Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
domenica 18 dicembre 2011
Il debito pubblico? Lo spendaccione è Berlusconi.
Tutti addosso alla Prima Repubblica, che ha accumulato il debito pubblico che ha fatto sprofondare l'Italia nella crisi: è stato il mantra degli ultimi vent'anni, una modo facile di scaricare le responsabilità su chi ha governato l'Italia dal 1946 al 1992, ben cinquanta governi in 46 anni.
Adesso però spunta su YouTube un video in cui il giornalista Oscar Giannino (GUARDA IL VIDEO), ex economista del Foglio, poi di Libero e ora al Sole 24 Ore (non un simpatizzante della Fiom, per intenderci) ricostruisce - numeri alla mano - l'escalation del debito sovrano italiano, che ha fatto precipitare il nostro Paese nella crisi.
Emergono dati interessanti.
Dal 1946 al 1992, la Prima Repubblica ha accumulato un debito pubblico pari a circa 6-700 miliardi di euro. Tutto il restante, ossia i 1300 miliardi di euro che hanno portato il debito pubblico italiano a quasi 2 milioni di miliardi di euro, lo ha fatto la Seconda Repubblica, e in ordine i governi Berlusconi, Amato, Ciampi, D'Alema e Prodi.
Secondo i calcoli di Giannino, dunque, mentre la Prima Repubblica accumulava una media giornaliera di 47,5 milioni di euro di debito al giorno, la Seconda è arrivata a oltre 200 milioni di euro al giorno, quasi quintuplicando la cifra.
E' ancora più divertente sentir uscire dalla bocca di Giannino i raffronti tra governi di centrodestra e centrosinistra.
In assoluto, il record di debito pubblico accumulato da un governo sono stati i 330 milioni al giorno accumulati dal governo Berlusconi I. Che nell'ultimo governo non è sceso di molto: 207 milioni di euro al giorno di debito.
Molto, anzi moltissimo se si pensa alla campagna contro la spesa pubblica su cui il governo Berlusconi ha fatto campagna per vent'anni. E se si pensa che "quelli della spesa pubblica", ossia "i comunisti", hanno invece portato avanti un percorso molto più virtuoso: con Prodi il debito pubblico è aumentato di circa 96 milioni di euro al giorno (ricordate: governo Berlusconi I = 330 milioni al giorno!), con D'Alema è arrivato addirittura a 76 milioni di euro al giorno.
Non c'era bisogno che ce lo dicesse Oscar Giannino che Berlusconi non ha comunque portato a casa neanche una delle riforme su cui ha fatto campagna, vinto e governato l'Italia. Ma, certo, fa effetto sentire 12 minuti di numeri e calcoli così precisi e cristallini, che confermano il dato finale: al netto degli scandali, Berlusconi ha affondato l'economia italiana.
http://www.unita.it/economia/il-debito-e-di-berlusconi-lo-spendaccione-1.363818
La Finanza perquisisce il Comune di Torino.
TORINO 14 dic (Però Torino) - Perquisizione della Finanza ieri pomeriggio negli uffici del Comune di Torino. Motivo: il noto concorso per assumere 21 nuovi dirigenti (concorso vinto perlopiù da portaborse della maggioranza) sul quale sta indagando il sostituto procuratore Cesare Parodi.
Si tratta di una vicenda annosa e il concorso è già stato annullato dal Tar, che lo ha cassato su tutta la linea, salvo la composizione della commissione esaminatrice.Comico fu, allora, il comunicato stampa del Comune. Ora proseguono le indagini penali, che tra l'altro hanno portato all'iscrizione nel registro degli indagati di due dirigenti municipali, Maria Pia Re (l'accusa per lei è falso in atto pubblico) e Franca Poma (favoreggiamento).
Il direttore generale del Comune Cesare Vaciago (nella foto, circa 34mila euro lordi di stipendio mensile), ha voluto sottolineare ai giornalisti di "non essere indagato in prima persona per la vicenda". In ogni caso Vaciago confida "nell'operato della magistratura".
sabato 17 dicembre 2011
Nella Lega Nord Ladrona, operazione smottamento.
Nei mesi scorsi vi avevamo anticipato l’ operazione smottamento legaiolo in atto nella Lega Nord Nazione Emilia.
Il partito di cadreghinisti è oramai diventato “un’idrovora assetata di denari dei contribuenti e lottizza tutto ciò che è lottizzabile” come scrive in “UMBERTO MAGNO” Leonardo Facco, si sta spezzando.
Infatti Marco Lusetti, ex braccio destro del leghista Angelo Alessandri, ha presentato ieri 16 dicembre presso la Sala Rossa della Provincia di Bolognail movimento politico “Agire Insieme Lega Federale”.
Con lui Floriano Rambaldi e Gianvico Pirazzini, già consigliere comunale della Lega Nord di Bologna: quest'ultimo assumerà il ruolo di segretario cittadino del capoluogo di regione.
“Agire Insieme Lega Federale è un movimento politico senza padroni - ha spiegato Lusetti - formato da cittadini liberi che riconoscono il valore aggiunto di chi la pensa in modo diverso, finalizzando il confronto alla crescita collettiva ed individuale”.
Quelli di ”Agire Insieme Lega Federale” che accusano il loro ex partito di aver imboccato il cammino dell'interesse particolare e del mantenimento del potere a tutti i costi, ambiscono ad allargarsi anche a livello nazionale.
Tanto che si presenteranno alle prossime elezioni amministrative in 38 Comuni equattro Province (Mantova, Gorizia, Trieste e Lucca) in dieci regioni d'Italia: dall'Emilia-Romagna al Piemonte, dalla Lombardia al Veneto, dalla Liguria al Friuli ma anche in Toscana, Lazio, Campania e Puglia).
Il partito di cadreghinisti è oramai diventato “un’idrovora assetata di denari dei contribuenti e lottizza tutto ciò che è lottizzabile” come scrive in “UMBERTO MAGNO” Leonardo Facco, si sta spezzando.
Infatti Marco Lusetti, ex braccio destro del leghista Angelo Alessandri, ha presentato ieri 16 dicembre presso la Sala Rossa della Provincia di Bolognail movimento politico “Agire Insieme Lega Federale”.
Con lui Floriano Rambaldi e Gianvico Pirazzini, già consigliere comunale della Lega Nord di Bologna: quest'ultimo assumerà il ruolo di segretario cittadino del capoluogo di regione.
“Agire Insieme Lega Federale è un movimento politico senza padroni - ha spiegato Lusetti - formato da cittadini liberi che riconoscono il valore aggiunto di chi la pensa in modo diverso, finalizzando il confronto alla crescita collettiva ed individuale”.
Quelli di ”Agire Insieme Lega Federale” che accusano il loro ex partito di aver imboccato il cammino dell'interesse particolare e del mantenimento del potere a tutti i costi, ambiscono ad allargarsi anche a livello nazionale.
Tanto che si presenteranno alle prossime elezioni amministrative in 38 Comuni equattro Province (Mantova, Gorizia, Trieste e Lucca) in dieci regioni d'Italia: dall'Emilia-Romagna al Piemonte, dalla Lombardia al Veneto, dalla Liguria al Friuli ma anche in Toscana, Lazio, Campania e Puglia).
Sarebbero 34, secondo Lusetti, gli amministratori emiliano-romagnoli pronti a passare dalla Lega Nord al nuovo soggetto. Se queste fossero le cifre, sarebbero pari a più del 10% di tutti gli eletti della Lega Nord nelle istituzioni locali.
L’ operazione smottamento legaiolo è appena iniziata e se ne vedranno delle belle.
A giudicare dai primi manifesti pubblicati su Facebook (nella foto), che riportano slogan quali "Lega Nord ladrona" (con le caricature di Renzo Bossie Rosy Mauro nelle vesti di novelli lupacchiotti intenti a "mungere" il simbolo della città di Roma) promettono bene. GPS
L’ operazione smottamento legaiolo è appena iniziata e se ne vedranno delle belle.
A giudicare dai primi manifesti pubblicati su Facebook (nella foto), che riportano slogan quali "Lega Nord ladrona" (con le caricature di Renzo Bossie Rosy Mauro nelle vesti di novelli lupacchiotti intenti a "mungere" il simbolo della città di Roma) promettono bene. GPS
Il risveglio degli zombie padani. - di Furio Colombo.
Doveva essere sciolto e invece si è pietrificato il Parlamento italiano. Figure irrigidite nell’ultimo ruolo rivestito in vita si aggirano come zombie fra le macerie ingombranti di ciò che c’era e sembrava destinato a durare “tutta la legislatura” e invece è andato giù di colpo, come il palco di Jovanotti, anche qui facendo vittime, non la vita ma quel che resta della dignità e della ragione di esistere di un gruppo politico. Come il deputato leghista Buonanno che, alle ore 11:10 del giorno 15 dicembre, in un’assemblea gremita quasi solo di deputati della Lega intenti a urlare e fischiare, si è alzato come da un sonno, si è guardato intorno e ha gridato: “Siete tutti comunisti, tutti comunisti, qui ci vuole il lanciafiamme“. E ha ripetuto a lungo l’invocazione di quell’arma micidiale che, a quanto pare, sarebbe stato il solo oggetto capace di lenire il suo tormento: non c’è più il governo. Non c’è più il potere. Poi il brusco risveglio del deputato torna a mischiarsi con le grida, i cori, la nuova abitudine di richiamare l’attenzione con fischi prolungati (che il presidente Fini, gelido, ha ritenuto di definire “alla pecorara”), che sono il messaggio che manda adesso ai cittadini il partito della Lega Nord.
Probabilmente di tutto ciò nulla si salverà. “Tutto ciò” è il racconto con immagini di una settimana alla Camera dei deputati della Repubblica italiana. Qualcuno ha lavorato, anche molto, anche bene, in questi ultimi quattro giorni, nelle commissioni che stanno trasformando in legge il piano di salvataggio del governo tecnico, con la sua competenza chirurgica e la sua quasi completa estraneità ai destini individuali. Chi vi ha partecipato ha dovuto constatare, persino a destra, che tutto ciò è accaduto perché per tre anni la stanza delle scelte, dei piani, delle decisioni, è stata abbandonata dopo avere chiuso porte e finestre su ciò che davvero stava accadendo.
E così, a parità di difficoltà e di destini, l’Italia è stata lasciata inerte e immobile, estranea a ogni tentativo di schivare i colpi che intanto si abbattevano sulle aziende, sul lavoro, sulla fiducia verso questo Paese. La Lega Nord ha montato la guardia alla stanza vuota e per anni ha avuto forza e mano libera per cambiare discorso: ha fatto credere che il problema fossero “i clandestini assassini ” (citazione da Radio Padania); che la sicurezza – intesa come persecuzione agli immigrati – era il bene più urgente; che la politica estera consistesse nel diritto dei delittuosi “respingimenti in mare”.
In nome di questa visione chiusa e ottusa hanno avuto, esercitato e profittato, in posizione chiave, di un potere molto grande, addirittura il controllo del ministero dell’Interno, una funzione di vero dominio, su quasi tutti gli aspetti della vita italiana. Non si dà indietro facilmente e con mitezza un potere così grande in cambio di niente. Perché tutto è caduto sull’incompetenza a tenere testa a una complicata situazione internazionale che avrebbe richiesto esperienza e competenza, il potere di Maroni di infierire sui “clandestini” e di usare l’esercito contro i campi nomadi, e quello diCalderoli di farsi filmare mentre brucia, ridendo, scatoloni (lui dice) di leggi inutili (come il suo ministero) non sarà mai più restituito. E allora irrompono a Montecitorio, corrono in alto nell’emiciclo, urlano, fischiano, mostrano cartelli stralunati, minacciano da vicino i pochi sottosegretari seduti al banco del governo mentre dovrebbe esserci una serrata e competente discussione sul progetto Monti. Fingono di essere oppositori, ma non sanno di cosa.
I loro complici del Pdl, coloro che hanno consentito, per ricevere voti, la finzione del grande partito popolare con radici nel territorio, stanno alla larga. Solo una volta La Russa fa capolino per suggerire alla Mussolini un’aggressione maleducata e scomposta a Fini, unico gesto di collaborazione verso la schizofrenia della Lega. Ma il vistoso e clamoroso sdoppiamento del partito di Bossi in aula, davanti a tutti, fra un’immagine di partito di governo sempre piuttosto arrogante e convinto di avere per sempre il potere e la gang da pub screditato che va e viene urlando dentro un’aula del Parlamento è uno spettacolo che segnerà la storia della Repubblica. Insultano come in una curva da stadio i deputati Buonanno e Ranieri. Ma quando sono espulsi restano in aula e partecipano al voto. Sono presenti in buona parte i deputati del Pd e di Idv. E assieme ai pochi e imbarazzati sopravvissuti del mondo di Berlusconi, bocciano la “pregiudiziale di incostituzionalità ” della Lega (pensate, della Lega, che è sempre stata fuori dalla Costituzione). Urlano con tutte le forze quando il ministro Giarda annuncia il voto di fiducia. E poi tacciono subito esausti per le ore trascorse a rimpiangere, con furiosa e sgangherata violenza, il potere perduto e la fine della brutta fiaba chiamata Padania.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/12/16/il-risveglio-degli-zombie-di-padania-tra-urla-e-cartelli/177876/
Regione Lazio, scatta il blitz notturno: vitalizio a 50 anni anche per gli assessori.
Scoppiano le polemiche. Il Pd: «Vergogna». Ma la Polverini difende il provvedimento: «Abbiamo corretto un'anomalia».
ROMA - Mentre il governo taglia le pensioni degli italiani, il Consiglio regionale del Lazio, con un blitz avvenuto stanotte alle 2.15 concede il vitalizio agli assessori (anche agli ex). Gli stipendi dei consiglieri regionali vengono invece "congelati" alla data del 1° dicembre 2011, ma poi indicizzati annualmente al costo della vita (l'adeguamento che il governo ha invece bloccato per le pensioni). Ma la presidente del Lazio Renata Polverini difende il provvedimento: «La mancata equiparazione degli assessori ai consiglieri era un'anomalia della nostra regione».
I nuovi vitalizi. Di fatto, in realtà, il Lazio sembra andare controcorrente. Mentre diverse regioni italiane, infatti, hanno già proceduto con l'abolizione dei vitalizi (le ultime sono state oggi le Marche) il Consiglio regionale del Lazio inserisce diverse modifiche all'articolo 11 della Finanziaria, approvata la notte scorsa dalla commissione Bilancio presieduta da Franco Fiorito (Pdl). Modifiche che devono ora essere approvate dall'Aula.
Vitalizi consiglieri aboliti dal 2015. Resta l'abrogazione del vitalizio per i consiglieri regionali (che attualmente vanno in pensone a 50 anni) a partire dalla prossima legislatura, ma per quanto riguarda quella in corso ci sono delle novità. Innanzitutto, i vitalizi per la giunta: «Per i consiglieri regionali e gli assessori in carica o cessati dal mandato nella IX Legislatura (quella in corso, ndr) - si legge nel testo approvato - si applicano le disposizioni di cui alla l.r. 19/1995».
Il capitolo indennità. La normativa tuttora vigente prevede che sia pari all'80% di quello dei parlamentari. Il comma 3 del nuovo articolo 11 invece lo "congela": «Le indennità - si legge nel testo approvato in commissione - sono fissate alla data del 1° dicembre 2011 e sono indicizzate annualmente sulla base della variazione del costo della vita accertato dall'Istat». Un modo per evitare che eventuali tagli allo stipendio dei deputati possano avere effetti sulle indennità regionali. Infine sono spariti dall'articolo 11 gli aggravamenti sulle trattenute della retribuzione, fissate dalla giunta al 32% contro il vecchio 27%, e all'8% contro l'1% per il Tfr.
Contributivo anche per i consiglieri. C'è poi nel nuovo testo un comma che afferma: «Il Consiglio regionale stabilisce con legge, entro la fine della presente legislatura, un sistema previdenziale contributivo per i consiglieri eletti a partire dalla X Legislatura basato sul sistema di calcolo vigente per i dipendenti pubblici con il limite inderogabile del requisito anagrafico minimo pari a 60 anni».
Polverini: corretta un'anomalia. Le novità sucitano le immediate reazioni dell'opposizione, ma la Polverini difende le modifiche: «Il lavoro di un assessore in termini di responsabilità, non può essere valutato con la sua presenza in consiglio regionale perché altrimenti parliamo di discriminare o non dare una opportunità che, oggettivamente, merita chi si assume una responsabilità enorme nello svolgere l'incarico di assessore. Eravamo noi che forse per un dibattito interno dalla precedente maggioranza, eravamo andati in una direzione assolutamente inadeguata. Così si stabilisce che non esistono assessori esterni: esistono consiglieri regionali ed assessori come in tutte la altre giunte e consigli, come anche nel Parlamento».
La protesta del Pd: vergogna. Il candidato segretario del Pd Lazio Marco Pacciotti sale sulle barricate: «È una norma vergognosa. Da lunedì la Finanziaria passerà all'esame dell'aula: ci aspettiamo che contro l'emendamento notturno l'opposizione sia durissima».
Sarà battaglia. In una nota congiunta, Esterino Montino, Luigi Nieri, Vincenzo Maruccio, Angelo Bonelli, capigruppo Pd, Sel, Idv e Verdi in Consiglio regionale parlano di «inaccettabile forzatura» a cui l'opposizione si è opposta e si opporrà «in modo compatto», a meno che non si arrivi ad un ripensamento. I Consiglieri regionali Giuseppe Rossodivita e Rocco Berardo (Lista Bonino Pannella Federalisti Europei) attaccano: «I cittadini dovranno sopportare maggiori oneri per garantire nuovi privilegi».
Idv: marcia indietro rumorosa. Il capogruppo e segretario regionale dell'Italia dei Valori, Vincenzo Maruccio, parla di «marcia indietro rumorosa» e chiede alla Polverini di «sconfessare l'operato della sua maggioranza annunciando «battaglia in Aula».
I nuovi vitalizi. Di fatto, in realtà, il Lazio sembra andare controcorrente. Mentre diverse regioni italiane, infatti, hanno già proceduto con l'abolizione dei vitalizi (le ultime sono state oggi le Marche) il Consiglio regionale del Lazio inserisce diverse modifiche all'articolo 11 della Finanziaria, approvata la notte scorsa dalla commissione Bilancio presieduta da Franco Fiorito (Pdl). Modifiche che devono ora essere approvate dall'Aula.
Vitalizi consiglieri aboliti dal 2015. Resta l'abrogazione del vitalizio per i consiglieri regionali (che attualmente vanno in pensone a 50 anni) a partire dalla prossima legislatura, ma per quanto riguarda quella in corso ci sono delle novità. Innanzitutto, i vitalizi per la giunta: «Per i consiglieri regionali e gli assessori in carica o cessati dal mandato nella IX Legislatura (quella in corso, ndr) - si legge nel testo approvato - si applicano le disposizioni di cui alla l.r. 19/1995».
Il capitolo indennità. La normativa tuttora vigente prevede che sia pari all'80% di quello dei parlamentari. Il comma 3 del nuovo articolo 11 invece lo "congela": «Le indennità - si legge nel testo approvato in commissione - sono fissate alla data del 1° dicembre 2011 e sono indicizzate annualmente sulla base della variazione del costo della vita accertato dall'Istat». Un modo per evitare che eventuali tagli allo stipendio dei deputati possano avere effetti sulle indennità regionali. Infine sono spariti dall'articolo 11 gli aggravamenti sulle trattenute della retribuzione, fissate dalla giunta al 32% contro il vecchio 27%, e all'8% contro l'1% per il Tfr.
Contributivo anche per i consiglieri. C'è poi nel nuovo testo un comma che afferma: «Il Consiglio regionale stabilisce con legge, entro la fine della presente legislatura, un sistema previdenziale contributivo per i consiglieri eletti a partire dalla X Legislatura basato sul sistema di calcolo vigente per i dipendenti pubblici con il limite inderogabile del requisito anagrafico minimo pari a 60 anni».
Polverini: corretta un'anomalia. Le novità sucitano le immediate reazioni dell'opposizione, ma la Polverini difende le modifiche: «Il lavoro di un assessore in termini di responsabilità, non può essere valutato con la sua presenza in consiglio regionale perché altrimenti parliamo di discriminare o non dare una opportunità che, oggettivamente, merita chi si assume una responsabilità enorme nello svolgere l'incarico di assessore. Eravamo noi che forse per un dibattito interno dalla precedente maggioranza, eravamo andati in una direzione assolutamente inadeguata. Così si stabilisce che non esistono assessori esterni: esistono consiglieri regionali ed assessori come in tutte la altre giunte e consigli, come anche nel Parlamento».
La protesta del Pd: vergogna. Il candidato segretario del Pd Lazio Marco Pacciotti sale sulle barricate: «È una norma vergognosa. Da lunedì la Finanziaria passerà all'esame dell'aula: ci aspettiamo che contro l'emendamento notturno l'opposizione sia durissima».
Sarà battaglia. In una nota congiunta, Esterino Montino, Luigi Nieri, Vincenzo Maruccio, Angelo Bonelli, capigruppo Pd, Sel, Idv e Verdi in Consiglio regionale parlano di «inaccettabile forzatura» a cui l'opposizione si è opposta e si opporrà «in modo compatto», a meno che non si arrivi ad un ripensamento. I Consiglieri regionali Giuseppe Rossodivita e Rocco Berardo (Lista Bonino Pannella Federalisti Europei) attaccano: «I cittadini dovranno sopportare maggiori oneri per garantire nuovi privilegi».
Idv: marcia indietro rumorosa. Il capogruppo e segretario regionale dell'Italia dei Valori, Vincenzo Maruccio, parla di «marcia indietro rumorosa» e chiede alla Polverini di «sconfessare l'operato della sua maggioranza annunciando «battaglia in Aula».
Sull’affare sporco dei rifiuti “Comunque Formiga sa tutto”. - di Davide Milosa.
Nicoli Cristiani, intercettato, coinvolge il governatore della Lombardia. "Un'attività lobbistica ad altissimi liveli" per appalti legati anche ad Expo 2015.
Il vice presidente del consiglio regionale lombardo parla al telefono con il dirigente dell’Arpa. Dice: “Comunque Formiga sa tutto”. È il 14 novembre scorso. E questo è solo il frammento di una conversazione più ampia che, secondo quanto scrivono i carabinieri di Brescia, mette in evidenza “un’attività lobbistica ad altissimi livelli” finalizzata a procurare all’imprenditore Pierluca Locatelli l’incontro con Paolo Alli (non indagato), uno dei cosiddetti quattro sottosegretari d’oro del presidente della Regione Lombardia, con la delega all’attuazione del programma di Expo 2015.
Uomo vicino a Comunione e liberazione e braccio destro di Formigoni, il nome di Alli compare anche nelle carte dell’inchiesta sulla P3. Il punto è noto: nel marzo 2010, la lista di Roberto Formigoni, su denuncia dei Radicali, viene esclusa dalle regionali per la questione delle firme false. Formigoni fa ricorso. E sarà lo stesso Alli, che non risulta indagato, a tenere i contatti con gli uomini della presunta loggia massonica. Obiettivo: capire il destino del ricorso stesso.
Dunque c’è il sottosegretario, ma anche altri personaggi legati a Cl. Tutti impegnati a tirare la volata all’imprenditore Locatelli. Della partita anche il presidente e il vicepresidente della Compagnia delle opere di Bergamo. Torniamo allora alla telefonata del 14 novembre, che viene intercettata sul cellulare di Giuseppe Rotondaro. Dall’altra parte c’è Franco Nicoli Cristiani. Entrambi, il 30 novembre scorso, finiranno in carcere con l’accusa di corruzione. Mandato d’arresto condiviso con lo stesso Locatelli indagato anche per traffico illecito di rifiuti. L’inchiesta, iniziata dalla procura di Brescia, è stata trasferita, per quanto riguarda il filone della corruzione, a Milano. E proprio ieri si sono svolti gli interrogatori di garanzia.
I tre, raccontano le informative dei militari, da tempo condividono interessi comuni. Locatelli, attraverso la sua Cave nord, è titolare di un terreno che vuole trasformare in discarica di amianto. Il progetto, dovesse andare in porto, libererebbe un mutuo da oltre dieci milioni di euro che darebbe nuova energia alle sue imprese. Di più: la cava di Cappella Cantone nel Cremonese, se attivata, raccoglierebbe anche i rifiuti provenienti dai cantieri di Expo. Insomma, un bell’affare. Locatelli, naturalmente ci tiene ed è disposto a tutto. Anche a oliare gli ingranaggi della burocrazia. Tradotto: una tangente da 100 mila euro. Mediata da Rotondaro e intascata da Nicoli Cristiani ai tavoli del ristorante milanese Da Berti. La trattativa va in porto il 26 settembre.
I contatti, però, non si fermano. Anzi proseguono e puntano a livelli ancora più alti. Fino a entrare negli uffici della presidenza di Regione Lombardia. E così si arriva alla telefonata del 14 novembre. Cosa dovrebbe sapere Formigoni? Lo spiegano gli investigatori: “Nicoli Cristiani comunica a Rotondaro che si è adoperato per stabilire un contatto tra Locatelli e il sottosegretario regionale Alli” Per farlo bisogna avere l ’ ok dello stesso Formigoni. La conferma arriva dalle intercettazioni. “Venerdì sera – dice Nicoli – Formiga mi ha autorizzato a parlarne con Alli, io lo vedo domani mattina”. Quindi chiede a Giuseppe Rotandaro di far sapere a Locatelli che “mi sono mosso in questo modo, e comunque Formiga sa tutto”. La circostanza sarà confermata dallo stesso governatore giorni dopo gli arresti. Conferma con precisazione: “L’incontro tra Alli e Locatelli non è mai avvenuto”.
A metà novembre, però, i giochi sono ancora tutti aperti e Nicoli Cristiani è attivo “su quella partita”. E così, dopo aver parlato con il politico, Rotondaro chiama Locatelli per comunicargli la notizia: “Oggi – dice – mi sono visto con Franco e mi ha detto di dirti che lui ha avuto un contatto con il presidente, gli ha dato l ’ ok, domani parlerà con Paolo”. Quindi specifica: “È quella cosa che vi eravate detti per Expo”. Locatelli è entusiasta: “Se devo venire giù, io volo”. La torta del 2015 naturalmente fa gola. Ma certo inquieta che l’attivtà lobbistica del vicepresidente del consiglio lombardo, oltre a fare sponda con il presidente Roberto Formigoni, tenti di favorire l’impresa di Locatelli che nel 2009, attraverso due suoi dipendenti, incrocia gli interessi della ‘ ndrangheta nei lavori dell’Alta Velocità.
Uomo vicino a Comunione e liberazione e braccio destro di Formigoni, il nome di Alli compare anche nelle carte dell’inchiesta sulla P3. Il punto è noto: nel marzo 2010, la lista di Roberto Formigoni, su denuncia dei Radicali, viene esclusa dalle regionali per la questione delle firme false. Formigoni fa ricorso. E sarà lo stesso Alli, che non risulta indagato, a tenere i contatti con gli uomini della presunta loggia massonica. Obiettivo: capire il destino del ricorso stesso.
Dunque c’è il sottosegretario, ma anche altri personaggi legati a Cl. Tutti impegnati a tirare la volata all’imprenditore Locatelli. Della partita anche il presidente e il vicepresidente della Compagnia delle opere di Bergamo. Torniamo allora alla telefonata del 14 novembre, che viene intercettata sul cellulare di Giuseppe Rotondaro. Dall’altra parte c’è Franco Nicoli Cristiani. Entrambi, il 30 novembre scorso, finiranno in carcere con l’accusa di corruzione. Mandato d’arresto condiviso con lo stesso Locatelli indagato anche per traffico illecito di rifiuti. L’inchiesta, iniziata dalla procura di Brescia, è stata trasferita, per quanto riguarda il filone della corruzione, a Milano. E proprio ieri si sono svolti gli interrogatori di garanzia.
I tre, raccontano le informative dei militari, da tempo condividono interessi comuni. Locatelli, attraverso la sua Cave nord, è titolare di un terreno che vuole trasformare in discarica di amianto. Il progetto, dovesse andare in porto, libererebbe un mutuo da oltre dieci milioni di euro che darebbe nuova energia alle sue imprese. Di più: la cava di Cappella Cantone nel Cremonese, se attivata, raccoglierebbe anche i rifiuti provenienti dai cantieri di Expo. Insomma, un bell’affare. Locatelli, naturalmente ci tiene ed è disposto a tutto. Anche a oliare gli ingranaggi della burocrazia. Tradotto: una tangente da 100 mila euro. Mediata da Rotondaro e intascata da Nicoli Cristiani ai tavoli del ristorante milanese Da Berti. La trattativa va in porto il 26 settembre.
I contatti, però, non si fermano. Anzi proseguono e puntano a livelli ancora più alti. Fino a entrare negli uffici della presidenza di Regione Lombardia. E così si arriva alla telefonata del 14 novembre. Cosa dovrebbe sapere Formigoni? Lo spiegano gli investigatori: “Nicoli Cristiani comunica a Rotondaro che si è adoperato per stabilire un contatto tra Locatelli e il sottosegretario regionale Alli” Per farlo bisogna avere l ’ ok dello stesso Formigoni. La conferma arriva dalle intercettazioni. “Venerdì sera – dice Nicoli – Formiga mi ha autorizzato a parlarne con Alli, io lo vedo domani mattina”. Quindi chiede a Giuseppe Rotandaro di far sapere a Locatelli che “mi sono mosso in questo modo, e comunque Formiga sa tutto”. La circostanza sarà confermata dallo stesso governatore giorni dopo gli arresti. Conferma con precisazione: “L’incontro tra Alli e Locatelli non è mai avvenuto”.
A metà novembre, però, i giochi sono ancora tutti aperti e Nicoli Cristiani è attivo “su quella partita”. E così, dopo aver parlato con il politico, Rotondaro chiama Locatelli per comunicargli la notizia: “Oggi – dice – mi sono visto con Franco e mi ha detto di dirti che lui ha avuto un contatto con il presidente, gli ha dato l ’ ok, domani parlerà con Paolo”. Quindi specifica: “È quella cosa che vi eravate detti per Expo”. Locatelli è entusiasta: “Se devo venire giù, io volo”. La torta del 2015 naturalmente fa gola. Ma certo inquieta che l’attivtà lobbistica del vicepresidente del consiglio lombardo, oltre a fare sponda con il presidente Roberto Formigoni, tenti di favorire l’impresa di Locatelli che nel 2009, attraverso due suoi dipendenti, incrocia gli interessi della ‘ ndrangheta nei lavori dell’Alta Velocità.
Iscriviti a:
Post (Atom)