domenica 19 agosto 2012

Carinerie...


https://www.facebook.com/photo.php?fbid=513159218699138&set=p.513159218699138&type=1&theater

WikiLeaks



https://www.facebook.com/photo.php?fbid=400045746690326&set=a.400043343357233.111296.362231420471759&type=1&theater

Il discorso di Assange dal balcone dell'ambasciata dell'Ecuador.




ILVA Taranto: Anonymous entra nel database.

ilvaanonym.jpg

E' in corso un'importante operazione di Anonymous: sono entrati nei database ILVA e hanno recuperato le tabelle relative agli inquinanti. Trovate in questa e questa pagina sul blog Anonymous alcune analisi relative ai risultati.

Qui e qui invece potete scaricare direttamente tabelle e grafici. Mi limito a linkare senza commenti per i motivi che potete immaginare.
LINK UTILI

Fini e l'ultimo giallo nell'hotel di Orbetello: le famiglie degli agenti nelle stanze prenotate. - Diana Alfieri



Per sfruttare quelle camere già pagate per tutta la stagione i bodyguard avrebbero invitato in vacanza anche i parenti.

Roma - L'ultimo dubbio sull'affaire della scorta «balneare» di Gianfranco Fini rimbalza proprio da Orbetello, la città dell'hotel «Presìdi», nove stanze del quale vengono occupate due mesi l'anno per «ospitare» i bodyguard responsabili della sicurezza del presidente.
Una voce che arriva da persone che, da anni, sono loro malgrado testimoni di quel frenetico via vai di gente in borghese o in divisa nel piccolo, grazioso hotel, aperto solo per la bella stagione. Solo rumors, appunto, che però ipotizzano un utilizzo se possibile ancor meno ortodosso per le stanze di quel tre stelle nel centro storico, che sarebbero state occupate, nell'arco dei due mesi di «lavoro vacanziero» delle ultime cinque estati, non soltanto dai bodyguard. Ma anche dai familiari degli uomini della scorta di Fini.Qualcuno, insomma, sostiene che gli agenti abbiano dunque scelto una strada personalissima per rendere meno «sprecata» quella maxiprenotazione annuale. E così, per sfruttare meglio le belle stanze già pagate (80 euro a notte l'una) che spesso restano desolatamente vuote, qualcuno dei «turnisti» avrebbe cominciato a invitare figli, mogli e parenti nell'hotel, conciliando il proprio lavoro con una villeggiatura in compagnia dei propri cari.Se l'indiscrezione corrispondesse al vero, ci sarebbe da capire se gli uomini, agenti di polizia in servizio, abbiano preso di propria iniziativa la decisione di «estendere» ai familiari l'utilizzo delle nove stanze nel quartier generale a tre stelle, prenotate per garantire una serena vacanza a Fini. O se, invece, abbiano ricevuto una qualche forma di avallo superiore, un benefit concesso per rendere più gradevoli i 62 giorni di servizio in distaccamento balneare temporaneo.Ma c'è anche un altro piccolo giallo, che riguarda sempre la logistica della scorta di Gianfry, per l'autunno-inverno. Negli ultimi anni, è capitato che Fini e i suoi «Tullianos» frequentassero la villa di Ansedonia anche per qualche fine settimana «fuori stagione», soli o con amici.Ma l'ormai famoso «Relais i Presìdi», che come detto è l'approdo fisso dal 2008 per i bodyguard dell'uomo che ha sciolto An, chiude i battenti dalla fine di ottobre a maggio. Dunque, dove hanno soggiornato gli uomini della scorta? Hanno forse dormito nella foresteria della Questura? Se così fosse, sarebbe complicato spiegare perché lo stesso metodo non viene adottato anche a luglio e agosto, risparmiando i 40mila e passa euro spesi ogni anno. E se invece anche le gite fuori stagione comportano prenotazioni alberghiere per i suoi angeli custodi, lo spreco di pubblico denaro per la scorta del presidente della Camera sarebbe destinato fatalmente a lievitare a cifre superiori anche ai 220mila euro stimati finora.

http://www.ilgiornale.it/news/interni/sfruttare-quelle-camere-gi-pagate-tutta-stagione-i-bodyguard-830421.html

Quando una donna non esiste...



https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10151112134509767&set=a.168698179766.120654.149617724766&type=1&theater

DECRESCITA E FELICE SOCIALISMO UTOPICO. - Guido Ceronetti



Potrei definirlo così, il Pil, lodato quando e dove cresce (non importa il come), deplorato unicamente quando e dovunque non cresca: un fantasma che infesta le menti (dalle più semplici alle meglio fornite di strumenti per dominare). Se lamente se ne libera, e apre le finestre alla verità, il pensiero liberato arriverà a ragionamenti diversi, a conclusioni finora non pensabili. Come questa: che l’idea della Decrescita del Pil èmigliore dell’idea fissa, cara a tutti i poteri che ci opprimono - dai governi alle mafie - che la Crescita (del Pil, funesto infestatore) non abbia nessuna alternativa possibile.

Ne parlo con Maurizio Pallante, inventore del movimento e della formula alternativa della Decrescita Felice, senza riportare nulla dal suo libro con questo titolo (Edizioni per la decrescita felice, 2005) perché con quest’uomo singolare, romano di nascita, abitante nella zona più verde della provincia astigiana, sessantacinquenne, ho l’occasione di un rapporto di amicizia e di un colloquio diretto. 

Voglio ancora osservare, prima di interpellarlo, come in questa formidabile crisi del pensiero, cominciata molto tempo prima di quella della Lehman Brothers, siano presenti molti segni indicati con premonizione in tutte le trattazioni sul significato della Tecnica, di Martin Heidegger: basterebbe a «qualcosa di più alto» allacciare tutti i discorsi obbligatori e facili (talmente facili che li abbiamo imparati a memoria dai giornali) che si fanno dappertutto sull’economia, vista come un soffocante assoluto senza il minimo scrupolo di obbiettività. Ma dove tutto si relativizza, dove tutto è visto come puramente relativo e dissacrabile, ha senso assolutizzare il Pil, le cifre aziendali, le pensioni, le tasse, i conti della spesa, la Crescita di merci che non portano per niente a diminuzioni di infelicità o a più ricchezza nei rapporti umani?

Emendate il linguaggio e avrete trovato una chiave. Liberate la mente da una formica di falso e vi toglierete dallo stomaco il peso di un elefante. 

Quel che va dicendo da qualche anno Maurizio Pallante in Italia è molto semplice, e nello stesso tempo implica una rivoluzione del pensiero alla quale aderisce sempre più gente, incredula nelle prediche del Potere legale, sempre più distaccata dalla politica, e una quantità di giovani intelligenti che l’enorme pallone di menzogne sospeso sul mondo allontana da tutto, disperatamente. Sulla copertina dell’Espresso del 2 agosto leggevo «In vacanza con lo Spread»: ed è con questo tipo di attrazioni triviali che si vende svago ai lettori? 

In vacanza andateci con Isaac Singer, Georges Simenon, Wells, Dostoevskij, per cui non è necessario ungersi la pelle, e pestate lo Spread sul bagnasciuga, con un disinfettante pronto. 

Più formale, Pallante mi spiega così la Decrescita, come la va raccontando nelle sale e nei libri: «Vedi, per capire che cos’è la decrescita e come possa aiutarci a contrastare una crisi che resiste a tutte le misure di politica economica, dobbiamo bene distinguere tra oggetti e servizi che rispondono a un bisogno o soddisfano un desiderio (definibili come beni) e oggetti e servizi che si scambiano con e per il profitto in denaro (definibili come merci). Il Pil e la Crescita non possono considerare altro che le merci e la loro produzione incessante. Merci però non sono beni. La Decrescita, che nessun politico ammetterebbe come un’opportunità felice, non è una diminuzione indiscriminata del Pil, ma selettiva, e totalmente da reimpostare. Introduce elementi di valutazione qualitativa del fare umano e consentirebbe di creare occupazione utile, non distruttiva per l’ambiente. Aprirebbe una fase più evoluta della storia umana...». 

A Pallante non è difficile persuadere me - ecologista dal tempo delle bombe di Bikini - con le sue buone ragioni. Ma la tendenza, in Italia e dovunque, è implacabilmente l’altra, che risponde al pensiero unico dominante. A me, ormai vecchio, vien voglia di gettare la spugna. È la boxe di un nano disperato contro un gigantesco bruto! 

«Guarda che il cambiamento di rotta, vogliano o no saperne i poteri dominanti, sta diventando sempre più inevitabile. Abbiamo esempi che nessun analista può fingere di ignorare. Crollata l’Unione Sovietica, che comprava a Cuba tutta la produzione di zucchero, la salvezza di Cuba fu l’autoproduzione di beni, per mangiare non per acquistare il superfluo. Accadde lo stesso in Argentina. In Grecia, oggi, si salvano dalla crisi tutti quelli che invece di urlare sulle piazze riscoprono il lavoro delle mani e producono per se stessi i beni corrispondenti ai bisogni. In Italia è già così in parecchi settori di economia silenziosa: la famiglia che autoproduce i beni non conosce disoccupazione. È l’offerta di merci sumerci tutte prodotte qua e là nel mondo, a rendere folle l’economia dei potenti. Il profitto perdente sta creando panico e suicidi.Ma il tuo nano disperato ha delle possibilità di sottrarsi ai pugni del bruto, e senza gettare la spugna! Perciò la popolarità dell’idea di decrescita è alta».

Da questo colloquio amichevole emerge «chi per lungo silenzio parea fioco»: le grandi ombre premarxiane dei Thoreau, dei Fourier, dei Saint-Simon, dei Gandhi, della società fabiana, dei Malthus, dei Tolstoij, che tuttora indicano altri cammini, altre vie... E il primo kibbuzismo sionista che cos’è stato? Non ha più nulla da insegnare al mondo? Era un’idea grande, una rivoluzione portatrice di pace...

Il socialismo disprezzato come utopistico da Marx, apostolo della mercificazione e della violenza, risorge anche nelle parole chiarificatrici e nei volti nuovi della Decrescita Felice. 


http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=10698