni di euro come “premio” a Guarguaglini da parte del gruppo pubblico per la decisione di farsi da parte.
VIDEO: IL CONSIGLIERE DI FINMECCANICA GIOVANNI CATANZARO DOPO IL CDA
Nel pomeriggio il ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera aveva annunciato novità “a breve” riguardo al vertice di Finmeccanica. Il cda di Finmeccanica, spiega un comunicato dell’azienda, ”ha concentrato le deleghe sulla gestione sociale in capo all’amministratore delegato Giuseppe Orsi e, preso atto delle conseguenti dimissioni di Pier Francesco Guarguaglini dalla carica di presidente, ha nominato lo stesso Orsi presidente e amministratore delegato”. Nel Cda è stato anche cooptato il direttore generale Alessandro Pansa che mantiene comunque la carica manageriale.
Guarguaglini, nato a Castagneto Carducci nel 1937, esce di scena dopo un decennio che lo ha visto signore incontrato della holding dell’aerospazio e difesa. E tale sarebbe rimasto se Finmeccanica non fosse stata travolta dalle inchieste giudiziarie, che hanno riguardato anche sua moglie Marina Grossi, ad di Selex Sistemi Integrati. Ma non c’è solo la questione giudiziaria. Dopo una lunga serie di esercizi in utile, Finmeccanica chiuderà il 2011 con pesanti perdite. Guarguaglini era diventato numero uno di Finmeccanica nell’aprile del 2002 con l’incarico di presidente e amministratore delegato, insieme a Roberto Testore, nominato amministratore delegato e direttore generale.
TUTTI GLI UOMINI DI FINMECCANICA: L’INFOGRAFICA DEL FATTO.IT (CLICCA)
La nomina di Orsi sblocca la situazione, ma non accontenta tutti: “La pezza è peggiore del buco perché Orsi, che mantiene il doppio incarico, è il massimo della rappresentazione spartitoria dei partiti nelle aziende pubbliche”, affermano il presidente dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, e il responsabile welfare e lavoro del partito, Maurizio Zipponi. “Orsi è stato esplicitamente indicato dalla Lega nell’ultima spartizione della torta tra Berlusconi e il Carroccio. Quella stessa Lega che oggi dice di stare all’opposizione del governo Monti ma rimane attaccata alle poltrone. L’Idv chiederà formalmente al governo di azzerare il Cda e rinnovare l’azienda Finmeccanica per ridarle dignità e trasparenza”.
giovedì 1 dicembre 2011
Sgarbi candida Ingroia: "Insieme sparigliamo le carte". - di Giuseppe Pipitone
L'insana proposta del critico d'arte si sarebbe concretizzata a bordo di un volo Roma - Palermo. “Gli ho lanciato questa sorta di sfida – ha spiegato il sindaco di Salemi- e lui mi ha detto che se ne può parlare". La replica del procuratore aggiunto "non ho mai detto che se ne potesse parlare. Figuriamoci poi se posso mai essere interessato. Assolutamente no".
“Vedrei bene una lista civica denominata ‘Sgarbi – Ingroia’: lui si occuperebbe di mafia, io di monumenti”. E’ l’inattesa provocazione diVittorio Sgarbi, in vista delle elezioni amministrative a Palermo. Il sindaco di Salemi si aggiunge così al coro di quanti ipotizzano per il procuratore aggiunto della Dda di Palermo un ruolo nella prossima campagna elettorale. Il sindaco di Salemi racconta questo retroscena, che a suo dire deriverebbe da un incontro a bordo di un volo Roma – Palermo di lunedì scorso, durante il quale Sgarbi ed Ingroia si sarebbero incrociati: “Gli ho lanciato questa sorta di sfida – ha spiegato il critico d’arte – e lui mi ha detto che se ne può parlare. In questo modo sparigliamo le carte”. Anche Sgarbi, che è attualmente impegnato a presentare in giro per l’isola il suo nuovo progetto politico in vista delle prossime elezioni regionali, vedrebbe dunque bene il giudice come candidato.
Peccato che Ingroia racconti un’altra versione su questa ipotetica lista con il critico d’arte (reduce da una recente dichiarazione in cui affermava che “l’antimafia con il potere è peggio della mafia”). Il magistrato conferma (sorridendo) di aver incrociato Sgarbi in aeroporto, ma dice di non aver mai risposto all’ironico suggerimento. “Mi ha avvicinato in aeroporto– ha spiegato il magistrato – esponendomi la sua curiosa proposta. Ma era solo uno scherzo, o almeno lo interpreto così, non ho mai detto che se ne potesse parlare. E ovviamente non immaginavo che avrebbe accreditato la sua battuta come ipotesi seria. Figuriamoci poi se posso mai essere interessato. Assolutamente no”.
Mai prima d’ora infatti il sindaco di Salemi aveva manifestato vicinanza con i magistrati e gli investigatori antimafia. Nel 1995 era arrivato addirittura a leggere una lettera anonima al Tg5 in cui s’indicava Giancarlo Caselli – allora procuratore capo a Palermo e quindi capo d’Ingroia – come il mandante occulto dell’omicidio di Padre Puglisi. Gesto che gli era costato una condanna in primo e secondo grado per diffamazione (salvato in Cassazione). A ottobre poi aveva fatto un esposto alla procura di Marsala contro il maresciallo dei carabinieri di Salemi Giovanni Teri e il questore di Trapani Carmine Esposito, rei di essere gli autori degli atti investigativi dell’operazione Salus Iniqua.
Nel giugno scorso dare il via alle avances per il procuratore aggiunto della Dda di Palermo ci aveva pensato il giornalista del Corriere della Sera Felice Cavallaro con un articolo intitolato “Ecco perché vorrei Ingroia sindaco”. Poi era stata la volta delle provocatorie sfide lanciate – soprattutto da esponenti del Pdl – dopo che il magistrato si era proclamato “partigiano della costituzione” al congresso nazionale del Pdci. Quindi era stato il governatore della Sicilia Raffaele Lombardo a dichiarare “totale disponibilità del Movimento per l’Autonomia ad appoggiare Ingroia nella corsa a sindaco di Palermo, più o meno come Monti”. Proposte a cui però il magistrato ha sempre opposto un fermo rifiuto: “Non è mia intenzione candidarmi, ma soprattutto non credo sia opportuno che un magistrato che eserciti a Palermo si candidi a sindaco della stessa città, specie di fronte al rischio che si alimentino dubbi e sospetti sulla pregressa attività giudiziaria”.
Peccato che Ingroia racconti un’altra versione su questa ipotetica lista con il critico d’arte (reduce da una recente dichiarazione in cui affermava che “l’antimafia con il potere è peggio della mafia”). Il magistrato conferma (sorridendo) di aver incrociato Sgarbi in aeroporto, ma dice di non aver mai risposto all’ironico suggerimento. “Mi ha avvicinato in aeroporto– ha spiegato il magistrato – esponendomi la sua curiosa proposta. Ma era solo uno scherzo, o almeno lo interpreto così, non ho mai detto che se ne potesse parlare. E ovviamente non immaginavo che avrebbe accreditato la sua battuta come ipotesi seria. Figuriamoci poi se posso mai essere interessato. Assolutamente no”.
Mai prima d’ora infatti il sindaco di Salemi aveva manifestato vicinanza con i magistrati e gli investigatori antimafia. Nel 1995 era arrivato addirittura a leggere una lettera anonima al Tg5 in cui s’indicava Giancarlo Caselli – allora procuratore capo a Palermo e quindi capo d’Ingroia – come il mandante occulto dell’omicidio di Padre Puglisi. Gesto che gli era costato una condanna in primo e secondo grado per diffamazione (salvato in Cassazione). A ottobre poi aveva fatto un esposto alla procura di Marsala contro il maresciallo dei carabinieri di Salemi Giovanni Teri e il questore di Trapani Carmine Esposito, rei di essere gli autori degli atti investigativi dell’operazione Salus Iniqua.
Nel giugno scorso dare il via alle avances per il procuratore aggiunto della Dda di Palermo ci aveva pensato il giornalista del Corriere della Sera Felice Cavallaro con un articolo intitolato “Ecco perché vorrei Ingroia sindaco”. Poi era stata la volta delle provocatorie sfide lanciate – soprattutto da esponenti del Pdl – dopo che il magistrato si era proclamato “partigiano della costituzione” al congresso nazionale del Pdci. Quindi era stato il governatore della Sicilia Raffaele Lombardo a dichiarare “totale disponibilità del Movimento per l’Autonomia ad appoggiare Ingroia nella corsa a sindaco di Palermo, più o meno come Monti”. Proposte a cui però il magistrato ha sempre opposto un fermo rifiuto: “Non è mia intenzione candidarmi, ma soprattutto non credo sia opportuno che un magistrato che eserciti a Palermo si candidi a sindaco della stessa città, specie di fronte al rischio che si alimentino dubbi e sospetti sulla pregressa attività giudiziaria”.
Il San Raffaele andrà all'asta.
La decisione è la conseguenza del provvedimento preso dal Tribunale fallimentare a tutela dei creditori.
MILANO - Ora è ufficiale, per il San Raffaele ci sarà un'asta. Giovedì il consiglio di amministrazione della Fondazione Monte Tabor, che guida il polo ospedaliero, ha presentato al Tribunale fallimentare il regolamento che disciplinerà l'arrivo di nuove eventuali offerte per il rilancio del San Raffaele. Viene così applicata la decisione del presidente della sezione fallimentare Filippo Lamanna e dei giudici Roberto Fontana e Francesca Savignano, che avevano deciso di aprire alla possibilità di altre offerte per l'ospedale a rischio bancarotta.
LA GARA - Finora sul tavolo per il colosso della sanità privata c'è l'offerta congiunta dello Ior e del gruppo Malacalza per una cifra di 250 milioni di euro più l'accollo di tutte le passività dell'ospedale. E' facile prevedere che ora si scatenerà una gara: sono infatti diversi i soggetti interessati alla proprietà del San Raffaele, dal gruppo dell'imprenditore della sanità Giuseppe Rotelli alla Charity Marcus Vitruvius (rappresentante dell'Università Vita-Salute dello stesso San Raffaele) al gruppo Rocca (Humanitas). La scelta di aprire all'asta è stata decisa dal Tribunale nell'interesse dell'ospedale e dei creditori nell'eventualità che possano arrivare offerte più ricche rispetto a quella presentata finora. Le nuove offerte, è stato stabilito, dovranno sopravanzare quella dello Ior di almeno 50 milioni di euro e dovranno arrivare entro il 31 dicembre.
Fmi rinvia missione italiana: "Prima le misure" Passera: "Dati dimostrano che il Paese è forte"
Ma il ministro avverte: "Momento difficile, rischiamo di entrare in recessione". L'esame della manovra lunedì alla Camera. Allo studio ipotesi per ripagare il debito dell'amministrazione verso le Pmi in titoli di Stato. In attesa di conoscere i dettagli il Fondo monetario decide di ripensare i tempi dell'ispezione.
La conferenza dei capigruppo di Montecitorio che si è riunita in mattinata, ha indicato un calendario di massima dei lavori, in attesa che sia il governo a comunicare in quale ramo del Parlamento approderà la manovra. Se, come è probabile, l'esame inizierà alla Camera, il testo arriverà in Commissione già dal 5 dicembre, mentre dal 12 dicembre e fino al 15 sarà all'esame dell'aula.
Sui provvedimenti che l'esecutivo intende inserire nella manovra continuano a fioccare indiscrezioni. L'ultima riguarda la possibilità di pagare la montagna di debiti arretrati della pubblica amministrazione nei confronti delle piccole e medie imprese - circa 90 miliardi di euro - con titoli di Stato. L'ipotesi, secondo quanto trapelato, sarebbe stata discussa ieri sera nell'incontro del ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera con imprese, banche, assicurazioni e cooperative su richiesta delle stesse imprese. "Ieri sera ho ascoltato tutte le proposte. Siamo in una fase di ascolto", ha precisato il ministro aggiungendo che "siamo in un momento molto difficile, stiamo rischiando sicuramente di rientrare in recessione".
Il governo, ha spiegato ancora Passera, è al lavoro "per affrontare l'emergenza numero uno che è quella del disagio occupazionale". Il disagio, ha osservato, è infatti "molto più alto di quanto mostrino le statistiche" e coinvolge "una quota rilevantissima della società italiana".
Altro punto particolarmente delicato è quello della previdenza. "Sulla spesa pensionistica, il governo ha in preparazione, e verosimilmente sarà annunciato entro pochi giorni, una riforma incisiva ma che rispetta il criterio di equità tra le generazioni," ha detto il ministro del Welfare Elsa Fornero parlando durante una deliberazione pubblica del Consiglio Ue dedicato alle questioni sociali in corso a Bruxelles. "Abbiamo ben chiari i difetti del nostro mercato del lavoro, il suo dualismo e i principi di flexicurity che dovrebbero ispirarne la riforma," ha aggiunto, precisando che l'azione del governo sarà centrata su rigore, crescita ed equità, laddove il "rigore non è solo basato su una dimensione quantitativa, ma anche su una diversa cultura del rapporto tra individui e spesa pubblica."
Intanto, malgrado la difficoltà del momento, dal capo dello Stato arriva l'esortazione ad avere fiducia. "Certamente l'Italia ce la farà, ce la deve fare", ha detto Giorgio Napolitano raggiungendo l'Università La Sapienza dove sarà presentato il libro che raccoglie i suoi discorsi per il 150/mo dell'Unità d'Italia. Un auspicio, quello del presidente della Repubblica, condiviso da Passera. "C'è un'Italia - dice il ministro - che continua a mettercela tutta, un paese che tiene meglio" e i dati sull'esportazione e la quota internazionale di commercio estero "dimostrano che il paese è forte". "Noi - ha aggiunto - possiamo sorprendere positivamente il resto del mondo, ci sono tutti gli estremi e la base delle nostre imprese" è quella su cui costruire. In un secondo momento Napolitano ha poi aggiunto: "C'è bisogno di un grande sforzo politico, morale, sociale per affrontare questa grave crisi che dobbiamo riuscire a vincere".
Ottimista anche Mario Monti: "La vastissima maggioranza che ha approvato il principio costituzionale del pareggio di bilancio testimonia la ferma volontà del Parlamento e di tutto il Paese nel proseguire sulla strada del risanamento strutturale della finanza pubblica", ha detto il presidente del Consiglio esprimendo soddisfazione per l'approvazione in prima lettura da parte della Camera dei Deputati del disegno di legge costituzionale sull'articolo 81 della Costituzione". "La comune volontà dei Paesi dell'Unione e delle istituzioni comunitarie di garantire durevolmente con norme costituzionali il consolidamento delle finanze pubbliche è un elemento decisivo per il superamento dell'attuale, difficile, crisi finanziaria che attanaglia l'Europ", ha sottolineato ancora il premier.
http://www.repubblica.it/economia/2011/12/01/news/ipotesi_pagamenti_in_titoli-25892576/?ref=HRER1-1
Pensioni: manovra blindata, la Cgil fa muro Mario Monti: “L’Italia rischia grosso”. - di Stefano Feltri
La netta chiusura di Susanna Camusso rischia di compromettere il clima di consenso attorno al premier. Il Partito democratico accetterà "misure che non sono nostre al cento per cento", ma rilancia sulla patrimoniale sgradita al Pdl.
“Ho ribadito uno zero molto importante, non facile da raggiungere, ma che sarà conseguito”, ha spiegato il premier nella sala stampa di Bruxelles, riassumendo due giorni di vertici da ministro dell’Economia, prima eurogruppo (Paesi dell’euro) poi Ecofin (ministri europei dell’Economia). Lo zero è quello del deficit nel 2013, cioè il pareggio di bilancio (che diventerà un vincolo Costituzionale, ieri il primo passo col voto alla Camera), ma – ha precisato Monti – seguendo la scaletta prevista dal rapporto degli ispettori della commissione, presentato ieri: l’obiettivo da raggiungere subito è il deficit all’1,6 per cento nel 2012. Quindi subito manovra da 11 miliardi per compensare la mancata crescita rispetto al quadro delineato dalla manovra estiva. Poi 4 miliardi dalla delega fiscale, cioè il taglio di agevolazioni e sussidi previsto dal ministro Giulio Tremonti ma non ancora attuato, e infine un ulteriore intervento per garantire equità e redistribuzione (cioè si dovrà anche spendere qualcosa, ma senza toccare i saldi, quindi si taglierà anche per redistribuire). Monti sa che non sarà facile, ha quattro giorni per convincere sindacati e partiti di maggioranza che la manovra non si tocca, che non ci sono spazi di mediazione: “Penso di agire con la massima rapidità. E in tempi molto ristretti. Avremo anche delle consultazioni, ma farò appello al fatto che siamo in una situazione straordinariamente delicata e che certi passaggi e ritualità graditi a tutti forse non sarebbero a vantaggio dei cittadini”.
Il messaggio non era rivolto certo soltanto alla Cgil, ma è il sindacato di Susanna Camusso quello che più si sta agitando per le indiscrezioni sulla riforma delle pensioni: “Il governo deve sapere che 40 è un numero magico e intoccabile e mi pare che questo sia esaustivo della discussione”. Che è un modo un po’ barocco per dire che la Cgil è contraria a ogni intervento sulle pensioni di anzianità. Mentre è quasi certo che il ministro del Welfare Elsa Fornero interverrà anche sugli assegni maturati in base ai contributi versati e non soltanto in base all’anzianità, sia pure con un sistema di soglie variabili e non con l’abolizione delle pensioni di anzianità o il loro drastico ridimensionamento auspicato dall’Europa. “Accetteremo misure che non sono nostre al cento per cento ma abbiamo da dire la nostra”, avverte il segretario del Pd Pier Luigi Bersani, lasciando intendere che un intervento pesante sulle pensioni dovrebbe essere compensato da una patrimoniale, sgradita al Pdl.
Il nodo Cgil per Monti è però un primo problema, non tanto perché il sindacato possa davvero ostacolare la manovra, ma in quanto rischia di compromettere il clima di consenso attorno al premier che invece ha bisogno di mostrarsi il più saldo possibile al vertice della prossima settimana a Bruxelles, quel Consiglio europeo dell’ 8-9 dicembre in cui i capi di governo dell’euro dovranno indicare cosa intendono fare per salvare la moneta: eurobond, modifica dei trattati, interventi sulla Bce. Non si deve però “sottovalutare ciò che è già stato deciso e posto in atto e che richiede di essere seriamente esercitato e valorizzato”, è l’invito al pragmatismo di Monti. Prima di infilarsi nel tunnel burocratico della revisione di trattati su cui si fonda l’Ue, meglio sfruttare gli strumenti già a disposizione, come il “six pack“, cioè l’insieme di procedure di politica economica che consente alla Commissione Ue di controllare l’impegno al rigore e alla crescita dei governi nazionali. In questa settimana, comunque, qualche decisione deve essere presa, perché la tensione sui mercati finanziari ha raggiunto nuovi picchi. Tanto che le principali Banche centrali del mondo, dalla Bce alla Fed a quella del Giappone, hanno lanciato ieri un’azione coordinata (a sorpresa): il taglio di mezzo punto del tasso sugli swap in dollari, in pratica hanno reso meno costoso per le banche private ottenere dei prestiti di emergenza in valuta americana. Lo scopo è scongiurare la crisi di liquidità, cioè la paralisi del mercato inter-bancario dovuta alla sfiducia tra istituti. L’effetto collaterale è che l’euro si è rafforzato sul dollaro. Almeno per ora.
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