sabato 21 gennaio 2012

Le vignette di Vauro.



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To know or not to Know …- di Claudia Petrazzuolo




Nel regno di Bengodia, divenuto famoso nel mondo per le facezie dei suoi governanti, per la profonda conoscenza del genere umano dei suoi arcivescovi, per la sapidità dei suoi poeti, per l’eclettismo dei suoi naviganti (rispettivamente: il nano, l’arcivescovo Nosiglia, l’on. Bondi ed il comandante Schettino, ndr) ogni giorno si va incontro a novità eclatanti e di sicuro effetto scenografico quando non si riesca, ma non sempre questo è possibile, ad assurgere alle vette Himalaiane della “sepsi cerebrale”.

Ma prima di dare spiegazione di quanto affermato, lasciatemi fare una divagazione; un mio amico una volta si lasciò andare a questa affermazione:” TRA IL BIANCO ED IL NERO CI SONO INFINITE SFUMATURE DI GRIGIO “.
Oh!, non è che lui volesse negare l’esistenza dei colori, intendeva solo dire che ogni aspetto della vita, ogni accadimento e persino ciascuno di noi, tutto e tutti insomma, se osservati e non semplicemente guardati, istante per istante, mostriamo una soggettiva, singolare, ed a volte, sincera verità. La cosa, a pensarci bene, è così vera che se, ad esempio, volessimo dare una spiegazione a ciò che accade, si riuscirebbe a trovare non solo argomenti in tal senso, ma addirittura giustificazioni anche ai fatti più efferati, prova ne sono le argomentazioni naziste al processo di Norimberga che pur sbagliate avevano, comunque, una loro logica. Quindi, una infinità di sfaccettature possibili legano due punti pur distanti tra loro, due visioni opposte della vita, due conseguenti comportamenti.
Ora succede, in questo paese geneticamente caotico, politicamente irriverente, tendenzialmente fascista, profeticamente schiavo, in nome di non si capisce bene quali interessi economici, Sua Maestà Giorgio I re di Napoli ed imperatore delle terre Italiche, abbia imposto al giullare di corte che reggeva “l’anormale” amministrazione di lasciare il passo ad altri per non nuocere ulteriormente al regno; e, succede anche, che coloro che erano stati eletti in funzione di una pseudo idea o per assonanza di intenti o, ancora, per interessi di lobby, si siano guardati in faccia e, appellandosi ognuno alla sua personale, singolare, sfaccettatura, abbiamo risposto, in coro ed all’unisono, all’invito alla sostituzione con il classico : “ Tu si’ pazz’ “ esponendo, molto chiaramente nell’idioma comprensibile al sovrano, la loro furbizia nel non togliere castagne dal fuoco con le quali sicuramente si sarebbero bruciati nel corso delle, prima o poi, possibili elezioni. E’ stato, così, ex abrupto nominato un nuovo cavaliere della tavola emicicla, al quale è stato affidato il rognoso compito di continuare a VESSARE ed  IMPALARE un popolo remissivo, abituato bue quando già non lo fosse di suo.

Ma la parola POPOLO, che nell’accezione bengodiana, indica un termine astratto così come l’altra parola, molto spesso usata, GENTE, nella realtà quotidiana si rivela piena di densi significati ed entità che si chiamano PERSONE. Queste ultime, però, sono quelle che circadianamente, giorno per giorno, devono fare i conti con le varie sfaccettature dei singoli momenti e che quindi devono fare fronte alle bollette in scadenza, ai debiti accumulati, ai mutui, ai rifornimenti di carburante, ai vari canoni (TV, Bollo auto, assicurazioni …), ai vari versamenti al regno, e giù, sempre più giù, fino ad arrivare a dover fare il conto con la pura e semplice sopravvivenza. Capita, perciò, che ad un certo punto le PERSONE, ed all’inizio solo una parte di esse, si stanchino di vivere una vita fatta di ogni surrogazione  possibile, e capita, persino, che ad un certo punto queste persone, prima singolarmente e poi in gruppo decidano di dire basta e decidano di ricorrere alla sepsi cerebrale dando dimostrazione di sé e della loro rabbia in maniera, forse sbagliata, ma comunque giustificabile,  dando ascolto al primo che intuendone la capacità rivoluzionante ne solleciti e ne incalzi la legittima indignazione.

Le altre persone, QUELLE CHE ANCORA CREDONO ALLA LORO PERSONALE SFACCETTATURA ATTENDISTA, rimaste sorprese dal coraggio delle prime, forse un po’ pentite di non essere al primo posto o forse un po’ invidiose o, forse ancora, perché non ancora hanno raggiunto l’acme saturo della propria condizione, cominciano a cercare dietrologie, cominciano a fare dei distinguo, cominciano ad accusarli di un passato ignave, senza mai chiedere a sé stessi, però, nulla della propria singola dietrologia, dei propri distinguo, del PROPRIO PERSONALE IGNAVE PASSATO, correndo l’immenso rischio di PERDERE UN OCCASIONE, di MANCARE AD UN SUPPORTO, di PARTECIPARE, unificandolo, ad un TENTATIVO DI CAMBIAMENTO.

“ La LIBERTA’, diceva un grande, NON E’ STAR SOPRA UN ALBERO …, LIBERTA’ E’ PARTECIPAZIONE … “

Buon week end amici, perché io potrò dire, a torto o a ragione: “ IO C’ERO! ”.


https://www.facebook.com/notes/claudia-petrazzuolo/to-be-or-not-to-be/232815323464748

Chissà cosa si fuma Calderoli - di Marco Travaglio






Ha un curriculum agghiacciante: dal finto rogo di leggi inutili alla difesa di Igor Marini, dalla moneta padana a cui voleva dare il suo nome agli aerei di Stato usati per andare a trovare la fidanzata. Eppure, in Italia, uno così è ancora in giro a pontificare.
Se non fosse l'autore della legge elettorale appena imbalsamata dalla Consulta, per gli amici "porcellum"; se con una t-shirt antislamica non avesse provocato una rivolta a Bengasi costata la vita a 11 persone; se non avesse riscritto mezza Costituzione in una baita del Cadore; se non fosse stato ministro delle Riforme e poi della Semplificazione; se non avesse preso soldi da Gianpiero Fiorani ai tempi della scalata ad Antonveneta e del salvataggio di Credieuronord; se non chiamasse i gay "culattoni ricchioni" e gli immigrati "bingo-bongo"; se non avesse proposto il "Maiale Day" contro la moschea di Bologna; se non avesse depenalizzato la banda armata a fini politici per salvare i leghisti imputatii al Tribunale di Verona per le camicie verdi, tra i quali se medesimo; insomma se non fosse Roberto Calderoli, Roberto Calderoli sarebbe un tipo simpatico.


E' stato il più antiberlusconiano e il più berlusconiano dei leghisti. Ha proposto di rimpiazzare la lira con una moneta padana chiamata "calderolo". Ha definito Igor Marini, il pataccaro della Telekom-Serbia, "una persona di una memoria che fa impallidire Pico della Mirandola, intelligente, sveglia, preparata". Ha salutato l'elezione di papa Ratzinger dicendo "a Benedetto XVI avrei preferito Crautus I". 


Divenuto ministro, ha confessato: "Su di me non avrei scommesso un euro". 


Due anni fa convocò giornalisti e cameraman perché lo immortalassero mentre incendiava con la fiamma ossidrica un cumulo di carte che spacciò per "375 mila leggi inutili che ho abrogato come ministro della Semplificazione". Si scoprì poi che il Parlamento, per produrre 375 mila leggi, avrebbe dovuto lavorare ininterrottamente per 150 anni, compresi quelli di guerra e i mesi di ferie, dall'Unità d'Italia a oggi, con una media di 7,8 norme al giorno. Dunque non s'è mai capito che diavolo abbia bruciato Calderoli quel giorno. E soprattutto che si era fumato. 
Di recente, passato all'opposizione, ha scagliato un'interrogazione parlamentare contro Mario Monti, reo di aver cenato la sera di San Silvestro con i parenti stretti nell'alloggio di servizio di Palazzo Chigi, per invocarne le immediate dimissioni e sapere "se risponda al vero la notizia secondo cui la notte dell'ultimo dell'anno si siano tenuti dei festeggiamenti presso la presidenza del Consiglio" e "chi ha sostenuto gli oneri diretti e indiretti della serata", perché "mentre i cittadini sono costretti a tirare la cinghia dalle misure del governo, sarebbe davvero incredibile, oltre che gravissimo, se venisse confermato che il premier ha utilizzato un palazzo istituzionale e il relativo personale per una festa di natura privata". 


Monti ha risposto sobrio e mesto che "gli acquisti di cotechino, lenticchie, tortellini e dolce sono stati effettuati a proprie spese dalla signora Monti", che ha pure cucinato e servito in tavola. Oneri per lo Stato: zero. Ma il Pota non s'è dato per vinto: la cena "è assolutamente inaccettabile" perché "la signora Monti che sparecchia e lava i piatti e Monti che scende ad aprire il portone non me li vedo, sicuramente c'erano quelli della sicurezza e i commessi... Avessi proposto io una cena con famiglia al ministero, avrebbero chiamato il 118".
Ora però si scopre, come rivela "Libero", che Calderoli è indagato dalla Procura di Roma con l'accusa di aver truffato la presidenza del Consiglio per usare un aereo di Stato che non gli spettava. 


Il 19 gennaio 2011 si librò da Roma, atterrò a Levaldigi (Cuneo) per visitare il figlio della sua compagna Giovanna Gancia (presidente della Provincia di Cuneo), finito in ospedale dopo un incidente stradale. Fatti privati spacciati da Calderoli per "comprovate inderogabili esigenze di trasferimento connesse all'esercizio di funzioni istituzionali". Costo della trasvolata: 10.271,56 euro. 


Il Tribunale dei ministri ha chiesto al Senato l'autorizzazione a processarlo. Ma il Senato la negherà, come fa sempre e com'è giusto che sia. Calderoli dev'essere per forza innocente. Se davvero avesse speso 10 mila euro di soldi nostri per i comodi suoi e avesse poi chiesto le dimissioni di Monti per un cotechino, bisognerebbe chiamare il 118.


(L'Espresso 20/1/2012)


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venerdì 20 gennaio 2012

Intimidazioni e minacce ai commercianti Ombra della mafia sul Movimento dei Forconi. - di Claudia Campese



Emblematico il caso di Lentini, in provincia di Siracusa, dove i manifestanti girano in squadre per convincere i negozianti ad abbassare le saracinesche. Il leader della protesta, Martino Morsello, ha iniziato uno sciopero della fame per sollecitare le autorità ad accertare "la verità di tali gravi affermazioni e conoscere i nomi dei criminali che potrebbero esserci vicini".

“Le squadre stanno girando”. E’ la formula che in questi giorni passa di bocca in bocca tra molti commercianti siciliani che subito si apprestano ad abbassare la saracinesca delle proprie attività. Rendendo impossibile in paesi comeLentini, in provincia di Siracusa, trovare anche solo un panificio aperto. E’ l’effetto delle proteste di autotrasportatori e agricoltori che da lunedì stanno bloccando l’isola. E’ l’ombra della mafia nella manifestazione, denunciata più volte e a vari livelli. Intimidazioni, raccontano i commercianti. Tentativi pacifici di convincere quanti più siciliani è possibile ad aderire, rispondono i manifestanti che respingono ogni accusa. “Ma dire ‘poi non vi lamentate se mettono le bombe’ vi sembra un garbato invito?”, sbotta un negoziante di Lentini. Il leader dei Forconi, Martino Morsello, ha iniziato uno sciopero della fame per sollecitare le autorità ad accertare “la verità di tali gravissime affermazioni e conoscere i nomi dei personaggi mafiosi che potrebbero essere vicini al nostro movimento”, spiega.

Nel Catanese, una trentina di commercianti si sono rivolti alla Confcommercio locale. Che ieri ha girato le loro segnalazioni al viceprefetto vicario etneo chiedendo “un passo più fermo”, spiega il presidente Riccardo Galimberti. Non contro la protesta in sé – con cui molti solidarizzano – ma nei confronti dei metodi intimidatori e dei danni provocati da queste chiusure forzate. “Danni che ammontano già a circa 500 milioni di euro” continua Galimberti. “I negozianti hanno paura delle ritorsioni” conferma Salvatore Giuffrida, dell’associazione antiracket lentinese. “Come posso rischiare? – chiede un commerciante – Un incendio al negozio distruggerebbe in pochi minuti il sacrificio di anni”.

Cittadini e negozianti raccontano di un metodo ormai rodato. I manifestanti – o più spesso gli amici degli amici – girano in squadre, sui motorini, per il paese. Quando trovano un negozio ancora aperto chiamano a raccolta gli altri. “E arrivano in dieci a chiederti di chiudere. Ma sempre gentilmente, eh”, spiega amaro un altro esercente che preferisce restare anonimo. E così Lentini sembra ormai “un paese fantasma”. Negozi chiusi e blocco autostradale all’ingresso. Rallentamenti consistenti in uscita. Da ieri, su Facebook, gira la nota di un produttore agrumicolo lentinese. “Ho passato un po’ di tempo ad osservare questi blocchi, non c’era ovviamente nessuna facoltà nel poter scegliere di aderire o meno – scrive – I toni ed i modi erano semplicemente intimidatori, in una maniera che nessun siciliano che voglia campare cent’anni potrebbe mai fraintendere”.

E a notarlo non sono solo i cittadini siciliani. “Bisognerebbe essere ciechi per non accorgersene”, commentano dalla centrale operativa dei Carabinieri di Augusta, da cui Lentini dipende. “Eppure qui di denunce ne sono arrivate poche”. Senza quelle è impossibile intervenire, lamentano. “Se vuoi la mia denuncia, devi guadagnartela – risponde un commerciante – Come faccio a fidarmi se anche un vigile urbano mi consiglia di chiudere?”. Stessa amarezza del produttore agrumicolo: “Il fatto che le forze dell’ordine abbiano assistito passivamente a questi eventi, con i finestrini delle macchine ben chiusi per non sentire il carattere intimidatorio dei pacifici manifestanti nei confronti degli autisti dei mezzi è gravissimo”.

“Quando c’è disperazione e mancanza di prospettive per il futuro, la situazione diventa sempre complicata – commenta Armando Rossitto, di Libera Lentini – Siamo allarmati dai racconti dei commercianti, ma dire che il problema è solo la presenza della mafia è riduttivo. Anzi, se fosse così, sarebbe tutto molto più semplice da risolvere”. Per i negozianti, però, di sicuro c’è solo che “lo Stato sta perdendo contro questi delinquenti”.

Rivolta dei Forconi (Copertina con Beppe Grillo di Servizio Pubblico 19 gennaio 2012)

I ranuncoli.

Le mie rose invernali.